(Fonte "Affari&Finanza")
«Non è solo una questione etica. Le aziende che hanno leader responsabili sono quelle che hanno i migliori risultati economici perché crescono in maniera sostenibile, senza strappi». Parola di Vince Molinaro, autore di numerosi libri sui temi della leadership e ceo della società di consulenza Lee Hecht Harrison.
I casi di corruzione e gli scandali, che si ripetono con crescente frequenza in ambito pubblico così come privato, non mettono in evidenza una crisi di leadership, prima ancora che economica?
«Sì. I frequenti scandali ai vertici aziendali evidenziano un punto: ci sono persone che ricoprono
ruoli di comando senza la giusta responsabilità.
Senza entrare nel merito di come sono arrivati a ricoprire certi ruoli, si mostrano evidentemente inadeguati nel lavorare a una crescita sostenibile delle rispettive aziende, nel coinvolgere i dipendenti, nel rispettare i principi etici che hanno rilevanza agli occhi dei consumatori».
Qual è la percentuale di top manager che risponde ai corretti requisiti?
«Di certo non sono molti. Mi preme precisare che le questioni riguardanti la responsabilità non
sono cose che si imparano su i banchi di scuola, ma devono essere il frutto di un continuo interrogarsi su ciò che è giusto per sé, per l’azienda e per la comunità da parte dei singoli. Quando si accetta un ruolo da top manager, nei fatti si sottoscrive un contratto».
In che senso?
«Se non ci si sente a proprio agio nel ruolo di leader, se non si è portati, occorre avere il coraggio di dire no. Altrimenti si rischia di fare danni agli altri e di vivere male la propria condizione. Al di là delle inclinazioni personali, non si può diventare un vero leader senza una forte motivazione a esserlo ogni giorno. Ecco perché ritengo fondamentale darsi degli obiettivi e verificare con costanza che la direzione sia quella giusta. Questo approccio consente di conservare la mente fredda quando si devono prendere decisioni impopolari perché queste ultime possono essere inevitabili a fronte dell’obiettivo principale di gestire l’azienda in modo responsabile».
Non c’è il rischio che un tale approccio crei eccessiva pressione sul top manager o li isoli dal resto dell’azienda?
«Mi rendo conto che l’esposizione dei miei concetti può apparire fredda, ma nella pratica si tratta
solo di darsi un metodo. Del resto, la leadership vincente – in un mondo interconnesso come l’attuale – non ammette l’isolamento. I leader devono costruire relazioni con i loro colleghi e collaboratori per essere ancora più forti. In uno scenario iper-competitivo come quello attuale, le aziende vincenti sono quelle che riescono a tirar fuori il meglio dai singoli e a veicolarlo in favore dello spirito di squadra. Ciò avviene quando si lavora davvero con un leader responsabile, impegnato, che accetta consigli».
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
«Non è solo una questione etica. Le aziende che hanno leader responsabili sono quelle che hanno i migliori risultati economici perché crescono in maniera sostenibile, senza strappi». Parola di Vince Molinaro, autore di numerosi libri sui temi della leadership e ceo della società di consulenza Lee Hecht Harrison.
I casi di corruzione e gli scandali, che si ripetono con crescente frequenza in ambito pubblico così come privato, non mettono in evidenza una crisi di leadership, prima ancora che economica?
«Sì. I frequenti scandali ai vertici aziendali evidenziano un punto: ci sono persone che ricoprono
ruoli di comando senza la giusta responsabilità.
Senza entrare nel merito di come sono arrivati a ricoprire certi ruoli, si mostrano evidentemente inadeguati nel lavorare a una crescita sostenibile delle rispettive aziende, nel coinvolgere i dipendenti, nel rispettare i principi etici che hanno rilevanza agli occhi dei consumatori».
Qual è la percentuale di top manager che risponde ai corretti requisiti?
«Di certo non sono molti. Mi preme precisare che le questioni riguardanti la responsabilità non
sono cose che si imparano su i banchi di scuola, ma devono essere il frutto di un continuo interrogarsi su ciò che è giusto per sé, per l’azienda e per la comunità da parte dei singoli. Quando si accetta un ruolo da top manager, nei fatti si sottoscrive un contratto».
In che senso?
«Se non ci si sente a proprio agio nel ruolo di leader, se non si è portati, occorre avere il coraggio di dire no. Altrimenti si rischia di fare danni agli altri e di vivere male la propria condizione. Al di là delle inclinazioni personali, non si può diventare un vero leader senza una forte motivazione a esserlo ogni giorno. Ecco perché ritengo fondamentale darsi degli obiettivi e verificare con costanza che la direzione sia quella giusta. Questo approccio consente di conservare la mente fredda quando si devono prendere decisioni impopolari perché queste ultime possono essere inevitabili a fronte dell’obiettivo principale di gestire l’azienda in modo responsabile».
Non c’è il rischio che un tale approccio crei eccessiva pressione sul top manager o li isoli dal resto dell’azienda?
«Mi rendo conto che l’esposizione dei miei concetti può apparire fredda, ma nella pratica si tratta
solo di darsi un metodo. Del resto, la leadership vincente – in un mondo interconnesso come l’attuale – non ammette l’isolamento. I leader devono costruire relazioni con i loro colleghi e collaboratori per essere ancora più forti. In uno scenario iper-competitivo come quello attuale, le aziende vincenti sono quelle che riescono a tirar fuori il meglio dai singoli e a veicolarlo in favore dello spirito di squadra. Ciò avviene quando si lavora davvero con un leader responsabile, impegnato, che accetta consigli».
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