lunedì 31 dicembre 2012

Come decide la maggioranza delle persone

Herbert Simon coniò il termine "satisfice" che significa, come scrive il vocabolario: "decidere e perseguire una via d'azione che soddisfi i requisiti minimi per la realizzazione di un obiettivo".

Questo termine venne da lui utilizzato per descrivere una strategia di decision-making nella quale una persona sceglie un'opzione che considera adeguata anche se non ottimale.

L'idea che sta alla base di questa teoria è che spesso fare un'analisi completa e approfondita del problema richieda tempo e un grande investimento di risorse che non possiamo permetterci. A questo aggiungiamo che potremmo anche ritrovarci nell'impossibilità di soppesare tutte le opzioni possibili per la risouluzione del problema perché potremmo non avere abbastanza formazione e competenza per riuscire ad individuarle tutte.

Scegliere la soluzione ottimale, però, non è la sola opzione possibile perché in certi casi è sensato prendere una decisione basata su ciò che è abbastanza buono piuttosto che sull'ottimo e, quindi, rappresenta la soluzione perfetta.

Nel nostro lavoro vi vengono in mente casi in cui questa teoria può essere applicata con efficacia?

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venerdì 28 dicembre 2012

Impariamo a richiamare l'attenzione

Avete mai sentito parlare degli esperimenti di Ivan Pavlov? Il grande studioso russo dimostrò con esperimenti condotti soprattutto sui cani che il cervello era in grado di riprodurre un certo stimolo ogni volta che entrava in contatto con un segnale stabilito. Questo segnale, nello specifico, veniva interpretato come un annuncio che stava per accadere qualcosa di piacevole ed ecco perché il cervello lo accoglieva reagendo in maniera positiva.

In particolare Pavlov dimostrò che, se si faceva vedere del cibo a un cane, questo iniziava a salivare pregustando di mangiarlo.
Se si associava al cibo un certo suono (ad esempio un campanello), dopo un po' l'animale iniziava a salivare anche semplicemente in presenza del solo suono senza vedere il cibo. Il cibo non era, dunque, più necessario per stimolare una certa reazione nel cervello perché bastava il campanello.

Gli esperimenti di Pavlov possono esserci molto utili per stimolare una certa risposta nei nostri colleghi, costringendoli a reagire in un certo modo.
Per esempio, durante una presentazione o una riunione, gli intervalli possono essere sottolineati con una musica piacevole. Terminata la musica, si riprende a lavorare.
Ancora, quando inizia l'intervallo si può decidere di aprire la porta. A porta chiusa, si riprende a lavorare.
Se desiderate, invece, che il vostro pubblico interagisca facendo domande o dandovi risposte, spostatevi davanti a una lavagna, prendete in mano il gesso o il pennarello, guardateli negli occhi e attendete.

Ovviamente ogni risposta dovrà essere ricompensata in qualche modo, ad esempio con un sorriso o con un cenno affermativo del capo.
Se siete particolarmente "cattivi", usate come ricompensa delle caramelle più o meno buone: i primi a rientrare nella stanza sceglieranno il dolce migliore mentre i ritardatari troveranno solamente le briciole! ;o)

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giovedì 27 dicembre 2012

I fattori che influenzano il controllo dei processi

Seconda e ultima parte della nostra riflessione sui fattori che possono influenzare il controllo di un processo.

5 - La qualità delle informazioni

Il livello di accuratezza, rapidità, completezza, validità e fruibilità delle informazioni che circolano nella vostra organizzazione sono fondamentali per mantenere i processi in condizioni controllate.

6 - La qualità dei materiali

I materiali utilizzati all'interno di un processo dovranno essere conformi a ciò che avrete stabilito che vi serva. Identificatene, dunque, per bene tutti i requisiti e avrete fatto un passo avanti nel controllo di processo.

7 - La quantità delle risorse

Le risorse sono costituite da:
  • tempo
  • soldi
  • informazionio
  • persone
  • materiali
  • compionenti
  • strumenti
  • ecc.
Gestite questi fattori e controllerete i vostri processi.

8 - La qualità delle misurazioni

Come fare per verificare che un processo operi in condizioni controlalte? E' presto detto: bisogna misurarlo!

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lunedì 24 dicembre 2012

I fattori che influenzano il controllo dei processi

I fattori che possono influenzare il controllo di un processo sono 8. Oggi vedremo insieme i primi 4 mentre  giovedì esamineremo gli altri.

1 - La qualità delle persone

La competenza di chi deve svolgere un certo lavoro, con una data maestria e ogni qualvolta questo lavoro venga richiesto, è fondamentale per il controllo di un processo.
Se non siete in grado di capire quali competenze siano necessarie per svolgere un certo compito, non sarete mai in presenza di un processo controllato a meno che non riusciate a compensare l'incompetenza con altri parametri

2 - La qualità delle risorse fisiche

Questo punto è relativo alla capacità degli impianti, dei macchinari, degli strumenti, ecc. Se non saprete identificare le caratteristiche delle risorse fisiche che vi servono per governare un processo non lo controllerete.

3 - Qualità dell'ambiente fisico

Ci riferiamo a fattori quali il livello di temperatura, la pulizia dell'ambiente e altri fattori simili. L'ambiente va modificato per essere adatto allo svolgimento ottimale di un processo

4 - La qualità dell'ambiente umano

Il livello di stress fisico e psicologico, la soddisfazione e la motivazione sono solamente alcuni dei tanti fattori che dobbiamo imparare a tenere d'occhio se vogliamo uno svolgimento ottimale dei processi perché, dopo tutto, sono proprio le persone che li fanno funzionare al meglio.

A giovedì e buon Natale a tutti!

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venerdì 21 dicembre 2012

Il sistema dopaminergico, le e-mail e Google (2)

Continuiamo il discorso iniziato ieri, cercando di capire come sfruttare a nostro vantaggio quella che abbiamo visto essere una naturale ricerca di informazioni per soddisfare un'innata curiosità dell'uomo e mantenere i nostri colleghi e collaboratori interessati e motivati.

Pensiamo ad esempio, a questi due approcci:

"Come sapete, nelle ultime tre settimane ho intervistato i membri del nostro Ufficio Commerciale che sono stati estremamente collaborativi. Abbiamo raccolto e analizzato molti dati e oggi vorrei condividerli con voi, spiegandovi la mia idea di cambiamento che dovrebbe portare alla struttura commerciale grossi vantaggi  e migliorare la nostra efficienza"

oppure

"Le persone che costano di più alla nostra azienda, i commerciali, sprecano tempo davanti al computer per fare proposte di offerta invece di andare a parlare con i clienti. Se non cambieremo il nostro processo di vendita continueremo a buttare via risorse preziose, ad avere cicli commerciali troppo lunghi e a farci bagnare il naso dalla concorrenza. 
Oggi voglio quindi elencarvi i 10 punti che dobbiamo implementare immediatamente per rendere il nostro Ufficio Comemrciale più efficiente e chiudere più contratti in meno tempo"

La differenza tra il primo e il secondo intervento la vedete benissimo da soli perché la seconda apertura è decisamente più sfidante e motivante, in quanto anticipa alle persone che state per condividere con loro informazioni davvero importanti.
In base a questa logica, riuscite a formulare un approccio migliore?

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giovedì 20 dicembre 2012

Il sistema dopaminergico, le e-mail e Google

Qualcuno di voi ha già sentito parlare del sistema dopaminergico? In poche parole (chi ha una conoscenza approfondita di neurotrasmettitori mi perdoni!) questo sistema è legato alla nostra motivazione attraverso un susseguirsi di "ricompense" che possono essere effettivamente soddisfacenti o lasciare le persone insoddisfatte.
Quando mangiate bene, ad esempio, il vostro corpo rilascia dopamina che provoca in voi un senso di appagamento. Naturalmente, come sappiamo, mangiare troppo non fa bene e dobbiamo, quindi, imparare a contrastare stimoli che possono portarci a farci del male.

Il rilascio di dopamina si regola in modo naturale attraverso il rilascio naturale di oppioidi che fanno sì che la nostra spinta ad agire (dettata dalla dopamina) venga ridotta quando raggiungiamo l'obiettivo che ci siamo posti (grazie al rilascio di oppioidi).
Se questo non succede, però, ecco che ci facciamo travolgere da un loop infinito che rischia di lasciarci eternamente insoddisfatti.

