(Fonte: "Il Corriere della Sera")
Nessun capo. Nessun sottoposto. Nessun ordine dall’alto .Utopia? Non proprio.
L’azienda senza (o quasi) manager esiste già. All’estero i nomi sono vari: si va dalla californiana Morning Star, nel mondo della lavorazione dei pomodori, all’olandese Buurtzorg, che invece si occupa di servizi e assistenza domiciliare; dalla britannica Matt Black Systems, specializzata nella
produzione di interfacce uomo-macchina per l’industria aereonautica e areospaziale alla francese Favi, una fonderia. Realtà dei settori più disparati edalle dimensioni molto diverse tra loro, ma che
hanno un minimo comune denominatore: sono impostate su team autonomi, paritari e responsabilizzati (e con buoni risultati). Una caratteristica che, a quanto pare, si sta diffondendo. Di sicuro, secondo un’indagine di Boston Research Group, le aziende che seguono il principio della
self-governance sono più che raddoppiate tra il 2012 e il 2016.
L’Italia non sta a guardare e anche da noi c’è già chi percorre questa strada. Per esempio Tmc, filiale di una multinazionale olandese che offre servizi di consulenza tecnologica: nel nostro Paese ha un organico di16 persone, tutti ingegneri, tutti assunti a tempo indeterminato. E tutti manager di se stessi: la società li definisce «employeneurs» (unione tra employee e entrepreneur), ciascuno di loro è un mix tra un dipendente e un imprenditore completamente autonomo nelle proprie decisioni con accesso a tutte le informazioni, conti dell’azienda compresi, la trasparenza è totale. E anche la
responsabilità è condivisa: “Ognuno è responsabile del proprio profit & loss” sottolinea il ceo Antonio Abadessa che, come tiene a precisare, lavora sul campo, dai clienti, come gli altri.
Di certo il tempo della gerarchia non è finito. Ma qualcosa sta cambiando. Non a caso, secondo un’indagine commissionata dalla specialista di consulenza e sviluppo organizzativo Asterys, su ottocento lavoratori (tra leader, manager e impiegati) di Paesi diversi, il nostro compreso, meno della metà immagina che l’azienda del futuro sarà fondata sulla piramide. «C’è molto interesse su questo tema» spiega Stefano Petti, partner della società, che negli scorsi giorni ha lanciato proprio un modello organizzativo (già «in funzione» sui suoi 30 collaboratori in Italia) senza supervisori e senza manager. Si chiama Aequacy. «Supportiamo le aziende che vogliono fare una transizione dalla
struttura gerarchica a una organizzata su network di team autonomi e coordinati tra loro —spiega Petti. —E’un passaggio che, dal nostro punto di vista, favorisce l’innovazione, la collaborazione e
la performance».
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
Nessun capo. Nessun sottoposto. Nessun ordine dall’alto .Utopia? Non proprio.
L’azienda senza (o quasi) manager esiste già. All’estero i nomi sono vari: si va dalla californiana Morning Star, nel mondo della lavorazione dei pomodori, all’olandese Buurtzorg, che invece si occupa di servizi e assistenza domiciliare; dalla britannica Matt Black Systems, specializzata nella
produzione di interfacce uomo-macchina per l’industria aereonautica e areospaziale alla francese Favi, una fonderia. Realtà dei settori più disparati edalle dimensioni molto diverse tra loro, ma che
hanno un minimo comune denominatore: sono impostate su team autonomi, paritari e responsabilizzati (e con buoni risultati). Una caratteristica che, a quanto pare, si sta diffondendo. Di sicuro, secondo un’indagine di Boston Research Group, le aziende che seguono il principio della
self-governance sono più che raddoppiate tra il 2012 e il 2016.
L’Italia non sta a guardare e anche da noi c’è già chi percorre questa strada. Per esempio Tmc, filiale di una multinazionale olandese che offre servizi di consulenza tecnologica: nel nostro Paese ha un organico di16 persone, tutti ingegneri, tutti assunti a tempo indeterminato. E tutti manager di se stessi: la società li definisce «employeneurs» (unione tra employee e entrepreneur), ciascuno di loro è un mix tra un dipendente e un imprenditore completamente autonomo nelle proprie decisioni con accesso a tutte le informazioni, conti dell’azienda compresi, la trasparenza è totale. E anche la
responsabilità è condivisa: “Ognuno è responsabile del proprio profit & loss” sottolinea il ceo Antonio Abadessa che, come tiene a precisare, lavora sul campo, dai clienti, come gli altri.
Di certo il tempo della gerarchia non è finito. Ma qualcosa sta cambiando. Non a caso, secondo un’indagine commissionata dalla specialista di consulenza e sviluppo organizzativo Asterys, su ottocento lavoratori (tra leader, manager e impiegati) di Paesi diversi, il nostro compreso, meno della metà immagina che l’azienda del futuro sarà fondata sulla piramide. «C’è molto interesse su questo tema» spiega Stefano Petti, partner della società, che negli scorsi giorni ha lanciato proprio un modello organizzativo (già «in funzione» sui suoi 30 collaboratori in Italia) senza supervisori e senza manager. Si chiama Aequacy. «Supportiamo le aziende che vogliono fare una transizione dalla
struttura gerarchica a una organizzata su network di team autonomi e coordinati tra loro —spiega Petti. —E’un passaggio che, dal nostro punto di vista, favorisce l’innovazione, la collaborazione e
la performance».
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