(Fonte: "L'Economia")
Sono sempre più apprezzati dai lavoratori, perché permettono di alleviare numerosi problemi della vita di tutti i giorni. E dalle aziende, perché beneficiano d’importanti agevolazioni fiscali. I servizi di welfare aziendale rivestono una crescente importanza nella gestione delle risorse umane. «Il concetto si sta progressivamente allargando», sottolinea Fiammetta Fabris, amministratore delegato di Unisalute, compagnia del gruppo UnipolSai specializzata nelle assicurazioni sanitarie e sempre più presente anche in questo settore.
«Dai tradizionali ambiti della previdenza e della sanità, per il welfaresi sta progressivamente passando a un concetto più generale di benessere — spiega Fabris —. In quest’ambito sono
sempre più richiesti servizi che agevolano la conciliazione fra lavoro e impegni familiari e quindi l’occupazione femminile: nella stragrande maggioranza dei casi questi oneri ricadono infatti sulle spalle delle donne. Pensiamo ad asili nido aziendali, o contributi alle spese per baby sitter o badanti per l’ assistenza agli anziani non autosufficienti».
In base a una ricerca McKinsey, una ben strutturata politica di welfare produce effetti positivi e tangibili: maggior soddisfazione al lavoro, migliore immagine aziendale e più attaccamento all’azienda. In questo senso diventa un’importante leva di vantaggio competitivo sotto il profilo del benessere organizzativo. La domanda di servizi di welfare riguarda l’intera collettività dei dipendenti, a prescindere dalle caratteristiche socio-demografiche ed economiche, dall’età o dal genere. Secondo il 93% degli intervistati, «è importanteche l’azienda metta a disposizione politiche di welfare». Per il 97% è importante poter usufruire di servizi di assistenza agli anziani oppure di orari flessibili. Seguono congedi parentali (94% delle risposte), part time (93%), convenzioni con asili nido esterni o asilo nido aziendale, rispettivamente con il 92% e 91%.
Lo sviluppo del welfare aziendale ha ricevuto una forte spinta a livello legislativo. La Legge di Stabilità 2016 aveva potenziato le agevolazioni fiscali per le aziende che concedono servizi e prestazioni di welfare aziendale ai dipendenti (asili nido, buoni pasto, assistenza sanitaria integrativa) e consentito l’erogazione dei premi di risultato sottoforma di servizi, introducendo
nuovi strumenti già sperimentati in altri paesi europei come il voucher per i servizi stessi. La legge di Bilancio 2017 ha proseguito su questa strada, aumentando da duemila a tremila euro per ogni lavoratore il tetto per le somme agevolate e da 50mila a 80mila euro i limiti reddituali per i lavoratori destinatari delle agevolazioni. Allo studio vi è pure lipotesi di introdurre agevolazioni fiscali legate alle coperture assicurative per malattie gravi e non autosufficienza. Un problema,
questo, che diventerà sempre più grave in un paese caratterizzato, come è l’Italia da un’elevata percentuale di anziani, e rispetto a cui il welfare pubblico offre una copertura piuttosto ridotta. «In questo nuovo contesto normativo il mondo aziendale si trova ad assumere sempre maggiori responsabilità per rispondere nel modo più completo alle necessità dei propri dipendenti e delle loro famiglie — sottolinea Fabris —. Dall’assistenza agli anziani ai servizi per l’infanzia, dalla conciliazione vita lavoro all’assistenza sanitaria integrativa, solo per fare qualche esempio. Le aziende inoltre, hanno compreso che il welfare sussidiario è fonte di numerose opportunità: contiene i costi e permette di offrire politiche retributive più rispondenti alle necessità dei destinatari, aumenta la produttività, fidelizza idipendenti».
In base ai dati del ministero del Lavoro, al 15 settembre scorso erano attivi 13.004 contratti aziendali e territoriali per la detassazione dei premi di produttività: 4mila di questi prevedono misure di welfare aziendale. Grazie a un accordo siglato nei mesi scorsi fra le parti sociali, queste intese sono possibili anche nelle imprese più piccole, prive di rappresentanze sindacali.
