giovedì 24 febbraio 2011

Promozioni a caso?

Sull'ultimo numero di Business People ho letto che c’è una teoria manageriale secondo la quale se in azienda si promuove senza motivo i risultati migliorano. E ha anche vinto un premio!
Ecco come funziona e chi l’ha già sperimentata con successo.

Tre giovani ricercatori dell’Università di Catania con questa teoria si sono aggiudicati il premio Ig-Nobel, la parodia seria del Nobel, un riconoscimento ricevuto nel settembre scorso all’Università di Harvard davanti a una giuria di scienziati di fama internazionale pronti a incoronare ricerche che prima fanno ridere e poi fanno pensare.

In effetti, non appena si legge il titolo dello studio dei tre giovani, la risata scappa inevitabilmente: “Come migliorare i risultati di un’azienda? Distribuendo promozioni assolutamente a caso, anziché per merito, competenze e conoscenze”.

Dopo la risata, la sentenza: “E’ impossibile”.

Eppure loro sostengono il contrario, citando aziende che hanno messo in pratica la loro tesi e docenti universitari che la insegnano.

Una ricerca tesa a dimostrare l’efficacia del caso nelle aziende, non poteva che iniziare per caso e cioè leggendo una ristampa del saggio di Laurence Peter (psicologo canadese) del 1969 che spiega che: “un qualsiasi membro di un’organizzazione gerarchica scalerà la gerarchia fino a raggiungere un livello in cui la sua competenza è minima”.
Questo singolare effetto perverso nasce dal fatto che quando si è promossi spesso si cambia tipologia di mansioni, mansioni rispetto alle quali non sempre il neopromosso mantiene la competenza che aveva al livello precedente. 
Dunque costui scalerà la gerarchia finché continuerà ad essere competente anche ai livelli successivi, ma si fermerà quando avrà raggiunto un livello in cui la sua competenza sarà così bassa da non consentirgli di aspirare ad ulteriori promozioni.

Il concetto è semplice: se si sposta qualcuno perché se lo merita, significa che sta facendo bene il suo lavoro, cosa che non è affatto detto possa continuare a fare nel nuovo posto assegnatogli con la promozione. In più, chi prenderà il posto del dipendente premiato sarà sicuramente meno bravo di lui in quella mansione. Morale della favola? L’efficienza complessiva dell’organizzazione ne risentirà in maniera negativa.

A questo punto la domanda sorge spontanea: perché il metodo “a caso” dovrebbe essere più efficace di quello per merito? Semplice, rispondono i nostri tre ricercatori: se invece di spostare di livello il membro più competente lo si lascia al proprio posto, magari incentivandolo in altro modo (ad esempio con un aumento di stipendio) e si promuove al livello successivo un membro a caso (meno competente del primo al vecchio livello ma con le stesse chance del suo collega di essere competente al nuovo livello), si guadagna su due fronti giustificando così l’incremento complessivo di efficienza dell’organizzazione.

La tesi, nell’Italia della meritocrazia a parole e delle parentele ed amicizie nei fatti, è stata accolta con scetticismo e diffidenza mentre ha avuto una grossa eco nel mondo anglosassone.
Voi cosa ne pensate?

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