Perché vi sto raccontando tutto questo? Perché al lavoro molti di noi sono preda di stimoli innescati da abitudini errate dalle quali faticano a liberarsi.

Volete qualche esempio?

Scommetto che per molti amici del forum è quasi impossibile non leggere un'e-mail se viene annunciata da un piccolo avviso sonoro e questo indipendentemente da ciò che si sta facendo e dal livello di concentrazione che è stato necessario raggiungere per farlo.
E che dire delle ricerche su Google che spesso vi coinvolgono talmente tanto che, dopo aver perso una buona mezz'ora, vi ritrovate a leggere qualcosa che non c'entra nulla con ciò che avreste dovuto cercare?

I colpevoli non siete voi ma il vostro sistema dopaminergico, ovvero quel sistema capace di scatenare in voi il desiderio di un piacere più o meno effimero. E' proprio questo desiderio che aumenta la motivazione e vi spinge a lavorare per raggiungere gli obiettivi o che vi rende schiavi della curiosità portandovi a cercare continuamente nuove informazioni senza mai esserne davvero soddisfatti.

Se riconoscete nel vostro modo di lavorare alcuni comportamenti errati che provocano l'attivazione del circuito della gratificazione ma che - nel tempo - vi lasciano sempre più insoddisfatti portandovi solamente a sprecare tempo ed energie, dovete iniziare a contrastarli partendo dai più piccoli fino ad arrivare a quelli maggiormente radicati
Datevi delle scadenze regolariper leggere le e-mail (ad esempio una volta all'ora o al termine di un lavoro particolarmente complesso) e stabilite un obiettivo chiaro delle vostre ricerche, in modo da non perdervi in esse.

Per gli interessati, domani vedremo insieme come sfruttare professionalmente il naturale desiderio delle persone di avere informazioni che possano essere utili nel supportarle al lavoro. Non mancate!

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mercoledì 19 dicembre 2012

Progettare un software che vi supporti nel lavoro

Molti di voi sono alla ricerca del software perfetto che possa supportarli nel lavoro quotidiano e che sia un gestionale generico o un programma dedicato alla Qualità poco importa: ci sono alcuni punti da seguire per essere certi di progettare o acquistare il meglio.

Vediamoli insieme:
  1. prima progettate (o riprogettate) i vostri processi e solamente dopo cercate di automatizzarli tramite un SW. In questa fase vi sarà utile sapere cosa sia il Business Process Reengineering o BPR
  2. chiarite bene TUTTI gli obiettivi del SW e cercate di essere quanto più dettagliati possibile
  3. progettate l'intero lavoro in modo che abbia minori ripercussioni possibili sulla vostra organizzazione
  4. preparatevi a negoziare con i singoli utenti ma anche a mettere la parola "fine" quando occorre prendere una decisione
  5. non abbiate paura di fare domande stupide perchè è meglio farle PRIMA di aver messo a punto il SW che DOPO. Sappiate che gli utenti non vi diranno mai di cosa abbiano realmente bisogno, semplicemente perché spesso non lo sanno
  6. chiedetevi cosa non riuscite a fare con il SW che utilizzate abitualmente
  7. se possibile, testate un prototipo del SW. In alternativa, avviate un progetto pilota per assicurarvi del buon funzionamento del programma. Nel team di questo progetto pilota non abbiate paura di includere le vostre persone migliori anche se questo significherà distoglierle momentanemanete da ciò che stanno facendo 
  8. adottato il nuovo SW, verificate quali azioni non dovete più compiere perché sono diventate ridondanti
Qualcuno di voi ha altri consigli da condividere?

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martedì 18 dicembre 2012

Cosa motiva le persone a raggiungere un obiettivo?

Nel 2006, Ran Kivetz fece uno studio per comprendere meglio il fattore che spingeva un animale a lavorare per raggiungere un obiettivo.
Un topo in un labirinto, ad esempio, si muoveva più velocemente verso l'uscita se nelle vicinanze di questa veniva posto del cibo.

E per gli uomini? Valeva la stessa ipotesi? Una piccola ricompensa poteva spingerli ad impegnarsi maggiormente?

Uno dei suoi primi esperimenti dello studioso fu quello di studiare la risposta dei clienti di un bar davanti alle seguenti due situazioni:
  1. tessera punti con 10 caselle vuote. Al raggiungimento del decimo caffé, una bevanda in omaggio
  2. tessera punti con 12 caselle di cui due con un timbrino omaggio. Al raggiungimento del dodicesimo caffé, una bevanda in omaggio
All'apperenza non cambia nulla perché in entrambi i casi i clienti dovranno bere 10 caffé prima di averne uno in regalo ma - in pratica - le cose cambiano parecchio perché i clienti sono più propensi a consumare, a restare fedeli al bar, a scambiare due parole socievoli col barista e a lasciare una mancia nel secondo caso perché sono più motivate a centrare l'obiettivo. I due timbrini in omaggio hanno lo stesso scopo del cibo per il topo.

Recentemente, si è visto anche che le persone si focalizzano maggiormente su ciò che resta da fare per centrare un obiettivo che su ciò che già si è fatto e questo potrebbe contribuire a spiegare maggiormente il vecchio esperimento della tessera punti.
Alla luce di quanto detto, è importante che ricordiate ai vostri uomini ciò che hanno fatto per raggiungere un risultato ma, soprattutto, ciò che resta da fare. Gli obiettivi vanno monitorati attentamente e il loro progredire va condiviso con tutti coloro che sono impegnati a raggiungerli.

Solamente così avremo la garanzia che le persone si impegneranno al massimo per terminare il lavoro.

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lunedì 17 dicembre 2012

La descrizione delle parti (2)

Come abbiamo visto insieme venerdì scorso, creare uno standard per scrivere le descrizioni di un articolo vi faciliterà enormemente il lavoro.

Per procedere su questa strada, la prima cosa da fare è quella di sviluppare una sorta di dizionario aziendale che sia basato sulla terminologia del vostro settore e della vostra organizzazione.
Questo dizionario conterrà tutte le parole che potranno essere utilizzate alll'interno della descrizione com, ad es:

bullone - dispositivo di fissaggio filettato

Saranno queste parole a rappresentare la prima parte del campo "descrizione" di qualsiasi bullone utilizzato in azienda e chiunque leggerà queste parole avrà ben chiaro di cosa si stia parlando.

Potete, poi, standardizzare le altre informazioni includendole nella descrizione sempre nello stesso ordine, ad es.

formato-colore
bullone - dispositivo di fissaggio filettato 16x110 nero

In ultimo, standardizzate le abbreviazioni in modo che le persone non si debbano inventare le loro rendendo poi difficile una ricerca approfondita nei database.

bullone - dispositivo di fissaggio filettato 16x110 mm nero

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venerdì 14 dicembre 2012

La descrizione delle parti

Dopo aver visto brevemente i punti salienti della codifica delle parti, oggi inizieremo a esaminare la loro descrizione.

La caratterizzazione delle parti è un altro punto dove molte organizzazioni potrebbero avviare azioni di miglioramento. Alcune volte, infatti, sembrano fatte a caso con item simili che hanno descrizioni completamente differenti.

Basterebbe sviluppare una sorta di standard per compilare testi decisamente più utili anche perché descrizioni standardizzate facilitano enormemente la vita quando, ad esempio, si fa una query di ricerca per campi.

Chi di voi lavora in aziende dove esiste un sistema standardizzato per la rappresentazione delle parti? Come è impostato?

Ci aggiorniamo a lunedì per proseguire nel discorso ma, nel frattempo, ci piacerebbe leggervi.

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giovedì 13 dicembre 2012

Numerare le parti (3)

Come promesso ieri, affrontiamo ora il discorso SKU.

Molte aziende utilizzano i due termini "codice della parte" e "SKU" (stock keeping unit) in maniera intercambiabile ma questo è un grosso errore.
Il codice di una parte, infatti, identifica un item in maniera univoca mentre lo SKU è un codice che si riferisce a quell'item posto in una specifica posizione del magazzino e che, solitamente, è composto dal numero della parte e dall'identificativo della posizione.
Due item stoccati in due posti diversi daranno quindi origine a due SKU ma avranno un solo codice identificativo.

