(Fonte: "L'Impresa")
Nel corso di un intero mese si è svolta in Italia una grande sperimentazione sociale all’insegna
del motto “simulando s’impara”. Poco meno di cento squadre miste, composte da studenti universitari e da manager affermati, hanno vissuto un’avventura all’insegna della collaborazione intergenerazionale.
(..)
In un contesto web based, il team di gioco di ciascuna “impresa virtuale” si è ingaggiato per raccogliere profittevolmente sfide di mercato attraverso l’investimento di capitale sociale intergenerazionale. I risultati conseguiti complessivamente sono interessanti, perché sfatano alcuni luoghi comuni che sottolineano come il “digital divide” fra generazioni costituisca una barriera spesso insormontabile allo sviluppo della cooperazione.
Collaborare è possibile e utile
Alla luce di quanto è accaduto (...), non è così. Infatti, dalla sperimentazione risulta evidente come la collaborazione fra generazioni sia possibile e produttiva quando prevalga un’atmosfera di riconoscimento intergenerazionale reciproco. Dall’altro lato, tale collaborazione risulta non ostacolata ma, al contrario, facilitata dalla progressiva diffusione trasversale delle competenze digitali. Nello scenario attuale convivono ben quattro generazioni (i baby boomers, la generazione X,
i Millenials e la generazione App) con storie differenti e, soprattutto, con un imprinting digitale largamente differenziato. Una sfida importante è, quindi, quella di riuscire a collaborare positivamente fra generazioni. Nella “società del rancore”, così come è stata definita l’atmosfera italiana attuale nel rapporto Censis di quest’anno (...), la diversità generazionale appare fondamentalmente come un disvalore, mentre dal laboratorio intergenerazionale (...) la situazione appare diversa ossia più inclusiva: non è il rancore fra generazioni a dominare, ma il riconoscimento reciproco e la collaborazione fra generazioni diverse risulta essere al centro. Al termine delle tornate di gioco i partecipanti (...), sia junior che senior, hanno espresso il loro punto di vista sulle sfide del rapporto fra generazioni alla luce dell’esperienza vissuta nel gioco. Nel complesso i partecipanti suggeriscono che la collaborazione intergenerazionale abbia costituito non un problema, ma un’opportunità. In estrema sintesi, l’immagine della collaborazione tra generazioni restituita dai
partecipanti è quella di un percorso collettivo di crescita, individuale e di gruppo, per prove
ed errori, alla ricerca di un equilibrio capace di generare risultati migliori grazie all’orientamento inclusivo di tutti.
Scambio di saper essere e saper fare
Secondo l’esperienza della gran parte dei partecipanti (...), la multigenerazionalità costituisce più un’opportunità che una minaccia, a condizione che sia i giovani sia i senior si riconoscano reciprocamente come portatori di competenze distintive e complementari fra loro.
Un risultato importante dell’esperienza maturata dai partecipanti è proprio la loro enfatizzazione di
questa tesi. Infatti, una maggioranza qualificata dei partecipanti esprime delle opinioni che sottolineano l’idea cha la valorizzazione della collaborazione fra generazioni differenti possa essere una carta importante che i gruppi dirigenti delle imprese debbono giocare per avere successo. Qui di seguito, alcuni punti di vista dei partecipanti che consentono di meglio argomentare questa tesi. Anzitutto l’opinione che nel rapporto intergenerazionale che è stato sperimentato dal vivo durante
il gioco si sono realizzati veramente degli scambi dei rispettivi saper esseree saper faregenerazionali e che sono proprio tali scambi che hanno permesso di superare delle impasse rilevanti che si erano presentate nel corso del gioco. A questo proposito vale quanto detto da un partecipante: «Tu dell’altra generazione hai ciò che io non ho e che può essere utile ad entrambi per vincere assieme».
