mercoledì 29 febbraio 2012

Aumentare la creatività!

Cosa fare quando si vuole aggiungere una punta di creatività al lavoro di un gruppo di persone? Non ci crederete mai ma bisogna aumentare il conformismo!

Eccovi la tesi, così come viene enunciata sull'ultimo numero di "Harvard Business Reviev" (versione inglese):

"Quando si costituisce un team che dovrà lavorare su progetti innovativi, si dà per scontato che, al suo interno, occorrano persone creative. Questo è assolutamente vero ma gli innovatori, però, non bastano.

La nostra ricerca mostra che i gruppi formati da persone con diverse attitudini e predisposizioni raggiungono livelli di innovazione maggiori: la chiave sta tutta nel bilanciare queste diverse predisposizioni"

(...)

"I gruppi che hanno al loro interno tre tipologie di persone: 
- quelle estremamente creative
- quelle orientate ai dettagli
- quelle estremamente conformiste
rendono al meglio. I conformisti devono essere presenti in un buon numero perché sono in grado di aumentare nettamente le performance dei creativi"

(...)

"Ecco perché aziende quali Intel o Toyota hanno iniziato a porre nei loro team di creativi professionisti quali i Quality manager portati a cogliere i dettagli e persone estremamente tradizionaliste. 
La cosa importante, naturalmente, è trovare il giusto equilibrio perché un gruppo troppo attento ai dettagli e troppo conformista tenderà a sopprimere la creatività dei pochi innovatori. 

L'equilibrio ideale sembra sia:


- dal 10 al 20 % di conformisti
- 10% di persone orientate al dettaglio
- dal 70 all'80% di creativi"

Cosa ne pensate, carissimi colleghi orientati ai dettagli?

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martedì 28 febbraio 2012

Un collega sgradevole può aumentare lo stress altrui

Su QualitiAmo abbiamo già affrontato il discorso della gestione di persone difficili in ambito lavorativo, consci che una persona sgradevole possa dare un grande contributo all'aumento dello stress di coloro che vi lavorano insieme.

Anche la rivista "Scientific American Mind" ha affrontato l'argomento. Eccovi alcuni stralci dell'articolo:

"Se pensate che un collaboratore sgradevole stia creando problemi solo a voi, fermatevi un attimo a riflettere. La sua maleducazione, infatti, potrebbe avere un effetto a catena su tutti coloro che, sfortunatamente, si trovino a condividere con lui l'ambiente di lavoro.  

Uno studio recente pubblicato sul Journal of Organizational Behavior, infatti,  ha stabilito che lavorare con colleghi sgradevoli può generare uno stress  enorme, estendendo il disagio anche all'esterno dell'ambiente lavorativo perché si ripercuote anche sui familiari.

(...)


Essere trattati sgarbatamente da un collega può causare la perdita di autostima, ansia e depressione e arrivare a minare la felicità anche al di fuori del lavoro.
Per evitare di cadere in questa situazione, si suggerisce - almeno quando si è fuori dall'ambiente lavorativo - di concentrarsi esclusivamente sulla famiglia e sugli amici dedicando la piena
attenzione al lavoro
solamente quando si è in ufficio e cercando di non dare troppa importanza al collega sgradevole
".

In aggiunta, è importante comprendere perché una persona si comporti in modo sgradevole e correggere questo comportamento negativo al più presto, pena la perdita di serenità da parte di tutta la squadra.

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lunedì 27 febbraio 2012

Gestire un collaboratore brillante all'interno di un team (2)

Se - da una parte-  avere una persona brillante all'interno di una squadra può fornire valore aggiunto alla stessa, dall'altra - come abbiamo visto venerdì scorso - può crearsi una situazione difficile da gestire.

Vediamo, dunque, il secondo suggerimento dato dalla rivista "Business & Technologies" per sfruttare una situazione come questa a nostro vantaggio:


Fissare obiettivi più elevati


Sono essenzialmente due gli errori che un team manager può fare quando si trova in presenza di un collaboratore più brillante dei compagni di squadra:

1) alzare il livello di performance dell'intero gruppo
2) favorire ostentatamente il più bravo, suscitando le gelosie di tutti gli altri

Il modo migliore, invece, per lavorare in armonia permettendo a chi è brillante di non annoiarsi e a tutti gli altri di non sentirsi inadeguati è quello di valorizzare chi può fare di più e meglio, premiando la sua ambizione tramite obiettivi più elevati.
La persona brillante si sentirà valorizzata mentre gli altri non si vedranno messi da parte perché avranno comunque degli obiettivi da soddisfare, seppure meno ambiziosi.

