martedì 31 gennaio 2017

Ecco gli italiani di LinkedIn

Il network lavorativo svela le nuove "buzzwords", le parole più usate dagli utenti negli ultimi dodici mesi. Una fotografia di come cambia il mondo dell'occupazione dal punto di vista del recruiting.

L'articolo è de: "la Repubblica".

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lunedì 30 gennaio 2017

Stipendi, ecco dove sono i più alti

"Il Corriere della  Sera" ci racconta in quali settori gli stipendi sono più alti.

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venerdì 27 gennaio 2017

Rispetto, fiducia e resilienza

Ho trovato questo estratto di una lettera inviata a "Italia Oggi" e mi è sembrata interessante la risposta data dalla testata.
Eccoli.

Non ho mai guidato una squadra di 20 persone, abituato a gestire solo piccoli gruppi: come comportarsi per essere un buon leader?

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Al fine di risultare efficaci alla guida di un gruppo di lavoro, una caratteristica chiave consisterà nel guardare alle sfide e agli ostacoli in termini di occasioni per migliorare le proprie prestazioni e per accrescere l'impegno nelle attività svolte.
Un nemico della creatività e della capacità di problem solving, infatti, è proprio la tensione psicologica che, se portata agli estremi, impedirà di concentrasi e di riflettere sul da farsi.

Il leader dovrebbe mostrare ai propri collaboratori un'incrollabile fiducia nella possibilità di risolvere i problemi, indipendentemente dalla loro natura, andando alla ricerca del motivo che li ha fatti insorgere e anche sapendo chiedere aiuto al momento opportuno.

(...)

L'essere convinti delle proprie idee, pur nel rispetto di punti di vista alternativi sarà una dote preziosa se si desideri stare alla guida di una moderna organizzazione: il coraggio e la capacità decisionale, anche dinnanzi agli imprevisti, infatti, saranno fondamentali laddove si debba agire rapidamente e adattarsi a contesti mutevoli.

Il rispetto dei ruoli e la giusta autorevolezza nell'assegnarli e definirli saranno caratteristiche altrettanto importanti: ogni membro della squadra potrà, in tal modo, riconoscere il proprio contributo e collocarlo in un percorso comune.
Infine, un buon leader dovrà saper trasmettere un messaggio di "convinzione" e resilienza, anche di fronte a possibili arresti.

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giovedì 26 gennaio 2017

Temporary manager per guidare le PMI

(Fonte: "Italia Oggi")

Cresce il ricorso a professionisti "a tempo" per accompagnare lo sviluppo dell'azienda.

Nel mercato delle PMI sta emergendo sempre di più la figura del temporary manager, il manager a tempo, chiamato dall'imprenditore per risolvere problematiche specifiche o per sviluppare nuovi progetti aziendali.

Una nuova opportunità generata certamente dai grandi cambiamenti causati dalla crisi, ma soprattutto dalla necessità per le PMI di reinventarsi e di modificare un'impostazione troppo rigida e tradizionale di azienda, non più competitiva, muovendosi verso un modello di industria 4.0

(...)

Il temporary manager è un professionista competente, specializzato (...) in grado di affiancare le PMI nel processo di realizzazione del 4.0
Un professionsita dotato di competenze trasversali ed in grado di supportare le aziende grazie all'esperienza , all'azione in tempi rapidi e più efficaci possibili, per risolvere problemi di cui l'azienda soffre.

(...)

Proprio il termine "temporary" individua un periodo di lavoro a tempo (da sei a diciotto mesi di media) durante il quale il manager può affiancare e coordinare il lavoro di uno o più manager aziendali svolgendo alcune operazioni divenute necessarie per rendere l'impresa più competitiva o nelle fasi più delicate della vita aziendale. (...)

Uno dei temporary più richiesti riguarda i manager che aiutano le imprese nel processo di export e di internazionalizzazione e in quel processo di digital transformation ormai sempre più centrale per le PMI.

(...)

Una professione, quindi, quella del temporary manager, che sta cominciando a vedere una crescita reale e sempre più significativa e che si sta facendo strada nelle PMI che hanno cominciato a comprendere che, per stare sul mercato oggi, è necessario avere figure che abbiano competenze sempre più elevate e le sappiano trasferire, in un determinato arco di tempo, ai manager inseriti in azienda in pianta stabile.