Processi di decisione più efficaci
Si mette in luce poi che la collaborazione fra generazioni rende possibile lo sviluppo di processi di
decisione originali, vale a dire non particolarmente sofisticati (o peggio barocchi), ma più evoluti e più capaci di far fronte alle sfide che ci si trova davanti, dei modi di decidere più in grado di far fronte bene e rapidamente a situazioni incerte e complesse. Il confronto senior/junior consente un processo sociale di “controllo incrociato” dei rispettivi orientamenti cognitivi di raccolta e
analisi delle informazioni, e fa sì che vengano continuamente affinati i rispettivi criteri di valutazione generazionali di riferimento delle scelte via via compiute. D’altra parte, la partecipazione intergenerazionale ai processi di scelta rafforza l’ingaggio del complesso degli attori. Questo
perché “le scelte condivise, in maniera trasparente, fra generazioni sono in grado di motivare di più”.
Insomma, (...) “i punti di vista diversi possono non essere un problema, ma al contrario divenire una risorsa” per il gioco. Ma non solo.
Simulando s’impara
Il risultato, non scontato, di questa esperienza costituisce anche il frutto di un processo di apprendimento virtuoso che si è realizzato durante il gioco all’insegna del motto “simulando s’impara”: una sorta di processo di crescita durante il lavoro seppure simulato. D’altra parte, imparare attraverso serious game complessi (...) può essere una via privilegiata da percorrere che consente di ottenere i vantaggi dell’apprendimento informale, per prove ed errori, realizzato sul campo scansando i pericoli connessi all’intreccio fra formazione e lavoro. Sempre più le organizzazioni di successo del mondo attuale sono rappresentate come degli spazi in cui si apprende
attraverso l’esperienza all’insegna di “sbagliando s’impara”. Le simulazioni complesse “mettono in scena”, al di fuori dell’ambiente di lavoro, un contesto lavorativo verosimile entro cui risulta possibile imparare attraverso il fare, senza mettere in pericolo il buon funzionamento
dell’organizzazione. Infatti, il potenziale che l’opportunità di scambio intergenerazionale porta con sé può produrre risultati tangibili solo a patto che si svolga un percorso di apprendimento e di crescita, al tempo stesso individuale e interpersonale ovvero, (...): «Slancio ed esperienza, se ben equilibrate, portano a far convergere l’intelligenza sui risultati da perseguire più rapidamente». E, ancora, un buon equilibrio tra le diverse disponibilità a correre rischi delle due generazioni come
è riportato in quest’esperienza di uno junior: «I senior possono essere “prepotenti”. A fin di bene, visto le loro esperienze e conoscenze… ma insieme si possono sviluppare idee che siano, sì, figlie dell’esperienza, ma rispettino i tempi brevi tipici dei giovani, che si buttano a pesce sulla nuova sfida».
La giusta tensione verso l’innovazione
Il rapporto con l’innovazione è un’altra tensione che si introduce quando generazioni diverse si incontrano e collaborano per il raggiungimento di un obiettivo comune per il quale bisogna trovare
il giusto equilibrio. Infatti, secondo alcuni partecipanti (...) se da una parte i “senior” che forti (anche troppo) dell’esperienza professionale e di vita maturata lungo un percorso il più delle volte unico, protraggono il “si è sempre fatto così”, tomba dell’innovazione e lapide delle opportunità, dall’altro, ci sono i Millennials che spingono per approcci innovativi, ma raramente si chiedono se quell’innovazione possa portare effettiva efficienza e soprattutto efficacia concreta. Insomma, il motto “simulando s’impara” risulta sempre più importante nell’era attuale caratterizzata sia dalla trasformazione digitale sia dalla presenza di generazioni diverse al lavoro. Ciascuna delle generazioni in gioco è depositaria di competenze utili al lavoro comune, purché siano valorizzate attraverso un dialogo costante che renda l’organizzazione un luogo di condivisione delle conoscenze, di apprendimento e d’innovazione continua.
Verso un esperanto multigenerazionale
Ci si è domandato se nell’era attuale dominata dalla trasformazione digitale e dalla velocità dei cambiamenti, la multigenerazionalità della forza lavoro costituisca una ricchezza oppure un vincolo. Su questo nel nostro paese ci sono punti di vista differenti fra cui quello estremo che punta alla rottamazione nel mondo del lavoro delle generazioni più anziane all’insegna del presupposto che, per innovare, occorre prima di tutto rompere i ponti con il passato.
