Continuiamo la lettura dell'articolo pubblicato sulla rivista: "Il Dirigente" e iniziata ieri.
(...)
Ci sono ancora altri effetti della crisi sulla modalità di rapportarsi al consumo da parte dei cittadini italiani, uno dei quali è il forte cambiamento nel rapporto con il prezzo. È cosa nota che da anni in molti settori merceologici sono presenti proposte low price a cui il consumatore associa una qualità assolutamente accettabile, se non persino comparabile, con quella delle proposte di prezzo superiore. Da molti anni, infatti, la linearità del rapporto qualità-prezzo si è rotta nella mente dei consumatori, per cui non si può dichiarare “più spendi più ottieni” bensì si è passati a un più pragmatico
“meglio spendi più ottieni”.
Il cambiamento recente ha a che fare con il prezzo di quei prodotti che non nascono come low price ma che sono spesso stati proposti in forte sconto presso i canali di vendita ove sono disponibili (la grande distribuzione ne è un esempio, in particolare nel campo alimentare, ma questo discorso vale per moltissimi altri settori e canali): il consumatore è ormai più propenso a ritenere giusto, corretto, non il prezzo di partenza bensì quello in promozione; anzi, il “prezzo pieno” viene associato a concetti come esagerazione, furto ecc. Non sarà quindi facile convincere le famiglie italiane che il vero prezzo dei prodotti è quello standard e che le promozioni di prezzo sono in qualche modo eccezioni limitate in quantità, tipologia di prodotti, durata, ammontare del risparmio offerto.
(...)
Non basta: se per decenni il rapporto tra la comunicazione commerciale e il consumatore è stato
basato sulla passività di quest’ultimo che riceveva – tramite vari canali e in varie modalità – informazioni positive sui prodotti e sui servizi veicolate in modo più o meno diretto dalle aziende, ora non è più così. Si è passati a una fase in cui non solo il consumatore è attivo esprimendo le proprie opinioni anche online (e quindi potenzialmente a una platea di uditori di immense dimensioni), ma è anche cercatore di informazioni scritte da altre persone con una caratteristica – spesso sottovalutata – che cambia completamente la relationship brand-consumer: molti utenti della rete cercano di capire tramite le altrui opinion online quali sono i punti di debolezza, i difetti, le negatività di un prodotto che stanno per acquistare e, grazie all’offerta estremamente ampia in quasi tutti i settori
merceologici, non hanno il problema di non trovare una soluzione ai loro desideri.
(...)
Ma c’è qualcosa di ancor più profondo che si è modificato nella mente dei consumatori (sia chiaro,
stiamo parlando solo di una parte non maggioritaria e il fenomeno è in continua ma lenta evoluzione): si tratta del mettere in discussione le quantità acquistate e, in alcuni casi, la necessità stessa di effettuare gli acquisti. Un ottimo esempio è relativo agli acquisti alimentari che, come ha mostrato pochi mesi fa una ricerca (...), sono ora oggetto di attenzione maggiore per evitare gli sprechi ricorrendo a tecniche molto diverse che hanno un corrispondente assolutamente identico per altre categorie merceologiche: si va dall’acquistare di meno per evitare di dover eliminare prodotti scaduti al riutilizzare, anche in modo fantasioso, prodotti vicini alla scadenza per creare nuove ricette, dall’acquistare quantità minori (più adeguate alla dimensione del nucleo familiare e alle effettive esigenze) al cercare di conservare meglio (nel caso alimentare ad esempio surgelando)
i prodotti acquistati.
Non si tratta tuttavia solo di evitare sprechi, ma anche di dare nuova vita a prodotti non deperibili
che possono essere utilizzati per un periodo più esteso o anche da altre persone: un caso significativo
è rappresentato dal passaggio da neomamma a neomamma di prodotti (vestiario, carrozzina ecc.) estendendone il life cycle a due, tre o persino più volte rispetto all’utilizzo per un solo bebè.
La crisi ha portato con sé anche l’idea che alcuni prodotti (in particolare quelli di valore elevato, ma
in buona misura questo fenomeno si presenta anche nella fascia media e medio-bassa di spesa) possano essere utilizzati più a lungo: cambiare l’automobile attendendo ulteriori due anni, non inseguire l’ultimo modello di smartphone (ebbene sì, anche in un settore che sembra quasi immune dalla crisi alcuni comportamenti stanno cambiando), prestare maggiore attenzione agli elettrodomestici in modo da estenderne la vita utile.
