lunedì 31 agosto 2009

Introduzione al concetto di "servizio"

Qual è il significato più profondo della parola servizio?

Possiamo esplicitare il concetto in questo modo: "fornire valore aggiunto al cliente, facilitando il raggiungimento dei suoi obiettivi senza aggiungere rischi e costi inutili al prodotto".

La gestione del servizio, dunque, il terreno dove in questi anni si sta giocando la competizione tra concorrenti, non è altro che un insieme di capacità specifiche dell’organizzazione che deve assicurare al cliente di essere allineata con le sue esigenze e con quelle del business di settore.

Gestire il servizio ha un significato più profondo del semplice "fornirlo".
Ogni servizio, processo o componente dell’infrastruttura, infatti, ha un proprio ciclo di vita e la gestione del servizio deve prenderlo interamente in considerazione a partire dalla strategia che c’è alla base, passando per la sua progettazione, erogazione e miglioramento continuo.

Per fornire davvero un servizio ai nostri clienti, dunque, dobbiamo prima imparare a gestirlo.

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venerdì 28 agosto 2009

Come migliorare un audit

Sono tante le cose che possiamo fare per rendere migliore un audit e per farne un reale strumento teso al miglioramento. Ad esempio:

- le domande, oltre che vertere sulle norme di riferimento e sui processi, potrebbero riguardare anche scenari ideali di miglioramento

- nell'audit potrebbero essere coinvolti anche i fornitori e i clienti interni del processo

- tutta la documentazione della verifica potrebbe essere prepata e distribuita in elettronico con un netto risparmio di carta, tempo necessario alle stampe, tempo necessario alla distribuzione, ecc.

- l'audit potrebbe concentrasi per una certa percentuale di tempo sulle best practice di riferimento per il settore/processo in modo da diventare un modo nuovo di presentarle all'organizzazione

Vi vengono in mente altre idee?

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giovedì 27 agosto 2009

Quanto costano gli audit?

Quality Progress ha pubblicato di recente una tabella piuttosto interessante sui costi delle verifiche ispettive interne.

Vi riportiamo i dati più interessanti per indurre una riflessione su quanto un audit debba essere preparato bene per essere efficace e non incidere inutilmente sui costi aziendali:

Per un'azienda di 50 persone sono previsti:

- 1 formatore
- 2 auditor
- una copertura del 30% (15 persone auditate)
- 64 ore di formazione
- 90 ore per preparare il materiale dell'audit e del follow-up
- 30 ore di audit effettivo
- 214 ore in totale
- 13.000 dollari all'anno

Per un'azienda di 200 persone sono previsti:

- 1 formatore
- 5 auditor
- una copertura del 20% (40 persone auditate)
- 112 ore di formazione
- 240 ore per preparare il materiale dell'audit e del follow-up
- 80 ore di audit effettivo
- 512 ore in totale
- 31.000 dollari all'anno

Per un'azienda di 1000 persone sono previsti:

- 1 formatore
- 10 auditor
- una copertura del 15% (150 persone auditate)
- 192 ore di formazione
- 900 ore per preparare il materiale dell'audit e del follow-up
- 300 ore di audit effettivo
- 1692 ore in totale
- 102.000 dollari all'anno

Per un'azienda di 20.000 persone sono previsti:

- 4 formatore
- 40 auditor
- una copertura del 10% (2.000 persone auditate)
- 768 ore di formazione
- 12.000 ore per preparare il materiale dell'audit e del follow-up
- 4.000 ore di audit effettivo
- 20.768 ore in totale
- 1.246.000 dollari all'anno

Cosa ne pensate? Vi sembrano cifre realistiche? Quali sono le vostre esperienze in merito?

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mercoledì 26 agosto 2009

Organizzare le conoscenze con l'approccio della Qualità

Le conoscenze dei singoli, se non sono ben organizzate e fruibili, non servono a nulla.