A partire da domani inizieremo ad esaminare la descrizione degli articoli. Non mancate!

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mercoledì 12 dicembre 2012

Numerare le parti (2)

Riprendiamo il nostro discorso sulla numerazione delle parti ricordando che lo scopo di un codice  identificativo è quello di assegnargli una sorta di "carta d'identità" che ci permetta di distinguerlo in maniera univoca tra tutte le altre parti.

Spesso le aziende fanno un errore assegnando lo stesso numero di parte a più di un item anche se queste parti possono essere utilizzate in maniera intercambiabile. Questo modo di procedere potrebbe persino sembrare logico ma non lo è. Basti pensare che un bullone da due centimetri e uno da due centimetri e mezzo sono due item differenti ma che, in alcuni casi, potrebbero essere utilizzati in maniera intercambiabile.

Un altro errore è quello di assegnare due codici differenti alla stessa parte . Una ragione potrebbe essere che fornitori e clienti utilizzano codici diversi per quel dato item. Ovviamente questo sarà devastante per il sistema dell'azienda, pensate solamente alla gestione del magazzino!
Alcuni ERP, però, permettono di associare a una parte più campi contenenti diversi codici e questo potrebbe risolvere, almeno parzialmente, il problema.

Domani affronteremo l'argomento SKU (stock keeping unit) analizzandolo dal punto di vista della codifica delle singole parti.Nel frattempo, aspettiamo le vostre considerazioni!

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martedì 11 dicembre 2012

Numerare le parti

Quando si identifica una parte con un codice, solitamente se ne sceglie uno nel quale ogni cifra/lettera abbia un significato specifico. Ad esempio, una lettera potrebbe identificare il colore mentre due cifre potrebbero indicare la grandezza e così via.

Quando si utilizza un sistema di codifica di questo tipo, ovvero un codice parlante, si è in grado, semplicemente leggendola, di avere ben chiara in testa la descrizione del nostro oggetto.

Questo modo di procedere ha però tre limiti:

1) spesso i nuovi assunti faticano ad imparare il sistema di codifica
2) nuove parti possono mal adattarsi a un sistema di codifica creato molto tempo prima
3) è facile fare errori di data entry dato che questi codici sono costituiti da lettere e numeri

Abbiamo poi un altro sistema di codifica, non supportato da un codice parlante. In questo secondo caso lettere e numeri non hanno un particolare significato e, spesso, si segue una logica numerica sequenziale.

Esaminando i tre limiti visti prima, in questo caso vediamo che due vengono facilmente superati:
1) non c'è un sistema di codifica da imparare
2) le nuove parti possono essere facilmente aggiunte in maniera sequenziale

L'unico svantaggio, in questo caso, è che parti simili possono avere codici completamente differenti.

Continueremo il discorso domani. Nel frattempo, ci dite quale tipologia di codifica utilizzate nelle vostre organizzazioni?

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lunedì 10 dicembre 2012

Impariamo a gestire le telefonate con il cliente

La rivista: "Il Dirigente" affronta il delicato argomento di come soddisfare le esigenze basilari di un cliente che si trovi a contattare telefonicamente l'azienda.
Ci terrei a sapere come la pensate sull'argomento perché io sono un pochino perplessa...

"Ogni volta che cambia l'impiegato devo riesporre le mie esigenze e ripetere le stesse domande: ecco la lamentela di un cliente".

(...)

"La necessità di passare una telefonata di richiesta di informazioni all'ufficio o alla persona competente dovrebbe costituire sempre più l'eccezione, piuttosto che la regola".

(...)

"Chiunque risponde al telefono dovrebbe poter fornire informazioni di questo tipo (listino prezzi, caratteristiche di un servizio, disponibilità di un prodotto, offerte speciali in corso n.d.r.), senza necessità di ricorrere alle persone competenti e agli esperti a patto naturalmente di avere di fronte a sé un terminale collegato a un adeguato database".

(...)

"Spesso viene fatto notare che, per vari motivi, può essere opportuno mettere in contatto un cliente che pone certe domande con una persona o un reparto specifico."

(...)

"Sarebbe sbagliato generalizzare su quali risposte standardizzare e quali fornire tramite un colloquio con un esperto: è una decisione che evidentemente riguarda le singole politiche aziendali.
E' consigliabile in ogni caso, per i quesiti in cui si ritiene opportuno passare la chiamata del cliente all'ufficio competente, porsi alcune domande. 
La prima è: quale maggior valore aggiunto produce, per il cliente, la risposta di un esperto rispetto a quella di un non esperto che può accedere velocemente all'informazione con un terminale? 
E ancora, il passaggio della chiamata all'esperto non è, per caso, motivato principalmente dalla carenza del sistema informativo che impedisce ai non esperti di accedere alle risposte?"

(...)

"Infine, ammesso che si riscontri un valore aggiunto per il cliente nel contatto con l'esperto, questo valore è tale, nella percezione del cliente, da giustificare i conseguenti maggiori costi non monetari (lo stress di ripetere più volte la domanda, il maggior tempo speso nella telefonata, ecc.)"

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venerdì 7 dicembre 2012

I vantaggi e i limiti del Kanban (5)

Il terzo limite del Kanban è:

I benefici della sua applicazione non sono immediati

Il Kanban è uno strumento che serve per migliorare ma che funziona per piccoli passi continui. Bisogna saper aspettare per percepire le conseguenze del cambiamento apportato.

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giovedì 6 dicembre 2012

I vantaggi e i limiti del Kanban (4)

Il secondo limite del Kanban è:

Un metodo difficile da comprendere

Il Kanban non è uno strumento di facile comprensione perché, ad esempio, dà per scontato che:

1) si lavori in squadra
2) responsabilità e ruoli siano ben specificati e, soprattutto, rispettati
3) si lavori per migliorarsi su base continua

Si basa essenzialmente su 5 pratiche comuni:

1) visualizzazione
2) prendere atto delle lavorazioni in corso e avere sempre ben chiara la situazione
3) misurare e gestire il flusso
4) rendere chiare le regole
5) migliorare grazie alla collaborazione di tutti

Domani vedremo insieme l'ultimo "limite" della metodologia. 
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mercoledì 5 dicembre 2012

I vantaggi e i limiti del Kanban (3)

Dopo aver visto i due principali vantaggi del Kanban, iniziamo ad esaminare i limiti di questa metodologia:

Non è applicabile se manca una buona formalizzazione

Il Kanban è uno strumento che si applica nel processo di miglioramento dei processi. Senza processi ben formalizzati, è impossibile utilizzarlo. Del resto, fortunatamente, per migliorare qualcosa occorre prima di tutto capire bene come funzioni e mettere nero su bianco le singole attività è il modo migliore per procedere.

Domani vedremo insieme un altro "limite", se così si può chiamare, della metodologia. 

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martedì 4 dicembre 2012

I vantaggi e i limiti del Kanban (2)

Il secondo vantaggio del Kanban è:

I lavoratori responsabilizzati

Sono i lavoratori che decidono di aumentare o diminuire il numero delle lavorazioni in corso al fine di ottenere una fluidità di lavoro che permetta di gestire al meglio le attività senza picchi o code e che garantisca un flusso abbastanza teso.
A titolo di esempio, se abbiamo tre operatori che fanno tre attività diverse in parallelo non lavoreranno insieme mentre, se faranno due lavori diversi in tre, saranno obbligati ad essere intercambiabili e a relazionarsi uno all'altro.

A partire da domani esamineremo, invece, i limiti principali di questa metodologia.

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lunedì 3 dicembre 2012

I vantaggi e i limiti del Kanban

Il Kanban è una metodologia di lavoro ideata da Toyota che la applica ancora oggi in tutti i suoi stabilimenti.

I vantaggi che derivano dalla sua applicazione sono molteplici e, in questi giorni, vedremo i due principali.
Partiamo dal primo:

Un lavoro più prevedibile e gestibile

Il Kanban limita il numero di lavorazioni all'interno di un processo o di un ciclo di lavoro. All'interno di ogni processo o ciclo viene accodata una nuova lavorazione solamente quando un'altra è terminata ed è uscita dal processo/ciclo.

