(Fonte: "Affari&Finanza")
Si investe sempre più guardando, oltre ai fondamentali di un’azienda, anche ai suoi comportamenti in tema di rispetto dell’ambiente, dei diritti sociali o di buon governo societario, ma il principale ostacolo alla diffusione degli investimenti Esg è il timore che l’esclusione delle aziende poco virtuose possa penalizzare la performance del portafoglio, preoccupazione espressa, ad esempio, da 220 dei 500 investitori istituzionali intervistati da Schroders per il suo Institutional Investor Study 2017. Ci sono diversi studi ed evidenze che dimostrano, invece, che le aziende più
attente ai temi della sostenibilità realizzano performance di borsa migliori e un’ulteriore conferma viene ora da una ricerca sviluppata congiuntamente dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Banor Sim che ha il pregio, rispetto a precedenti studi, di analizzare la correlazione tra il rating Esg e la performance di azioni più vicine agli investitori italiani,
oggetto di indagine sono, infatti, i titoli che compongono l’indice Stoxx Europe 600. La ricerca è coordinata con uno studio analogo sul mercato Usa dall’Harvard Business School.
L’analisi dimostra che, nel periodo che va dal 2012 al 2017, i titoli con il rating Esg più elevato hanno realizzato una performance cumulata dell’86,1% contro il 70,9% dei titoli con il rating più basso. «Dagli studi condotti emerge una correlazione tra migliore performance e aderenza ai principi Esg; oggi in Usa questa correlazione è anche spinta dai flussi. In futuro, sarà difficile stabilire quanto incideranno le politiche di sostenibilità e i flussi di investimento ad esse legati sulle performance di un’azienda», ha spiegato Massimiliano Cagliero, fondatore e amministratore delegato di Banor Sim, nell’illustrare le conclusioni dell’indagine. «Di fatto e importante riconoscere che una correlazione ci sia e che questo inneschi un circolo virtuoso nell’economia reale, con la conseguente spinta sulle aziende quotate ad adeguarsi per attirare investitori».
Attribuire un voto, un rating al modo in cui un’azienda affronta le problematiche relative al rispetto
dell’ambiente, i diritti sociali o il buon governo aziendale non è un compito facile, anche se dallo scorso gennaio, un regolamento della Consob, adottato in attuazione di una direttiva europea, impone alle società quotate e alle banche e assicurazioni di grandi dimensioni di integrare i propri rendiconti finanziari con una dichiarazione sui temi di carattere non finanziario, come gli aspetti ambientali, sociali, quelli attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva. Per calcolare il rating di sostenibilità di ciascun titolo, i ricercatori
di Banor e Politecnico di Milano hanno preso in considerazione 424 indicatori, raggruppati in 10 categorie; il peso attribuito a ciascun indicatore cambia da industria a industria, seguendo un procedimento già utilizzato da alcuni ricercatori nel 2016 per il mercato Usa, per tenere conto delle specificità di ogni area di business. Dopotutto, come si sottolinea nel rapporto, fattori come la sicurezza dei dati e la privacy dei clienti sono molto più importanti nei settori dell’informatica e
delle telecomunicazioni piuttosto che nell’industria manifatturiera, dove, invece, gli aspetti legati all’inquinamento e all’impatto sull’ambiente contano decisamente più che nel mondo dei servizi e della finanza. Una peculiarità che emerge dalla ricerca è che il mercato sembra premiare in particolare le imprese che perseguono buone pratiche nei tre elementi - environment, social e governance – nel loro complesso, piuttosto che in uno dei singoli aspetti: se si valuta la performance dei titoli classificati in base al rating di un singolo elemento, infatti, si nota che i risultati migliori
sono ottenuti dai titoli con rating medio e non da quelli con rating più elevato. L’indagine ha poi approfondito l’analisi dei fattori che determinano la performance di borsa complessiva, analisi eseguita solo per i titoli industriali che compongono l’indice, escludendo quindi banche, assicurazioni e società finanziarie. A contribuire principalmente alle performance è stato un
generalizzato aumento dei multipli di valutazione, il rapporto prezzo / utili, ma dall’analisi è emerso
anche che le imprese che presentano il rating Esg più elevato sono anche quelle che si sono dimostrate più efficienti nell’aumentare il proprio fatturato, nel migliorare la redditività (sono le uniche con un valore mediano positivo) e anche il dividend yield, il rapporto tra dividendi erogati e prezzo di borsa. Questa evidenza, come si sottolinea nel rapporto, «è coerente con l’ipotesi
che l’adozione delle migliori pratiche Esg sia la fonte di un vantaggio competitivo di lungo termine».
L’ultimo aspetto analizzato è quello che riguarda il legame fra rating Esg e valutazione di mercato, sintetizzata dal rapporto prezzo/utili.
Anche in questo caso, la conclusione è che includere una valutazione dei rating Esg nel processo di selezione di titoli consente di migliorare i risultati. «Integrare criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di attenzione verso tutti gli stakeholder con i modelli tradizionali di analisi finanziaria value-based può dare vantaggi ai gestori e agli investitori», ha dichiarato Giancarlo Giudici della School of Management del Politecnico di Milano.
«Sono sempre di più le imprese che investono nelle buone pratiche Esg, nella convinzione che questo possa rappresentare un vantaggio competitivo di medio-lungo termine».