Il tutto, ovviamente, andrà fatto con discrezione al fine di evitare gelosie e demotivazione della squadra.

Cosa ne pensate? Avete mai vissuto una situazione del genere?

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venerdì 24 febbraio 2012

Gestire un collaboratore brillante all'interno di un team

All'interno delle pratiche di team management e di team building una delle problematiche più ostiche da affrontare è quella della presenza di un collaboratore estremamente brillante che si trovi all'interno di un team che è meno rapido di lui nel cogliere suggerimenti e soluzioni.

L'argomento è stato trattato di recente dalla rivista "Business & Technologies" e ho deciso di riportarvi i suggerimenti che mi sono sembrati più interessanti per gestire una situazione difficile come questa:

L'importanza dei microprogetti

Se è vero che un collaboratore brillante è una risorsa preziosa all'interno di un team, è anche vero che gestirlo non è cosa semplice perché tenderà ad annoiarsi e a distrarsi.
Il modo migliore per mantenerlo coinvolto, dunque, sarà quello di affidargli ulteriori piccoli progetti che possano mantenere alto il suo interesse, motivarlo, diversificare le attività ed esplorare il proprio potenziale.

Si può, ad esempio, chiedergli di redigere un documento tecnico o di consolidare il piano di sviluppo del progetto. Queste occupazioni potranno impegnarlo per qualche ora o per qualche giorno ma lo aiuteranno a mantenersi occupato seza perdere di vista l'obiettivo.

Ovviamente queste incombenze non dovranno alterare l'equilibrio del team od incidere negativamente sul suo operato.

Lunedì vedremo insieme un altro suggerimento dato dalla rivista. Non mancate!

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giovedì 23 febbraio 2012

Il ruolo del cliente nella Qualità

In qualsiasi discussione sulla Qualità il ruolo del consumatore dovrebbe essere centrale.  
Chi deve decidere, infatti, se una scuola stia fornendo un buon servizio di qualità? E chi dovrebbe stabilire se un prodotto sia buono oppure no?

E', dunque, essenziale avere un'idea chiara su chi possa stabilire gli attributi relativi alla Qualità, dato che i punti di vista dei produttori e dei consumatori non sono sempre identici e che fornire unprodotto o un servizio aderente alle specifiche non garantisce sempre il successo. 
Le organizzazioni più attente alla Qualità sanno bene che il loro percorso è definito dai clienti che possono essere i soli arbitri finali del successo dell'azienda

Il Presidente e Amministratore Delegato di Procter and Gamble, del resto, ebbe modo di dire che:"I nostri clienti sono sia coloro che rivendono i nostri prodotti che quelli che li usano. Qualità Totale significa conoscerli entrambi molto bene, esplorando territori mai esplorati prima e usando tutta questa conoscenza per tradurre i bisogni in nuovi prodotti innovativi e in nuovi approcci di business".
 
La Qualità, l'abbiamo detto molte volte, è negli occhi di chi guarda. Questo approccio è fondamentale per avere le idee chiare riguardo al nostro lavoro di professionisti della Qualità e chiunque lo ignori lo fa a proprio rischio e pericolo.
Tom Peters, in una discussione sul ruolo fondamentale del consumatore nella Qualità, sostenne che la Qualità percepita di un prodotto o di un servizio fosse addirittura il fattore più importante per valutare le prestazioni di un'organizzazione.La Qualità definita dal cliente è addirittura più importante del prezzo nel determinare la richiesta di ulteriori beni o servizi e questo contrasta decisamente con ciò che pensano oggi la maggioranza delle aziende e, cioè, che i clienti vogliano spendere sempre meno.


Qual è la vostra esperienza in merito?

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mercoledì 22 febbraio 2012

La gestione della rabbia è importante nel lavoro (e non solo...) (2)

Eccovi altri spunti tratti dal libro: "Capire se stessi per capire gli altri" e relativi alla gestione della rabbia:

(...)

"Le persone aggressive generalmente esprimono la rabbia generata da esperienze dolorose vissute in precedenza. Imparano a usare l'aggressività per giustificare i propri difetti, per attirare l'attenzione, per sentirsi superiori (o perlomeno per evitare il senso di inferiorità)."

