(Fonte: "La Stampa")
Ma perché, quando cercano un lavoro, gli italiani pensano quasi solo all’aiuto di amici, parenti e conoscenti? Una studiosa americana, Dorothy Louise Zinn, qualche anno fa provò a studiare il fenomeno e ne uscì il più eloquente testo sulla funzione della raccomandazione, come tratto genetico e antropologico in particolare nel nostro sud. Da tempo le statistiche ci raccontano che il modello familista e clientelare viene usato a man bassa e resta il primo canale di ricerca del lavoro.
La propensione alle raccomandazioni e alle spintarelle non deve però essere un alibi: se gli
italiani preferiscono le reti personali, forse dipende anche dalla debolezza delle altre reti, in particolare quella dei centri per l’impiego e delle agenzie del lavoro private. Sarà ancora un problema di culture profonde, ma intanto agenzie e centri pubblici cambiano strategia, aumentando qualità ed efficacia dei loro servizi. Intanto le statistiche battono il ritmo: l’82% degli italiani cerca un impiego rivolgendosi ad amici e parenti. Sono dati Eurostat al terzo trimestre 2017: la percentuale è in leggero calo, ma era al 74% nel 2007, prima della crisi. Il ricorso alla rete personale e amicale nel nostro paese è peggiore rispetto agli altri paesi Ue, dove la media è al 68,0%. In Italia appena il 25% di chi cerca lavoro bussa a un ufficio pubblico. È il dato peggiore
della Ue e siamo lontani da Germania (73,4%), Francia (55,7%) e Regno Unito (33,9%).
Ancora più basso il ricorso al privato: solo il 14,4% di chi cerca lavoro dichiara di rivolgersi
alle agenzie del lavoro a fronte di Francia (32,9%) e Regno Unito (21%). Che fare? Le agenzie e i centri pubblici cercano di porre rimedio e si preparano a sfoderare nuove idee e strumenti per il 2018. «Ogni mese sono in media più di 400mila i lavoratori occupati tramite le agenzie del lavoro e circa 40mila hanno un contratto a tempo indeterminato - spiega Alessandro Ramazza, presidente Assolavoro - Occorre proseguire, valorizzando la funzione degli attori specializzati nell’incontro domanda-offerta di lavoro e completando poi una rivoluzione culturale verso la meritocrazia. Dove sono più presenti le agenzie sono migliori gli indicatori sia economici sia sociali (minor diffusione di lavoro nero o sotto-tutelato)». «Sappiamo che persone e opinione pubblica non riescono ancora a vedere nelle agenzie delle alleate in grado di creare un ponte rapido con le imprese - rincara Rosario Rasizza, presidente Assosomm - Eppure i nostri dati sono in aumento e siamo convinti che il nostro ruolo economico e sociale crescerà in modo esponenziale. Mettiamo in gioco i nostri strumenti e le filiali radicate nel territorio. Dobbiamo
poi far conoscere un aspetto distintivo rispetto ai centri per l’impiego: la nostra capacità di
offrire formazione di qualità e gratuita». «Il sistema dei centri per l’impiego necessita di
maggiori investimenti - conclude Maurizio Del Conte, presidente Anpal - ma è indispensabile un coordinamento a livello nazionale, per favorire economie di scala e maggiore efficienza. Siamo chiamati a garantire pari opportunità a tutti i cittadini e su tutto il territorio nazionale. Per questo i servizi al lavoro, declinati a livello regionale, devono avere un punto di raccordo che li metta a sistema. Senza mai dimenticare che al centro delle politiche attive del lavoro c’è la persona».
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
Ma perché, quando cercano un lavoro, gli italiani pensano quasi solo all’aiuto di amici, parenti e conoscenti? Una studiosa americana, Dorothy Louise Zinn, qualche anno fa provò a studiare il fenomeno e ne uscì il più eloquente testo sulla funzione della raccomandazione, come tratto genetico e antropologico in particolare nel nostro sud. Da tempo le statistiche ci raccontano che il modello familista e clientelare viene usato a man bassa e resta il primo canale di ricerca del lavoro.
La propensione alle raccomandazioni e alle spintarelle non deve però essere un alibi: se gli
italiani preferiscono le reti personali, forse dipende anche dalla debolezza delle altre reti, in particolare quella dei centri per l’impiego e delle agenzie del lavoro private. Sarà ancora un problema di culture profonde, ma intanto agenzie e centri pubblici cambiano strategia, aumentando qualità ed efficacia dei loro servizi. Intanto le statistiche battono il ritmo: l’82% degli italiani cerca un impiego rivolgendosi ad amici e parenti. Sono dati Eurostat al terzo trimestre 2017: la percentuale è in leggero calo, ma era al 74% nel 2007, prima della crisi. Il ricorso alla rete personale e amicale nel nostro paese è peggiore rispetto agli altri paesi Ue, dove la media è al 68,0%. In Italia appena il 25% di chi cerca lavoro bussa a un ufficio pubblico. È il dato peggiore
della Ue e siamo lontani da Germania (73,4%), Francia (55,7%) e Regno Unito (33,9%).
Ancora più basso il ricorso al privato: solo il 14,4% di chi cerca lavoro dichiara di rivolgersi
alle agenzie del lavoro a fronte di Francia (32,9%) e Regno Unito (21%). Che fare? Le agenzie e i centri pubblici cercano di porre rimedio e si preparano a sfoderare nuove idee e strumenti per il 2018. «Ogni mese sono in media più di 400mila i lavoratori occupati tramite le agenzie del lavoro e circa 40mila hanno un contratto a tempo indeterminato - spiega Alessandro Ramazza, presidente Assolavoro - Occorre proseguire, valorizzando la funzione degli attori specializzati nell’incontro domanda-offerta di lavoro e completando poi una rivoluzione culturale verso la meritocrazia. Dove sono più presenti le agenzie sono migliori gli indicatori sia economici sia sociali (minor diffusione di lavoro nero o sotto-tutelato)». «Sappiamo che persone e opinione pubblica non riescono ancora a vedere nelle agenzie delle alleate in grado di creare un ponte rapido con le imprese - rincara Rosario Rasizza, presidente Assosomm - Eppure i nostri dati sono in aumento e siamo convinti che il nostro ruolo economico e sociale crescerà in modo esponenziale. Mettiamo in gioco i nostri strumenti e le filiali radicate nel territorio. Dobbiamo
poi far conoscere un aspetto distintivo rispetto ai centri per l’impiego: la nostra capacità di
offrire formazione di qualità e gratuita». «Il sistema dei centri per l’impiego necessita di
maggiori investimenti - conclude Maurizio Del Conte, presidente Anpal - ma è indispensabile un coordinamento a livello nazionale, per favorire economie di scala e maggiore efficienza. Siamo chiamati a garantire pari opportunità a tutti i cittadini e su tutto il territorio nazionale. Per questo i servizi al lavoro, declinati a livello regionale, devono avere un punto di raccordo che li metta a sistema. Senza mai dimenticare che al centro delle politiche attive del lavoro c’è la persona».
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