giovedì 10 agosto 2017

L'ape regina in ufficio

(Fonte: "Il Corriere della Sera")

Sono le donne le peggiori nemiche delle donne sul posto di lavoro? La domanda è antica almeno quanto il diffondersi delle carriere femminili, tanto che negli Anni 70 un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan ha coniato un’espressione apposita: la «sindrome dell’ape regina»,
secondo la quale le donne che hanno raggiunto posizioni di vertice si distanziano dalle altre (e quindi le ostacolano) per mantenere lo status di sole che ce l’hanno fatta tra i maschi.
 

A rispolverare il dubbio e l’appellativo arriva ora Olga Kazhan, giornalista del mensile statunitense The Atlantic, che distingue tre tipi di «stronze» sul lavoro—l'aggressiva, la passivo-aggressiva,
l’indifferente— a partire dal post del 2011 di un’ex avvocata diventata mamma a tempo pieno. In comune avrebbero il fatto di trattare malissimo le colleghe, seppure con stili diversi, invece di solidarizzare con loro. «Molte donne mi hanno detto che anche gli uomini le hanno ostacolate—
scrive Khazan —, ma in qualche modo questa cosa pesa di più quando avviene per mano di una donna, che dovrebbe comportarsi da alleata». Una convinzione condivisa da parecchie lavoratrici: una ricerca del 2011 dell’Università della California a Los Angeles su 60 mila persone ha rivelato infatti che le donne preferiscono i capi maschi a quelli femmine.
Permolte delle intervistate queste ultime sono «emotive», «insidiose» e «cattive».
«È una reazione da manuale, è toccata anche aHillary Clinton — dice Chiara Volpato, ordinaria di Psicologia sociale all’Università Bicocca di Milano —: le donne leader sono spesso percepite come antipatiche e arroganti e le ricerche mostrano che il medesimo comportamento viene giudicato più negativamente se lo mette in atto una donna».


Ha a che fare con gli stereotipi diffusi: «Se identifichi la donna con il calore e la cura — spiega Volpato —, quando assume atteggiamenti da capo, impositivi o di “autorità”, stridono e feriscono di più».
È anche però una questione di stile di comando: «Le donne tendono a essere mediamente più puntuali e a mettere più trasporto in quello che fanno», dice Luisa Corvino
dell’associazione ValoreD, responsabile delle Risorse umane per il colosso del commercio online ePrice. «Gli uomini mettono meno emotività in campo, mentre le donne hanno spesso una passione che le può portare a sembrare aggressive. Ma le rende anche più affidabili».


Il mondo del lavoro inoltre, di solito, è improntato su uno stile «virile», perché a lungo è stato dominato dagli uomini: «C’è un enorme problema rispetto al potere —dice la sociologa Anna Maria Ponzellini —: la leadership delle donne è sostanziale e poco formale, meno legata a una posizione
di comando. Questo la rende anche più sofferta e difficile da affermare in un contesto in cui il potere a cui siamo abituati è quello “maschile”. Quindi molte donne scelgono la via più immediata e introiettano stili e modi da uomo. Che però in loro vengono considerati aggressivi perché le aspettative sono diverse».


La sindrome dell’ape regina si può spiegare in parte anche così. Una ricerca condotta nei Paesi Bassi e in Italia nel 2004 da Naomi Ellemers dell’Università di Utrecht ha dimostrato che le dottorande e i dottorandi che si impegnavano nel lavoro allo stesso modo venivano considerati in modo diverso: le donne erano percepite come meno impegnate, soprattutto dalle professoresse e
in particolare da quelle più anziane. «L’università è un ambiente molto segregato: all’epoca in Olanda solo il 5% dei professori ordinari e l’11% degli associati erano donne (poco di più in Italia: il 7% e il 27%) — dice ancora Chiara Volpato —.
Le donne, soprattutto le più anziane che in passato sono riuscite a fatica a entrare nella
roccaforte maschile, lo hanno fatto ponendosi come eccezioni, dissociandosi dall’universo
femminile e accettando gli stereotipi sulle donne. E continuavano a farlo». Non è un caso che Carol Tavris, una dei ricercatori a cui dobbiamo il termine «ape regina», lo abbia sconfessato fino a «odiarlo»: come si comportano le donne al lavoro — ha detto all’Atlantic —dipende «da quantosi
sentono sicure nella carriera», dal fatto di avere «la possibilità di crescere».


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