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mercoledì 25 gennaio 2017

Avere il capo per amico (su Facebook)

Il vostro capo vi chiede l'amicizia su Facebook? "Il Corriere della Sera" vi spiega come comportarsi.

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martedì 24 gennaio 2017

Cambiare cultura. Da dove partire?

Se si vuole impostare una nuova cultura all'interno di un'organizzazione, occorre dotarsi di metodo e pazienza perché le persone, da sole, non cambiano e bisogna imparare a condurle con successo verso il cambiamento che si auspica.

Tra l'altro, il vero cambiamento è quello che - alla fine - ha un effetto benefico per il cliente e, cioè, quello che si traduce in un modo diverso di lavorare, capace di fornire valore aggiunto in tutti gli step del processo.

Ogni organizzazione sa come operare il cambiamento migliore per soddisfare le esigenze che ha. C'è chi, ad esempio, potrebbe aver bisogno di riorganizzare in maniera estremamente pratica il lavoro e, allora, potrebbe procedere verificando che:

  • attrezzature, strumenti, software e - in generale - dispositivi necessari per lavorare funzionino come previsto e siano disponibili presso la postazione di lavoro o nelle sue immediate vicinanze;
  • materiali e informazioni necessari come input per i processi siano disponibili nella quantità, nel formato e secondo la qualità necessari;
  • i lavoratori abbiano le competenze necessarie per completare al meglio le attività che sono state loro affidate;
  • i risultati siano quelli attesi dai clienti e da tutte le altre parti interessate;
  • siano stabilite le giuste priorità per gestire al meglio lavoro e singole esigenze
Questo - ovviamente - è solamente un piccolissimo esempio dato che il cambiamento può essere ad ampio spettro e interessare ogni parte dell'organizzazione.
Partire, però, concentrandosi sui processi di lavoro specifici offre la possibilità di avere un ritorno immediato da parte del cliente che può vedere subito dei miglioramenti concreti. 


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lunedì 23 gennaio 2017

Sviluppare una strategia

Ogni organizzazione ha (o dovrebbe avere) una sorta di strategia complessiva che sta alla base di come intenda trasformare un'opportunità di mercato (o un altro input, a seconda del settore in cui opera) in valore per se stessa e per tutte le altre parti interessate. 
A volte queste strategie sono abbastanza complete e rigide mentre altre volte l'ambiente in cui si lavora richiede che rimangano flessibili e, di conseguenza, più vaghe. 

Tuttavia, queste strategie raramente hanno un significato reale presso i livelli organizzativi che non siano la Direzione e il management. 
Se chi svolge il lavoro più operativo non comprende chiaramente e non riesce a tradurre in azioni e in compiti specifici ciò a cui mirano i piani alti dell'organizzaizone, si creano enormi problemi.

Quando all'interno di un'organizzazione c'è una mancanza di allineamento tra la vision della Direzione e l'operatività dei collaboratori, vediamo che si possono riscontrare alcune problematiche quali:

  1. la mancanza di un vocabolario comune;
  2. l'apparente conflitto tra i diversi programmi di crescita, sviluppo e miglioramento;
  3. la difficoltà a fissare le priorità;
  4. la confusione tra strumenti e risultati;
  5. la sindrome da "strumento del mese" con il conseguente innamoramento e rapido abbandono delle metodologie scelte per migliorare
Garantire l'allineamento operativo con la strategia è essenziale per assicurare il successo di un'organizzazione nel lungo periodo. Senza di esso, tutti gli sforzi sarebbero fatica sprecata perché non avrebbero un obiettivo comune. Si otterrebbe solamente uno spreco di risorse, tanta frustrazione e una perdita di credibilità da parte dell'azienda.  