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Sono sempre più apprezzati dai lavoratori, perché permettono di alleviare numerosi problemi della vita di tutti i giorni. E dalle aziende, perché beneficiano d’importanti agevolazioni fiscali. I servizi di welfare aziendale rivestono una crescente importanza nella gestione delle risorse umane. «Il concetto si sta progressivamente allargando», sottolinea Fiammetta Fabris, amministratore delegato di Unisalute, compagnia del gruppo UnipolSai specializzata nelle assicurazioni sanitarie e sempre più presente anche in questo settore.
«Dai tradizionali ambiti della previdenza e della sanità, per il welfaresi sta progressivamente passando a un concetto più generale di benessere — spiega Fabris —. In quest’ambito sono
sempre più richiesti servizi che agevolano la conciliazione fra lavoro e impegni familiari e quindi l’occupazione femminile: nella stragrande maggioranza dei casi questi oneri ricadono infatti sulle spalle delle donne. Pensiamo ad asili nido aziendali, o contributi alle spese per baby sitter o badanti per l’ assistenza agli anziani non autosufficienti».
In base a una ricerca McKinsey, una ben strutturata politica di welfare produce effetti positivi e tangibili: maggior soddisfazione al lavoro, migliore immagine aziendale e più attaccamento all’azienda. In questo senso diventa un’importante leva di vantaggio competitivo sotto il profilo del benessere organizzativo. La domanda di servizi di welfare riguarda l’intera collettività dei dipendenti, a prescindere dalle caratteristiche socio-demografiche ed economiche, dall’età o dal genere. Secondo il 93% degli intervistati, «è importanteche l’azienda metta a disposizione politiche di welfare». Per il 97% è importante poter usufruire di servizi di assistenza agli anziani oppure di orari flessibili. Seguono congedi parentali (94% delle risposte), part time (93%), convenzioni con asili nido esterni o asilo nido aziendale, rispettivamente con il 92% e 91%.
Lo sviluppo del welfare aziendale ha ricevuto una forte spinta a livello legislativo. La Legge di Stabilità 2016 aveva potenziato le agevolazioni fiscali per le aziende che concedono servizi e prestazioni di welfare aziendale ai dipendenti (asili nido, buoni pasto, assistenza sanitaria integrativa) e consentito l’erogazione dei premi di risultato sottoforma di servizi, introducendo
nuovi strumenti già sperimentati in altri paesi europei come il voucher per i servizi stessi. La legge di Bilancio 2017 ha proseguito su questa strada, aumentando da duemila a tremila euro per ogni lavoratore il tetto per le somme agevolate e da 50mila a 80mila euro i limiti reddituali per i lavoratori destinatari delle agevolazioni. Allo studio vi è pure lipotesi di introdurre agevolazioni fiscali legate alle coperture assicurative per malattie gravi e non autosufficienza. Un problema,
questo, che diventerà sempre più grave in un paese caratterizzato, come è l’Italia da un’elevata percentuale di anziani, e rispetto a cui il welfare pubblico offre una copertura piuttosto ridotta. «In questo nuovo contesto normativo il mondo aziendale si trova ad assumere sempre maggiori responsabilità per rispondere nel modo più completo alle necessità dei propri dipendenti e delle loro famiglie — sottolinea Fabris —. Dall’assistenza agli anziani ai servizi per l’infanzia, dalla conciliazione vita lavoro all’assistenza sanitaria integrativa, solo per fare qualche esempio. Le aziende inoltre, hanno compreso che il welfare sussidiario è fonte di numerose opportunità: contiene i costi e permette di offrire politiche retributive più rispondenti alle necessità dei destinatari, aumenta la produttività, fidelizza idipendenti».
In base ai dati del ministero del Lavoro, al 15 settembre scorso erano attivi 13.004 contratti aziendali e territoriali per la detassazione dei premi di produttività: 4mila di questi prevedono misure di welfare aziendale. Grazie a un accordo siglato nei mesi scorsi fra le parti sociali, queste intese sono possibili anche nelle imprese più piccole, prive di rappresentanze sindacali.
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