Gli uomini che lavorano applicando questo strumento assicurano un flusso continuo di materiali, lavoro e prodotti finiti e sono certi che nessun inconveniente andrà a spezzare questo ritmo e questa armonia perché effettuano un certo numero di attività entro un certo periodo di tempo ben stabilito.

A domani per il secondo vantaggio.

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venerdì 30 novembre 2012

I passi principali per essere "lean"

State iniziando ora ad occuparvi di Lean thinking e avete paura di perdervi i fondamenti nella mole di informazioni che state raccogliendo? Se è così, provate a dare un'occhiata a quelli che - a nostro giudizio - sono i 5 step principali per iniziare a "diventare snelli".

Tutti a bordo, nessuno escluso
 
Assicuratevi che tutte le persone alle quali vi rivolgerete per implementare il progetto siano davvero coinvolte e pronte a garantire coi fatti oltre che con le parole l'appoggio al programma. 
State in mezzo a loro, ascoltate i loro discorsi, i dubbi, le perplessità. Aiutateli a capire affinché possano dare il loro contributo e portate allo scoperto gli scettici. Senza questo step fondamentale non riuscirete mai e poi mai a diventare un'organizzazione snella.

Formate un comitato di pilotaggio


Istituire un comitato ad hoc che pensi a rivedere i processi da implementare e a formulare tutte le raccomandazioni del caso non è obbligatorio ma è altamente raccomandabile. 
Assicuratevi che sia costituito da persone che appartengono a diverse aree aziendali perché possano offrire prospettive differenti nell'affrontare e coordinare il lavoro.  
Le aziende più aperte potranno consultare in questa fase anche i clienti e i fornitori che hanno già compiuto questo percorso e trarre da loro utili consigli.

Analizzare i processi

Questo è, probabilmente, lo step più difficile da mettere in atto in quanto è il più noioso e richiede tempo e pazienza perché i processi all'interno di qualsiasi organizzazione sono davvero molti. Tuttavia, una valutazione completa è fondamentale perché dovrà portarvi a stabilire quali operazioni di quelle che eseguite quotidianamenete vi diano valore aggiunto e quali no (queste ultime, ovviamente, andranno ridotte all'osso o - se possibile - eliminate). 


Impostate il progetto

Il progetto per implementare il Lean thinking va impostato bene per determinare quali metodologie verranno applicate per ogni processo, il modo in cui saranno attuate e come sviluppare un piano d'azione dettagliato.  

Iniziate impostando una data entro la quale volete implementare i vostri cambiamenti, cercando di essere realisti. 

Comunicate in maniera chiara

Comunicate in maniera chiara le modifiche e cercate di arrivarci con una condivisione da parte di tutte le persone che lavorano sui singoli progetti. 

Spiegate cosa volete ottenere e cosa vi aspettate da ognuno dei vostri colleghi, tenendo bene a mente che essere lean è qualcosa in continua evoluzione e non un punto di arrivo. Ci sarà sempre qualcosa che potrà e dovrà essere fatto per migliorare su base continua la qualità e la produttività.

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giovedì 29 novembre 2012

I 4 zero della TPM

Torniamo sul discorso della TPM o Total Productive Maintenance per fare il punto sui "quattro zero" ai quali questo strumento punta.

Riuscite ad elencarli?

No?

Allora guardate qui sotto!

1) Zero difetti
2) Zero sprechi
3) Zero fermi macchina
4) Zero incidenti

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mercoledì 28 novembre 2012

Qualche spunto dalla lettura di "Open" (3)

Chiudiamo la lettura dell'autobiografia di Andre Agassi, "Open" con il terzo e ultimo spunto che ne ho tratto per avviare una discussione con voi.

Agassi parla con il suo preparatore atletico Gil Reyes che introduce il concetto di cambiamento.
Un discorso motivazionale stupendo. Leggiamolo insieme.

(...)

"Andre, non proverò mai a cambiarti, perché non ho mai provato a cambiare nessuno. Se fossi stato capace di cambiare qualcuno avrei cambiato me stesso. Ma so che posso darti la struttura e il progetto per ottenere quello che vuoi."

(...)

"Sarò severo ma giusto. Ti guiderò senza mai spingerti. 

Non sono uno che esprime molto bene i suoi sentimenti, ma d'ora in poi sappi questo: ci siamo, ragazzo. 
Ci siamo. 
Sai che ti dico? Tu stai combattendo e puoi contare su di me fino all'ultimo uomo. 

Da qualche parte lassù c'è una stella con sopra il tuo nome. Forse non sarò capace di aiutarti a trovarla, ma le mie spalle sono forti e puoi salirci sopra mentre la cerchi-. Hai capito? Per tutto il tempo che vuoi. 
Sali sulle mie spalle e allunga la mano, ragazzo. Allungala." 


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martedì 27 novembre 2012

Qualche spunto dalla lettura di "Open" (2)

Continuiamo la lettura dell'autobiografia di Andre Agassi, "Open". Eccovi il secondo spunto che ne ho tratto per avviare una discussione cone voi.

Agassi si sta allenando ma, all'improvviso, chi lo segue deve assentarsi.
Prende il suo posto Gil Reyes che diventerà il suo preparatore atletico e che ci parla di obiettivi.


(...)

"Dopo qualche settimana Pat deve tornare a casa. Un'emergenza familiare. Busso alla porta dell'ufficio di Gil e gli riferisco che Pat è partito ma mi ha lasciato un programma da svolgere. 
Gli porgo il foglio con le istruzioni di Pat e gli chiedo se potrebbe aiutarmi a eseguirle.

Certo, risponde Gil."

(...)

"Ad ogni esercizio Gil inarca un sopracciglio. Osserva il programma di Pat, rigira il foglio tra le mani e aggrotta la fronte. Lo incoraggio a dire cos'ha in testa, ma lui si limita ad alzare ancora di più il sopracciglio. 

Mi domanda: qual è lo scopo di questo esercizio?
Non ne sono sicuro.
Ripetimelo, quanto tempo è che lo fai?
Un sacco di tempo.
Lo supplico di dirmi cosa ne pensa.

Non voglio pestare i piedi a nessuno, premette. Non voglio mettere bocca. Ma non posso mentirti: se qualcuno può scrivere il tuo programma d'allenamento su un foglio di carta, quel programma non vale il foglio su cui è scritto. 
Mi stai chiedendo di aiutarti a svolgere un allenamento che non tiene alcun conto di dove sei, di ciò che provi, di quello su cui ti dovresti concentrare. E non ammette cambiamenti.

Mi sembra un dioscorso sensato. Potresti aiutarmi? Magari darmi qualche consiglio?

Non lo so. Quali sono i tuoi obietivi?" 

A domani!
 
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lunedì 26 novembre 2012

Qualche spunto dalla lettura di "Open"

Su vostro consiglio, ho letto l'autobiografia di Andre Agassi, "Open", e ne ho ricavato qualche spunto che voglio proporvi qui sul forum.

A proposito, è un libro bellissimo ed è scritto divinamente bene da un premio Pulizier (J.R. Moehringer). Ve lo consiglio assolutamente!

Oggi si parla di "borsa degli attrezzi"...qual è la vostra? Come'è composta? Ne siete anche voi così gelosi?

(...)

"Darren esce alla chetichella e torna cinque minuti dopo con otto racchette incordate di fresco. Le appoggia sopra la mia borsa. Sa che voglio mettercele dentro io stesso.

Sono fissato con la mia borsa. La tengo meticolosamente organizzata e non penso di dovermi giustificare per questa mia mania dell'ordine. La borsa è la mia cartella, la mia valigia, la mia cassetta degli attrezzi, il mio contenitore di viveri. La mia tavolozza. 

Deve essere a posto, sempre. 

La borsa è ciò che porto con me quando scendo in campo e quando ne esco, due momenti in cui i miei sensi sono particolarmente acuti, per cui avverto ogni grammo del suo peso. Se qualcuno ci infilasse un paio di calzettoni a losanghe in più me ne accorgerei. 

La borsa da temnnis assomiglia molto al tuo cuore: devi sapere in ogni momento cosa c'è dentro."

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venerdì 23 novembre 2012

Capire le persone (4)

Ultimo appuntamento con "Mente & Cevello" e con l'articolo "Ti capisco al volo!"