(...)

"Ci sono molti esempi di come esistano alcuni motivi ben precisi che si nascondono dietro al nostro comportamento sociale e dei quali possiamo essere completamente o parzialmente consapevoli.
Adler sosteneva che l'uomo sapesse più di quel che capisse.
Ma la cosa più interessante è che quando ci troviamo di fronte a un comportamento che disturba una relazione sociale, possiamo essere certi che per lo meno uno di questi cinque motivi - giustificazione, attenzione, superiorità, vendetta e fuga - può spiegare I'insorgere della rabbia, accompagnato
magari da una serie di obiettivi secondari.


Riconosciamo questi motivi, non chiedendoci "Perché mi sto arrabbiando?" o "Perchè I'altra persona si sta arrabbiando?" ma ponendoci la domanda "Per quale scopo mi arrabbio?"

(...)

"Conoscere i cinque motivi principali aumenta la nostra capacità di capire gli altri e può portare, spesso in modo insospettato, a un rapporlo più armonioso, costruttivo e pacifico.

Ci aiuta infatti a capire come procedere quando sentiamo che ci stiamo arrabbiando, e cioè attraverso le seguenti quattro tappe:

l. Identifico lo scopo che sto perseguendo arrabbiandomi

2. In questo modo riesco a capire meglio anche l'altra persona
3. Il mio atteggiamento nei suoi confronti cambia
4.Una volta esposta l 'attenzione dell'altro, nel modo più adatto, la sua vera motivazione, inevitabilmente anche il suo atteggiamento cambia.
"

Cosa ne pensate?

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martedì 21 febbraio 2012

La gestione della rabbia è importante nel lavoro (e non solo...)

Sto leggendo "Capire se stessi per capire gli altri" di Erik Blumenthal e ho trovato degli spunti interessanti per quanto riguarda la gestione della rabbia che è fondamentale quando si lavora con altre persone.
Ve li riporto:

"Lo storico sociale Arnold Toynbee affermava che, mentre abbiamo fatto enormi progressi nell'ambito intellettuale, scientifico e tecnico, la capacità di gestire le relazioni umane è rimasta quella di cinquemila anni fa. La gente amava e odiava nell'antica Babilonia esattamente come ai giorni nostri."

(...)

"Che cosa ci impedisce di mettere in pratica tutte le conoscenze maturate? Mi sembra che la risposta sia una sola: i piegiudizi, che possiamo superare soltanto attraverso un nuovo sforzo di comprensione di noi stessi e degli altri."

(...)

"Alfred Adler, lo psicologo austriaco che fu uno dei padri fondatori della moderna psicanalisi
insieme a Freud e a Jung, constatò che gli individui sono esseri sociali. Centinaia se non migliaia di persone contribuiscono, seppur inconsciamente, allo sviluppo e alla crescita di ogni singolo individuo
.
Gli individui non sono nulla al di fuori dei rapporti sociali. Per questo motivo uno dei concetti chiave della psicologia individuale è l'interesse sociale,  noto anche come coscienza o senso sociale.

Esso si riferisce al nostro pronunciato senso di appartenenza a un gruppo o a una comunità, al nostro sentimento di essere intimamente legati al resto dell'umanità, che dobbiamo tradurre in azioni, se vogliamo dare il nostro pieno contributo alla società. Il livello di interesse sociale di ogni singolo individuo detta la sua abilità a svolgere efficacemente la sua funzione."

(...)

"Un altro concetto chiave è quello che siamo esseri che perseguono un fine: tutto il nostro comportamento è motivato dai fini che ci siamo prefissati, il più delle volte inconsapevolmente. I nostri obiettivi a lungo termine sono direttamente correlati al nostro stile di vita e riflettono la nostra percezione di quello che riteniamo il meglio per noi"

(...)

"Una volta capita la motivazione che ci spinge a un dato comportamento, possiamo usare liberamente la nostra creatività e la nostra abilità di agire consapevolmente di definire i nostri obiettivi e
comportamenti, e decidere se è il caso di cambiarli."


(...)

"La personalità dell'uomo va affrontata nel suo quadro unitario, considerando l'individuo un'entitià indivisibile, un'unità, nella quale tutti i livelli in cui I'essere umano si può suddividere - animale, umano e spirituale - svolgono un ruolo.
Ognuno di questi livelli ha le proprie regole, che sono interdipendenti, e dalle quali derivano molti aspetti del nostro comportamento.
"

(...)

