lunedì 27 marzo 2017

In dieci anni persi quasi 500mila posti tra gli over 50

(Fonte: "Il Sole 24 Ore)

Non solo giovani. La disoccupazione fa breccia anche tra gli over 50: in 10 anni il numero di coloro che hanno perso il lavoro è più che triplicato, dai 150mila del 2006 ai 500mila del 2016, a fare
da contraltare alla crescita contemporanea dell’occupazione per i lavoratori della stessa fascia di età. Spesso poco istruiti, i disoccupati 50enni faticano a ricollocarsi: il 60% resta fuori dal mercato per un anno o più.


Né giovani né vecchi, spesso senza il sostegno dei genitori o la possibilità di arrivare presto alla pensione, intrappolati ai margini del mercato del lavoro in una condizione di ”inattività” cronica. Sono i disoccupati “senior”, quelli che hanno perso il posto dopo aver oltrepassato la soglia dei 50 anni. Una platea che si è allargata negli anni della crisi: oggi ne fanno parte quasi 500mila lavoratori, in prevalenza uomini (61%), con una crescita record nel giro di dieci anni, +225%, che
ha più che triplicato i 150mila del 2006.
 

Non solo i giovani, dunque, hanno pagato il conto salato della crisi.
Anche se “pesano” meno della metà degli under 30 senza lavoro (un milione), gli over 50 di sicuro non sono più una nicchia del totale di tre milioni di disoccupati in Italia: sfiorano addirittura
quota 1,2 milioni se si sommano anche i coetanei inattivi e scoraggiati (più di 670mila, cresciuti
del 72% dal 2006, in base al report realizzato dal centro studi Datalavoro per «Il Sole 24 Ore»).
«Le statistiche evidenziano che molte di queste persone spesso sono deluse – sottolinea il sociologo
Francesco Giubileo - ed è difficilissimo ricollocarle in pochi mesi, quasi impossibile dopo un paio di anni. 


In passato la soluzione era una mobilità protratta nel tempo per creare un ponte più o meno lungo diretto alla pensione. Una politica fatta tutta alle spalle delle future generazioni, che non possono più contare su aiuti di questo tipo».
Insomma, oggi più che mai,l’aumento della disoccupazione nella fascia di età più adulta rischia di cristallizzarsi nel tempo, anche perché si tratta di lavoratori poco istruiti - in oltre il 60% dei casi sono fermi alla licenza media - e che arrivano da settori saturi o in recessione (ad esempio,  l’edilizia).
L’anno scorso la quota di disoccupati senior di lunga durata (in cerca di un lavoro da un anno o più) è arrivata al 61%, contro il 53,8% dei più giovani, a riprova della difficoltà degli adulti a
reinserirsi nel mercato una volta perso il posto.
«Le implicazioni non sono da poco - commenta Luigi Campiglio, ordinario di politica economica all’Università Cattolica di Milano - visto che spesso si tratta di persone con figli ancora a carico che rischiano di restare in stand-by per lungo tempo, anche perché hanno competenze obsolete e faticano
a riqualificarsi».
 

Sullo scacchiere europeo, anche se il nostro tasso di disoccupazione degli ultracinquantenni, pur raddoppiato, resta sotto la media dell’area euro (6,3%, rispetto al 7,6%), a colpire è il ritmo di crescita dei disoccupati in valore assoluto (+225%): un abisso in confronto alla media europea
del +55%, che si allarga ancor di più se si considera il calo registrato in Germania (-54,6% e con un tasso di disoccupazione del 3,7 per cento).
Peggiore di noi tra i big risulta solo la Spagna, che colleziona più di un milione di disoccupati over 50, cresciuti addirittura del 343% in dieci anni.
 

Non tutto però sembra perduto. «La carta vincente resta comunque l’esperienza – conclude Giubileo -: ci sono infatti over 50 che sono nettamente preferiti ai giovani, perché possono offrire subito maggiori competenze maturate sul campo».
Si spiega così, in parte, il rovescio della medaglia, cioè la crescita dell’occupazione in questi anni tra gli ultracinquantenni, aumentati del 49% in valore assoluto (anche a causa dell’allungamento
dell’età pensionabile), con un tasso di occupazione che è passato dal 45,1% del 2006 al 57,9% del
2016, mentre quello degli under 30 è sceso dal 40,1 al 29,9 per cento.
L’altro “ingrediente” è quello demografico: l’ultimo rapporto Istat evidenzia che tra il 2000 e il 2015 è sì cresciuta la popolazione in età da lavoro, ma gli effetti della denatalità successiva al baby boom hanno prodotto un assottigliamento delle classi più giovani, quelle fino a 40 anni, mentre per l’effetto demografico opposto sono cresciute quelle senior, tanto che a partire dal 2013 il livello del
tasso di occupazione dei più anziani ha superato quello dei giovani (si veda l’infografica in basso). 


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