Ogni processo del Sistema Qualità deve essere sviluppato per calare la strategia decisa dal top management fino alla base dell'organizzazione. 
Per questo motivo tutti i livelli dell'organizzazione dovrebbero:
  • formulare, a loro volta, strategie e obiettivi di gruppo per diventare strumento utile al raggiungimento dei macro obiettivi aziendali;
  • assicurarsi di soddisfare le aspettative della Direzione per tutta quella parte di sistema per la quale sono responsabili

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venerdì 20 gennaio 2017

L'attenzione al cliente


Un'organizzazione esiste per trasformare quello che fa in prodotti, servizi, vantaggi per i suoi clienti/utenti.

Le organizzazioni migliori sono quelle che, svolgendo questo lavoro primario, forniscono ai propri dipendenti un ambiente di lavoro interessante che permette di crescere professionalmente e che fanno di tutto per essere di supporto alla comunità nella quale operano. 

Detto questo, però, la base stessa di qualsiasi realtà è quella di fornire prodotti e servizi di valore.

Senza questa attenzione al cliente, i benefici e il supporto dati agli altri soggetti interessati non potrebbero nemmeno esserci.  


Siamo tutti d'accordo su questa affermazione?
Bene. 

Il punto fermo dal quale partire, quindi,  non c'è alcun dubbio che debba essere capire chi siano i clienti e quali siano le loro aspettative perché, come sappiamo, la Qualità si basa sulla soddisfazione delle necessità della clientela o, meglio ancora, sull'oltrepassare il soddisfacimento delle semplici necessità per arrivare a "deliziarla". 

Concentrarsi sul cliente porta, nella maggioranza dei casi, alla sua fidelizzazione ma, per raggiungere questo obiettivo, non basta fornire prodotti o servizi di qualità.
Il cliente vuole un "valore" totale del suo rapporto con la nostra organizzazione e deve percepirsi come centrale in ogni aspetto del funzionamento della nostra società.

Per riuscire in questo intento, è fondamentale che ogni persona che lavora all'interno dell'organizzazione conosca e metta ben a fuoco l'impatto positivo o negativo che può avere sulla soddisfazione del cliente finale.


 Pertanto, è imperativo allineare il lavoro dell'intera organizzazione attorno a questi obiettivi:
  • soddisfare o superare le aspettative dei clienti in tutto quello che si fa;
  • concentrarsi tutti insieme alla ricerca di ciò che il cliente vuole davvero, che lo espliciti o meno;
  • percepire l'organizzazione come una "catena del servizio" focalizzata sul cliente che non si deve mai interrompere;
  • misurare il proprio successo in base al valore percepito dal cliente e a indicatori facili da calcolare come la fidelizzazione, la quota di mercato conquistata, i margini assicurati, ecc.
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giovedì 19 gennaio 2017

Un'organizzazione agile (2)


Con la transizione al ventunesimo secolo, abbiamo visto cambiamenti radicali che hanno rinnovato molti aspetti del modo di fare business, tra cui il nostro modo di produrre beni eservizi. Con l'avvento di Internet e della comunicazione ad alta velocità, ad esempio, il mercatoè diventato veramente globale e frammentato. I clienti hanno incominciato a richiedere quantità minori di prodotto personalizzato rapidamente e la produzione tradizionale - con l'approccio a lotti, le ampie scorte e uno stile manageriale statico - in molti settori ha iniziato ad andare in crisi.

Se negli anni '80 e '90 abbiamo appreso le tecniche della produzione snella, come abbattere i tempi di un ciclo produttivo e come contenere i costi, se abbiamo introdotto strumenti come il just-in-time (JIT) e le tecniche per un attrezzaggio rapido, dedicandoci anche al miglioramento continuo, tutto questo non è bastato perché le richieste dei clienti si sono fatte ancora più pressanti nell'ottica di una flessibilità più grande che prevede tempi di consegna ancora più brevi e più varietà nel parco deiprodotti e dei servizi.  


Del resto, tutte le metodologie e gli strumenti che abbiamo nominato sono perfetti per affrontare nel modo giusto le cose che siamo in grado di controllare ma adattarsi rapidamente ai cambiamenti ci dà la possibilità di affrontare anche le cose che non possono essere sotto controllo.  
Essere agili, infatti,  significa non solo accogliere il cambiamento ma anche assaporare le opportunità insite in un ambiente turbolento e in continuo mutamento. 
La produzione di massa in molti campi è già moribonda e la spinta verso una personalizzazione sempre più accurata richiede che ogni cliente venga trattato come un individuo e non come un numero. 
Funzionano le relazioni commerciali basate sui rapporti tra persone perché, sempre più spesso, una società vende la propria capacità di soddisfare le necessità dei clienti utilizzando le informazioni in suo possesso e le competenze delle persone che lavorano per lei.  