"La maggior parte delle persone non si rende conto che sarebbe possibile reagire in modo diverso. Un'alternativa, invece, esiste e consiste nel capire che non c'è nessuno al mondo che possa  farvi arrabbiare. La rabbia è vostra e di nessun altro. Soltanto voi potete farvi salire la rabbia e potete poi scegliere se esprimerla o meno. Se qualcuno si arrabbia, è perché ha deciso di arrabbiarsi, magari anche inconsciamente. Siamo tutti esseri che prendono decisioni e che quindi, ad un certo punto, decidono di fare quello che fanno."


(...)



"Molte persone non vogliono accettare questa evidenza, perché non vogliono assumersi la responsabilità dei loro sentimenti negativi. E' indubbiamente più facile dare la colpa agli altri. In questo modo si ha sempre la scusa ideale per il cattivo umore e la luna di traverso."

Continueremo il nostro discorso domani. Nel frattempo, provate a riflettere su quanto siete (o non siete) bravi a getsire i vostri sentimenti negativi.

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lunedì 20 febbraio 2012

Scrivere bene un'e-mail

Date un'occhiata all'e-mail riportata qui sotto: 


Da: Risorse Umane ---------------------------------------
A: Mario Rossi
Cc:
Ccn:
Oggetto: Posizione Commerciale estero (rif. 7672P)



-------------

Egregio Signor Rossi,
la ringraziamo per la sua e-mail con la quale ci ha comunicato il suo interesse per la posizione vacante di cui all'oggetto.

 
Ci confermi gentilmente se preferisce ricevere il modulo per la domanda e la trasmissione del curriculum via e-mail (in formato Word) o in forma cartacea per posta ordinaria e, in questo secondo caso, ci comunichi il suo indirizzo fisico.

 
Se ha altre domande non esiti a contattarci via e-mail o telefono.
 

Cordiali saluti
Paolo Bianchi

Responsabile Risorse Umane di ----------------
e-mail: paolorossi@--------------

Via -------------------------------
Tel -------------------------------

Fax ------------------------------

***************

1 Chi è il mittente? E' chiaro?

2 Chi è il ricevente? E' ben identificato?
3 C'è una firma?
4 Esiste un oggetto?
5 L'e-mail è stata inoltrata anche ad altri mediante le opzioni Cc e Ccn?
6 Qual è lo scopo dell'e-mail?
7 E' specificato il formato di un eventuale allegato?
8 E' specificato cosa dovrà fare il ricevente?


Adesso fermatevi per un attimo a riflettere sulle ultime e-mail che avete spedito e ricevuto. 
Era sempre ben indicata l'azione che il ricevente avrebbe dovuto fare? Era chiaro il motivo per cui si era mandata l'e-mail?

Molte organizzazioni hanno delle vere e proprie linee guida realizzate per spiegare ai collaboratori come scrivere un'e-mail
Provate a dare un'occhiata a questo esempio:

1 Assicuratevi di avere l'indirizzo e-mail corretto della persona che volete contattare. E' molto facile mandare un'e-mail alla persona sbagliata e questo si tradurrebbe in un allungamento dei tempi di risposta. Eventualmente, se non avete l'indirizzo, telefonate all'organizzazione da contattare e chiedete a chi potete scrivere per la vostra problematica

2 Utilizzate il campo "Cc:" solamente se pensate che altri debbano essere informati della vostra corrispondenza. Se - invece - pensate che una persona debba fare una certa azione dopo aver ricevuto la vostra e-mail, inseritela nel campo "A:"


3 Nella vostra e-mail includete le seguenti informazioni:
- il vostro nome
- il vostro titolo (ad es. Responsabile Sistema Qualità)
- il nome dell'azienda e l'indirizzo
- il telefono diretto e quello del centralino


4 Assicuratevi che nell'e-mail venga ben descritto il motivo per cui la si sta spedendo e verificate che sia chiara e ben scritta


5 Non rispondete ad un'e-mail scritta a più persone usando il "Rispondi a tutti" a meno che non sia necessario mandare a tutti la vostra risposta


6 Per il vostro messaggio utilizzate, per quanto possibile,  il corpo dell'e-mail. Se proprio doveste mandare un file allegato, informatevi su quali formati sono supportati dal ricevente


