martedì 21 febbraio 2017

Ricette per lavori soddisfacenti

(Fonte: "Internazionale")

E' abbastanza corretto dire che l’economia è vicina alla massima occupazione”, ha dichiarato di recente Janet Yellen, la presidente della Federal reserve, la banca centrale statunitense, in vista di un prossimo innalzamento dei tassi d’interesse. Ma la massima occupazione, come la pornografia, è negli occhi di chi guarda. 
Gli adulti statunitensi, che solo nel 69 per cento dei casi hanno un lavoro, sembrano lontani
dall’occupazione massima. In passato i governi parlavano di “piena” occupazione, oggi di “massima” occupazione: il concetto è lo stesso e ha bisogno di essere aggiornato.


Yellen ha in mente una definizione particolare di massima occupazione, costruita a partire dall’esperienza degli ultimi cinquant’anni. Negli anni sessanta e settanta molti pensavano che i tentativi del governo di stimolare la domanda potevano far abbassare il livello di disoccupazione solo fino a un certo punto. Al di sotto di quel “tasso naturale”, la disoccupazione sarebbe tornata a crescere nel giro di poco tempo e l’inflazione avrebbe registrato un’accelerazione. 


I tassi naturali del mondo ricco si sono spostati nel corso del tempo, passando da cifre inferiori al 5 per cento dopo la seconda guerra mondiale a livelli più alti negli anni settanta e ottanta, per poi tornare di recente verso percentuali più basse.
Gli economisti sostengono che il tasso naturale dipende dalla “disoccupazione frizionale”. Ogni mese milioni di lavoratori lasciano il loro impiego e milioni di altri lavoratori ne trovano un altro, e per una parte di loro c’è una pausa tra un lavoro e l’altro: questa è la disoccupazione frizionale. 


Alcuni fattori bloccano i posti di lavoro e aumentano la frizione. Il tasso di disoccupazione
frizionale più alto negli anni settanta e ottanta era in parte dovuto al fatto che i buoni posti di lavoro nelle fabbriche diminuivano mentre esplodeva l’impiego a bassi salari nel settore dei servizi. I lavoratori che avevano perso un buon impiego restavano più a lungo disoccupati nella speranza che prima o poi si sarebbe presentata un’opportunità migliore. Anche l’imposizione di ostacoli al cambiamento di lavoro, come le licenze o le abilitazioni per determinati lavori, può far aumentare il tasso naturale.
 

Altri fattori invece facilitano il processo.
Il tasso naturale più basso degli anni novanta potrebbe essere stato la conseguenza di processi di assunzione resi più efficienti dalla tecnologia informatica o dell’aumento dei posti di lavoro a tempo determinato che hanno assorbito alcuni lavoratori in una fase di transizione professionale.

Ma se l’obiettivo della piena occupazione è una società felice, i politici dovrebbero prestare attenzione alla qualità dei posti di lavoro, non solo alla quantità. Molte più persone sarebbero in attività se i governi eliminassero i sussidi alla disoccupazione e il salario minimo. Ma in questo modo la società se la passerebbe molto peggio.
I cambiamenti tecnologici complicano ulteriormente le cose. Una carenza di lavoratori potrebbe accelerare l’investimento nelle macchine e perfino la piena automazione. 


In un nuovo saggio Daron Acemoglu e Pascual Restrepo, due economisti del Massachusetts institute of technology, sottolineano che le economie caratterizzate dall’invecchiamento della popolazione e da una forza lavoro sempre meno numerosa non sembrano crescere più lentamente di quelle giovani, a differenza da quello che sostengono molti economisti. In questi casi è cresciuta l’automazione. E tuttavia, se i robot possono compensare gli alti tassi di pensionamento, quanti giovani lavoratori
potrebbero essere a loro volta superflui?
Non è imminente un’era di disoccupazione di massa dovuta alla tecnologia. La deinizione di occupazione massima, però, dovrebbe prendere in considerazione qualcosa in più dell’andamento del tasso d’inflazione. I governi dovrebbero tenere in considerazione le opzioni a disposizione dei lavoratori: il punto non è solo con quanta facilità riescono a trovare il lavoro che desiderano, ma anche quanto serenamente possano rinunciare a un lavoro che invece non desiderano. Eliminando gli ostacoli al cambiamento di occupazione e offrendo ai lavoratori una rete di sicurezza sociale che
gli consenta di riiutare gli impieghi più scadenti,  le  società  possono  promuovere un’occupazione che sia non solo piena, ma anche soddisfacente.


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