(Fonte: "Il Corriere della Sera")
Postofisso? Un lusso per pochi. Gli italiani ne sono ormai consapevoli. Ben tre lavoratori su quattro — il 74% — si sono rassegnati all’idea che la carriera di una vita all’interno della stessa azienda non esista più. Così certifica l’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale della multinazionale dei servizi per la gestione del personale, condotta in 33 Paesi su campioni di 400 lavoratori in ogni nazione.
Il «caso Italia» mostra la presa di coscienza degli abitanti del Bel Paese. Consapevoli che per uno che ce la fa — come Checco Zalone che nel film Quo Vado si fa assumere all’ufficio «caccia e pesca»
della Provincia — tutti gli altri devono rassegnarsi alla «flessibilità». La provvisorietà del posto di lavoro è avvertita più dalle donne che dagli uomini: 77% contro70%. D’altra parte sono state proprio le donne negli anni della crisi ad aver dimostrato la maggiore disponibilità ad assunzioni a
termine e part time. Sorprende che ad avere la maggiore consapevolezza della rarità del posto fisso siano i lavoratori senior: 76% dei dipendenti tra i 45 e i 67 anni, contro il 72% dei 18-44enni.
Per gli italiani, tanto più oggi, «non si smette mai di imparare»: la formazione continua è necessaria per il 91% degli intervistati. Per il 44% pur di mantenere il posto si può scendere a patti con l’extrema ratio di una riduzione dello stipendio.
Nonostante la ripresa, gli italiani recuperano fiducia con molta lentezza. Il 48% crede nel miglioramento della situazione economica, contro il 61% della media globale. Rispetto allo scorso anno, l’Italia ha guadagnato sette punti.
Eppure in Europa solo Ungheria e Grecia hanno un indice di fiducia più basso (rispettivamente 47% e 37%). Quando si parla delle situazioni personali, però, le cose vanno meglio. E il64% degli italiani si dice soddisfatto.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
Postofisso? Un lusso per pochi. Gli italiani ne sono ormai consapevoli. Ben tre lavoratori su quattro — il 74% — si sono rassegnati all’idea che la carriera di una vita all’interno della stessa azienda non esista più. Così certifica l’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale della multinazionale dei servizi per la gestione del personale, condotta in 33 Paesi su campioni di 400 lavoratori in ogni nazione.
Il «caso Italia» mostra la presa di coscienza degli abitanti del Bel Paese. Consapevoli che per uno che ce la fa — come Checco Zalone che nel film Quo Vado si fa assumere all’ufficio «caccia e pesca»
della Provincia — tutti gli altri devono rassegnarsi alla «flessibilità». La provvisorietà del posto di lavoro è avvertita più dalle donne che dagli uomini: 77% contro70%. D’altra parte sono state proprio le donne negli anni della crisi ad aver dimostrato la maggiore disponibilità ad assunzioni a
termine e part time. Sorprende che ad avere la maggiore consapevolezza della rarità del posto fisso siano i lavoratori senior: 76% dei dipendenti tra i 45 e i 67 anni, contro il 72% dei 18-44enni.
Per gli italiani, tanto più oggi, «non si smette mai di imparare»: la formazione continua è necessaria per il 91% degli intervistati. Per il 44% pur di mantenere il posto si può scendere a patti con l’extrema ratio di una riduzione dello stipendio.
Nonostante la ripresa, gli italiani recuperano fiducia con molta lentezza. Il 48% crede nel miglioramento della situazione economica, contro il 61% della media globale. Rispetto allo scorso anno, l’Italia ha guadagnato sette punti.
Eppure in Europa solo Ungheria e Grecia hanno un indice di fiducia più basso (rispettivamente 47% e 37%). Quando si parla delle situazioni personali, però, le cose vanno meglio. E il64% degli italiani si dice soddisfatto.
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