7 Se spedite l'e-mail a diverse persone che non si conoscono, inserite i loro recapiti nel capo Ccn. Per nessun motivo i loro indirizzi dovranno essere posti nel campo in chiaro "A:"


8 Selezionate "priorità alta" solamente se la vostra e-mail richiede un'azione rapida o se il ricevente sta attendendo da voi alcune informazioni urgenti


9 Non inoltrate un'e-mail a meno che il futuro destinatario non vi abbia esplicitato chiaramente il permesso di farlo

Voi avete delle linee guida simili?
Se sì, in cosa differiscono da queste? Se no, pensate potrebbero essere utili o all'interno della vostra organizzazione tutti sanno già utilizzare al meglio questo strumento?

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venerdì 17 febbraio 2012

La capacità di un'azienda di fronteggiare la crisi (4)

4) fattori tecnici

Ed eccoci arrivati all'ultimo gruppo di fattori che possono determinare la sopravvivenza di un'azienda: i fattori tecnici. Vediamoli insieme e non dimenticate di aggiungere quelli che, secondo voi, mancano:

1. Competenze tecniche
2. Capacità di utilizzo delle risorse
3. Livello di tecnologia dei prodotti
4. Brevetti e processi ben rodati
5. Produzione efficiente
6. Valore aggiunto del prodotto
7. Economia di scala
8. Impianti nuovi


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giovedì 16 febbraio 2012

La capacità di un'azienda di fronteggiare la crisi (3)

3) fattori finanziari

Dopo aver esaminato nei giorni scorsi i fattori manageriali e competitivi che portano al successo di un'azienda e aumentano la sua capacità di resistere alle crisi, vediamo oggi quali fattori finanziari possono venirci in aiuto:
1. Disponibilità di capitali
2. Capacità e avvedutezza nel loro utilizzo
3. Profittabilità, return on investment (ROI)
5. Liquidità
6. Stabilità finanziaria
7. Stabilità dei costi


A domani per esaminare l'ultimo gruppo: i fattori tecnici.

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mercoledì 15 febbraio 2012

La capacità di un'azienda di fronteggiare la crisi (2)

2) fattori per la competitività

Secondo appuntamento con i fattori che determinano il successo di un'azienda e la sua capacità di fronteggiare una crisi.
Vediamo quali fattori per la competitività possono aiutare:

1. Validità e unicità del prodotto
2. Capacità di soddisfare e trattenere i clienti
3. Ampia quota di mercato
4. Politica dei costi avveduta
5. Utilizzo della curva di esperienza nell'ambito dei prezzi
6. Investimenti in nuovi prodotti
7. Investimenti nei confronti die fornitori

A domani per esaminare i fattori finanziari.

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martedì 14 febbraio 2012

La capacità di un'azienda di fronteggiare la crisi

La vostra azienda riuscirà a superare la profonda crisi internazionale che ha colpito anche l'Italia? Da cosa potete capirlo in modo da regolarvi di conseguenza?

Certamente sono tanti i fattori che possono contribuire alla capacità di un'azienda di fronteggiare i momenti storici negativi e noi abbiamo provato a riunirne qualcuno.
Divideremo il nostro elenco in quattro parti e voi, come sempre, ci aiuterete a capire se manca qualcosa:

1) fattori manageriali
2) fattori per la competitività
3) fattori finanziari
4) fattori tecnici

1) Fattori manageriali

1. Immagine aziendale e livello della responsabilità sociale
2. Utilizzo di pianificazioni di tipo strategico
3. Attenzione all'ambiente
4. Velocità di risposta
5. Flessibilità
6. Comunicazione e controllo efficienti
7. Capacità imprenditoriale
8. Capacità di attirare e trattenere i talenti
9. Adattamento ai cambiamenti tecnologici
10. Competitività aggressiva

A domani per esaminare i fattori per la competitività.

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lunedì 13 febbraio 2012

Rilevare la customer satisfaction interna

Il modo migliore per rilevare la soddisfazione dei clienti interni è quella di dialogare con le persone nel modo giusto.
E' importante, ad esempio, ascoltare e mostrare interesse per ciò che le persone dicono.
Potrete interrompere chi parla ma solo se è strettamente necessario per comprendere meglio ciò che dicono.
Cercate di interpretare anche il non detto, le espressioni dubbiose, la rabbia repressa e di incanalare tutto questo nella vostra prossima domanda per tirare fuori ciò che cova sotto la cenere e che, potenzialmente, può innescare un clima negativo.

