(Fonte: "Affari&Finanza")
Nel 2020 il manager delle Risorse umane (human resourcese, Hr) non avrà più un ruolo “amministrativo”, ma diventerà il leader del cambiamento in azienda. Conoscerà bene il mondo digitale e meno quello legale. Preferirà la gestione della diversità, alle relazioni industriali. Ad anticipare il futuro dei dirigenti delle risorse umane è un’indagine di Aidp e dell’Università Cattolica di Milano: «L’Hr manager si troverà ad affrontare uno scenario molto complesso e sarà sempre più un generatore di intelligenza interna all’azienda, diventerà un crocevia di informazioni, colui che promuove lo sviluppo del sapere dell’azienda e affianca i singoli manager nella loro crescita».
La prospettiva è stimolante, gli obiettivi sono ambiziosi, ma la strada è ancora lunga. Sempre secondo l’indagine, il ruolo attuale dell’Hr manager continua ad essere più operativo che
strategico, mentre gli stessi direttori del personale chiedono un maggiore coinvolgimento nelle
attività aziendali.
In realtà anche qui l’Italia si divide in due: ci sono le Pmi, ancora legate al ruolo tradizionale
dell’Hr manager, e le multinazionali dove il futuro è già una realtà. Pino Mercuri, direttore
delle Risorse Umane di Microsoft Italia, racconta, ad esempio, uno scenario Hr modificato
profondamente dal maggiore impatto della tecnologia: «Il 50% del tempo di un uomo di
azienda si spende davanti a smartphone, tablet o strumenti come le videoconferenze.
L’85% delle ‘top 500’ aziende statunitensi usano strumenti di social networking per la comunicazione, il co-design e la co-creazione e per la ricerca dei talenti.
Oggi abbiamo a disposizione sistemi che permettono di analizzare una mole infinita di informazioni dando intelligenza ai dati. Molte aziende sfruttano efficacemente la ricchezza offerta dalla tecnologia per fare corsi in mobilità, per gestire online il piano delle ferie e le note spese. Tutto questo modifica radicalmente il lavoro dell’Hr manager».
Stiamo parlando di una figura che aiuta l’azienda a vivere nel mondo digitale. E’ un abilitatore del cambiamento. Attiva le funzioni di digital recruiting per una parte del personale, crea delle learning community, utilizza software simili all’intelligenza artificiale per la selezione iniziale ma anche per i processi di carriera all’interno delle aziende. Insomma, è un interlocutore privilegiato che interpreta le nuove aspettative e trova le soluzioni.
Ad esempio, si utilizzano già strumenti di intelligenza artificiale in fase di selezione. I candidati neolaureati registrano delle video interviste, un algoritmo le classifica e valuta le risposte e
questo è un esempio di integrazione tra uomo e macchina per ottenere risultati migliori.
L’Hr manager deve pensare anche ai nuovi modelli di lavoro, come lo smart working. Smart working
significa pensare e organizzare gli spazi sulla base delle attività da svolgere. Ovvero, non esiste
più la postazione della persona singola, ma uno spazio dove si lavora insieme, un altro dove potersi isolare per fare una telefonata, e un’area che ricorda il concetto della casa, per rilassarsi, condividere idee, e agevolare la creatività. Molte multinazionali lo hanno già implementato,
anche se per ora ha una veste solo sperimentale. Ma siamo ancora all’inizio: l’utilizzo di strumenti tecnologici e lo smart working sono solo alcuni degli esempi di come si può anticipare il cambiamento in azienda. Per farlo abbiamo bisogno di HR manager illuminati e innovatori.
E i vostri responsabili del personale come sono? Pronti per questo cambiamento?
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
Nel 2020 il manager delle Risorse umane (human resourcese, Hr) non avrà più un ruolo “amministrativo”, ma diventerà il leader del cambiamento in azienda. Conoscerà bene il mondo digitale e meno quello legale. Preferirà la gestione della diversità, alle relazioni industriali. Ad anticipare il futuro dei dirigenti delle risorse umane è un’indagine di Aidp e dell’Università Cattolica di Milano: «L’Hr manager si troverà ad affrontare uno scenario molto complesso e sarà sempre più un generatore di intelligenza interna all’azienda, diventerà un crocevia di informazioni, colui che promuove lo sviluppo del sapere dell’azienda e affianca i singoli manager nella loro crescita».
La prospettiva è stimolante, gli obiettivi sono ambiziosi, ma la strada è ancora lunga. Sempre secondo l’indagine, il ruolo attuale dell’Hr manager continua ad essere più operativo che
strategico, mentre gli stessi direttori del personale chiedono un maggiore coinvolgimento nelle
attività aziendali.
In realtà anche qui l’Italia si divide in due: ci sono le Pmi, ancora legate al ruolo tradizionale
dell’Hr manager, e le multinazionali dove il futuro è già una realtà. Pino Mercuri, direttore
delle Risorse Umane di Microsoft Italia, racconta, ad esempio, uno scenario Hr modificato
profondamente dal maggiore impatto della tecnologia: «Il 50% del tempo di un uomo di
azienda si spende davanti a smartphone, tablet o strumenti come le videoconferenze.
L’85% delle ‘top 500’ aziende statunitensi usano strumenti di social networking per la comunicazione, il co-design e la co-creazione e per la ricerca dei talenti.
Oggi abbiamo a disposizione sistemi che permettono di analizzare una mole infinita di informazioni dando intelligenza ai dati. Molte aziende sfruttano efficacemente la ricchezza offerta dalla tecnologia per fare corsi in mobilità, per gestire online il piano delle ferie e le note spese. Tutto questo modifica radicalmente il lavoro dell’Hr manager».
Stiamo parlando di una figura che aiuta l’azienda a vivere nel mondo digitale. E’ un abilitatore del cambiamento. Attiva le funzioni di digital recruiting per una parte del personale, crea delle learning community, utilizza software simili all’intelligenza artificiale per la selezione iniziale ma anche per i processi di carriera all’interno delle aziende. Insomma, è un interlocutore privilegiato che interpreta le nuove aspettative e trova le soluzioni.
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questo è un esempio di integrazione tra uomo e macchina per ottenere risultati migliori.
L’Hr manager deve pensare anche ai nuovi modelli di lavoro, come lo smart working. Smart working
significa pensare e organizzare gli spazi sulla base delle attività da svolgere. Ovvero, non esiste
più la postazione della persona singola, ma uno spazio dove si lavora insieme, un altro dove potersi isolare per fare una telefonata, e un’area che ricorda il concetto della casa, per rilassarsi, condividere idee, e agevolare la creatività. Molte multinazionali lo hanno già implementato,
anche se per ora ha una veste solo sperimentale. Ma siamo ancora all’inizio: l’utilizzo di strumenti tecnologici e lo smart working sono solo alcuni degli esempi di come si può anticipare il cambiamento in azienda. Per farlo abbiamo bisogno di HR manager illuminati e innovatori.
E i vostri responsabili del personale come sono? Pronti per questo cambiamento?
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