(Fonte: "Harvard Business Review")
Molte imprese sono convinte di essere in grado di saper integrare efficacemente manager appena assunti (...) ma in realtà non è così.
Quasi tuutte le grandi aziende sanno svolgere senza problemi le procedure amministrative elementari per accogliere un nuovo dirigente, ma un onboarding così limitato serve a ben poco per prevenire i problemi che possono emergere quando queste persone cominciano a lavorare con i nuovi colleghi e a misurarsi con norme e aspettative culturali diverse da quelle a cui sono abituati.
Gli sforzi che dedicano all'integrazione variano molto da un'azienda all'altra, con conseguenze rilevanti per quanto riguarda il tempo dedicato alla performance, il rischio che il rapporto vada a finire male (con il licenziamento o le dimissioni) e la capacità di trattenere i talenti.
(...)
"Onboarding" (portare a bordo, imbarcare) è un termine appropriato per l'approccio che molte aziende adottano per supportare la transizione di un nuovo manager perché si limitano, in pratica, a portare a bordo sano e salvo il neoassunto. Ci si aspetta poi che sappia cosa fare o che sistemi le cose senza nessun aiuto o quasi.
(...)
"Integrazione" lascia intendere uno scopo più ambizioso: fare tutto ciò che serve per rendere il nuovo arrivato un ingranaggio perfettamente funzionante della squadra nel modo più veloce e lineare possibile.
(...)
I dirigenti ben integrati possono dare impulso all'azienda fin da subito, invece di dedicare le loro energie a cercare di imparare.
Gli studi dimostrano che la quantità media di tempo necessaria per raggiungere una piena performance (prendere decisioni fondamentali avendo in mano le informazioni giuste e le persone giuste che ti aiutano a metterle in pratica) può essere ridotta di un terzo, da 6 a 4 mesi.
Un approccio nuota-o-affoga lascia troppo al caso. Nei ruoli dirigenziali di importanza strategica per un'azienda, lasciare che una transizione si trascini comporta un costo. E al di là dei costi finanziari, il "brand" e la popolarità del nuovo manager ne escono intaccati.
(...)
La maggior parte delle organizzazioni - anche quelle che fissano l'asticella piuttosto in basso - sono convinte di integrare efficacemente i manager.
(...)
A complicare le cose, contribuisce il fatto che non esiste una definizione o una comprensione chiara del termine "onboarding". In molte aziende con questa parola si intende più che altro il completamento delle pratiche amministrative necessarie, l'assegnazione al nuovo manager di spazi e risorse e la fornitura di questa formazione giudicata indispensabile, di solito in ambiti tecnici come la compliance. Sono tutte cose che richiedono investimenti limitatissimi o addirittura nulli da parte dei vertici aziendali e non aiutano per niente i manager a rimuovere gli ostacoli maggiori da affrontare nei nuovi ruoli: le sfide culturali e politiche.
Prendiamo invece, per capire la differenza, quelle aziende che dedicano risorse significative ad aiutare i nuovi manager a integrarsi fino in fondo.
Per esempio (...) i nuovi leader potrebbero essere fortemente incoraggiati a effettuare un programma di integrazione strutturato. Quasi tutti accettano questo aiuto ed è un dato indicativo: i leader sono meno reticenti a farsi aiutare in un'organizzazione che attribuisce un ruolo centrale all'apprendimento, a tutti i livelli.
A volte il programma potrebbe essere preceduto da una valutazione delle competenze soft fondamentali, che secondo la maggior parte dei dirigenti sono la cosa più difficile da padroneggiare all'inizio. Uno degli strumenti più utilizzati è un questionario sulla cultura aziendale, che confronta le pratiche lavorative dell'azienda (o reparto, o paese) da cui proviene il manager con quelle del nuovo contesto, segnalando potenziali problemi.
(...)
I manager, poi, prima di insediarsi nel nuovo riuolo potrebbero essere incoraggiati a preparare un elevator speech che esprima sinteticamente perché sono venuti in azienda e quale contributo sperano di fornire.
(...)