Ecco, dunque, che le nuove tecnologie capaci di trasmettersi sempre più informazioni e un elevato livello di istruzione che porta ad avere una forza lavoro ben qualificata diventano la vera base per una crescita mirata di qualsiasi realtà. 





Le aziende che domani avranno ancora un futuro sono quelle che oggi investono in ore di formazione ogni anno, che puntano ad avere personale altamente qualificato e che collaborano con le altre aziende della catena di fornitura (e a volte anche con un concorrente) per riuscire a soddisfare il bisogno di un cliente. 
Tutti i cambiamenti che abbiamo visto si svolgono molto velocemente in alcuni settori e più lentamente in altri ma è certo che, prima o poi, metteranno in serio dubbio la sopravvivenza stessa di quelle organizzazioni che non hanno saputo cambiare.  
Tuttavia, l'agilità e la capacità di cambiare devono poggiare su una solida base costituita da tutti i metodi e gli strumenti che, negli anni, avete imparato a conoscere così bene anche grazie alle pagine di QualitiAmo uniti a una flessibilità fisica, tecnologica, gestionale e culturale abbastanza spiccata da riuscire a capitalizzare rapidamente anche i cambiamenti imprevedibili.

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mercoledì 18 gennaio 2017

Un'organizzazione agile


Un'organizzazione agile è abile a riorganizzare rapidamente le persone, la gestione, le sue  strutture fisiche e la filosofia che sta alla base del suo sviluppo ogni volta che ce ne sia un effettivo bisogno. Ovviamente questo potrà sfociare nella produzione di prodotti altamente personalizzati, nell'erogazione di servizi pensati per soddisfare un nuovo cliente, nell'esplorazione di un nuovo mercato e in tanti altri aspetti caratteristici delle imprese che sanno non solo adattarsi all'ambiente in cui operano ma anche prevederne per tempo i cambiamenti al fine di cavalcarli.  

Essere agili nel cambiare è la risposta strategica che serve per sopravvivere nelle odierne condizioni di certi mercati.   

Una società che sa essere agile:

• è abile nel cercare nuovi mercati di nicchia all'interno di quelli di massa;• compete sulla base del valore percepito dal cliente;• produce in base alle richieste del mercato;• progetta soluzioni in modo interattivo con i suoi clienti;• si organizza per rispondere rapidamente a qualsiasi cambiamento;

• viene gestita per mezzo della leadership, della motivazione, di un supporto costante e della fiducia;utilizza team pensati apposta per affrontare le singole problematiche;• cerca attivamente partnership con altre società come scelta strategica;• viene parecchio imitata dai concorrenti... ;) 
Qualcuno potrebbe chiedersi, però, se alle organizzazioni di oggi serva essere davvero così capaci di cambiare in fretta. 
Lo vedremo domani.

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martedì 17 gennaio 2017

Parliamo di SBU

Gli Autonomous Business Teams o Small Business Unit (SBU) sono, nella loro forma più semplice, un gruppo di persone (tra 5 e 20) che lavora sotto forma di squadra per identificare e implementare miglioramenti al proprio modo di lavorare.

Condividono obiettivi comuni e sono il modo più efficace per ottenere miglioramenti all'interno di un'area circoscritta.

