(Fonte: "Il Corriere della Sera")
I millennial? Ex giovanissimi sorpassati dai nuovi giovani della “Generazione Z”. Quelli della Y, i millennial, ormai sono ben conosciuti dalle aziende, mentre gli Z, che cominciano a entrare nel mondo del lavoro, rubano la scena delle indagini sociologiche. Perché il problema è sapere come inserire al meglio gli Z nelle organizzazioni aziendali, visto che gli imprenditori non possono rischiare di sprecare questi nuovi talenti poco più che ventenni.
A capire le aspettative dei nativi digitali che incontrano il mercato del lavoro ci ha provato Sodexo, multinazionale francese di servizi a imprese e privati, che ha condotto lo studio “Workplace Trend”. Il centro dell’indagine riguarda proprio “i nativi digitali” della Generazione Z, composta dai nati tra il 1995 e il 2012, che sono già 2 miliardi in tutto il mondo e che tra soli sei anni rappresenteranno il 30% della forza lavoro globale.
Lo studio cita diversi contributi, a partire da quello della Varkey Foundation di Londra che ha intervistato 20 mila Z di 20 paesi del mondo e ha certificato che l’84% di loro crede che “la tecnologia possa contribuire a costruire un domani migliore”.
Secondo poi Bank of America quasi la metà degli Z (46%) anche sul lavoro predilige i social media come forma di comunicazione. Addirittura il 94%, poi, dà gran peso all’etica di impresa, visto che considera la “promozione della responsabilità sociale” un aspetto prioritario nella scelta dell’azienda in cui lavorare.
Le imprese, per attrarre e trattenere i nuovi talenti della Z, devono sostenere la loro ambizione di lavorare e vivere a ritmi veloci ma ciò non deve significare trascurare il loro benessere psico-fisico, preteso dal 94% del campione. Sodexo cita anche “l’esperto generazionale” David Stillman che, in una recente indagine, la “Gen Z @ Work”, conclude che i nativi digitali «sono competitivi perché hanno ben chiaro che non tutti possono essere vincitori. Vogliono quindi vincere per se stessi ma non rifiutano di lavorare con gli altri». Ciò deve spingere le aziende a sfruttare la disponibilità dei millennial che, in sei casi su dieci, «sono pronti a dare il loro supporto alle nuove generazione che si affacciano al mondo del lavoro».
In definitiva, sostiene Sodexo, sono cinque gli ambiti su cui devono concentrarsi le aziende per attirare il potenziale della Generazione Z: investire nelle nuove tecnologie e nello smart working; sviluppare iniziative di coaching per aumentare le loro capacità trasversali; spingere sull’equilibrio vita-lavoro riducendo lo stress; favorire la comunicazione con i superiori; dare peso alla responsabilità sociale e ambientale.
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I millennial? Ex giovanissimi sorpassati dai nuovi giovani della “Generazione Z”. Quelli della Y, i millennial, ormai sono ben conosciuti dalle aziende, mentre gli Z, che cominciano a entrare nel mondo del lavoro, rubano la scena delle indagini sociologiche. Perché il problema è sapere come inserire al meglio gli Z nelle organizzazioni aziendali, visto che gli imprenditori non possono rischiare di sprecare questi nuovi talenti poco più che ventenni.
A capire le aspettative dei nativi digitali che incontrano il mercato del lavoro ci ha provato Sodexo, multinazionale francese di servizi a imprese e privati, che ha condotto lo studio “Workplace Trend”. Il centro dell’indagine riguarda proprio “i nativi digitali” della Generazione Z, composta dai nati tra il 1995 e il 2012, che sono già 2 miliardi in tutto il mondo e che tra soli sei anni rappresenteranno il 30% della forza lavoro globale.
Lo studio cita diversi contributi, a partire da quello della Varkey Foundation di Londra che ha intervistato 20 mila Z di 20 paesi del mondo e ha certificato che l’84% di loro crede che “la tecnologia possa contribuire a costruire un domani migliore”.
Secondo poi Bank of America quasi la metà degli Z (46%) anche sul lavoro predilige i social media come forma di comunicazione. Addirittura il 94%, poi, dà gran peso all’etica di impresa, visto che considera la “promozione della responsabilità sociale” un aspetto prioritario nella scelta dell’azienda in cui lavorare.
Le imprese, per attrarre e trattenere i nuovi talenti della Z, devono sostenere la loro ambizione di lavorare e vivere a ritmi veloci ma ciò non deve significare trascurare il loro benessere psico-fisico, preteso dal 94% del campione. Sodexo cita anche “l’esperto generazionale” David Stillman che, in una recente indagine, la “Gen Z @ Work”, conclude che i nativi digitali «sono competitivi perché hanno ben chiaro che non tutti possono essere vincitori. Vogliono quindi vincere per se stessi ma non rifiutano di lavorare con gli altri». Ciò deve spingere le aziende a sfruttare la disponibilità dei millennial che, in sei casi su dieci, «sono pronti a dare il loro supporto alle nuove generazione che si affacciano al mondo del lavoro».
In definitiva, sostiene Sodexo, sono cinque gli ambiti su cui devono concentrarsi le aziende per attirare il potenziale della Generazione Z: investire nelle nuove tecnologie e nello smart working; sviluppare iniziative di coaching per aumentare le loro capacità trasversali; spingere sull’equilibrio vita-lavoro riducendo lo stress; favorire la comunicazione con i superiori; dare peso alla responsabilità sociale e ambientale.
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