Accettate tutti i feedback che vi verranno dati, sia quelli positivi che quelli negativi e promettete di dare un seguito a questi commenti.

Siate sempre onesti quando i colleghi vi fanno una domanda e cercate di non lasciarla inevasa. Se proprio non vi sentite di dare una risposta, guadagnate tempo spiegando che dovete approfondire la questione, confrontatevi con il vostro responsabile e poi rispondete.
Prendetevi anche tutto il tempo necessario per fermarvi a riflettere con i vostri colleghi su ciò che è stato detto.

Non forzate mai qualcuno a darvi un feedback se non vuole farlo. Otterreste solo una maggiore chiusura o un insieme di bugie che non vi darebbero alcun valore aggiunto.
Cercate, invece, di conquistarvi la fiducia dell'interlocutore che non vuole aprirsi e provate a portarlo ad un confronto spontaneo.

Cercate di non contraddire apertamente un collega davanti agli altri a meno che non sia strettamente necessario per la buona comprensione dell'argomento affrontato. Fatelo, invece, in privato e motivate sempre le vostre osservazioni.
Se, ad esempio, qualcuno spiega che non ha fiducia nell'azienda perché non ha ancora avuto l'aumento di stipendio, spiegate educatamente davanti a tutti che voi non avete alcun potere in tal senso ma che potete aiutare i vostri colleghi a lavorare meglio e questo va a loro esclusivo vantaggio.
In privato, poi, andate ad affrontare la delicata questione dello stipendio, eventualmente chiedendo supporto al Responsabile delle Risorse Umane.

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venerdì 10 febbraio 2012

Trasformare i collaboratori in ambasciatori dell'organizzazione (2)

Riallacciamo il discorso iniziato ieri che verte sul coinvolgimento dei collaboratori teso a trasformarli in veri e propri testimonial dell'organizzazione per cui lavorano.


Anche migliorare la conoscenza della società e dei prodotti o servizi che vende può servire a trasformare i lavoratori in testimonial dell'azienda.
Durante le riunioni, prendete l'abitudine di dedicare qualche minuto all'attualità dell'organizzazione: i numeri relativi alle vendite (se sono positivi), i progetti di sviluppo, i nuovi prodotti che hanno ottenuto un buon riscontro da parte dei clienti, ecc.

Il vantaggio raggiunto in questo caso sarà che i lavoratori si sentiranno più informati e, quindi, maggiormente coinvolti nella vita aziendale e avranno voglia di reclamizzare il nuovo prodotto. 

Un'altra ottima idea per chi produce oggetti di interesse generale, è quella di dotare i dipendenti di campioni dei nuovi prodotti, sperando che abbiano voglia di regalarli ad amici e parenti, facendo così pubblicità al marchio.


In ultimo, ricordiamoci che il ruolo di ambasciatori non è da affidare solo ai commerciali o agli addetti alle relazioni pubbliche ma può essere affidato tranquillamente a qualunque collaboratore che - a tale scopo - potrà essere spinto a partecipare a un colloquio di lavoro, a una fiera di settore, ad iscriversi ad un'associazione professionale, ecc.


Cosa ne pensate? La vostra azienda adotta qualcuna di queste strategie? Secondo voi i vostri colleghi parlano bene o male della vostra organizzazione?


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giovedì 9 febbraio 2012

Trasformare i collaboratori in ambasciatori dell'organizzazione

Sull'ultimo numero di "Management" (la versione francese) ho letto un articolo interessante che spiegava come trasformare i propri collaboratori in veri e propri testimonial dell'organizzazione per cui lavorano.
Provo a riassumervi i concetti principali.

Ogni dipendente riflette l'immagine dell'azienda per cui lavora perché, che si trovi in un ambito professionale o in un ambito personale tenderà a parlare delle proprie condizioni di lavoro, del responsabile, delle strategie aziendali o dei prodotti/servizi commercializzati.

Il primo passo da compiere, dunque, è quello di scoprire quale immagine abbiano i dipendenti dell'azienda per cui lavorano. Basterà fare una dozzina di domande ben formulate che ricalchino questi esempi:

"le mie opinioni vengono prese in considerazione all'interno dell'azienda?"
"ho tutti gli strumenti necessari per fare al meglio il mio lavoro?"