Perché funzionino bene, occorre che:
  1. ogni persona sviluppi senso di appartenenza al gruppo;
  2. il team sia autonomo e possa prendere da solo le proprie decisioni;
  3. ognuno sia incoraggiato a partecipare;
  4. si sappia dare priorità agli argomenti da affrontare;
  5. ci sia un approccio orientato ai risultati;
  6. vengano assegnate le singole responsabilità ad ogni azione da compiere;
  7. i successi raggiunti dal gruppo vengano riconosciuti e premiati

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lunedì 16 gennaio 2017

Quali domande porsi prima di scegliere la soluzione a un problema? - 2

Per scegliere una valida soluzione a un problema, le domande classiche che bisognerebbe farsi sono:
  1. La soluzione scelta soddisfa le esigenze dei clienti?
  2. E' allineata con la nostra strategia di business, con la mission e con i valori aziendali?
  3. Nell'immediato, quale sarà l'impatto della sua applicazione sul business?
  4. Qual è il potenziale impatto che la soluzione potrà avere in futuro?
  5. Quali benefici tangibili e intangibili porta la soluzione?
  6. La soluzione ha un impatto diretto su uno dei KPI (Key Performance Indicators - Indicatori chiave di performance)?
  7. Quanto tempo ci vorrà per implementare soluzione?
  8. Qual è l'urgenza di implementare questa soluzione?
  9. Quali investimenti e risorse sono necessari?
  10. C'è una  soluzione a costo più basso?
  11. Qual è il payback (in anni) di questo investimento?
  12. Quale autorità può approvare la soluzione?
  13.  La soluzione è molto complessa da mettere in opera?
E 'ovvio che alcune di queste domande potrebbero non essere applicabili ad ogni tipo di soluzione che si sta valutando e la lista dovrebbe, quindi, essere utilizzata come linea guida generica.
Armati di questa matrice, selezionate la soluzione che appare migliore, almeno sulla carta, mettetela alla prova e misurate, misurate, misurate!


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venerdì 13 gennaio 2017

Quali domande porsi prima di scegliere la soluzione a un problema?

Ogni miglioramento, solitamente, prevede una soluzione ad un problema. Tuttavia scegliere la migliore soluzione non è così semplice e bisognerebbe passare attarverso i canonici sei step:
Fase 1. Definizione del problema
Fase 2. Definizione del risultato desiderato
Fase 3. Generare idee e soluzioni
Fase 4. Scegliere la soluzione che appare essere la migliore e implementarla
Fase 5. Misurare l'impatto della soluzione adottata
Fase 6. Riesaminare la soluzione per mettere a posto ciò che non ha funzionato e ottimizzarla


La fase 4 è il passaggio più delicato, quello che determinerà se tutti gli sforzi messi in atto porteranno alcun frutto. Ma come si fa a scegliere la soluzione più adatta ad essere implementata, a testarla e a misurarne l'impatto quando si parte da un insieme di idee magari frutto di un brainstorming?
La maggior parte delle tecniche di selezione ruota attorno a una griglia di priorità.  


Nella sua forma più semplice, la griglia priorità può essere rappresentato da una semplicissima  griglia "Pain" (inteso come "sforzo" per ottenere qualcosa) contrapposto a "Gain" ("guadagno", inteso come miglioramento) dove le soluzioni proposte per ottenere un miglioramento sono posizionate su questo grafico a due assi, uno che mostra la scala dello sforzo da applicare (da facile a difficile da implementare) e uno che mostra i benefici che si possono ottenere.  

Ovviamente, il primo quadrante nel quale andare a pescare eventuali soluzioni è quello con un "pain" (sforzo) basso e un "gain" (guadagno, miglioramento) alto. Ci sono tuttavia, molte di più considerazioni che dovrebbero essere fatte nell'operare una scelta tra le soluzioni da implementare e domani vedremo quali domande chiave porsi prima di decidere.  

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giovedì 12 gennaio 2017

Il 70% degli italiani è analfabeta funzionale

"La Stampa" ci parla della grandissima piaga italiana degli analfabeti funzionali.
Per me sono stati dati assolutamente scioccanti. E per voi?

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mercoledì 11 gennaio 2017

17 cose da fare se ci licenziano

Business Insider Italia prova a spiegarci come affrontare un momento particolarmente diffcile: cosa fare in caso di licenziamento e cosa NON fare?

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martedì 10 gennaio 2017

Il lavoro è un sogno per milioni di italiani

La fotografia dell'istituto di statistica ci offre uno spaccato sull'Italia che lavora.
L'articolo è de: "Il Sole 24 Ore".

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lunedì 9 gennaio 2017

Non è un Paese per giovani

Calano gli occupati sotto i 35 anni. Ce ne parla "La Stampa".