Insomma, in attesa di un segno “+” di fronte ai dati relativi al consumo degli italiani, sappiamo che
le sfide che dobbiamo affrontare oggi e che ancor più ci vedranno impegnati domani, sono nate o
amplificate in questi anni di pessima congiuntura economica e non sono destinate a sparire quando
questa finirà.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
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Ci sono ancora altri effetti della crisi sulla modalità di rapportarsi al consumo da parte dei cittadini italiani, uno dei quali è il forte cambiamento nel rapporto con il prezzo. È cosa nota che da anni in molti settori merceologici sono presenti proposte low price a cui il consumatore associa una qualità assolutamente accettabile, se non persino comparabile, con quella delle proposte di prezzo superiore. Da molti anni, infatti, la linearità del rapporto qualità-prezzo si è rotta nella mente dei consumatori, per cui non si può dichiarare “più spendi più ottieni” bensì si è passati a un più pragmatico
“meglio spendi più ottieni”.
Il cambiamento recente ha a che fare con il prezzo di quei prodotti che non nascono come low price ma che sono spesso stati proposti in forte sconto presso i canali di vendita ove sono disponibili (la grande distribuzione ne è un esempio, in particolare nel campo alimentare, ma questo discorso vale per moltissimi altri settori e canali): il consumatore è ormai più propenso a ritenere giusto, corretto, non il prezzo di partenza bensì quello in promozione; anzi, il “prezzo pieno” viene associato a concetti come esagerazione, furto ecc. Non sarà quindi facile convincere le famiglie italiane che il vero prezzo dei prodotti è quello standard e che le promozioni di prezzo sono in qualche modo eccezioni limitate in quantità, tipologia di prodotti, durata, ammontare del risparmio offerto.
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Non basta: se per decenni il rapporto tra la comunicazione commerciale e il consumatore è stato
basato sulla passività di quest’ultimo che riceveva – tramite vari canali e in varie modalità – informazioni positive sui prodotti e sui servizi veicolate in modo più o meno diretto dalle aziende, ora non è più così. Si è passati a una fase in cui non solo il consumatore è attivo esprimendo le proprie opinioni anche online (e quindi potenzialmente a una platea di uditori di immense dimensioni), ma è anche cercatore di informazioni scritte da altre persone con una caratteristica – spesso sottovalutata – che cambia completamente la relationship brand-consumer: molti utenti della rete cercano di capire tramite le altrui opinion online quali sono i punti di debolezza, i difetti, le negatività di un prodotto che stanno per acquistare e, grazie all’offerta estremamente ampia in quasi tutti i settori
merceologici, non hanno il problema di non trovare una soluzione ai loro desideri.
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Ma c’è qualcosa di ancor più profondo che si è modificato nella mente dei consumatori (sia chiaro,
stiamo parlando solo di una parte non maggioritaria e il fenomeno è in continua ma lenta evoluzione): si tratta del mettere in discussione le quantità acquistate e, in alcuni casi, la necessità stessa di effettuare gli acquisti. Un ottimo esempio è relativo agli acquisti alimentari che, come ha mostrato pochi mesi fa una ricerca (...), sono ora oggetto di attenzione maggiore per evitare gli sprechi ricorrendo a tecniche molto diverse che hanno un corrispondente assolutamente identico per altre categorie merceologiche: si va dall’acquistare di meno per evitare di dover eliminare prodotti scaduti al riutilizzare, anche in modo fantasioso, prodotti vicini alla scadenza per creare nuove ricette, dall’acquistare quantità minori (più adeguate alla dimensione del nucleo familiare e alle effettive esigenze) al cercare di conservare meglio (nel caso alimentare ad esempio surgelando)
i prodotti acquistati.
Non si tratta tuttavia solo di evitare sprechi, ma anche di dare nuova vita a prodotti non deperibili
che possono essere utilizzati per un periodo più esteso o anche da altre persone: un caso significativo
è rappresentato dal passaggio da neomamma a neomamma di prodotti (vestiario, carrozzina ecc.) estendendone il life cycle a due, tre o persino più volte rispetto all’utilizzo per un solo bebè.
La crisi ha portato con sé anche l’idea che alcuni prodotti (in particolare quelli di valore elevato, ma
in buona misura questo fenomeno si presenta anche nella fascia media e medio-bassa di spesa) possano essere utilizzati più a lungo: cambiare l’automobile attendendo ulteriori due anni, non inseguire l’ultimo modello di smartphone (ebbene sì, anche in un settore che sembra quasi immune dalla crisi alcuni comportamenti stanno cambiando), prestare maggiore attenzione agli elettrodomestici in modo da estenderne la vita utile.
Insomma, in attesa di un segno “+” di fronte ai dati relativi al consumo degli italiani, sappiamo che
le sfide che dobbiamo affrontare oggi e che ancor più ci vedranno impegnati domani, sono nate o
amplificate in questi anni di pessima congiuntura economica e non sono destinate a sparire quando
questa finirà.
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