L'approccio alla Qualità ci insegna proprio come rendere utilizzabili le nostre conoscenze per crescere e migliorare.

In particolare, sono due i settori nei quali un Sistema Qualità ci può essere di supporto per costruire il nostro "body of knowledge", il sapere aziendale:

1) promuovere l'ordine

2) promuovere il cambiamento e la crescita

Per promuovere l'ordine attraverso una riorganizzazione e una razionalizzazione delle conoscenze possiamo scrivere le procedure, pensare ad alcuni test che siano di supporto nel controllare il nostro lavoro, effettuare audit ed ispezioni, caldeggiare il controllo statistico di processo, mappare i nostri processi, ecc.

Riusciremo a promuovere il cambiamento, invece, attraverso l'introduzione di metodologie della Qualità come il Six Sigma, il TRIZ, il benchmarking o il brainstorming tutti strumenti utilissimi per mettere in circolo le conoscenze di ognuno e farle diventare un solido bagaglio culturale per l'intera organizzazione.

E a voi vengono in mente altri esempi?

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martedì 25 agosto 2009

"Gli sprechi non sono etici"

"Gli sprechi non sono etici".

E' questa la strategia di lungo termine di Sergio Marchionne alla quale dovranno iniziare ad abituarsi in Chrysler, almeno alla luce delle dichiarazioni che sono rimbalzate ieri da Detroit e alle quali il Detroit News ha dato ampio risalto.

Le agenzie italiane hanno battuto la notizia della riorganizzazione di Chrysler in un'ottica di efficienza, sottolineando come il modello Fiat abbia piacevolmente sorpreso i dipendenti americani che, al loro rientro dalle ferie, hanno trovato pareti tinteggiate a nuovo, l'annuncio del piano "World Class Manufacturing", una scritta di bentornati al lavoro ma anche la ferrea decisione di condurre una lotta senza quartiere agli sprechi che passano, ad esempio, attraverso i movimenti inutili degli addetti, i rallentamenti dei flussi di lavoro o le troppe movimentazioni dei materiali, come ci insegna Taiichi Ohno.

Il giornale americano, in verità, parla anche di una sorta di piccolo shock dovuto al cambiamento radicale delle abitudini quotidiane come, ad esempio, il probabile obbligo di indossare una divisa e il divieto di portare presso la propria postazione di lavoro più di una bottiglia di acqua alla volta, secondo le regole più ferree della metodologia delle 5S che predica ordine, pulizia e razionalizzazione dell'ambiente di lavoro.

La rivoluzione targata Fiat punta ad aumentare l'efficienza con un migliore utilizzo delle risorse umane, a partire dalla formazione di gruppi di lavoro snelli e dinamici nei quali i dipendenti sono addestrati a svolgere tutti i lavori e non solo uno come nella vecchia tradizione.
Ridotto il numero dei supervisori, ai singoli responsabili dei gruppi verrà, invece, data maggiore responsabilità perché, come la filosofia dell'eccellenza ci insegna, la prima qualità si fa presso il "genba" (in giapponese "postazione di lavoro") e non negli uffici con moquette e aria condizionata.

Venti i pilastri dell'efficienza sui quali verrà rifondata Chrysler che, attraverso una riduzione dei margini di errore, un piano di formazione intensiva per tutti i livelli e una maggiore precisione, si appresta ad entrare in una stimolante gara con gli altri stabilimenti Fiat per stabilire chi si meriterà, alla fine, la palma di impianto più efficiente.

Oltre a questo, per ora, non si sa altro perché, nonostante in Italia si dica che Chrysler si appresta a diventare più "aperta e trasparente", il Detroit News sottolinea maliziosamente che gli operai americani intervistati hanno richiesto l'anonimato perché hanno il divieto di parlare con i giornalisti.