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giovedì 5 gennaio 2017

Così sta cambiando il lavoro

Repubblica ci spiega come sta cambiando il mondo del lavoro.
Vi riportiamo anche un pezzo de "Il Corriere della Sera" sullo stesso argomento.

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mercoledì 4 gennaio 2017

Il futuro è nei servizi

L'ascesa del nuovo terziario e degli autoimprenditori. Ce ne parla "Il Corriere della Sera".

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martedì 3 gennaio 2017

Licenziamento legittimo per aumentare il profitto

Una sentenza della Cassazione che potrebbe interessare qualcuno. Ce ne parlano Repubblica, Il Corriere della Sera e Il Tempo.

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lunedì 2 gennaio 2017

Alcuni trucchi per evitare di procrastinare

Chi è abituato a procrastinare e ha provato qualche volta a leggere cosa bisognerebbe fare per evitarlo, sa che spesso i consigli che si trovano sono stati scritti da chi non sa nemmeno cosa voglia dire rimandare qualcosa che deve essere fatto e che, dunque, non è affatto facile seguirli se non si ha quel tipo di predisposizione.  

Abbiamo quindi provato a raccogliere tre strategie reali che sembrano funzionare davvero, almeno a detta di chi le ha messe in pratica!

AGITE SULLE DIMENSIONI

Avete presente quando aprite una scatola di cioccolatini all'apperenza piccoli e per niente pericolosi e pensate che non succederà proprio niente se ne mangerete uno o al massimo due e poi, un quarto d'ora dopo, vi ritrovate con una decina di confezioni vuote sparse per tutto il divano e vi chiedete come sia potuto succedere? Ecco, allora avete capito di cosa stiamo parlando.

Ben pochi riescono a smettere di mangiare qualcosa di buono se è così piccolo perché si pensa che un dolcetto in più non faccia la differenza.
In realtà, questo è un trucco che potete sfruttare a vostro favore se vi soffermate per un attimo sulla lezione che vi viene offerta: più piccolo è, più facile sarà "mangiarlo".

Se, dunque, proprio non vi va di affrontare un compito che dovete svolgere perché vi sembra davvero enorme da portare a termine, provate a suddividerlo in "tanti piccoli cioccolatini". Questo significa, ad esempio, scrivere solamente un paragrafo quella noiosissima relazione che dovete preparare o concentrarsi solo per dieci minuti all'ora su un'attività noiosissima. Alla fine della giornata, ci avrete lavorato sopra per ben ottanta minuti il che non è affatto male!



CORROMPETEVI

Un altro modo infallibile per costringervi a fare qualcosa è quello di promettervi una ricompensa quando avrete terminato di svolgere il vostro compito.

Funziona! Se state veramente lottando per ottenere da voi stessi un risultato, promettevi di concedervi qualcosa di bello una volta che avrete terminato. Potrebbe essere una bella cena fuori, una corsetta per rilassarvi, un'oretta dedicata al vostro libro preferito o un bel film da vedere in compagnia.

Provate. Non solo riuscirete a fare un sacco di cose in più, ma avrete anche una buona scusa per concedervi un po' di sano relax e di divertimento che non fa mai male.


RENDETE LE COSE DA FARE PIU' PIACEVOLI 

"Rendere più piacevole qualcosa che si deve fare" significa cambiare il modo di svolgere un'attività per rendere il compito un po' più tollerabile.Se - ad esempio - odiate stilare un verbale di riunione, provate a farlo sorseggiando un buon caffé e, magari, accendendo una candela profumata che renda il vostro ufficio un ambiente un po' più sereno.

Se il posto di lavoro e il clima lo consentono, sedetevi fuori all'aria aperta per rispondere all'e-mail di un cliente un po' difficile oppure portatevi un biscottino da casa da sgranocchiare con piacere mentre metterete in ordine quelle carte che da troppo tempo rendono la vostra scrivania un posto davvero disordinato.Abbiamo tutti bisogno di un po' di divertimento e di piacere nella nostra vita, quindi perché non mescolare lavoro e piacere per aiutarvi a svolgere i compiti più ostici?


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