(Fonte: Il Corriere Economia)
Migliori risultati, con meno risorse.
La Finlandia ci è riuscita. L’Italia purtroppo no.
Secondo uno studio sull’indice di efficienza scolastica, il rapporto tra i risultati ottenuti dagli studenti e costi del sistema scolastico, l’Italia con il 69% si piazza al 23esimo posto in una
classifica che prende in considerazione 30 paesi Ocse.
In vetta c’è la Finlandia (87% di efficienza), seguita da Corea e Repubblica Ceca. Peggio di
noi, solo Portogallo, Spagna, Grecia e il Brasile, ultimo in classifica.
Secondo gli studiosi che hanno curato il rapporto, tra cui Peter Dolton (London School of
Economics), se il nostro paese vuole scalare qualche posto ha davanti a sé due strade: o aumentare
gli stipendi degli insegnanti o ridurre il rapporto prof-studenti.
Esattamente il contrario di quanto invece accade.
Secondo l’Ocse, tra il 2008 e il 2012 le buste paga dei professori delle superiori sono diminuite in
media del 2% e cresce a dismisura il numero medio di studenti per docente.
Secondo lo studio inglese, che ha analizzato come il sistema scolastico è in grado di produrre un ritorno più elevato per ogni euro investito, l’Italia potrebbe giungere ai livelli della Finlandia,
se riducesse il rapporto insegnante-allievo da 10,8 a 8,2 alunni per ogni insegnante (-24,4%). O, in
alternativa, se aumentasse lo stipendio degli insegnanti dalla media attuale di 31.460 dollari a 34.760 dollari, cioè un aumento del 10,5%.
Per avere istituti più efficienti, il paese dovrebbe dunque spendere di più, riducendo il numero di allievi per insegnante, che dovrebbero avere più soldi in busta paga.
«Non si capisce però perché un aumento degli stipendi dei professori porti ad un incremento dell’efficienza scolastica — osserva Pierdomenico Perata, Rettore della Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa —. L’aumento stipendiale basato solo sull'anzianità è un controsenso, la carriera di un insegnate va legata al merito e non all’anzianità».
Per il rettore, lo scatto in busta paga di un professore, in questo caso universitario, «si associa a
tutta una serie di fattori, come la verifica dei risultati e la capacità di aggiornamento.
Il nostro sistema interno di valutazione misura ad esempio i docenti sulla base delle pubblicazioni
scientifiche».
La meritocrazia è anche al centro di un nuovo decreto del governo dedicato questa volta all’alta formazione, la «Buona Università», che segue quello dedicato alla «Buona Scuola».
Si andrà verso una ridistribuzione dei fondi che premieranno quegli atenei con migliori performance nell’ambito delle attività di ricerca, didattica ed internazionalizzazione. Sul piatto, per le Accademie più meritevoli ci sono 1,3 miliardi, il 5% in più che in passato.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
Migliori risultati, con meno risorse.
La Finlandia ci è riuscita. L’Italia purtroppo no.
Secondo uno studio sull’indice di efficienza scolastica, il rapporto tra i risultati ottenuti dagli studenti e costi del sistema scolastico, l’Italia con il 69% si piazza al 23esimo posto in una
classifica che prende in considerazione 30 paesi Ocse.
In vetta c’è la Finlandia (87% di efficienza), seguita da Corea e Repubblica Ceca. Peggio di
noi, solo Portogallo, Spagna, Grecia e il Brasile, ultimo in classifica.
Secondo gli studiosi che hanno curato il rapporto, tra cui Peter Dolton (London School of
Economics), se il nostro paese vuole scalare qualche posto ha davanti a sé due strade: o aumentare
gli stipendi degli insegnanti o ridurre il rapporto prof-studenti.
Esattamente il contrario di quanto invece accade.
Secondo l’Ocse, tra il 2008 e il 2012 le buste paga dei professori delle superiori sono diminuite in
media del 2% e cresce a dismisura il numero medio di studenti per docente.
Secondo lo studio inglese, che ha analizzato come il sistema scolastico è in grado di produrre un ritorno più elevato per ogni euro investito, l’Italia potrebbe giungere ai livelli della Finlandia,
se riducesse il rapporto insegnante-allievo da 10,8 a 8,2 alunni per ogni insegnante (-24,4%). O, in
alternativa, se aumentasse lo stipendio degli insegnanti dalla media attuale di 31.460 dollari a 34.760 dollari, cioè un aumento del 10,5%.
Per avere istituti più efficienti, il paese dovrebbe dunque spendere di più, riducendo il numero di allievi per insegnante, che dovrebbero avere più soldi in busta paga.
«Non si capisce però perché un aumento degli stipendi dei professori porti ad un incremento dell’efficienza scolastica — osserva Pierdomenico Perata, Rettore della Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa —. L’aumento stipendiale basato solo sull'anzianità è un controsenso, la carriera di un insegnate va legata al merito e non all’anzianità».
Per il rettore, lo scatto in busta paga di un professore, in questo caso universitario, «si associa a
tutta una serie di fattori, come la verifica dei risultati e la capacità di aggiornamento.
Il nostro sistema interno di valutazione misura ad esempio i docenti sulla base delle pubblicazioni
scientifiche».
La meritocrazia è anche al centro di un nuovo decreto del governo dedicato questa volta all’alta formazione, la «Buona Università», che segue quello dedicato alla «Buona Scuola».
Si andrà verso una ridistribuzione dei fondi che premieranno quegli atenei con migliori performance nell’ambito delle attività di ricerca, didattica ed internazionalizzazione. Sul piatto, per le Accademie più meritevoli ci sono 1,3 miliardi, il 5% in più che in passato.
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