(...)

"Giudizi metacognitivi distorti, autosopravvalutazione, errore di conferma, ecc. Possiamo fare qualcosa per eliminarli?
Certo! E' importante, per esempio, essere consapevoli dei fattori che ci hanno spinto al giudizio."

(...)

"Una misura efficace è esaminare in maniera consapevole le possibili fonti di errore, per esempio: la persona X mi sembra incapace. Ma ciò potrebbe dipendere dal fatto che non mi piace il suo aspetto esteriore e - per questo - penso che non abbia nemmeno le capacità necessarie e che la mia sia una deduzione priva di qualsiasi fondamento razionale?

Grazie a queste domande è più facile correggere i giudizi erronei"

Una seconda stretegia di correzione consiste nel contrastare la ritrosia a rivedere la nostra prima impressione. Le persone modificano il proprio atteggiamento inconscio solo quando elaborano informazioni contrarie, quindi con un intenso lavoro di riflessione.
Limitarsi a prendere atto delle informazioni non basta: cercate consapevolmente informazioni che contraddicono la vostra prima valutazione. Solo allora sarete in grado di capire che la persona in questione si comporta in maniera differente"

(...)

"Un terzo metodo è costituito da un'adeguata concentrazione interiore. Ciò vale soprattutto quando bisogna raggiungere obiettivi difficili."

(...)

"...i pregiudizi, ad esempio, diminuiscono quando le persone si ripromettono di non averne.

Chi adotta tutte e tre le strategie forse alla fine ammetterà che le persone che gli sembrano strane non sono così singolari come aveva pensato in un primo momento".

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giovedì 22 novembre 2012

Capire le persone (3)

Ancora "Mente & Cevello" e gli errori nel valutare gli altri:

(...)

"Un altro elemento che ci convince di saper capire le persone è il cosiddetto errore di attrbuzione fondamentale. In pratica tendiamo a ignorare le circostanze in cui la persona agisce, cercando il motivo del suo comportamento soltanto nel suo modo di essere.

Per esempio, quando incontriamo una persona aggressiva attribuiamo automaticamente questo comportamento al carattere e trascuriamo i fattori esterni, per esempio il fatto che la persona che abbiamo davanti sia stressata o abbia appena ricevuto una brutta notizia."

(...)

"Nell'errore di attribuzione fondamentale è evidente la tendenza a classificare se stesso in termini positivi e l'errore più frequente diventa quello per eccesso. Quando, per esempio, ci comportiamo in maniera sconveniente, tendiamo ad attribuire questa condotta alle circostanze: non abbiamo potuto farci niente"

(...)


"In generale gli individui che hanno commesso un errore si sentono vittima della situazione e ritengono scorretto che gli altri possano trarre da quel comportamento conclusioni sul loro modo di essere."

(...)

Concluderemo il nostro discorso domani, vedendo come possiamo allontanare da noi certi errori di giudizio.


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mercoledì 21 novembre 2012

Capire le persone (2)

Continuiamola lettura del numero di novembre di "Mente & Cevello"per vedere quanto, in realtà, le persone siano davvero capaci di capire al volo gli altri.

(...)

"Chi si giudica migliore di quel che è affronta meglio compiti difficili e forse per questo ottiene maggiori ricompense.

Nel giudicare gli altri, tuttavia, questa autosopravvalutazione, il più delle volte, fa sì che arriviamo a giudicarli peggiori di quel che sono. Sempre, infatti, valutiamo i nostri simili confrontandoli con noi stessi; con un'immagine, quindi, distorta in positivo"

(...)

"L'autosopravvalutazione procede di pari passo con un altro errore psicologico profondamente radicato: il cosiddetto errore di conferma, ossia la tendenza a confermare in continuazione i giudizi dati la prima volta, senza mai metterli in discussione."

(...)

"Proprio l'errore di conferma ci dà la sensazione di capire una persona al primo contatto. Negli incontri successivi, infatti, vediamo sempre confermato il giudizio iniziale. La colpa è dei processi cognitivi automatizzati in cui tutti i nuovi comportamenti osservati vengono equiparati a quel che ci aspettiamo"

(...)

"...vedendo un frammento che non si adatta a quella struttura, il nostro inconscio mette semplicemente da parte la tessera del puzzle. In questo modo continuiamo a mantenere l'immagine dell'altro che ci siamo fatti fin dal principio rimanendo convinti di capire le persone."

(...)

"La nostra attenzione assomiglia quindi a un faro nella notte: vediamo solo quello che si trova all'interno del cono di luce, ed è per questo che siamo tanto tenaci nel conservare i pregiudizi, anche quando disponiamo di informazioni che li smentiscono."

A domani per continuare insieme la lettura dell'articolo. Intanto, ci raccontante cosa ne pensate? Vi considerate bravi a capire le persone? Di solito ci azzeccate? Anche alla luce di quanto avete appena finito di leggere? ;o)

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martedì 20 novembre 2012

Capire le persone

Capire gli altri è semplice oppure, semplicemente, ci illudiamo di saperlo fare e la realtà è completamente diversa?
Il numero di novembre di "Mente & Cevello" cerca di fare un po' di chiarezza sull'argomento e, dunque, perché non leggere alcuni estratti del lungo articolo pubblicato visto che chi si occupa di Qualità lavora a stretto contatto con le persone e forse crede di aver sviluppato una sorta di sesto senso? ;o)

"Avete mai notato che molti dicono di capire al volo le persone mentre quasi nessuno afferma il contrario?"

(...)

"Ma è davvero così semplice capire se chi abbiamo davanti è presuntuoso, superficiale o generoso? O forse questa convinzione è soltanto il frutto della nostra fantasia?

Esiste tutta una serie di errori di giudizio, ben documentati dalla psicologia, a cui tutti crediamo nel valutare gli altri e che va oltre le nostre capacità. Con la consapevolezza di queste tendenze naturali, forse riusciremo a individuarle meglio nella vita di tutti i giorni e a contrastarle in maniera efficace"

(...)

"Le distorsioni nel giudizio si presentano con particolasre frequenza in un preciso ambito del nostro mondo interiore, quello della metacognizione, la riflessione sulle nostre conoscenze e capacità."

(...)

"...individui ben adattati al loro ambiente e normali convivono con una serie di cosiddette illusioni positive che pongono il proprio modo di vedersi in una luce migliore rispetto a quella dell'obiettività.
La maggior parte di noi, infatti, pensa che le proprie performance e le proprie capacità siano superiori alla media, in qualunque campo: ci riteniamo più intelligenti, più competenti e più attraenti del cittadino medio e altrettanto fanno anche quelli che pensano di capire la volo gli altri."

(...)

"...addiritturea la misura dell'autosopravvalutazione cresce di pari passo alla nostra incompetenza in un dato settore."

Si prepara un bel bagno di umiltà, non è vero? ;o) A domani per proseguire nella lettura della'rticolo. Non mancate!

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lunedì 19 novembre 2012

La gestione delle e-mail

La gestione delle e-mail all'interno di un'organizzazione è davvero fondamentale perché, se si capisce come vengono distribuite, si capisce anche come lavora un'azienda.

Gestire bene le e-mail significa concentrarsi sulle cose essenziali ma anche su certi dettagli. 
I 4 fattori critici di successo nella distribuzione delle e-mail sono:

1) le persone (motivazione e voglia di fare bene sono essenziali)
2) le infrastrutture (spazio per archivio elettronico, accesso disco e-mail, verifica sicurezza, backup, ecc.)
3) gli strumenti (programma di getsione e-mail semplice e accessibile)

4) le procedure (studio dei flussi per eliminare ridondanze nella distribuzione, creazione di liste di distribuzione, classificazione e-mail, ecc.)

Spesso, chi deve mettere ordine nella gestione delle e-mail è proprio il Responsabile della Qualità che, lavorando in staff con la Direzione, può avere una buona visione dell'intero processo. A chi di voi è capitato? Come avete gestito il processo?

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venerdì 16 novembre 2012

Avete letto l'articolo di oggi? Ne parliamo?

Ciao a tutti. Avete letto l'articolo che abbiamo pubblicato oggi su QualitiAmo?  Si parla dell'analisi dei costi e dei benefici, facendo un esempio realistico di come applicarla nelle nostre realtà lavorative.