Trovate due esempi di questionario soddisfazione cliente interno nella sezione documenti di QualitiAmo.

Potete anche fare interviste personalizzate alle persone che ritenete più motivate e più portate a ricoprire il ruolo di ambasciatori dell'immagine aziendale.

Un'altra cosa da fare, quando il quadro della motivazione interna sarà ben chiaro, è quello di provare a sviluppare un sentimento di appartenenza perché l'unico modo che abbiamo per far parlare bene i dipendenti dell'azienda per la quale lavorano è che essi ne condividano i valori e stimino i loro capi.
Per agire in questo senso potreste, ad esempio, costruire dei momenti ad hoc di condivisione come viaggi collettivi (ad esempio per visitare una fiera) o incontri extralavorativi o, ancora, coinvolgere i lavoratori in progetti umanitari che possano renderli orgogliosi di ciò che hanno fatto tutti insieme.
E' ovvio, però, che queste iniziative avranno successo solo negli ambienti giusti quindi saranno da evitare se il clima non è dei migliori.

Domani vedremo altri suggerimenti che ci insegneranno a coinvolgere i collaboratori, trasformandoli in casse di risonanza per l'immagine aziendale.

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mercoledì 8 febbraio 2012

Lavorare meno

Sul numero di gennaio di "Migliorare" ho trovato i consigli di J. D. Drake per lavorare meno o, meglio, per riequilibrare il tempo dedicato all’azienda e al nostro ambito privato.
Ve li riporto.
  1. Rendere la pausa pranzo una faccenda personale: significa “staccare” dal lavoro almeno durante la pausa. Diamoci il tempo di fare un salto in piscina, leggerci un libro, fare una passeggiata sotto il sole.
  2. Fissare scadenze più ragionevoli: stabilire una corretta priorità per ogni attività da svolgere e non voler fare tutto subito, anche se non c’è urgenza.
  3. Rifiutare determinati compiti: non accettare, solo per sentirsi più importanti, incarichi aggiuntivi che comporteranno più tempo in ufficio.
  4. Dichiarare la tua priorità per la famiglia: ristabilisci un nuovo accordo con il tuo titolare in modo che lo sappia e in modo da non dover giustificare ogni volta che alle 18.00 devi assolutamente uscire dall’azienda.
  5. Evitare viaggi di lavoro nei fine settimana e/o portare con te la famiglia nei tuoi viaggi.
  6. Fissare rigidi appuntamenti personali: nel tempo non lavorativo fissa appuntamenti personali inderogabili e attribuisci loro la stessa importanza di quelli di lavoro.
  7. Fissare dei limiti da non superare: fissa un orario oltre il quale non lavorerai, tranne in casi eccezionali.
Cosa ne pensate? A vostro giudizio sono consigli facilmente adottabili oppure no?

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martedì 7 febbraio 2012

Fare le domande (4)

Domande per le quali si prevede già una risposta

Domande di questo tipo vengono utilizzate per due scopi principali:
 
1) per avere la conferma di qualcosa di cui non si è del tutto sicuri:

 
   - l'ufficio chiude alle cinque, vero?
   - è stato promosso il mese scorso, vero?
   - avete incontrato il signor Rossi prima, vero?

 
2) per raggiungere un accordo:

 
   - avrai pronto questo documento per venerdì, vero?
  - è essenziale mantenere la scadenza prevista, vero?



Voi siete abituati a scegliere in anticipo quale tipologia di domande adottare a seconda delle situazioni, oppure vi affidate all'istinto?

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lunedì 6 febbraio 2012

Fare le domande (3)

Le domande doppie

Le domande doppie sono molto utili per:

1) spiegare meglio ciò che si vuole sapere:
 
   - puoi dirmi di più sul processo? Voglio dire, come funziona?
   - quanto tempo ci vorrà? Quando è il termine ultimo?

 
2) scoprire esattamente ciò che gli altri intendono dire, controllando alcune parti specifiche delle loro risposte :

 
   - di alta qualità? Potete specificare esattamente cosa si intende?
   - persone qualificate? Quali qualifiche dovrebbero avere esattamente?


Chiuderemo questo discorso domani, esaminando le domande per le quali si prevede già una certa risposta. 

