(Fonte: "Il Sole 24 Ore")
Passano gli anni, cambiano i governi, ma l’Italia ancora non è riuscita a trovare un “link stabile” per collegare (e bene) richieste delle aziende e competenze dei candidati. Un «mismatch» tra domanda e offerta di lavoro che continua a interessare i profili tecnici e qualificati, e che invece di regredire, segna un nuovo balzo in avanti: nei primi tre mesi dell’anno, infatti, quasi un’assunzione programmata su cinque (il 19,9%, per l’esattezza) è considerata dagli stessi imprenditori «di difficile reperimento» (nel 2016 le figure “introvabili” si attestavano al 12% del totale degli ingressi previsti).
Ciò significa che ancora oggi si fa fatica a trovare ingegneri, architetti, specialisti in scienze economiche e gestionali d’impresa; ma anche periti, dirigenti, operai specializzati; e a tutti, oltre a una preparazione scolastica di qualità (che spesso “non emerge” durante le selezioni), viene richiesta, pure, un’esperienza lavorativa precedente (per due candidati su tre è considerata dai datori di lavoro «un requisito fondamentale» per l’inserimento in azienda).
A rilanciare l’urgenza di un dialogo, più stretto e proficuo, tra istruzione e mondo produttivo, sono gli ultimi dati pubblicati ieri da Unioncamere, tramite il servizio informativo Excelsior, realizzato in collaborazione con il ministero del Lavoro.
Ai primi posti, per difficile reperimento del candidato giusto, ci sono regioni come Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Liguria e Lazio (in pratica una buona fetta del Centro-Nord più industrializzato); ma, anche, in Puglia, Sicilia e Campania la percentuale di
“introvabili” supera la doppia cifra.
A essere penalizzate «sono soprattutto le piccole e medie imprese impegnate, in questa fase, a introdurre elementi di innovazione per superare la crisi e ripartire - spiega l’economista del Lavoro, Carlo Dell’Aringa -. Non c’è dubbio che l’alternanza obbligatoria potrà aiutare, ma bisogna che si faccia anche nelle università. E vanno rafforzati gli Its, che stanno funzionando piuttosto bene».
Del resto, gli imprenditori stanno cercando sempre più profili con un livello di formazione adeguato
(il 41% delle assunzioni previste nel primo trimestre 2017 è rivolo a diplomati, il 17% sono laureati, il 16% candidati in possesso di qualifiche professionali). «Ciò accade perchè, sotto la spinta di Industria 4.0, la manifattura sta cambiando velocemente e c’è necessità di collaboratori in linea con i mutamenti in atto - sottolinea il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Giovanni Brugnoli -. Il tema è centrale. Se non vogliamo accrescere il numero di inoccupati è imprescindibile che scuola e università ascoltino aziende, categorie e territori, nel disegnare l’offerta didattica: con questi numeri non possiamo più permetterci una formazione slegata dalle reali necessità
del mondo produttivo»
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
Passano gli anni, cambiano i governi, ma l’Italia ancora non è riuscita a trovare un “link stabile” per collegare (e bene) richieste delle aziende e competenze dei candidati. Un «mismatch» tra domanda e offerta di lavoro che continua a interessare i profili tecnici e qualificati, e che invece di regredire, segna un nuovo balzo in avanti: nei primi tre mesi dell’anno, infatti, quasi un’assunzione programmata su cinque (il 19,9%, per l’esattezza) è considerata dagli stessi imprenditori «di difficile reperimento» (nel 2016 le figure “introvabili” si attestavano al 12% del totale degli ingressi previsti).
Ciò significa che ancora oggi si fa fatica a trovare ingegneri, architetti, specialisti in scienze economiche e gestionali d’impresa; ma anche periti, dirigenti, operai specializzati; e a tutti, oltre a una preparazione scolastica di qualità (che spesso “non emerge” durante le selezioni), viene richiesta, pure, un’esperienza lavorativa precedente (per due candidati su tre è considerata dai datori di lavoro «un requisito fondamentale» per l’inserimento in azienda).
A rilanciare l’urgenza di un dialogo, più stretto e proficuo, tra istruzione e mondo produttivo, sono gli ultimi dati pubblicati ieri da Unioncamere, tramite il servizio informativo Excelsior, realizzato in collaborazione con il ministero del Lavoro.
Ai primi posti, per difficile reperimento del candidato giusto, ci sono regioni come Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Liguria e Lazio (in pratica una buona fetta del Centro-Nord più industrializzato); ma, anche, in Puglia, Sicilia e Campania la percentuale di
“introvabili” supera la doppia cifra.
A essere penalizzate «sono soprattutto le piccole e medie imprese impegnate, in questa fase, a introdurre elementi di innovazione per superare la crisi e ripartire - spiega l’economista del Lavoro, Carlo Dell’Aringa -. Non c’è dubbio che l’alternanza obbligatoria potrà aiutare, ma bisogna che si faccia anche nelle università. E vanno rafforzati gli Its, che stanno funzionando piuttosto bene».
Del resto, gli imprenditori stanno cercando sempre più profili con un livello di formazione adeguato
(il 41% delle assunzioni previste nel primo trimestre 2017 è rivolo a diplomati, il 17% sono laureati, il 16% candidati in possesso di qualifiche professionali). «Ciò accade perchè, sotto la spinta di Industria 4.0, la manifattura sta cambiando velocemente e c’è necessità di collaboratori in linea con i mutamenti in atto - sottolinea il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Giovanni Brugnoli -. Il tema è centrale. Se non vogliamo accrescere il numero di inoccupati è imprescindibile che scuola e università ascoltino aziende, categorie e territori, nel disegnare l’offerta didattica: con questi numeri non possiamo più permetterci una formazione slegata dalle reali necessità
del mondo produttivo»
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