C'è un modo migliore di procedere, però, rispetto a quello che abbiamo indicato noi. Avete voglia di provare a vedere se riuscite a individuarlo? Lo facciamo insieme?

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giovedì 15 novembre 2012

Alcune riflessioni sul servizio clienti

Chiunque inizi ad occuparsi di Qualità impara molto in fretta come il servizio clienti sia uno dei processi che meritano di essere maggiormente tenuti d'occhio per garantire un futuro sereno alla nostra organizzazione.

Abbiamo raccolto una serie di riflessioni che riguardano proprio quest'area e vogliamo condividerle con voi. Naturalmente potrete aggiungere tutte quelle che riterrete manchino per completare il nostro elenco.
  • Un cattivo servizio clienti è spesso la ragione principale della perdita di ordini e dell'abbandono da parte della clientela (si parla addirittura del 68% di clienti che, delusi dal customer service, decidono di interrompere ogni rapporto con l'organizzazione)
  • il 90% dei clienti che smettono di rivolgersi a un'azienda non si prende la briga di spiegare perché
  •  il 70% di chi è insoddisfatto non reclama mai con l'azienda perché pensa che sarebbe solamente una perdita di tempo, dato che il personale non ascolterebbe e, comunque, l'azienda non farebbe nulla per risolvere il problema
  • ogni cliente insoddisfatto parlerà con 9-10 altri potenziali clienti per spiegare perché non si è trovato bene con la vostra azienda
  • i clienti soddisfatti parleranno di voi solamente ad altri 5 potenziali clienti
  • ogni euro perso per un cliente che ci abbandona richiede ben 10 euro per trovarne uno nuovo e fidelizzarlo
  • il customer care è ciò che differenzia un'azienda dalla concorrenza
  • i primi 60 secondi di relazione tra il cliente e il servizio clienti formano indelebilmente l'impressione che quel cliente avrà del vostro servizio
  • i clienti sono disposti a pagare di più per avere un servizio migliore
  • il 95% dei clienti insoddisfatti è dispobile a comprare ancora dall'azienda che dimostri di gestire al meglio i reclami e di avere un buon servizio clienti
  • i clienti sono disposti a spiegare in quale aree, a loro giudizio, dovremmo migliorare. Chiederlo ci aiuta a migliorare i nostri processi
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mercoledì 14 novembre 2012

Dove cercare un collaboratore

Nel caso in cui qualcuno di voi si dovesse trovare nella condizione di dover ricercare un valido collaboratore, ecco le strade che è possibile percorrere:
  1. cercate tra i neolaureati: hanno voglia di farsi un'esperienza, sono freschi di studi e spesso riescono a comunicare una grande energia che - opportunamente incanalata - può fare un gran bene all'interno dell'organizzazione
  2. consultate le associazioni del vostro settore
  3. fatelo crescere all'interno della vostra realtà lavorativa. Questa spesso è la scelta tipica delle grandi aziende che possono permettersi di studiare percorsi di formazione ad hoc per accrescere le competenze professionali delle persone, destinandole a ruoli diversi da quello per il quale sono state assunte
  4. se vi servono competenze particolari, ad esempio una conoscenza specifica di un certo settore, valutate la possibilità di strapparlo alla concorrenza
  5. consultate i database delle persone prossime alla pensione (grande esperienza) o nelle liste di mobilità (disponibilità immediata)
  6. consultate periodicamente social network, forum, blog e siti del settore e cercate di conoscere profili interessanti ai quali sottoporre la vostra proposta di collaborazione
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martedì 13 novembre 2012

La presentazione "Ignite" o "Pecha Kucha"

Qualcuno di voi ha già sentito parlare di presentazioni "Ignite" o "Pecha Kucha"? Si tratta di presentazioni brevi strutturate in modo molto rigido.

Ogni relatore ha a sua disposizione 5 minuti di tempo per presentare 20 slide, quindi circa 15 secondi a slide. Le slide avanzano in modo automatico quindi chi presenta deve per forza di cose sottostare alle tempistiche decise in precedenza.

A questo tipo di eventi partecipano relatori che presentano ognuno il proprio lavoro. Queste presentazioni funzionano molto bene perché i relatori e gli argomenti si alternano ogni pochi minuti e per il pubblico è molto più semplice prestare attenzione.

Ovviamente nessuno di noi può permettersi di scomodare una serie di persone per far loro ascoltare una presentazione lunga solamente 5 minuti ma questi suggerimenti sono utilissimi per impostare meglio il nostro lavoro di relatori, imparando a creare delle mini interruzioni mentre presentiamo il nostro lavoro.
Avete idea di come si possa creare un break nella presentazione ogni 6-7 minuti? Proviamo a raccogliere le idee in modo pratico nel nostro Q-club (sezione del forum di QualitiAmo riservata agli utenti abilitati. Verranno abilitati tutti coloro che mostreranno di interagire parlando con gli altri, rispondendo a dubbi, formulando domande, riportando impressioni, ecc.)?

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lunedì 12 novembre 2012

Ricerca di un nuovo lavoro: di cosa non preoccuparsi (2)

Continuiamo il discorso iniziato venerdì, elencando le ultime due cose che non conviene provare a tenere sotto controllo quando ci si prepara a sostenere un colloquio di lavoro.

Dare un risposta immediata

Non preoccupatevi se avete bisogno di pensare prima di dare una risposta. Nessun esaminatore si aspetta di vedere seduto davanti a sé un robot in grado di rispondere senza pensare e farlo sarebbe, anzi, addirittura controproducente.

Dopo aver ascoltato la domanda, dunque, rispondete con: "ottima domanda. Mi dà un momento per raccogliere le idee e risponderle nel migliore dei modi?" State certi che chi vi siede davanti apprezzerà la vostra professionalità e la vostra serietà.

Non essere qualificati al 100 per cento

Anche quella di non avere tutti i requisiti necessari per partecipare al colloquio è una paura inutile perché, ancora una volta, se l'esaminatore vi ha convocato è perché ritiene di aver comunque visto qualcosa di interessante nel vostro curriculum.

Avrete dei concorrenti più qualificati di voi contro i quali "combattere" per conquistarvi quel posto di lavoro? Certamente sì ma concentrarvi solamente su questo vi farà uscire fuori di testa.
Pensate invece al perché siete lì e a cosa potete offrire al vostro ipotetico futuro datore di lavoro.

Buona foruna!

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venerdì 9 novembre 2012

Ricerca di un nuovo lavoro: di cosa non preoccuparsi

Vi abbiamo spiegato molte volte cosa tenere sotto controllo quando iniziate a cercare un nuovo lavoro ma ci sono cose che, per quanta attenzione possiate fare e per quanta accuratezza possiate mettere nella vostra preparazione, non potrete tenere sotto controllo. Vale la pena, dunque, non preoccuparsene troppo per non perdere in serenità, stressandoci prima di un colloquio.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Il voto ricevuto a scuola (scuola superiore, laurea)

Quel che è fatto è fatto e, ormai, non potete più incidere sul voto con il quale i vostri insegnanti vi hanno giudicato. Tra l'altro, se all'esaminatore il vostro profilo non fosse parso adatto alla selezione in corso, non vi avrebbe mai chiamato quindi preoccuparsi del voto è del tutto inutile.

Chi vuole introdurvi nel mondo del lavoro o calarvi in una nuova realtà professionale è decisamente più interessato alla vostra esperienza, alle competenze e al talento naturale che si evidenziano nel vostro curriculum e che dovrete essere in grado di riprodurre in un colloquio a tu per tu.

Indovinare quali domande vi verranno fatte

Tanti, tantissimi di voi continuano a chiederci se abbiamo nuove domande, oltre a quelle già presentate, che possano costituire il piatto forte di un colloquio di lavoro. Il fatto - però - è che prepararsi è utile e può aiutare a tranquillizzarsi quelli tra voi che sono più ansiosi, sarà impossibile controllare tutto e potrete sempre aspettarvi la domanda che vi metterà in crisi perché inattesa.

Cercate dunque di pensare che avete le competenze giuste per sostenere quel colloquio e provate a comunicare in modo efficace, spiegando come affrontereste ciò che vi è stato chiesto.

