(Fonte: "Affari&Finanza")
“Serve fiducia, è la base del sistema” il lavoro flessibile visto dai manager
Si sente parlare sempre più spesso di smart working ma non sempre è ben chiaro che cosa si intenda con questo termine. OD&M Consulting, società di Gi Group specializzata in HR
Consulting, ha provato a fare un po’ di chiarezza in questo campo, coinvolgendo in un sondaggio online responsabili delle risorse umane e imprenditori di diverse aziende e arrivando alla conclusione che lo Smart working viene considerato soprattutto un nuovo approccio organizzativo basato sull’organizzazione e gestione flessibile delle attività di lavoro rispetto a tempi, spazi, ambienti e strumenti, piuttosto che come una semplice modalità di lavoro, come previsto dal Jobs Act per gli autonomi, la normativa che regola il “Lavoro Agile” (L.81/2017, artt. 18-24).
«Negli ultimi cinque anni l’attenzione posta allo Smart working sta crescendo notevolmente anche in Italia — spiega Rossella Riccò, responsabile area Studi e ricerche di OD&M Consulting —
L’interesse di istituzioni e aziende al tema tende a concentrarsi sull’aspetto tecnologico che rende possibile passare da forme di lavoro tradizionale a forme di lavoro agile e sull’aspetto normativo che definisce il framework entro il quale poter agire, ma spesso non viene fatta chiarezza rispetto al significato attribuito al concetto di Smart Working, ai motivi che possono spingere le aziende a ricorrervi, ai benefici e alle criticità che possono essere collegati alla sua adozione».
Per ben il 75% degli intervistati, infatti, quando si parla di Smart working ci si riferisce a
“una organizzazione e gestione delle attività del lavoro rispetto a tempi, spazi, ambienti e strumenti”; per un altro 9,5% si tratta della “possibilità di lavorare anche fuori dell’azienda in luoghi scelti a discrezione del lavoratore”. L’8,3% ha risposto che è una “modalità di lavoro con tecnologie avanzate che permettono la connessione da remoto”, il 6% che è una “modalità di lavoro con orari flessibili che possono essere gestiti in autonomia dai lavoratori”, mentre per il restante 1,2% è una “modalità di lavoro da casa”.
Dall’indagine condotta da OD&M Consulting emerge che questo nuovo modello organizzativo, direttamente collegato al tema della Flessibilità, ma anche a quello della responsabilità e autonomia, viene adottato dalle aziende innanzitutto per migliorare il Work-Life Balance delle
proprie persone (48,8%), poi per migliorare l’efficienza organizzativa (19%, incrementando la produttività individuale 10,7% e riducendo i costi 8,3%), per attrarre, motivare e trattenere le persone in azienda (17,9%), cambiare cultura manageriale (11,9%) e solo in misura residuale per Csr (2,4%).
Secondo gli intervistati, i principali benefici dello Smart working si concretizzano in un aumento della motivazione delle persone, in un miglioramento del loro work-life balance e in una maggiore focalizzazione sugli obiettivi/risultati piuttosto che sulla presenza in ufficio, tutte risposte indicate da più di un manager su due. Il Lavoro agile porta però miglioramenti anche sul fronte dell’aumento della produttività, della “promozione della cultura della fiducia”, oltre a ridurre gli spostamenti dei lavoratori che sono così meno soggetti a stress. L’indagine indica poi alcuni benefici “secondari”, che non sono però assolutamente da sottovalutare: lo Smart working
sviluppa l’autonomia lavorativa, fa aumentare il benessere delle persone e riduce i costi connessi
agli spazi lavorativi. Esso riduce inoltre l’assenteismo, aiuta ad attrarre le persone più preparate e,
più in generale, aumenta l’efficienza aziendale.
«Per diventare agili, gli elementi fondamentali su cui le aziende sono chiamate a concentrare i
propri sforzi sono cultura, mindset e organizzazione del lavoro — afferma Riccò — Solo dopo
aver agito su questi elementi profondi che definiscono il “cosa deve cambiare in azienda” entrano
in gioco gli interventi strumentali su tecnologia, policy organizzative e gestione degli spazi aziendali che sono gli elementi più visibili e maggiormente dibattuti dello Smart working».
La principale criticità connessa allo Smart working sembra consistere nel realizzare il cambiamento culturale per passare da un orientamento al comando, controllo e “presenzialismo” a un orientamento su risultati (risposta indicata dal 64,3% degli intervistati). Non è però questa l’unica difficoltà: bisogna infatti anche “realizzare un cambiamento organizzativo” (48,8%), fare i conti con una “riduzione della sinergia fra colleghi” (46,4%), assicurare “la sicurezza dei dati sensibili e della privacy” (42,9%) e quella “dei lavoratori fuori dagli ambienti di lavoro”.
«Dallo studio emergono dieci elementi chiave attraverso i quali è possibile definire lo Smart working — conclude Riccò — Autonomia e responsabilità, spostamento del focus dalla presenza ai risultati, diffusione della cultura della fiducia, adozione di una leadership partecipativa, attitudine
all’utilizzo di strumenti digitali, definizione dei Kpi dei risultati ottenuti attraverso lo Smart working, capacità di prestare attenzione a privacy e sicurezza dati, condivisione dei valori e predisposizione al cambiamento e all’adattamento veloce».
