(Fonte: "Corriere Economia")
Se si giudicano i risultati, avere un ultrasettantenne alla guida di un’azienda è una scelta sbagliata. Le
analisi degli esperti, infatti, dicono che le imprese che hanno un «boss» di quell’età hanno anche le performance peggiori.
Le età d’oro dei capo-azienda sono quelle giovani, fino ai 50 anni. Un fondatore che abbia meno di 40 anni ha risultati assolutamente opposti a un fondatore che ne abbia più di 70. Il primo cresce a tutta spinta, il secondo arretra.
Eppure gli ultimi anni hanno visto in Italia due tendenze. La prima è, appunto, l’aumento del numero di leader con molte primavere sulle spalle (un incremento spesso direttamente a scapito dei figli, più che dei manager), segno che dall’impresa quegli uomini non si erano mai veramente allontanati. Il secondo è che sempre più spesso aziende e gruppi sono guidati da team, anziché da un singolo responsabile della gestione.
I due fenomeni viaggiano paralleli: più leader ultrasettantenni e più co-amministratori delegati (persino tre o quattro amministratori delegati oppure in turnazione).
Una motivazione è l’incertezza. La crisi così prolungata ha interrotto di colpo il processo di cambiamento che si era avviato in Italia. Lo si vede dal numero di passaggi generazionali censiti
dall’Osservatorio Aub: a partire dal 2009 hanno subito una brusca caduta.
Un’altra motivazione va cercata nella tempra di alcuni fondatori oggi ottantenni e che non si trova nelle generazioni successive. Infine, quanto succede nelle imprese familiari ha anche una
componente psicologica forte. Spesso non si capisce il perché di alcune scelte se non si conoscono i rapporti personali tra i diversi componenti della proprietà.
Un elemento che le vicende italiane degli ultimi mesi evidenziano, infine, è quello della identificazione con l’impresa.
Se si guardano le famiglie imprenditoriali italiane si vede che gli strappi minori si sono avuti non tanto là dove le regole di governance sono state scritte meglio ma dove ciascuno ha saputo stare al suo posto.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
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Le età d’oro dei capo-azienda sono quelle giovani, fino ai 50 anni. Un fondatore che abbia meno di 40 anni ha risultati assolutamente opposti a un fondatore che ne abbia più di 70. Il primo cresce a tutta spinta, il secondo arretra.
Eppure gli ultimi anni hanno visto in Italia due tendenze. La prima è, appunto, l’aumento del numero di leader con molte primavere sulle spalle (un incremento spesso direttamente a scapito dei figli, più che dei manager), segno che dall’impresa quegli uomini non si erano mai veramente allontanati. Il secondo è che sempre più spesso aziende e gruppi sono guidati da team, anziché da un singolo responsabile della gestione.
I due fenomeni viaggiano paralleli: più leader ultrasettantenni e più co-amministratori delegati (persino tre o quattro amministratori delegati oppure in turnazione).
Una motivazione è l’incertezza. La crisi così prolungata ha interrotto di colpo il processo di cambiamento che si era avviato in Italia. Lo si vede dal numero di passaggi generazionali censiti
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Un’altra motivazione va cercata nella tempra di alcuni fondatori oggi ottantenni e che non si trova nelle generazioni successive. Infine, quanto succede nelle imprese familiari ha anche una
componente psicologica forte. Spesso non si capisce il perché di alcune scelte se non si conoscono i rapporti personali tra i diversi componenti della proprietà.
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