Lunedì continueremo il discorso. Non mancate!

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giovedì 8 novembre 2012

Strumenti analitici per Lean thinking (6)

L'ultimo strumento del quale ci occuperemo in questa panoramica degli strumenti più semplici da utilizzare ed applicare nell'ambito del Lean thinking sarà quello delle carte di controllo.

Le carte di controllo, o control chart, rappresentano uno strumento per il controllo statistico di processo che può essere utilizzato per determinare se un processo è in uno stato di controllo statistico o meno ed apportare, in quest'ultimo caso, le necessarie correzioni. L'analisi dei dati del grafico ci informa, dunque, se il processo è stabile oppure no.  
noltre, i dati raccolti attarverso di esso possono essere utilizzati per prevedere l'andamento futuro del processo.
 
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mercoledì 7 novembre 2012

Strumenti analitici per Lean thinking (5)

Lo strumento che esamineremo oggi è chiamato diagramma a lisca di pesce, o diagramma "causa ed effetto" o, ancora, diagramma di Ishikawa dal nome del suo inventore: Kaoru Ishikawa.  

Qualunque sia il nome con cui preferite chiamare questo tool, sappiate che il diagramma a lisca di pesce è un ottimo strumento per approfondire un problema quando abbiamo bisogno di determinarne la causa principale e siamo in possesso di molte opinioni da parte di coloro che lavorano a stretto contatto con il processo da esaminare (ricordiamo, infatti, che questo è l'ennesimo strumento da applicare ai nostri processi in ambito Lean thinking).  

Grazie a questo diagramma potremo definire chiaramente l'effetto da studiare e poi riflettere su quali possano essere le possibili cause, in base alle categorie di problemi comuni nel vostro settore di riferimento.
 
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martedì 6 novembre 2012

Strumenti analitici per Lean thinking (4)

Il terzo strumento molto utile per iniziare ad applicare il Lean thinking (dopo quelli dell'analisi input-output e del diagramma di flusso) è il principio di Pareto o regola dell'80/20.

Questo strumento è utile per comprendere che la maggioranza degli effetti è dovuta a una minoranza di cause. Un semplice studio dei vostri dati, infatti, potrà facilmente mostrare che:

- la maggioranza (80%) dei vostri profitti proviene dal 20% dei vostri clienti 
- l'80% dei reclami proviene dal 20% dei clienti
- l'80% delle vendite si deve al 20% dei vostri prodotti
- l'80% dei vostri errori è legato al 20% dei processi

Non male, dunque, per capire su quali problematiche concentrarsi per migliorare la redditività, l'efficacia e l'efficienza.


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lunedì 5 novembre 2012

Strumenti analitici per Lean thinking (3)

Come anticipato la scorsa settimana, lo strumento di analisi che andremo ad esaminare oggi è il diagramma di flusso.

Quella del diagramma di flusso è una tecnica semplice che ci consente di rappresentare facilmente una sequenza di attività all'interno di un processo. Questo strumento è utile per spiegare ed evidenziare le relazioni e le dipendenze che possiamo riscontrare all'interno di un processo.  

Oltre a questo, il flowchart è uno strumento utile per spiegare, valutare e analizzare i modi per migliorare l'efficacia del processo che stiamo esaminando perché è semplice tracciare sulla carta la situazione di partenza e quella auspicata e vedere come dobbiamo operare per implementare i miglioramenti progettati.  

I diagrammi di flusso sono utili nell'applicazione del Lean thinking perché, grazie a loro, si può separare in modo chiaro l'azione che fornisce valore da quell'operazione che non fornisce alcun valore aggiunto.

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venerdì 2 novembre 2012

Strumenti analitici per Lean thinking (2)

Il primo strumento che esamineremo per incominciare ad utilizzare sul campo i dettami del Lean thinking è l'analisi degli input e degli output.

Questa semplice tecnica ci permette di definire un processo, esaminandolo mentre si interfaccia con l'ambiente in cui opera e con altri processi all'interno di un sistema.  

L'analisi inizia con la definizione di tutti gli input necessari per il buon funzionamento del processo che, grazie a loro, dovrà dare origine a certi risultati specifici e definiti (output).  
diagrammi di flusso (di cui parleremo lunedì) ci permettono di rappresentare rapidamente e chiaramente il processo sotto esame. Lo scopo, però, in questo caso non sarà quello di descrivere la sequenza di attività necessarie per il suo buon funzionamento ma solamente quello di identificare ciò che vogliamo ottenere (output) con ciò che forniamo in origine al processo (input).
 
E' a queste due caselline del diagramma di flusso (ovvero sulle loro interdipendenze) che dovremo, dunque, porre tutta la nostra attenzione.

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mercoledì 31 ottobre 2012

Strumenti analitici per Lean thinking

Nell'applicare i principi del Lean thinking per migliorarci, dobbiamo iniziare con la comprensione del panorama dei nostri processi "as-is", ovvero così com'è prima di apportare qualsivoglia modifica. 

In genere, ogni organizzazione ha un sacco di dati "grezzi" memorizzati da qualche parte che non sono mai stati utilizzati per alcuna analisi semplicemente perché non si sapeva cosa farne. Scoprire come utilizzarli e imparare a usarli al meglio è un passo fondamentale nel nostro cammino verso il miglioramento.  

C'è un buon numero di tecniche analitiche che possiamo utilizzare e che, a volte, sono davvero estremamente semplici da comprendere e da applicare. 
Dato che ogni obiettivo o problema da risolvere è diverso dall'altro, le tecniche da utilizzare potranno variare da situazione a situazione. Tuttavia conoscere gli strumenti principali vi permetterà di affrontare già una buona percentuale di casi.

A partire da venerdì torneremo a parlare, dunque, dei più importanti strumenti di analisi che è possibile utilizzare per acquisire conoscenze relativamente alle problematiche più comuni riscontrabili nelle nostre aziende. 
 
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martedì 30 ottobre 2012

L'"arte" di misurare i processi

Misurare le performance significa quantificare l'efficacia (capacità dell'azione di centrare gli obiettivi posti) e l'efficienza (capacità di centrare il massimo risultato col minimo dispendio di risorse) delle singole azioni che li compongono.
Efficacia ed efficienza vanno considerate rispetto alle tematiche più importanti all'interno del processo: costi, qualità, puntualità, persone, fornitori, mercati, ecc.

Un'analisi del flusso del valore è fondamentale per ottenere efficacia in modo efficiente. Rivisto il processo là dove occorre (tramite il Business Process Reengineering), potremo fissare degli indicatori che lo mantengano monitorato per vedere se soddisferà i criteri che abbiamo stabilito.

Gli indicatori potranno appartenere a due diverse tipologie:
  • complessi: riflettono la "fotografia" dell'intero sistema di cui fa parte il nostro processo. Se, ad esempio, stessimo analizzando in generale i reparti produttivi gli indicatori complessi ci direbbero il buon stato o meno dell'intera Produzione (ad esempio: efficienza della produzione, movimentazione dei magazzini, WIP - Work In Process, produttività, ecc.)
  • specifici: si riferiscono a un processo particolare e ne studiano l'impatto sul sistema in generale. Nell'esempio di prima riferito alla produzione sarebbero, ad esempio: tasso di scarti di un processo, percentuale di resi riferibili a un processo, tempo speso per l'attrezzaggio delle lavorazioni di quel processo, tempi ciclo dei prodotti di quel processo, ecc.
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lunedì 29 ottobre 2012

Evitare i conflitti all'interno del team (3)

Avete mai pensato al fatto che le persone sono spesso in difficoltà a rispondere "no" quando chiedete loro qualcosa? E' abbastanza comune, infatti, che certi colleghi, pur non ritenendosi in grado di fare un certo lavoro, non trovino il coraggio di dissentire quando qualcuno chiede loro di assumersi certe responsabilità.

Alla lunga, ovviamente, nascono dei conflitti soprattutto quando questi professionisti si ritengono inferiori ad altre persone che collaborano con loro all'interno di un team o quando i loro compagni di squadra non li considerano all'altezza.