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Si investe sempre più guardando, oltre ai fondamentali di un’azienda, anche ai suoi comportamenti in tema di rispetto dell’ambiente, dei diritti sociali o di buon governo societario, ma il principale ostacolo alla diffusione degli investimenti Esg è il timore che l’esclusione delle aziende poco virtuose possa penalizzare la performance del portafoglio, preoccupazione espressa, ad esempio, da 220 dei 500 investitori istituzionali intervistati da Schroders per il suo Institutional Investor Study 2017. Ci sono diversi studi ed evidenze che dimostrano, invece, che le aziende più
attente ai temi della sostenibilità realizzano performance di borsa migliori e un’ulteriore conferma viene ora da una ricerca sviluppata congiuntamente dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Banor Sim che ha il pregio, rispetto a precedenti studi, di analizzare la correlazione tra il rating Esg e la performance di azioni più vicine agli investitori italiani,
oggetto di indagine sono, infatti, i titoli che compongono l’indice Stoxx Europe 600. La ricerca è coordinata con uno studio analogo sul mercato Usa dall’Harvard Business School.
L’analisi dimostra che, nel periodo che va dal 2012 al 2017, i titoli con il rating Esg più elevato hanno realizzato una performance cumulata dell’86,1% contro il 70,9% dei titoli con il rating più basso. «Dagli studi condotti emerge una correlazione tra migliore performance e aderenza ai principi Esg; oggi in Usa questa correlazione è anche spinta dai flussi. In futuro, sarà difficile stabilire quanto incideranno le politiche di sostenibilità e i flussi di investimento ad esse legati sulle performance di un’azienda», ha spiegato Massimiliano Cagliero, fondatore e amministratore delegato di Banor Sim, nell’illustrare le conclusioni dell’indagine. «Di fatto e importante riconoscere che una correlazione ci sia e che questo inneschi un circolo virtuoso nell’economia reale, con la conseguente spinta sulle aziende quotate ad adeguarsi per attirare investitori».
Attribuire un voto, un rating al modo in cui un’azienda affronta le problematiche relative al rispetto
dell’ambiente, i diritti sociali o il buon governo aziendale non è un compito facile, anche se dallo scorso gennaio, un regolamento della Consob, adottato in attuazione di una direttiva europea, impone alle società quotate e alle banche e assicurazioni di grandi dimensioni di integrare i propri rendiconti finanziari con una dichiarazione sui temi di carattere non finanziario, come gli aspetti ambientali, sociali, quelli attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva. Per calcolare il rating di sostenibilità di ciascun titolo, i ricercatori
di Banor e Politecnico di Milano hanno preso in considerazione 424 indicatori, raggruppati in 10 categorie; il peso attribuito a ciascun indicatore cambia da industria a industria, seguendo un procedimento già utilizzato da alcuni ricercatori nel 2016 per il mercato Usa, per tenere conto delle specificità di ogni area di business. Dopotutto, come si sottolinea nel rapporto, fattori come la sicurezza dei dati e la privacy dei clienti sono molto più importanti nei settori dell’informatica e
delle telecomunicazioni piuttosto che nell’industria manifatturiera, dove, invece, gli aspetti legati all’inquinamento e all’impatto sull’ambiente contano decisamente più che nel mondo dei servizi e della finanza. Una peculiarità che emerge dalla ricerca è che il mercato sembra premiare in particolare le imprese che perseguono buone pratiche nei tre elementi - environment, social e governance – nel loro complesso, piuttosto che in uno dei singoli aspetti: se si valuta la performance dei titoli classificati in base al rating di un singolo elemento, infatti, si nota che i risultati migliori
sono ottenuti dai titoli con rating medio e non da quelli con rating più elevato. L’indagine ha poi approfondito l’analisi dei fattori che determinano la performance di borsa complessiva, analisi eseguita solo per i titoli industriali che compongono l’indice, escludendo quindi banche, assicurazioni e società finanziarie. A contribuire principalmente alle performance è stato un
generalizzato aumento dei multipli di valutazione, il rapporto prezzo / utili, ma dall’analisi è emerso
anche che le imprese che presentano il rating Esg più elevato sono anche quelle che si sono dimostrate più efficienti nell’aumentare il proprio fatturato, nel migliorare la redditività (sono le uniche con un valore mediano positivo) e anche il dividend yield, il rapporto tra dividendi erogati e prezzo di borsa. Questa evidenza, come si sottolinea nel rapporto, «è coerente con l’ipotesi
che l’adozione delle migliori pratiche Esg sia la fonte di un vantaggio competitivo di lungo termine».
L’ultimo aspetto analizzato è quello che riguarda il legame fra rating Esg e valutazione di mercato, sintetizzata dal rapporto prezzo/utili.
Anche in questo caso, la conclusione è che includere una valutazione dei rating Esg nel processo di selezione di titoli consente di migliorare i risultati. «Integrare criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di attenzione verso tutti gli stakeholder con i modelli tradizionali di analisi finanziaria value-based può dare vantaggi ai gestori e agli investitori», ha dichiarato Giancarlo Giudici della School of Management del Politecnico di Milano.
«Sono sempre di più le imprese che investono nelle buone pratiche Esg, nella convinzione che questo possa rappresentare un vantaggio competitivo di medio-lungo termine».
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