(Fonte: "Il Sole 24 Ore")
Nella capacità di gestire il cambiamento l’Italia fa progressi grazie soprattutto al ruolo del proprio tessuto imprenditoriale e conquista il 40esimo posto della classifica «Change readiness index» (Cri) elaborata ogni due anni da Kpmg. Un balzo di ben 28 posizioni rispetto al 2015 e una delle migliori performance registrate nel periodo, anche se non mancano Paesi che sono riusciti a fare meglio. Si tratta del Bhutan, piccolo stato himalayano, al 43esimo posto (+35), e della Romania che raggiunge il 49esimo gradino (+32).
È quanto emerge dall’edizione 2017 del «Change readiness index» utilizzato per misurare la
capacità dei Paesi, 136 quelli considerati, di prepararsi e di gestire i driver del cambiamento così
come i potenziali effetti negativi. L’indice è calcolato parametrando una serie di dati su imprese, efficacia del governo e della Pa, condizione della popolazione e società civile.
Il gradino più alto è conquistato dalla Svizzera (seconda nella precedente edizione), seguita da Svezia ed Emirati Arabi Uniti.
Entrano nella top ten al nono e decimo posto la Germania e il Regno Unito. Sono tutti Paesi
con un alto reddito, ma otto su dieci non sono ricchi di risorse naturali e sei hanno meno di dieci milioni di abitanti. Gli Usa sono al 12esimo posto e insieme a Cina, India e Indonesia hanno
migliorato la capacità imprenditoriale e governativa. Tra i Paesi emergenti spicca poi il Rwanda,
che raggiunge il 46esimo posto grazie a un Pil che cresce del 7%, alla stabilità politica e a una disponibilità di tecnologie e infrastrutture digitali che aprono il paese al mondo. Scivolano invece di una trentina di posti realtà come Capo Verde, El Salvador e la Cambogia.
Per quanto riguarda l’Italia, l’avanzamento è dovuto al migliorato clima economico e finanziario di cui beneficiano quelle imprese che cavalcano l’export e sono riuscite a intercettare i primi segnali di ripresa (qui l’indice fa un balzo di 34 posti). Migliora anche l’area «governo e Pa» (+30) grazie soprattutto alla sicurezza pubblica e alla sostenibilità ambientale.
Per finire c’è il capitolo «popolazione e società civile» (+11 posizioni), in cui vengono valutate
positivamente l’imprenditorialità, gli elementi demografici, la salute, la Pa online e l’adozione
delle nuove tecnologie.
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Nella capacità di gestire il cambiamento l’Italia fa progressi grazie soprattutto al ruolo del proprio tessuto imprenditoriale e conquista il 40esimo posto della classifica «Change readiness index» (Cri) elaborata ogni due anni da Kpmg. Un balzo di ben 28 posizioni rispetto al 2015 e una delle migliori performance registrate nel periodo, anche se non mancano Paesi che sono riusciti a fare meglio. Si tratta del Bhutan, piccolo stato himalayano, al 43esimo posto (+35), e della Romania che raggiunge il 49esimo gradino (+32).
È quanto emerge dall’edizione 2017 del «Change readiness index» utilizzato per misurare la
capacità dei Paesi, 136 quelli considerati, di prepararsi e di gestire i driver del cambiamento così
come i potenziali effetti negativi. L’indice è calcolato parametrando una serie di dati su imprese, efficacia del governo e della Pa, condizione della popolazione e società civile.
Il gradino più alto è conquistato dalla Svizzera (seconda nella precedente edizione), seguita da Svezia ed Emirati Arabi Uniti.
Entrano nella top ten al nono e decimo posto la Germania e il Regno Unito. Sono tutti Paesi
con un alto reddito, ma otto su dieci non sono ricchi di risorse naturali e sei hanno meno di dieci milioni di abitanti. Gli Usa sono al 12esimo posto e insieme a Cina, India e Indonesia hanno
migliorato la capacità imprenditoriale e governativa. Tra i Paesi emergenti spicca poi il Rwanda,
che raggiunge il 46esimo posto grazie a un Pil che cresce del 7%, alla stabilità politica e a una disponibilità di tecnologie e infrastrutture digitali che aprono il paese al mondo. Scivolano invece di una trentina di posti realtà come Capo Verde, El Salvador e la Cambogia.
Per quanto riguarda l’Italia, l’avanzamento è dovuto al migliorato clima economico e finanziario di cui beneficiano quelle imprese che cavalcano l’export e sono riuscite a intercettare i primi segnali di ripresa (qui l’indice fa un balzo di 34 posti). Migliora anche l’area «governo e Pa» (+30) grazie soprattutto alla sicurezza pubblica e alla sostenibilità ambientale.
Per finire c’è il capitolo «popolazione e società civile» (+11 posizioni), in cui vengono valutate
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