Il terzo consiglio per evitare problemi quando si gestiscono gruppi di persone è, dunque, quello di prevedere se una persona sarà in grado di fare qualcosa che vogliamo chiedergli oppure no. Parlatene anche con lei ma siate franchi e spiegate bene in cosa consisterà il lavoro, non omettendo alcun particolare. Chiedete, inoltre, alla persona di manifestare ogni dubbio che dovesse avere perché, una volta accettato il lavoro, dovrà essere in grado di farlo nel migliore dei modi.

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venerdì 26 ottobre 2012

Evitare i conflitti all'interno dei team (2)

I conflitti si manifestano all'interno di un gruppo di lavoro perché, spesso, non vengono definiti chiaramente i ruoli che le singole persone dovranno ricoprire all'interno del team. Ecco, dunque, un secondo modo, dopo quello visto ieri, per bloccare sul nascere eventuali discussioni animate.

Lasciate spazio per l'interpretazione del lavoro da svolgere (la creatività è importante, così come è importante sapere fino dove potete spingervi nel delegare certi compiti!) ma mettete paletti chiari su ambiti e responsabilità.

Siate, inoltre, sempre disponibili a lodare non solo il lavoro dell'intero gruppo ma anche quello dei singoli individui, riconoscendo loro la bravura come singoli professionisti ed evidenziando le loro caratteristiche peculiari che sono state così utili nel lavoro del gruppo.

Lunedì chiuderemo questo discorso con un ultimo consiglio che vi permetterà di fermare sul nascere eventuali conflitti o, ancora meglio, di evitarli del tutto.

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giovedì 25 ottobre 2012

Evitare i conflitti all'interno dei team

Quando stannoper nascere conflitti all'interno di un team, si può provare a girare la situazione trasformandola in qualcosa di positivo anche per stimolare un sano dibattito e aiutare le persone a reagire meglio a critiche o provocazioni.

La cosa migliore è lodare chi prova a frenare/risolvere il conflitto, mutandolo in una discussione costruttiva e stigmatizzare il comportamento di quanti si lasciano invece andare ad atteggiamenti distruttivi, chiudendosi a riccio e rifiutando il confronto con gli altri.

Domani vedremo un altro modo per stoppare sul nascere i conflitti in un gruppo di lavoro. Nel frattempo, se volete, potete darci qualche spunto che avete fatto vostro per riuscire in questo compito non sempre facile.

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mercoledì 24 ottobre 2012

Il manager della sostenibilità

Su Greenreport abbiamo letto un articolo interessante su una "nuova" figura professionale che sta facendosi strada nel mondo del lavoro e che, probabilmente, molti dei nostri lettori troveranno interessante per via della loro formazione e dei loro interessi nel campo del lavoro. Si tratta del manager della sostenibilità.

Come scrive Greenreport: "nella fascia occupazionale di "primo livello" si è affacciata da qualche tempo la figura professionale del manager della sostenibilità o responsabilità sociale d'impresa, che è presente ormai nel 40% delle aziende quotate. 

(...)

In poco più di 5 anni, il numero dei manager della sostenibilità è più che quadruplicato passando da 90 a 373 addetti a tempo pieno, solo considerando le società quotate ma si tratta di uno sbocco professionale che ha ancora grandi margini di crescita considerato che molte aziende stanno strutturando in modo organico la gestione delle loro politiche di sostenibilità anche per rispondere ad una normativa comunitaria sempre più esigente.

(...)

Tra le attività svolte dal manager della sostenibilità figurano quelle connesse a: gestione e implementazione del sistema ambientale dell'azienda; l'implementazione della sicurezza di prodotto e lo sviluppo di eventuali soluzioni per categorie svantaggiate; le attività di conciliazione famiglia-lavoro a favore dei dipendenti e la tutela delle pari opportunità; lo sviluppo di dei fornitori in base a criteri socio-ambientali e al rispetto di codici etici; l'attività di risposta ai criteri di società di rating etico, la comunicazione verso l'interno e la rendicontazione delle politiche di sostenibilità verso l'esterno"

Chi volesse approfondire leggendo l'intero articolo, potrà farlo andando direttamente sul sito di Greenreport.

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martedì 23 ottobre 2012

Gli indicatori (3)

Terza e ultima "puntata" del nostro discorso sugli indicatori

Spesso c'è chi crede che avere solamente 3 o 4 macroindicatori per valutare un'organizzazione sia poco ma questo dipende, ovviamente, dalla grandezza dell'azienda ma, soprattutto, non significa che gli indicatori siano solamente 4 in assoluto visto che ogni area aziendale avrà, a sua volta, altri 3 o 4 indicatori che supporteranno i principali.
Se, ad esempio, un indicatore di prestazioni dell'azienda è l'"aumento della customer satisfaction", si svilupperanno indicatori diversi nei singoli reparti. 

La Produzione potrà avere come indicatore il "numero di unità respinte dal Controllo Qualità", mentre il Commerciale avrà, ad esempio, l'"attesa di un cliente prima di avere una risposta da un addetto del reparto Commerciale".  
Il successo delle vendite e dei reparti produttivi nel soddisfare i loro rispettivi indicatori dipartimentali  aiuterà l'azienda a raggiungere il suo obiettivo globale. 

Un cattivo indicatore e un buon indicatore


Cattivo:

    
Titolo dell'indicatore: aumento delle vendite
    
Definizione: variazione del volume delle vendite di mese in mese
    
Misurazione: totale delle vendite per area 

    Obiettivo: aumentare ogni mese
Cosa manca secondo voi per fare di questo cattivo indicatore un buon indicatore?  

Ad esempio:
- in quale unità verrà misurato l'aumento delle vendite?  
- se in euro, si misura il prezzo di listino o il prezzo di vendita? 
Vi viene in mente altro?
Buono:

    
Titolo dell'indicatore: turnover del personale
    
 Definizione: il numero totale di dipendenti che si dimettono per qualsiasi motivo sul totale diviso per il numero di dipendenti presenti all'inizio dell'anno.
    Misurazione
: il dipartimento del Personale detiene le registrazioni di ciascun dipendente. Vanno estrapolate le motivazioni che hanno portato all'allontanamento di una persona. La misurazione sarà semestrale e verrà fatta raccogliendo i dati direttamente dal sistema informatico
    
Obiettivo: ridurre il turnover dei dipendenti del 5% all'anno.


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lunedì 22 ottobre 2012

Gli indicatori (2)

Continuiamo il discorso iniziato venerdì scorso sugli indicatori specificando che, se è vero che un indicatore può assumere qualsiasi valore, è anche vero che ci deve essere un modo per definire con precisione come misurarlo.  
Un indicatore quale: "numero di nuovi clienti" potrebbe essere utilissimo, se associato ad un'azione che li ha determinati, ma diventa del tutto inutile e di difficile gestione se l'organizzazione non ha un modo rapido per distinguere tra nuovi clienti e clienti vecchi. 
Anche: "essere l'azienda più famosa del settore" non funziona come un indicatore di prestazioni, perché è difficile misurare in maniera oggettiva la popolarità di un'organizzazione e confrontarla con quella di altri.
Una volta scelti e definiti gli indicatori, è anche importante mantenerli almeno per il tempo necessario a raccoglierne i frutti perché, se continuassimo a cambiarli di mese in mese, alla fine dell'anno non avremmo nulla su cui ragionare. Meglio, dunque, non avere indicatori buttati giù a caso ma ponderarli per bene. Se come misurazione, ad esempio, scegliete l'"aumento delle vendite" deve essere chiaro a tutti come considerarlo se per unità vendute o per valore delle vendite. E se avessimo un reso? Andrebbe detratto dalle vendite che abbiamo generato? E la vendita come va registrata, al prezzo di listino o al prezzo di vendita effettivo? 




Come vedete le cose da chiarire per ogni indicatore possono essere moltissime.
È inoltre necessario fissare obiettivi per ogni indicatore e renderli misurabili. Attenzione però! Molte cose sono misurabili ma questo non le rende la chiave per il successo di un'organizzazione. Nel selezionare gli indicatori chiave è, dunque, fondamentale limitarsi a quei fattori che sono essenziali per l'azienda per il raggiungimento della sua vision nel tempo.  


In ultimo, sarà fondamentale avere pochi indicatori per mantenere l'attenzione di tutti concentrata sul raggiungimento degli obiettivi che ci siamo posti. 

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