Un testo leggero ma interessante visto che spesso si parla di innovazione senza sapere bene a quando farla risalire...
(Fonte: "La Stampa")
La storia di ciò che rende unico l’uomo, e quindi della sua creatività, comincia molto prima di quella che ci raccontano a scuola. «La storia delle epoche che precedono le grandi civiltà del passato contiene le potenzialità e le premesse di quello che accadrà dopo». A spiegarlo è GiorgioManzi, antropologo e paleontologo all’Università La Sapienza di Roma, che domenica 27 interverrà alla nona edizione di «Pistoia-Dialoghi sull’uomo» con un incontro sulle «Origini
di Homo sapiens e del nostro mondo di simboli».
Un’origine tutt’altro che scontata. «In un tempo relativamente recente - dice -, 200mila anni fa, compare una creatura che ha le caratteristiche anatomiche della modernità e di lì a poco manifesta anche delle caratteristiche culturali di tipo moderno». Questa modernità si manifesta in almeno
due aspetti cruciali: la rapidità con cui avvengono i cambiamenti di tipo culturale, come la produzione di manufatti litici, attraverso una tecnologia, cioè qualcosa che viene imparato osservando i propri simili, e poi il concetto di identità.
«Nel primo aspetto c’è un apprendimento per imitazione.
Ogni gruppo tende a produrre manufatti differenti da quelli del gruppo che sta al di là del fiume o di quelli di qualche generazione prima. Tutto questo alla fine di un percorso durato 2 milioni di anni». La creatività è quindi qualcosa che ci accompagna da sempre, anche se emerge in modo dirompente solo dopo un periodo-chiave, che Manzi definisce di «latenza».
«Il secondo punto -continua - - non ha nulla a che fare con la sopravvivenza, ma con l’identità. Il mio gruppo porta il dente forato al collo, voi avete la penna di avvoltoio tra i capelli. Oggetti che hanno un valore simbolico. A questo si aggiunge l’aspetto della bellezza, o della rappresentazione del mondo naturale: è un mondo onirico, fantastico, spesso rappresentato in maniera mirabile». Basta pensare alle rappresentazioni di Lascaux, in Francia, o di Altamira, in Spagna, che Manzi definisce «vere e proprie cappelle sistine della preistoria».
Questo mondo di simboli non si era mai visto: esprime un altro mondo, quello interiore, e inizia a comparire a partire da 100 mila anni fa.
«Essendo espressioni culturali - aggiunge Manzi - non basta la potenzialità biologica. Ci
vuole anche un contesto sociale e culturale perché si esprima. Come per il linguaggio: se ho le caratteristiche per parlare, ma non ho nessuno con cui comunicare, chi mi insegna a parlare?». E conclude: «Conoscere le caratteristiche della creatività ci dice molto su come siamo e sul nostro posto nella natura».
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
(Fonte: "La Stampa")
La storia di ciò che rende unico l’uomo, e quindi della sua creatività, comincia molto prima di quella che ci raccontano a scuola. «La storia delle epoche che precedono le grandi civiltà del passato contiene le potenzialità e le premesse di quello che accadrà dopo». A spiegarlo è GiorgioManzi, antropologo e paleontologo all’Università La Sapienza di Roma, che domenica 27 interverrà alla nona edizione di «Pistoia-Dialoghi sull’uomo» con un incontro sulle «Origini
di Homo sapiens e del nostro mondo di simboli».
Un’origine tutt’altro che scontata. «In un tempo relativamente recente - dice -, 200mila anni fa, compare una creatura che ha le caratteristiche anatomiche della modernità e di lì a poco manifesta anche delle caratteristiche culturali di tipo moderno». Questa modernità si manifesta in almeno
due aspetti cruciali: la rapidità con cui avvengono i cambiamenti di tipo culturale, come la produzione di manufatti litici, attraverso una tecnologia, cioè qualcosa che viene imparato osservando i propri simili, e poi il concetto di identità.
«Nel primo aspetto c’è un apprendimento per imitazione.
Ogni gruppo tende a produrre manufatti differenti da quelli del gruppo che sta al di là del fiume o di quelli di qualche generazione prima. Tutto questo alla fine di un percorso durato 2 milioni di anni». La creatività è quindi qualcosa che ci accompagna da sempre, anche se emerge in modo dirompente solo dopo un periodo-chiave, che Manzi definisce di «latenza».
«Il secondo punto -continua - - non ha nulla a che fare con la sopravvivenza, ma con l’identità. Il mio gruppo porta il dente forato al collo, voi avete la penna di avvoltoio tra i capelli. Oggetti che hanno un valore simbolico. A questo si aggiunge l’aspetto della bellezza, o della rappresentazione del mondo naturale: è un mondo onirico, fantastico, spesso rappresentato in maniera mirabile». Basta pensare alle rappresentazioni di Lascaux, in Francia, o di Altamira, in Spagna, che Manzi definisce «vere e proprie cappelle sistine della preistoria».
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«Essendo espressioni culturali - aggiunge Manzi - non basta la potenzialità biologica. Ci
vuole anche un contesto sociale e culturale perché si esprima. Come per il linguaggio: se ho le caratteristiche per parlare, ma non ho nessuno con cui comunicare, chi mi insegna a parlare?». E conclude: «Conoscere le caratteristiche della creatività ci dice molto su come siamo e sul nostro posto nella natura».
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