Un'unica certezza, dunque. Il metodo di produzione Toyota, già adottato in precedenza dal colosso americano con scarsi risultati, verrà ora implementato sul serio. Niente più auto portate alla fine della produzione per poi correggerne eventuali difetti ma lineee produttive bloccate immediatamente alla prima avvisaglia di problemi e massima attenzione a non sprecare perché gli sprechi l'automotive non se li può più permettere oltre a non essere più politicamente corretti.

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lunedì 24 agosto 2009

Tipologie di indicatori

Per poter effettuare una "fotografia" veritiera e un monitoraggio continuo del nostro Sistema di Gestione per la Qualità abbiamo bisogno di due tipologie di indicatori:

- Indicatori di risultato: sono indicatori che misurano "a posteriori" se abbiamo gestito e/o operato efficacemente ed efficientemente

- Indicatori di performance dei processi: sono gli "indicatori guida", detti anche "indicatori anticipati". Da essi derivano i risultati misurati che consentono di gestire e/o operare in funzione dei risultati voluti (non si possono gestire i risultati ma solo quei fattori di processo che li determinano)

Vediamo un esempio chiarificatore: una elevata frequenza di guasti dei nostri macchinari è un indicatore di risultato. Si può pensare di ridurla incrementando le attività di manutenzione preventiva e predittiva e la loro efficacia (indicatori di performance dei processi manutentivi).

Vi vengono in mente degli altri esempi?

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venerdì 21 agosto 2009

A cosa servono gli indicatori?

La norma ISO 9001 prescrive di individuare e di mantenere monitorati degli indicatori per ogni processo che compone il nostro Sistema Qualità.

Gli indicatori sono essenziali sia per poter gestire (Juran: "Non si può gestire ciò che non si misura"), sia per orientare i comportamenti.

Dunque, si misura per:

- capire se si stanno raggiungendo gli obiettivi prestabiliti

- individuare opportunità di miglioramento

- quantificare i miglioramenti realizzati

- fare confronti con altre realtà, interne o esterne, all'azienda

- condividere i successi, motivando e stimolando cambiamenti e miglioramenti

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giovedì 20 agosto 2009

Modello di maturità di un Sistema Qualità

Come ben sappiamo, un Sistema di Gestione della Qualità può avere diversi gradi di sviluppo.

Proviamo a vedere come si possono identificare rapidamente:

1) "Pompieraggio": il sistema è focalizzato solo sulla gestione dell'emergenza, sulla soluzione delle non conformità e dei reclami individuati dai clienti

2) "Mantenimento": il sistema è focalizzato sulla prevenzione che aiuta ad evitare problemi, non conformità e reclami

3) "Sviluppo": il sistema si focalizza sull'incremento della disponibilità di risorse e di volontà per migliorare e progredire nel percorso della Qualità

4) "Innovazione": il sistema è focalizzato sul miglioramento e sull'ottimizzazione di efficienza e di efficacia

E il vostro sistema in quale gruppo si inquadra?

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mercoledì 19 agosto 2009

Che tipologia di innovatori siete?

Ieri abbiamo parlato di innovazione e abbiamo spiegato quanto sia importante per restare sul mercato e per affrontare le crisi.

C'è modo e modo, però, di innovare. Vi siete mai chiesti voi che tipo di innovatori siete?

Sono essenzialmente tre i gruppi di innovatori che vengono riconosciuti in base ai progetti di innovazione che sanno mettere nel loro portafoglio e all'accelerazione che sanno imprimere alle organizzazioni:

ME TOO: sono coloro che trasferiscono nella propria organizzazione sistemi già utilizzati dai concorrenti. Fanno in modo che l'assetto dell'azienda venga migliorato ma non riescono a trarre reali vantaggi competitivi da queste metodologie

MIGRATORI: sono coloro che importano o imitano metodologie e cambiamenti non ancora adottati dalla concorrenza e capaci di generare importanti valori addizionali di competitività sia diretti che indiretti.

PIONIERI: sono coloro che riescono a creare e ad adottare innovazioni organizzative e/o tecnologiche che anticipano tutti gli altri e aprono nuove vie e prospettive rilevanti.

