(Fonte: "La Stampa")
L’ultimo esempio proviene dalle nuove regole che, dal 2018, prevede che le piccole e medie imprese, per avere in assegnazione i fondi europei del ricco programma Horizon, affrontino un colloquio di mezzora davanti alla commissione esaminatrice, rigorosamente in lingua inglese.
Dici minuti per una rapida informazione sull’azienda, venti minuti per domande e risposte di approfondimento. Il colloquio dovrà essere sostenuto dall’imprenditore o dall’amministratore delegato, che non potranno avvalersi in questo di rappresentanti o di consulenti.
L’obiettivo è quello di verificare lo stadio di maturità internazionale raggiunto dall’azienda, attraverso la valutazione del grado di competenza della lingua. L’inglese è ormai la lingua franca in tutti i Paesi avanzati, ma la sua conoscenza è ancora molto arretrata nel nostro Paese. Secondo l’ultimo rapporto Ef Epi 2017 uscito a novembre (è il più ampio rapporto internazionale
sulla competenza dell’inglese degli adulti nel mondo), l’Italia occupa infatti la poltrona numero 33 su 80 Paesi censiti, collocandosi nella categoria media, ma molto lontana dai suoi principali competitori. Il punteggio medio di competenza in Italia è di 54,19, mentre la media europea è di 55,96.
Nella classifica mondiale ai primi quattro posti vi sono i Paesi del Nord-Europa. Al primo posto assoluto gli olandesi, seguiti da svedesi, danesi, norvegesi. Al quinto posto c’è Singapore, seguito da Finlandia, Lussemburgo e Sudafrica. Sono questi otto Paesi a conquistare l’Olimpo della conoscenza dell’inglese, la fascia alta oltre ovviamente alla Gran Bretagna. Nella seconda categoria
(buona conoscenza) ci sono tedeschi, austriaci, polacchi, belgi, malesi e svizzeri, seguiti da
diversi Paesi dell’Est Europa (Serbia, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia).
La terza categoria, in cui si colloca l’Italia, quella di conoscenza media, vede ai primi tre posti Bulgaria, Grecia e Lituania, che occupano la poltrona 22, 23 e 24 dell’intera classifica, mentre il nostro Paese è a quota 33, subito dietro la Francia e davanti a Vietnam e Costa Rica. Cina, Giappone e Russia occupano le prime tre piazze della categoria bassa conoscenza; Siria, Qatar e Marocco sono le prime tre nell’ultima categoria (conoscenza molto bassa), in cui le peggiori
sono Libia, Iraq e Laos.
In un mondo diventato sempre più piccolo e interdipendente la conoscenza dell’inglese è decisiva, nonostante la Brexit, quasi un contrappasso, questa volta positivo, che permette agli inglesi di essere i monarchi del linguaggio più usato al mondo.
Gli italiani hanno difficoltà a imparare l’inglese, soprattutto gli adulti, mentre i giovani, oltre che nativi digitali, sono anglofoni per forza. C’è chi dice che abbiamo difficoltà a impararlo perché il nostro sistema uditivo, basato più sui toni gravi che acuti, non riesce a sentire bene l’inglese, che è basato sugli acuti. C’è chi tesse le lodi del bilinguismo, mentre l’Europa chiede di conoscere almeno due lingue oltre alla propria. Lo studio fin dai primi anni di scuola è la base, ma molto resta da fare. Nel nostro Paese le regioni sopra la media europea (55,96) sono Friuli-Venezia
Giulia (56,62), Lombardia (56,40), Liguria (56,28), EmiliaRomagna (56,15), seguite da
Marche (55,15) e Piemonte-Valle d’Aosta (55,14).
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
L’ultimo esempio proviene dalle nuove regole che, dal 2018, prevede che le piccole e medie imprese, per avere in assegnazione i fondi europei del ricco programma Horizon, affrontino un colloquio di mezzora davanti alla commissione esaminatrice, rigorosamente in lingua inglese.
Dici minuti per una rapida informazione sull’azienda, venti minuti per domande e risposte di approfondimento. Il colloquio dovrà essere sostenuto dall’imprenditore o dall’amministratore delegato, che non potranno avvalersi in questo di rappresentanti o di consulenti.
L’obiettivo è quello di verificare lo stadio di maturità internazionale raggiunto dall’azienda, attraverso la valutazione del grado di competenza della lingua. L’inglese è ormai la lingua franca in tutti i Paesi avanzati, ma la sua conoscenza è ancora molto arretrata nel nostro Paese. Secondo l’ultimo rapporto Ef Epi 2017 uscito a novembre (è il più ampio rapporto internazionale
sulla competenza dell’inglese degli adulti nel mondo), l’Italia occupa infatti la poltrona numero 33 su 80 Paesi censiti, collocandosi nella categoria media, ma molto lontana dai suoi principali competitori. Il punteggio medio di competenza in Italia è di 54,19, mentre la media europea è di 55,96.
Nella classifica mondiale ai primi quattro posti vi sono i Paesi del Nord-Europa. Al primo posto assoluto gli olandesi, seguiti da svedesi, danesi, norvegesi. Al quinto posto c’è Singapore, seguito da Finlandia, Lussemburgo e Sudafrica. Sono questi otto Paesi a conquistare l’Olimpo della conoscenza dell’inglese, la fascia alta oltre ovviamente alla Gran Bretagna. Nella seconda categoria
(buona conoscenza) ci sono tedeschi, austriaci, polacchi, belgi, malesi e svizzeri, seguiti da
diversi Paesi dell’Est Europa (Serbia, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia).
La terza categoria, in cui si colloca l’Italia, quella di conoscenza media, vede ai primi tre posti Bulgaria, Grecia e Lituania, che occupano la poltrona 22, 23 e 24 dell’intera classifica, mentre il nostro Paese è a quota 33, subito dietro la Francia e davanti a Vietnam e Costa Rica. Cina, Giappone e Russia occupano le prime tre piazze della categoria bassa conoscenza; Siria, Qatar e Marocco sono le prime tre nell’ultima categoria (conoscenza molto bassa), in cui le peggiori
sono Libia, Iraq e Laos.
In un mondo diventato sempre più piccolo e interdipendente la conoscenza dell’inglese è decisiva, nonostante la Brexit, quasi un contrappasso, questa volta positivo, che permette agli inglesi di essere i monarchi del linguaggio più usato al mondo.
Gli italiani hanno difficoltà a imparare l’inglese, soprattutto gli adulti, mentre i giovani, oltre che nativi digitali, sono anglofoni per forza. C’è chi dice che abbiamo difficoltà a impararlo perché il nostro sistema uditivo, basato più sui toni gravi che acuti, non riesce a sentire bene l’inglese, che è basato sugli acuti. C’è chi tesse le lodi del bilinguismo, mentre l’Europa chiede di conoscere almeno due lingue oltre alla propria. Lo studio fin dai primi anni di scuola è la base, ma molto resta da fare. Nel nostro Paese le regioni sopra la media europea (55,96) sono Friuli-Venezia
Giulia (56,62), Lombardia (56,40), Liguria (56,28), EmiliaRomagna (56,15), seguite da
Marche (55,15) e Piemonte-Valle d’Aosta (55,14).
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