L’esperienza fatta ci dà una lezione differente dagli stereotipi più diffusi sul tema, perché orientata verso il primato della collaborazione intergenerazionale. Quest’ultima intesa non solo come la strada maestra verso l’inclusione sociale, ma anche come la via principale per la crescita
professionale e per lo sviluppo delle organizzazioni. Se si adotta questa prospettiva, la sfida chiave riguarda il rafforzamento di forme di “organizzazioni multigenerazionali” innovative, perché capaci di apprendere attraverso il superamento delle barriere di comunicazione interculturale fra generazioni differenti. È questa un’operazione né facile né scontata. Infatti, da un lato abbiamo i lavoratori baby boomers e quelli della generazione X che si sono formati e hanno sviluppato le proprie esperienze professionali ben prima dell’affermazione della società d’Internet, mentre dall’altro ci sono Millenials e la generazione App, la cui formazione e sviluppo professionale ha avuto l’imprinting del mondo del web e dei social media.
Il volano delle competenze digitali
In sostanza, il tema è come valorizzare le differenze intergenerazionali che possono costituire un’immensa ricchezza, se si fertilizzano reciprocamente attraverso il lavoro di gruppo e l’integrazione organizzativa. Un elemento facilitante di quest’impresa è costituito dalla estensione esponenziale delle competenze digitali attraverso le generazioni a cui si assiste attualmente. Insomma potrebbe essere, paradossalmente, proprio la diffusione intergenerazionale delle competenze digitali uno degli importanti fattori costitutivi di un complesso linguaggio intergenerazionale fondato su una consapevole legittimazione reciproca: una sorta di esperanto che
renda fruttuosa la collaborazione fra generazioni differenti nel mondo del lavoro per produrre ricchezza e valore per tutti. In conclusione, i risultati che provengono da questa esperienza alla quale hanno partecipato un grande numero di squadre intergenerazionali dell’intera Penisola ci fa ben sperare sulla possibilità di affermarsi di nuove specie d’imprese che siano intergenerazionali e innovative e produttive assieme.
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Nel corso di un intero mese si è svolta in Italia una grande sperimentazione sociale all’insegna
del motto “simulando s’impara”. Poco meno di cento squadre miste, composte da studenti universitari e da manager affermati, hanno vissuto un’avventura all’insegna della collaborazione intergenerazionale.
(..)
In un contesto web based, il team di gioco di ciascuna “impresa virtuale” si è ingaggiato per raccogliere profittevolmente sfide di mercato attraverso l’investimento di capitale sociale intergenerazionale. I risultati conseguiti complessivamente sono interessanti, perché sfatano alcuni luoghi comuni che sottolineano come il “digital divide” fra generazioni costituisca una barriera spesso insormontabile allo sviluppo della cooperazione.
Collaborare è possibile e utile
Alla luce di quanto è accaduto (...), non è così. Infatti, dalla sperimentazione risulta evidente come la collaborazione fra generazioni sia possibile e produttiva quando prevalga un’atmosfera di riconoscimento intergenerazionale reciproco. Dall’altro lato, tale collaborazione risulta non ostacolata ma, al contrario, facilitata dalla progressiva diffusione trasversale delle competenze digitali. Nello scenario attuale convivono ben quattro generazioni (i baby boomers, la generazione X,
i Millenials e la generazione App) con storie differenti e, soprattutto, con un imprinting digitale largamente differenziato. Una sfida importante è, quindi, quella di riuscire a collaborare positivamente fra generazioni. Nella “società del rancore”, così come è stata definita l’atmosfera italiana attuale nel rapporto Censis di quest’anno (...), la diversità generazionale appare fondamentalmente come un disvalore, mentre dal laboratorio intergenerazionale (...) la situazione appare diversa ossia più inclusiva: non è il rancore fra generazioni a dominare, ma il riconoscimento reciproco e la collaborazione fra generazioni diverse risulta essere al centro. Al termine delle tornate di gioco i partecipanti (...), sia junior che senior, hanno espresso il loro punto di vista sulle sfide del rapporto fra generazioni alla luce dell’esperienza vissuta nel gioco. Nel complesso i partecipanti suggeriscono che la collaborazione intergenerazionale abbia costituito non un problema, ma un’opportunità. In estrema sintesi, l’immagine della collaborazione tra generazioni restituita dai
partecipanti è quella di un percorso collettivo di crescita, individuale e di gruppo, per prove
ed errori, alla ricerca di un equilibrio capace di generare risultati migliori grazie all’orientamento inclusivo di tutti.