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“Serve fiducia, è la base del sistema” il lavoro flessibile visto dai manager
Si sente parlare sempre più spesso di smart working ma non sempre è ben chiaro che cosa si intenda con questo termine. OD&M Consulting, società di Gi Group specializzata in HR
Consulting, ha provato a fare un po’ di chiarezza in questo campo, coinvolgendo in un sondaggio online responsabili delle risorse umane e imprenditori di diverse aziende e arrivando alla conclusione che lo Smart working viene considerato soprattutto un nuovo approccio organizzativo basato sull’organizzazione e gestione flessibile delle attività di lavoro rispetto a tempi, spazi, ambienti e strumenti, piuttosto che come una semplice modalità di lavoro, come previsto dal Jobs Act per gli autonomi, la normativa che regola il “Lavoro Agile” (L.81/2017, artt. 18-24).
«Negli ultimi cinque anni l’attenzione posta allo Smart working sta crescendo notevolmente anche in Italia — spiega Rossella Riccò, responsabile area Studi e ricerche di OD&M Consulting —
L’interesse di istituzioni e aziende al tema tende a concentrarsi sull’aspetto tecnologico che rende possibile passare da forme di lavoro tradizionale a forme di lavoro agile e sull’aspetto normativo che definisce il framework entro il quale poter agire, ma spesso non viene fatta chiarezza rispetto al significato attribuito al concetto di Smart Working, ai motivi che possono spingere le aziende a ricorrervi, ai benefici e alle criticità che possono essere collegati alla sua adozione».
Per ben il 75% degli intervistati, infatti, quando si parla di Smart working ci si riferisce a
“una organizzazione e gestione delle attività del lavoro rispetto a tempi, spazi, ambienti e strumenti”; per un altro 9,5% si tratta della “possibilità di lavorare anche fuori dell’azienda in luoghi scelti a discrezione del lavoratore”. L’8,3% ha risposto che è una “modalità di lavoro con tecnologie avanzate che permettono la connessione da remoto”, il 6% che è una “modalità di lavoro con orari flessibili che possono essere gestiti in autonomia dai lavoratori”, mentre per il restante 1,2% è una “modalità di lavoro da casa”.
Dall’indagine condotta da OD&M Consulting emerge che questo nuovo modello organizzativo, direttamente collegato al tema della Flessibilità, ma anche a quello della responsabilità e autonomia, viene adottato dalle aziende innanzitutto per migliorare il Work-Life Balance delle
proprie persone (48,8%), poi per migliorare l’efficienza organizzativa (19%, incrementando la produttività individuale 10,7% e riducendo i costi 8,3%), per attrarre, motivare e trattenere le persone in azienda (17,9%), cambiare cultura manageriale (11,9%) e solo in misura residuale per Csr (2,4%).
Secondo gli intervistati, i principali benefici dello Smart working si concretizzano in un aumento della motivazione delle persone, in un miglioramento del loro work-life balance e in una maggiore focalizzazione sugli obiettivi/risultati piuttosto che sulla presenza in ufficio, tutte risposte indicate da più di un manager su due. Il Lavoro agile porta però miglioramenti anche sul fronte dell’aumento della produttività, della “promozione della cultura della fiducia”, oltre a ridurre gli spostamenti dei lavoratori che sono così meno soggetti a stress. L’indagine indica poi alcuni benefici “secondari”, che non sono però assolutamente da sottovalutare: lo Smart working
sviluppa l’autonomia lavorativa, fa aumentare il benessere delle persone e riduce i costi connessi
agli spazi lavorativi. Esso riduce inoltre l’assenteismo, aiuta ad attrarre le persone più preparate e,
più in generale, aumenta l’efficienza aziendale.
«Per diventare agili, gli elementi fondamentali su cui le aziende sono chiamate a concentrare i
propri sforzi sono cultura, mindset e organizzazione del lavoro — afferma Riccò — Solo dopo
aver agito su questi elementi profondi che definiscono il “cosa deve cambiare in azienda” entrano
in gioco gli interventi strumentali su tecnologia, policy organizzative e gestione degli spazi aziendali che sono gli elementi più visibili e maggiormente dibattuti dello Smart working».
La principale criticità connessa allo Smart working sembra consistere nel realizzare il cambiamento culturale per passare da un orientamento al comando, controllo e “presenzialismo” a un orientamento su risultati (risposta indicata dal 64,3% degli intervistati). Non è però questa l’unica difficoltà: bisogna infatti anche “realizzare un cambiamento organizzativo” (48,8%), fare i conti con una “riduzione della sinergia fra colleghi” (46,4%), assicurare “la sicurezza dei dati sensibili e della privacy” (42,9%) e quella “dei lavoratori fuori dagli ambienti di lavoro”.
«Dallo studio emergono dieci elementi chiave attraverso i quali è possibile definire lo Smart working — conclude Riccò — Autonomia e responsabilità, spostamento del focus dalla presenza ai risultati, diffusione della cultura della fiducia, adozione di una leadership partecipativa, attitudine
all’utilizzo di strumenti digitali, definizione dei Kpi dei risultati ottenuti attraverso lo Smart working, capacità di prestare attenzione a privacy e sicurezza dati, condivisione dei valori e predisposizione al cambiamento e all’adattamento veloce».
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