lunedì 26 febbraio 2018

Manager del futuro a lezione di diversità: “Solo così si innova”

(Fonte: "La Stampa")

Riunione internazionale di un gruppo  di  manager  a  New York. Durante una pausa, uno scende per strada e guardando le persone che incrocia si rende conto che su, chiusi in una  stanza,  loro  ne  avevano invece in mente solo un tipo.
«Vendiamo  colori,  non  possiamo  non  portarli  tutti  anche dentro il nostro processo decisionale».  Danielle  Norrenberg non è un’attivista né una politica, ma una donna di potere. Una manager - (...) - alle prese con la gestione di qualcosa di impalpabile ma di crescente peso nelle aziende: la diversità.

Con  il  racconto  sui  colori ha introdotto, qualche tempo fa, la sua lezione al master sul
diversity  management  della Fondazione  Brodolini  a  Roma.  Un  master  che  testimonia  un  crescente  interesse delle  aziende  nella  gestione della diversità e nell’inclusione. Che, alla ricerca del valore, sempre più spesso si imbatte in quello delle differenze: di genere, età, scelte sessuali, salute, etnia, religione. 


Neolaureati e dirigenti
(...)  Ma perché le imprese sentono la necessità di mandare i loro manager a lezione di diversità? Per evitare autogol  di  marketing,  come quello  della  Barilla  sulla  famiglia-tipo che le causò perdite economiche rilevanti dopo  il  clamoroso  infortunio («se i gay non sono d’accordo,  possono  mangiare  un’altra  pasta»);  ma  anche  per scegliere e gestire meglio le persone.
Proprio quella della «innovazione attraverso la diversità» è adesso la nuova frontiera,  racconta  De  Micheli.  Un esempio?  «Le  protesi  al  ginocchio.  Sembrerà  strano, ma solo da poco ci si è accorti
che venivano studiate sul maschio medio mentre servono a tutt’altro tipo di persone».
 

Pari opportunità  
La  differenza  di  genere  resta quella principale, in un mondo a  prevalenza  maschile.  Un’indagine della Bocconi su 250 direttori del personale ha rivelato che solo il 21% delle grandi imprese italiane adotta strategie  di  diversity  management, contro il 39,4% tedesco e il 48% della media Ue.
Focalizzandosi sulle banche, una  recente  indagine  del  Fmi ha  dato  numeri  non  rosei:  le
donne nei board sono il 20% a livello mondiale, ma solo il 2% degli ad. Lo stesso studio rivela
però che, a parità di altre condizioni, una maggiore presenza femminile ai vertici è associata
con  maggiore  stabilità  finanziaria. Oltre ai risultati esterni, ci sono quelli interni: le aziende
che adottano schemi di diversity  management  più  spesso hanno  politiche  di  conciliazione  lavoro/famiglia,  metodi  e orari di lavoro flessibili, asili nido, congedi parentali per i padri. Se l’Italia ha faticato a in-trodurre un congedo obbligatorio per i neopapà di soli 4 giorni (e lo prendono in pochi), in Axa, multinazionale  delle  assicurazioni che ha da tempo un diversity manager, i padri hanno 25 giorni con retribuzione piena.
Ma non sono queste le sole scelte organizzative che la gestione  della  diversità  può  richiedere. «Da noi i dipendenti over 50 sono per il 70% uomini e per il 30% donne; al contrario,  la  popolazione  al  di  sotto dei 35 anni è femminile al 65%.
Questo dà un’idea della diversità presente, che si può gestire solo  prestando  attenzione», spiega Livio Zingarelli di Philips Italia, secondo cui è proprio l’età la diversità più difficile da
affrontare. Zingarelli ne parla nel volume Diversità e inclusione che contiene dieci interviste
a diversity manager italiani di grandi  imprese  spesso  con  la testa fuori dall’Italia: il che fa
capire che la difficoltà e la sfida maggiore, per i neodiplomati in diversity  management,  sarà
tradurre quello che hanno imparato  nel  tessuto  italiano  di medie e piccole imprese.


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

Nessun commento: