Eccovi qualche altro brano del libro di Piero Albiero e Giada Matricardi dal titolo "Empatia").
L’empatia è stata per molti anni studiata in senso ”generale”, focalizzandosi prevalentemente sulla disamina delle caratteristiche individuali e intrapsichiche e rapportandole a contesti interpersonali e sociali intesi in senso generico e aspecifico.
Solo di recente lo sforzo di molti studiosi si è rivolto allo studio delle forme che l’empatia può assumere in contesti specifici, come ad esempio la scuola, e delle relazioni che si instaurano in specifici contesti lavorativi e organizzativi, culturali ed etnici.
(...)
Negli ultimi anni si è assistito a un radicale mutamento del mercato e del mondo del lavoro che ha visto crescere la necessità di un cambiamento di prospettiva, che punta sulla competenza emotiva dei lavoratori. Per molto tempo nelle organizzazioni l’enfasi è stata posta sull’esperienza maturata e sulle competenze tecniche, relegando in secondo piano quell’insieme di abilità relazionali e di gestione emozionale, nota come intelligenza emotiva, in cui riveste un ruolo fondamentale la componente empatica.
Ma a che cosa ci riferiamo esattamente quando parliamo di intelligenza emotiva? Tale concetto, di cui Goleman (1995) è il padre fondatore, sottolinea la rilevanza costruttiva di una sana e cosciente gestione del patrimonio emotivo che le persone portano dentro di sé, nella vita quotidiana così come nell’ambito lavorativo, dove l’espressione modulata e positiva dei propri stati d’animo concorre al miglioramento dei rapporti interpersonali e a un’evoluzione propositiva di eventuali conflitti. Ancora una volta, dunque, l’empatia è considerata una capacità fondamentale per la regolazione dei rapporti interpersonali, anche nei contesti lavorativi e organizzativi.
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