(Fonte: "Il Venerdì")
Se la maggior parte degli esperti di economia del lavoro teme gli effetti occupazionali dell'intelligenza artificiale, qualcuno è invece preoccupato dell'ottusità funzionale, che spinge persone anche molto intelligenti a comportamenti che si rivelano dannosi per le aziende in cui lavorano.
(...)
La società di oggi dovrebbe essere la più intelligente di sempre: abbiamo alti livelli di istruzione, con venti anni passati a studiare tra scuole e università, e grazie ai media e al web abbiamo accesso a tutte le informazioni che desideriamo. Eppure nelle aziende vediamo ancora molti esempi di comportamenti decisamente miopi.
(...)
Uno sbaglio che tutti, istintivamente, facciamo è pensare che chi si comporta stupidamente sia sciocco oppure non abbia abbastanza informazioni. Il problema, invece, è un altro: oggi nessuna di queste due condizioni spiega la realtà. Il vero guaio è la stupidità funzionale, quella che certi dirigenti tendono a inculcare nella cultura aziendale pur di non avere obiezioni, intoppi e procedere speditamente.
(...)
Sul breve termine, intendiamoci, questa richiesta di spegnere il cervello ed eseguire ciò che dicono i superiori funziona, perché rende i dipendenti più efficienti e dà maggiore certezza che le decisioni vengano messe in atto. Ma sul medio-lungo termine finisce per minare la reattività delle aziende alle mutevoli condizioni del mercato e alle mosse della concorrenza.
(...)
Il problema è che, come mostrano diversi studi, l'offerta di lavori che richiedono persone con preparazione universitaria ha raggiunto il suo picco intorno al 2000 e da allora è in calo. Oggi vediamo molti, assunti grazie ai loro ottimi risultati universitari, che poi finiscono con svolgere compiti di routine (...). Per mitigare l'insoddisfazione che può emergere da queste situazioni, le aziende spendono molte risorse in corsi ed esercizi di team building, in eventi-vacanza aziendali - sotto l'occhio vigile di colleghi e superiori - e in corsi di leadership che danno l'illusione di essere dei buoni manager perché si eccelle nell'attraversare il ponte tibetano o i carboni ardenti (...). D'altra parte, però, le aziende sentono l'esigenza di riportare sotto controllo le ambizioni dei dipendenti, quando sembrano diventare eccessive, tali da spingerli a credersi autonomi e indipendenti. E' allora che si impone la cultura dell'ottimismo a tutti i costi (...) e dell'eseguire ciò che è richiesto senza discutere. Anche i dipendenti più intelligenti, notato l'andazzo, si adeguano per non avere la vita difficile. E l'azienda perde la visione d'insieme e quel minimo di spirito critico utile a non snobbare le idee dei concorrenti e le esigenze dei consumatori. Con pessimi risultati.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
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La società di oggi dovrebbe essere la più intelligente di sempre: abbiamo alti livelli di istruzione, con venti anni passati a studiare tra scuole e università, e grazie ai media e al web abbiamo accesso a tutte le informazioni che desideriamo. Eppure nelle aziende vediamo ancora molti esempi di comportamenti decisamente miopi.
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Uno sbaglio che tutti, istintivamente, facciamo è pensare che chi si comporta stupidamente sia sciocco oppure non abbia abbastanza informazioni. Il problema, invece, è un altro: oggi nessuna di queste due condizioni spiega la realtà. Il vero guaio è la stupidità funzionale, quella che certi dirigenti tendono a inculcare nella cultura aziendale pur di non avere obiezioni, intoppi e procedere speditamente.
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Sul breve termine, intendiamoci, questa richiesta di spegnere il cervello ed eseguire ciò che dicono i superiori funziona, perché rende i dipendenti più efficienti e dà maggiore certezza che le decisioni vengano messe in atto. Ma sul medio-lungo termine finisce per minare la reattività delle aziende alle mutevoli condizioni del mercato e alle mosse della concorrenza.
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Il problema è che, come mostrano diversi studi, l'offerta di lavori che richiedono persone con preparazione universitaria ha raggiunto il suo picco intorno al 2000 e da allora è in calo. Oggi vediamo molti, assunti grazie ai loro ottimi risultati universitari, che poi finiscono con svolgere compiti di routine (...). Per mitigare l'insoddisfazione che può emergere da queste situazioni, le aziende spendono molte risorse in corsi ed esercizi di team building, in eventi-vacanza aziendali - sotto l'occhio vigile di colleghi e superiori - e in corsi di leadership che danno l'illusione di essere dei buoni manager perché si eccelle nell'attraversare il ponte tibetano o i carboni ardenti (...). D'altra parte, però, le aziende sentono l'esigenza di riportare sotto controllo le ambizioni dei dipendenti, quando sembrano diventare eccessive, tali da spingerli a credersi autonomi e indipendenti. E' allora che si impone la cultura dell'ottimismo a tutti i costi (...) e dell'eseguire ciò che è richiesto senza discutere. Anche i dipendenti più intelligenti, notato l'andazzo, si adeguano per non avere la vita difficile. E l'azienda perde la visione d'insieme e quel minimo di spirito critico utile a non snobbare le idee dei concorrenti e le esigenze dei consumatori. Con pessimi risultati.
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