Scambio di saper essere e saper fare
Secondo l’esperienza della gran parte dei partecipanti (...), la multigenerazionalità costituisce più un’opportunità che una minaccia, a condizione che sia i giovani sia i senior si riconoscano reciprocamente come portatori di competenze distintive e complementari fra loro.
Un risultato importante dell’esperienza maturata dai partecipanti è proprio la loro enfatizzazione di
questa tesi. Infatti, una maggioranza qualificata dei partecipanti esprime delle opinioni che sottolineano l’idea cha la valorizzazione della collaborazione fra generazioni differenti possa essere una carta importante che i gruppi dirigenti delle imprese debbono giocare per avere successo. Qui di seguito, alcuni punti di vista dei partecipanti che consentono di meglio argomentare questa tesi. Anzitutto l’opinione che nel rapporto intergenerazionale che è stato sperimentato dal vivo durante
il gioco si sono realizzati veramente degli scambi dei rispettivi saper esseree saper faregenerazionali e che sono proprio tali scambi che hanno permesso di superare delle impasse rilevanti che si erano presentate nel corso del gioco. A questo proposito vale quanto detto da un partecipante: «Tu dell’altra generazione hai ciò che io non ho e che può essere utile ad entrambi per vincere assieme».
Processi di decisione più efficaci
Si mette in luce poi che la collaborazione fra generazioni rende possibile lo sviluppo di processi di
decisione originali, vale a dire non particolarmente sofisticati (o peggio barocchi), ma più evoluti e più capaci di far fronte alle sfide che ci si trova davanti, dei modi di decidere più in grado di far fronte bene e rapidamente a situazioni incerte e complesse. Il confronto senior/junior consente un processo sociale di “controllo incrociato” dei rispettivi orientamenti cognitivi di raccolta e
analisi delle informazioni, e fa sì che vengano continuamente affinati i rispettivi criteri di valutazione generazionali di riferimento delle scelte via via compiute. D’altra parte, la partecipazione intergenerazionale ai processi di scelta rafforza l’ingaggio del complesso degli attori. Questo
perché “le scelte condivise, in maniera trasparente, fra generazioni sono in grado di motivare di più”.
Insomma, (...) “i punti di vista diversi possono non essere un problema, ma al contrario divenire una risorsa” per il gioco. Ma non solo.
Simulando s’impara
Il risultato, non scontato, di questa esperienza costituisce anche il frutto di un processo di apprendimento virtuoso che si è realizzato durante il gioco all’insegna del motto “simulando s’impara”: una sorta di processo di crescita durante il lavoro seppure simulato. D’altra parte, imparare attraverso serious game complessi (...) può essere una via privilegiata da percorrere che consente di ottenere i vantaggi dell’apprendimento informale, per prove ed errori, realizzato sul campo scansando i pericoli connessi all’intreccio fra formazione e lavoro. Sempre più le organizzazioni di successo del mondo attuale sono rappresentate come degli spazi in cui si apprende
attraverso l’esperienza all’insegna di “sbagliando s’impara”. Le simulazioni complesse “mettono in scena”, al di fuori dell’ambiente di lavoro, un contesto lavorativo verosimile entro cui risulta possibile imparare attraverso il fare, senza mettere in pericolo il buon funzionamento
dell’organizzazione. Infatti, il potenziale che l’opportunità di scambio intergenerazionale porta con sé può produrre risultati tangibili solo a patto che si svolga un percorso di apprendimento e di crescita, al tempo stesso individuale e interpersonale ovvero, (...): «Slancio ed esperienza, se ben equilibrate, portano a far convergere l’intelligenza sui risultati da perseguire più rapidamente». E, ancora, un buon equilibrio tra le diverse disponibilità a correre rischi delle due generazioni come
è riportato in quest’esperienza di uno junior: «I senior possono essere “prepotenti”. A fin di bene, visto le loro esperienze e conoscenze… ma insieme si possono sviluppare idee che siano, sì, figlie dell’esperienza, ma rispettino i tempi brevi tipici dei giovani, che si buttano a pesce sulla nuova sfida».
