("Affari & Finanza")
Ci sarà un impatto negativo dellla rivoluzione tecnologica sul mondo del lavoro ma solo nel breve termine. Assisteremo sicuramente a uno spostamento delle professionalità, destinate ad essere sempre meno manuali e prevedibili. Dobbiamo quindi smetterela di fare formazione solo quando c'è bisogno e giocare d'anticipo, garantendo ai lavoratori del futuro il giusto mix di flessibilità, conoscenza e curiosità.
(...)
Il dibattito sull'impatto che avrà la tecnologia sul mercato del lavoro sembra ormai aver superato l'iniziale fase disfattista. E le stime sul saldo tra lavoro perso e creato hanno recentemente iniziato a restituire addirittura un segno positivo. Nel breve termine un impatto ci sarà, soprattutto con la diffusione della robotica che è già ovunque ma l'intelligenza artificiale, i big data, la blockchain e le altre tecnologie non elimineranno il lavoro. Anzi, probabilmente lo eleveranno. Ci sarà uno spostamento delle professionalità: ad esempio in un supermercato ci saranno meno cassieri e più analisti dei dati. In ogni caso, più che provare a indovinare il saldo è importante diffondere la cultura digitale e le competenze. Il mercato del lavoro 4.0 si giocherà una buona fetta di sostenibilità proprio su questo fonte. E in particolare sull'equilibrio continuo tra formazione, aggironamento e riqualificazione del capitale umano.
Bisogna riconvertire le competenze obsolete in competenze innovative. (...) C'è bisogno di un cambio di paradigma: non dobbiamo più formare il lavoratore quando sorge un bisogno, bensì giocare d'anticipo. Dobbiamo cioè immaginare le trasformazioni e impostare dei percorsi specifici. Se allarghiamo l'orizzonte temporale ai prossimi 5-10 anni, è ovvio che un ruolo chiave sarà nelle mani dellle università e in generale del sistema scolastico. (...)
Ormai tutto ciò che impariamo dura sei mesi, un anno o al massimo due. Non è più in discussione l'essenzialità della formazione continua ma la relativa modalità di esecuzione. Ad esempio dobbiamo capire come far diventare curiosa una persona che non lo è. E non è affatto semplice.
Aziende, università, centri di ricerca, corpi intermedi, associazioni e altri soggetti saranno chiamati agli straordinari. E un ruolo chiave spetterà ai big. L'85% delle PMI italiane è in ritardo sul fronte digitale, esistono ancora aziende senza un sito web. Le imprese piccole e medie possono senza'altro fare qualcosa in più ma va riconosciuta loro l'impossibilità di incidere significativamente sul sistema formativo ed educativo.
(...)
Tutti stanno investendo sull'articial intelligence e, in particolare, sul machine learning, perché consente di sviluppare processi in grado di riprogrammarsi automaticamente. E' una tecnologia che toccherà tutti i settori, dall'automotive alla manifattura, passando per i servizi professionali .
(...)
In Germania la scossa iniziale è stata data dai big che hanno tracciato una rotta digitale, portandosi dietro le tantissime piccole medie imprese della filiera.
La scommessa tecnologica rischia in ogni caso di risultare perdente senza le competenze.
(...)
Sullo sfondo resta la disfida avanguardista dei famosi lavori che ancora non esistono, ma che qualcuno si troverà a fare. Dobbiamo incidere profondamente sui metodi di insegnamento, abbandonando il mero trasferimento di nozioni. I lavori del futuro hanno bisogno di flessibilità e curiosità perenni. E pure di un'attitudine naturale a mettersi in discussione: solo le persone formate per vivere con l'aspettativa di un continuo cambiamento saranno pronte ad affrontare qualsiasi scenario.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
Ci sarà un impatto negativo dellla rivoluzione tecnologica sul mondo del lavoro ma solo nel breve termine. Assisteremo sicuramente a uno spostamento delle professionalità, destinate ad essere sempre meno manuali e prevedibili. Dobbiamo quindi smetterela di fare formazione solo quando c'è bisogno e giocare d'anticipo, garantendo ai lavoratori del futuro il giusto mix di flessibilità, conoscenza e curiosità.
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Il dibattito sull'impatto che avrà la tecnologia sul mercato del lavoro sembra ormai aver superato l'iniziale fase disfattista. E le stime sul saldo tra lavoro perso e creato hanno recentemente iniziato a restituire addirittura un segno positivo. Nel breve termine un impatto ci sarà, soprattutto con la diffusione della robotica che è già ovunque ma l'intelligenza artificiale, i big data, la blockchain e le altre tecnologie non elimineranno il lavoro. Anzi, probabilmente lo eleveranno. Ci sarà uno spostamento delle professionalità: ad esempio in un supermercato ci saranno meno cassieri e più analisti dei dati. In ogni caso, più che provare a indovinare il saldo è importante diffondere la cultura digitale e le competenze. Il mercato del lavoro 4.0 si giocherà una buona fetta di sostenibilità proprio su questo fonte. E in particolare sull'equilibrio continuo tra formazione, aggironamento e riqualificazione del capitale umano.
Bisogna riconvertire le competenze obsolete in competenze innovative. (...) C'è bisogno di un cambio di paradigma: non dobbiamo più formare il lavoratore quando sorge un bisogno, bensì giocare d'anticipo. Dobbiamo cioè immaginare le trasformazioni e impostare dei percorsi specifici. Se allarghiamo l'orizzonte temporale ai prossimi 5-10 anni, è ovvio che un ruolo chiave sarà nelle mani dellle università e in generale del sistema scolastico. (...)
Ormai tutto ciò che impariamo dura sei mesi, un anno o al massimo due. Non è più in discussione l'essenzialità della formazione continua ma la relativa modalità di esecuzione. Ad esempio dobbiamo capire come far diventare curiosa una persona che non lo è. E non è affatto semplice.
Aziende, università, centri di ricerca, corpi intermedi, associazioni e altri soggetti saranno chiamati agli straordinari. E un ruolo chiave spetterà ai big. L'85% delle PMI italiane è in ritardo sul fronte digitale, esistono ancora aziende senza un sito web. Le imprese piccole e medie possono senza'altro fare qualcosa in più ma va riconosciuta loro l'impossibilità di incidere significativamente sul sistema formativo ed educativo.
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Tutti stanno investendo sull'articial intelligence e, in particolare, sul machine learning, perché consente di sviluppare processi in grado di riprogrammarsi automaticamente. E' una tecnologia che toccherà tutti i settori, dall'automotive alla manifattura, passando per i servizi professionali .
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In Germania la scossa iniziale è stata data dai big che hanno tracciato una rotta digitale, portandosi dietro le tantissime piccole medie imprese della filiera.
La scommessa tecnologica rischia in ogni caso di risultare perdente senza le competenze.
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Sullo sfondo resta la disfida avanguardista dei famosi lavori che ancora non esistono, ma che qualcuno si troverà a fare. Dobbiamo incidere profondamente sui metodi di insegnamento, abbandonando il mero trasferimento di nozioni. I lavori del futuro hanno bisogno di flessibilità e curiosità perenni. E pure di un'attitudine naturale a mettersi in discussione: solo le persone formate per vivere con l'aspettativa di un continuo cambiamento saranno pronte ad affrontare qualsiasi scenario.
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