Anche se proprio così nuova non è, eccovi un articolo sull'arte dello storytelling.
(Fonte: "Affari&Finanza")
C'è una parola abusata nella comunicazione e nell'informazione contemporanea: storytelling.
Da slang per nerd, questo termine è oggi diventato di dominio pubblico, una sorta di mantra collettivo che (...) tutti continuano a ripetere senza comprenderne fino in fondo il significato.
(...)
Storytelleing, innanzitutto, è la capacità di raccontare una storia, o meglio, la propria storia in un modo personale, diverso dagli altri, molto partecipativo e soprattutto con un punto di vista preciso.
Nell'era di internet e dei social media tutti, non solo i brand, sono chiamati a essere storyteller e a diventare editori di se stessi, ragionando con le categorie di un giornale.
In secondo luogo, lo storytelling non può essere lineare come invece erano le notizie e le informaizoni di ieri: deve nascere tridimensionale e quindi adatto ad essere spezzettato in tante versioni, in tanti format a seconda dei canali che intraprenderà.
In un certo senso, il suo contenuto e la sua forma devono essere dettati proprio dai nuovi format e poi ricondotti a quelli consolidati: per questo sarebbe meglio pensare una storia partendo dalle dinamiche di Instagramm e di Snapchat per poi risalire a quelle di un articolo tradizionale piuttosto che il contrario.
Infine, oltre all'importantissima creatività, uno storytelling di successo si nutre di numeri, di dati.
Chi oggi non è in grado di leggere gli andamenti di Google Analytics, chi non ha a disposizione un ottimo CRM (sistema di gestione delle relazioni con i clienti) e chi ancora non conosce i comportamenti e le relazioni dei propri lettori, non può essere in grado di raccontare una storia interessante o rilevante.
E non importa che si parli di carta stampata o di internet; fanno parte dello stesso flusso e vanno nella stessa direzione.
(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)
(Fonte: "Affari&Finanza")
C'è una parola abusata nella comunicazione e nell'informazione contemporanea: storytelling.
Da slang per nerd, questo termine è oggi diventato di dominio pubblico, una sorta di mantra collettivo che (...) tutti continuano a ripetere senza comprenderne fino in fondo il significato.
(...)
Storytelleing, innanzitutto, è la capacità di raccontare una storia, o meglio, la propria storia in un modo personale, diverso dagli altri, molto partecipativo e soprattutto con un punto di vista preciso.
Nell'era di internet e dei social media tutti, non solo i brand, sono chiamati a essere storyteller e a diventare editori di se stessi, ragionando con le categorie di un giornale.
In secondo luogo, lo storytelling non può essere lineare come invece erano le notizie e le informaizoni di ieri: deve nascere tridimensionale e quindi adatto ad essere spezzettato in tante versioni, in tanti format a seconda dei canali che intraprenderà.
In un certo senso, il suo contenuto e la sua forma devono essere dettati proprio dai nuovi format e poi ricondotti a quelli consolidati: per questo sarebbe meglio pensare una storia partendo dalle dinamiche di Instagramm e di Snapchat per poi risalire a quelle di un articolo tradizionale piuttosto che il contrario.
Infine, oltre all'importantissima creatività, uno storytelling di successo si nutre di numeri, di dati.
Chi oggi non è in grado di leggere gli andamenti di Google Analytics, chi non ha a disposizione un ottimo CRM (sistema di gestione delle relazioni con i clienti) e chi ancora non conosce i comportamenti e le relazioni dei propri lettori, non può essere in grado di raccontare una storia interessante o rilevante.
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