La giusta tensione verso l’innovazione
Il rapporto con l’innovazione è un’altra tensione che si introduce quando generazioni diverse si incontrano e collaborano per il raggiungimento di un obiettivo comune per il quale bisogna trovare
il giusto equilibrio. Infatti, secondo alcuni partecipanti (...) se da una parte i “senior” che forti (anche troppo) dell’esperienza professionale e di vita maturata lungo un percorso il più delle volte unico, protraggono il “si è sempre fatto così”, tomba dell’innovazione e lapide delle opportunità, dall’altro, ci sono i Millennials che spingono per approcci innovativi, ma raramente si chiedono se quell’innovazione possa portare effettiva efficienza e soprattutto efficacia concreta. Insomma, il motto “simulando s’impara” risulta sempre più importante nell’era attuale caratterizzata sia dalla trasformazione digitale sia dalla presenza di generazioni diverse al lavoro. Ciascuna delle generazioni in gioco è depositaria di competenze utili al lavoro comune, purché siano valorizzate attraverso un dialogo costante che renda l’organizzazione un luogo di condivisione delle conoscenze, di apprendimento e d’innovazione continua.
Verso un esperanto multigenerazionale
Ci si è domandato se nell’era attuale dominata dalla trasformazione digitale e dalla velocità dei cambiamenti, la multigenerazionalità della forza lavoro costituisca una ricchezza oppure un vincolo. Su questo nel nostro paese ci sono punti di vista differenti fra cui quello estremo che punta alla rottamazione nel mondo del lavoro delle generazioni più anziane all’insegna del presupposto che, per innovare, occorre prima di tutto rompere i ponti con il passato.
L’esperienza fatta ci dà una lezione differente dagli stereotipi più diffusi sul tema, perché orientata verso il primato della collaborazione intergenerazionale. Quest’ultima intesa non solo come la strada maestra verso l’inclusione sociale, ma anche come la via principale per la crescita
professionale e per lo sviluppo delle organizzazioni. Se si adotta questa prospettiva, la sfida chiave riguarda il rafforzamento di forme di “organizzazioni multigenerazionali” innovative, perché capaci di apprendere attraverso il superamento delle barriere di comunicazione interculturale fra generazioni differenti. È questa un’operazione né facile né scontata. Infatti, da un lato abbiamo i lavoratori baby boomers e quelli della generazione X che si sono formati e hanno sviluppato le proprie esperienze professionali ben prima dell’affermazione della società d’Internet, mentre dall’altro ci sono Millenials e la generazione App, la cui formazione e sviluppo professionale ha avuto l’imprinting del mondo del web e dei social media.
Il volano delle competenze digitali
In sostanza, il tema è come valorizzare le differenze intergenerazionali che possono costituire un’immensa ricchezza, se si fertilizzano reciprocamente attraverso il lavoro di gruppo e l’integrazione organizzativa. Un elemento facilitante di quest’impresa è costituito dalla estensione esponenziale delle competenze digitali attraverso le generazioni a cui si assiste attualmente. Insomma potrebbe essere, paradossalmente, proprio la diffusione intergenerazionale delle competenze digitali uno degli importanti fattori costitutivi di un complesso linguaggio intergenerazionale fondato su una consapevole legittimazione reciproca: una sorta di esperanto che
renda fruttuosa la collaborazione fra generazioni differenti nel mondo del lavoro per produrre ricchezza e valore per tutti. In conclusione, i risultati che provengono da questa esperienza alla quale hanno partecipato un grande numero di squadre intergenerazionali dell’intera Penisola ci fa ben sperare sulla possibilità di affermarsi di nuove specie d’imprese che siano intergenerazionali e innovative e produttive assieme.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
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