martedì 7 novembre 2017

In Europa si discute di lavoro

(Fonte: "L'Economia")

Nelle prossime due settimane la città di Göteborg, Svezia, sarà la capitale dell’Europa sociale.
Mercoledì si terrà un incontro interministeriale sulle pari opportunità e l’eguaglianza di genere, fortemente voluto da un governo, quello di Stoccolma, composto in maggioranza da donne.
Il 17 novembre avrà poi luogo un vero e proprio summit sociale in pompa magna. I capi di Stato e di governo nonché i presidenti delle istituzioni europee apporranno la loro firma alla proclamazione interistituzionale del Pilastro europeo dei diritti sociali. Il testo del Pilastro definisce i contorni
della dimensione sociale Ue con riferimento a tre macro-aree tematiche: «pari opportunità e accesso al mercato del lavoro», «condizioni di lavoro» e, non in ultimo, «protezione sociale e inclusione».

Per ciascuna macro-area vengono elencati i diritti da tutelare, per un totale di 20. Si va dal diritto «a un’educazione e un aggiornamento professionale di qualità», alla garanzia di ricevere «un compenso che garantisca il soddisfacimento dei bisogni di lavoratori, lavoratrici e rispettive famiglie», fino al diritto ad «un’adeguata rete di protezione sociale, a prescindere dalle specifiche forme contrattuali».
 

Come si integrerà tutto ciò nell’attuale assetto di governance economica dell’Ue e dell’Eurozona? La Commissione ha elaborato una scoreboard che traccerà il progresso (o meno) dei Paesi rispetto ai singoli diritti: come e quanto vengono tutelati? I risultati delle analisi riassunte nella scoreboard confluiranno direttamente nel sistema di supervisione del Semestre europeo, garantendo —idealmente — un equilibrio tra priorità economiche e sociali. Al di là del meccanismo di governance, il testo rappresenta un punto di riferimento importante per governi, sindacati, associazioni di categoria e stakeholder dei vari Paesi per sviluppare una dialettica coerente e coordinata. Insomma, ora spetta a tutte le componenti sociali — e non solo alle istituzioni Ue — favorire il rispetto e il rafforzamento della dimensione sociale dell’Ue all’interno delle discussioni pubbliche nazionali ed europee.
 

Sempre sul fronte sociale, i governi Ue hanno inoltre approvato, a maggioranza, la cornice generale per la revisione della Direttiva sui lavoratori distaccati. Il testo licenziato dal Consiglio prevede la riduzione del tempo massimo di permanenza dei lavoratori distaccati in un altro Paese, da 18 a 12
mesi (basta però una notifica da parte del datore di lavoro per prolungare di altri 6mesi). Ma l’elemento più importante riguarda i livelli di compenso e di contributi sociali: dovranno entrambi essere in linea con la legislazione del Paese di effettiva esecuzione del servizio. 


(...)

La proclamazione del Pilastro europeo dei diritti sociali e la modifica della Direttiva sui lavoratori distaccati cercano di controbilanciare gli effetti negativi — sul piano sociale e politico — che la disciplina fiscale e la libertà di movimento dei lavoratori hanno avuto sui sistemi nazionali. L’obiettivo non è certo quello di costruire un welfare federale standardizzato: operazione non desiderabile né proponibile. Si tratta piuttosto di arricchire l’ architettura istituzionale Ue con elementi capaci di sorreggere i modelli di welfare nazionali, stimolandoli nel contempo ad adattarsi al cambiamento. Una strada lunga e tortuosa, ma politicamente necessaria per restituire legittimità all’Unione.

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