Domani vedremo quali sono i cinque compiti principali che un nuovo leader deve intraprendere nei primi mesi.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
Molte imprese sono convinte di essere in grado di saper integrare efficacemente manager appena assunti (...) ma in realtà non è così.
Quasi tuutte le grandi aziende sanno svolgere senza problemi le procedure amministrative elementari per accogliere un nuovo dirigente, ma un onboarding così limitato serve a ben poco per prevenire i problemi che possono emergere quando queste persone cominciano a lavorare con i nuovi colleghi e a misurarsi con norme e aspettative culturali diverse da quelle a cui sono abituati.
Gli sforzi che dedicano all'integrazione variano molto da un'azienda all'altra, con conseguenze rilevanti per quanto riguarda il tempo dedicato alla performance, il rischio che il rapporto vada a finire male (con il licenziamento o le dimissioni) e la capacità di trattenere i talenti.
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"Onboarding" (portare a bordo, imbarcare) è un termine appropriato per l'approccio che molte aziende adottano per supportare la transizione di un nuovo manager perché si limitano, in pratica, a portare a bordo sano e salvo il neoassunto. Ci si aspetta poi che sappia cosa fare o che sistemi le cose senza nessun aiuto o quasi.
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"Integrazione" lascia intendere uno scopo più ambizioso: fare tutto ciò che serve per rendere il nuovo arrivato un ingranaggio perfettamente funzionante della squadra nel modo più veloce e lineare possibile.
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I dirigenti ben integrati possono dare impulso all'azienda fin da subito, invece di dedicare le loro energie a cercare di imparare.
Gli studi dimostrano che la quantità media di tempo necessaria per raggiungere una piena performance (prendere decisioni fondamentali avendo in mano le informazioni giuste e le persone giuste che ti aiutano a metterle in pratica) può essere ridotta di un terzo, da 6 a 4 mesi.
Un approccio nuota-o-affoga lascia troppo al caso. Nei ruoli dirigenziali di importanza strategica per un'azienda, lasciare che una transizione si trascini comporta un costo. E al di là dei costi finanziari, il "brand" e la popolarità del nuovo manager ne escono intaccati.
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La maggior parte delle organizzazioni - anche quelle che fissano l'asticella piuttosto in basso - sono convinte di integrare efficacemente i manager.
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A complicare le cose, contribuisce il fatto che non esiste una definizione o una comprensione chiara del termine "onboarding". In molte aziende con questa parola si intende più che altro il completamento delle pratiche amministrative necessarie, l'assegnazione al nuovo manager di spazi e risorse e la fornitura di questa formazione giudicata indispensabile, di solito in ambiti tecnici come la compliance. Sono tutte cose che richiedono investimenti limitatissimi o addirittura nulli da parte dei vertici aziendali e non aiutano per niente i manager a rimuovere gli ostacoli maggiori da affrontare nei nuovi ruoli: le sfide culturali e politiche.
Prendiamo invece, per capire la differenza, quelle aziende che dedicano risorse significative ad aiutare i nuovi manager a integrarsi fino in fondo.
Per esempio (...) i nuovi leader potrebbero essere fortemente incoraggiati a effettuare un programma di integrazione strutturato. Quasi tutti accettano questo aiuto ed è un dato indicativo: i leader sono meno reticenti a farsi aiutare in un'organizzazione che attribuisce un ruolo centrale all'apprendimento, a tutti i livelli.
A volte il programma potrebbe essere preceduto da una valutazione delle competenze soft fondamentali, che secondo la maggior parte dei dirigenti sono la cosa più difficile da padroneggiare all'inizio. Uno degli strumenti più utilizzati è un questionario sulla cultura aziendale, che confronta le pratiche lavorative dell'azienda (o reparto, o paese) da cui proviene il manager con quelle del nuovo contesto, segnalando potenziali problemi.
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I manager, poi, prima di insediarsi nel nuovo riuolo potrebbero essere incoraggiati a preparare un elevator speech che esprima sinteticamente perché sono venuti in azienda e quale contributo sperano di fornire.
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Domani vedremo quali sono i cinque compiti principali che un nuovo leader deve intraprendere nei primi mesi.
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