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venerdì 3 febbraio 2012

Fare le domande (2)

Domande per il follow-up

Le domande per il follow-up (approfondimento).
Se si vuole verificare di aver capito bene qualcosa o se vogliamo confermare alcuni dettagli, è possibile utilizzare le domande di follow-up.  

Ovviamente, se vogliamo risposte dettagliate, staremo ben attenti a non fare domande chiuse  mentre useremo proprio le domande chiuse per controllare al volo alcune informazioni.

A proposito: sapete cosa sono le domande chiuse? Sono quelle domande che richiedono semplicemente un "sì" o un "no" nella risposta come, ad esempio:

- avete intenzione di andare a Tokyo la prossima settimana?- avete incontrato tutti i clienti nel vostro viaggio in Francia del mese scorso? 

Le domande di follow up possono servire anche per approfondire le ragioni e le opinioni altrui:

- perché pensi questo?- sono queste le uniche ragioni?

- secondo te qual è un prezzo ragionevole?
Sempre grazie alle domande di follow-up è possibile verificare i fatti:

 
- quando saremo in grado di incontrare il cliente?
- quando inizia la produzione?


Lunedì parleremo delle domande doppie e scopriremo in quali contesti possono esserci utili.

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giovedì 2 febbraio 2012

Fare le domande

Fare domande è un'arte e ognuno di noi può provare a rendere i propri scambi di opinioni con le altre persone ancora più interattivi imparando a fare bene le domande.

A volte, ad esempio, si vuole scoprire quali sono le opinioni o le sensazioni di un'altra persona.Altre volte, si desidera ragionare insieme su dati o valori statistici.

In questa sede proveremo a darvi qualche consiglio per aiutarvi a fare la domanda giusta al momento giusto:

Le domande aperte

 Se formulerete domande aperte, otterrete probabilmente risposte più complete. 
 È possibile utilizzare le domande aperte in due modi:

- per stimolare la discussione
- per ricavare informazioni

Le domande aperte contengono spesso una delle famose "w" anglosassoni:

- "what" = "cosa" (es: "cosa vuoi fare in futuro?")


- "why" = "perché" (es: "perché avete bisogno di questo tipo di servizio?")
- "when" = "quando" (es: "quando è incominciato il problema?")
o una domanda relativa al "come"
(es: "come intendete procedere?")

Con le domande aperte è anche possibile fare in modo che l'altra persona si apra, scoprendo così comele sue idee facciano parte di un quadro più ampio.

Ad esempio, potremmo chiedere:- Come ti regoli per sapere a quale persona affidare questa lavorazione?- Cosa fai quando il tuo superiore non è disponibile per gestire velocemente una certa situazione?

Domani parleremo delle domande per un buon follow-up.

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mercoledì 1 febbraio 2012

Dare un feedback: diverse modalità (3)

Un'altra situazione in cui un manager potrebbe voler dare una critica diretta è quando al dipendente è già stato detto più volte di migliorare.
 
Qui vediamo sempre il nostro Direttore Vendite, Giovanni, che incontra uno dei suoi Commerciali, Diego:


Giovanni: "come tuo responsabile è mio dovere segnalarti quando non lavori bene, sei d'accordo?"
Diego: "...uhm, credo di sì"

Giovanni: "...e quante volte ti ho già detto che non sono affatto contento di ciò che fai? Quante volte mi sono offerto di aiutarti dicendoti di parlarmi apertamente dei tuoi problemi e che ti avrei dato una mano, pur continuando a seguire da vicino il tuo lavoro?" 
Diego: "Sì, però..."
Giovanni: "ne abbiamo parlato più di una volta. Le cose, però, continuano a non funzionare. 

Guarda, Diego, sono costretto a metterti in guardia: o cambi registro o mi vedrò costretto a consigliarti di cercare un nuovo lavoro ma ti avverto che, continuando ad agire in questo modo, non farai bene da nessuna parte"

In questo caso siamo in presenza di una valutazione negativa molto diretta e si capisce che la reazione del responsabile è dettata da problemi ricorrenti che sono già stati discussi più di una volta.

Apprendiamo che Giovanni si era offerto di aiutare Diego, ricordandogli - però - che avrebbe continuato a seguire il suo operato da vicino.

Giovanni termina il suo feedback dando a Diego un ultimo avvertimento e, anche in questo caso, il messaggio è molto diretto.


Cosa ne pensate? Voi come avreste agito? Trovate corretta la gestione del feedback da parte di Giovanni nei tre casi?

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