(Fonte: "Affari&Finanza")
La Pubblica Amministrazione chiamata a lanciarsi in pista
L’anno che si è appena aperto dirà molto sulla capacità della Pubblica Amministrazione italiana di imboccare una volta per tutte la strada dello smart working. La legge approvata dal Parlamento a maggio dello scorso anno ha infatti tolto ogni scusa di assenza delle norme, ridando slancio a un fenomeno che aveva avuto una prima scossa dalla riforma Madia. Le amministrazioni sono ora chiamate a buttarsi in pista, magari prendendo spunto dalle realtà che si sono cucite addosso i
panni della PA agile senza attendere il quadro legislativo. Gli esempi virtuosi non mancano, dalla Provincia autonoma di Trento alla Regione Lombardia passando per il Comune di Torino e altri enti locali.
Ma c’è una PA che per prestigio, importanza e ambizione potrebbe rappresentare il miglior traino.
Si tratta della Presidenza del Consiglio dei ministri, che senza troppi proclami sta portando avanti un piano di smart working (fino a 5 giorni al mese, forse si arriverà a 8) con l’obiettivo di entrare a regime con tutti e 400 i dipendenti entro la fine del 2018. Le sensazioni sono positive perché la
sperimentazione avviata negli scorsi mesi, ampiamente condivisa con i sindacati, non ha riscontrato difficoltà particolari e ha ottenuto feedback positivi dai 60 dipendenti coinvolti. Gli sforzi profusi per aumentare la capacità dei dipendenti di programmare i contenuti, gestire i progetti e
uscire dal ciclo giornaliero stanno pagando. Ed è stata in particolare l’analisi preventiva e successiva del lavoro svolto in modalità smart a determinare finora la buona riuscita.
Nemmeno il trambusto delle prossime elezioni sembra in grado di frenare i progetti nati fra le stanze di Palazzo Chigi. Non è un bene solo per la Presidenza del Consiglio, visto che quest’ultima sta supportando altre importanti amministrazione su vari fronti (scrittura delle direttive, predisposizione delle circolari, organizzazione della formazione e altre attività). Nel corso di quest’anno entreranno infatti in fase sperimentale il Consiglio di Stato, il Miur e il ministero dell’Ambiente. Saranno coinvolte alcune centinaia di dipendenti e il passaggio alla fase operativa è prevista per alcuni
uffici già entro metà anno. Insomma, un contagio positivo da parte di Palazzo Chigi.
Attualmente in Italia si contano oltre 305mila smart worker ma, sottolinea Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, “sono almeno 5 milioni i lavoratori le cui mansioni permetterebbero di adottare questo modello, con importanti incrementi di produttività ed effetti positivi sulla vita privata e sulla società”. Vantaggi interessanti anche per la PA, che si trova di fronte a una possibile svolta: «Il 2017 è stato un anno importante perché è stata chiarita la cornice normativa, togliendo alibi a chi riteneva mancassero i presupposti legali all’applicazione di questo modello. Il 2018 sarà l’anno della verità perché capiremo se lo smart working potrà finalmente diventare realtà anche nella Pubblica Amministrazione.
Per promuoverne davvero la diffusione nel settore pubblico, e soprattutto per trarne il massimo beneficio, occorre però — avverte Corso — accompagnare il cambiamento con interventi di affiancamento ai manager pubblici per supportarli nel ragionare per processi, identificare indicatori di prestazione e gestire e valutare i collaboratori per obiettivi».
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
La Pubblica Amministrazione chiamata a lanciarsi in pista
L’anno che si è appena aperto dirà molto sulla capacità della Pubblica Amministrazione italiana di imboccare una volta per tutte la strada dello smart working. La legge approvata dal Parlamento a maggio dello scorso anno ha infatti tolto ogni scusa di assenza delle norme, ridando slancio a un fenomeno che aveva avuto una prima scossa dalla riforma Madia. Le amministrazioni sono ora chiamate a buttarsi in pista, magari prendendo spunto dalle realtà che si sono cucite addosso i
panni della PA agile senza attendere il quadro legislativo. Gli esempi virtuosi non mancano, dalla Provincia autonoma di Trento alla Regione Lombardia passando per il Comune di Torino e altri enti locali.
Ma c’è una PA che per prestigio, importanza e ambizione potrebbe rappresentare il miglior traino.
Si tratta della Presidenza del Consiglio dei ministri, che senza troppi proclami sta portando avanti un piano di smart working (fino a 5 giorni al mese, forse si arriverà a 8) con l’obiettivo di entrare a regime con tutti e 400 i dipendenti entro la fine del 2018. Le sensazioni sono positive perché la
sperimentazione avviata negli scorsi mesi, ampiamente condivisa con i sindacati, non ha riscontrato difficoltà particolari e ha ottenuto feedback positivi dai 60 dipendenti coinvolti. Gli sforzi profusi per aumentare la capacità dei dipendenti di programmare i contenuti, gestire i progetti e
uscire dal ciclo giornaliero stanno pagando. Ed è stata in particolare l’analisi preventiva e successiva del lavoro svolto in modalità smart a determinare finora la buona riuscita.
Nemmeno il trambusto delle prossime elezioni sembra in grado di frenare i progetti nati fra le stanze di Palazzo Chigi. Non è un bene solo per la Presidenza del Consiglio, visto che quest’ultima sta supportando altre importanti amministrazione su vari fronti (scrittura delle direttive, predisposizione delle circolari, organizzazione della formazione e altre attività). Nel corso di quest’anno entreranno infatti in fase sperimentale il Consiglio di Stato, il Miur e il ministero dell’Ambiente. Saranno coinvolte alcune centinaia di dipendenti e il passaggio alla fase operativa è prevista per alcuni
uffici già entro metà anno. Insomma, un contagio positivo da parte di Palazzo Chigi.
Attualmente in Italia si contano oltre 305mila smart worker ma, sottolinea Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, “sono almeno 5 milioni i lavoratori le cui mansioni permetterebbero di adottare questo modello, con importanti incrementi di produttività ed effetti positivi sulla vita privata e sulla società”. Vantaggi interessanti anche per la PA, che si trova di fronte a una possibile svolta: «Il 2017 è stato un anno importante perché è stata chiarita la cornice normativa, togliendo alibi a chi riteneva mancassero i presupposti legali all’applicazione di questo modello. Il 2018 sarà l’anno della verità perché capiremo se lo smart working potrà finalmente diventare realtà anche nella Pubblica Amministrazione.
Per promuoverne davvero la diffusione nel settore pubblico, e soprattutto per trarne il massimo beneficio, occorre però — avverte Corso — accompagnare il cambiamento con interventi di affiancamento ai manager pubblici per supportarli nel ragionare per processi, identificare indicatori di prestazione e gestire e valutare i collaboratori per obiettivi».
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