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martedì 18 agosto 2009

Essere orientati all'innovazione

Come abbiamo già visto in passato, l'innovazione è fondamentale per rimanere sul mercato e per superare crisi come quella che stiamo affrontando in questi mesi.

Per acquisire posizioni di vantaggio competitivo è fondamentale avere contenuti adeguati in termini di risorse, capacità creativa e, soprattutto, managerialità.

Chi persegue obiettivi di eccellenza dovrebbe sempre puntare a progetti innovativi per creare maggiore valore. Ad esempio:

- inserire le criticità nel trinomio: Uomo - Sicurezza - Ambiente e gestirle con elevato grado di prevenzione (risk analisys)

- adottare strutture organizzative sempre più snelle ed efficienti

- integrare il sistema dal design alle best practices

- valutare in modo sistematico e continuo sia le performance interne che quelle esterne

- adottare modifiche tecnologiche che migliorino efficienza e disponibilità degli impianti

- gestire la terzializzazione dei lavori secondo i criteri del project management

- certificare la professionalità dei propri collaboratori

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lunedì 17 agosto 2009

Concentrarsi su poche variabili: l'errore di IBM

Oggi vogliamo darvi una "pillola" di saggezza nell'ambito delle strategie.

Concentrare l'attenzione su una o poche variabili può portare a risultati disastrosi, come IBM ha sperimentato quando ha cercato di entrare in forze nel business dei personal computer.

Il management era convinto che il modo migliore e più rapido per creare un mercato per i PC fosse un'alleanza tra la propria forza nelle tecnologie, i sistemi MS-DOS di Microsoft e i microprocessori di Intel.

Nel breve vennero risultati positivi ma fu ignorata la risposta dei concorrenti.

IBM puntava sul software ma non aveva il controllo dell'hardware, quindi non poteva controllare il mercato.
Tanti piccoli costruttori furono in grado di utilizzare le stesse tecnologie di Microsoft e Intel per immettere nel mercato PC a prezzi più bassi e, spesso, con pretazioni migliori.

IBM perse il mercato a vantaggio di Compaq, Dell e altri.

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venerdì 14 agosto 2009

Processi e risultati: su cosa siete concentrati?

Tutti siamo continuamente chiamati a dare risultati, a centrare obiettivi. La domanda che vogliamo farvi oggi è: state utilizzando dei processi validi per arrivare là dove dovete o volete arrivare?

In poche parole: cosa si intende per "buoni risultati" e come si può ottenerli?

Sono molte le strade che possiamo pecorrere per arrivare ad avere buoni risultati: possiamo tentare la fortuna, possiamo imparare a gestire i numeri e a basarci su di essi o, ancora, possiamo mantenerci reattivi e seguire la moda del momento nell'ambito del management, sperando che ci porti proprio a centrare il nostro obiettivo.

Certo la strada del miglioramento dei processi è quella più auspicata da chi si occupa di Qualità ed è anche, a nostro giudizio, la più sicura.

Dunque quando un processo può essere definito un "buon" processo?
Proviamo a vedere quali elementi lo caratterizzano:

- le persone che vi lavorano sanno cos'è un processo e ne comprendono il significato fino in fondo, in tutte le sue sfumature
- si basa su ciò che vuole il cliente (interno o esterno)
- ha obiettivi e vision chiari a tutti coloro che se ne occupano
- è ben monitorato e in ogni momento si sa come è posizionato rispetto agli obiettivi
- se c'è un problema viene evidenziato subito tramite controlli visuali, strumenti poka-yoke, persone ben addestrate
- è descritto da standard che permettono di verificare quando non è sotto controllo
- quando c'è un problema all'interno del processo si utilizzano strumenti di problem solving quali il ciclo PDCA per risolverlo al più presto
- è in grado di offrire risultati ripetibili

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giovedì 13 agosto 2009

Perché Toyota sta affrontando la crisi meglio di altri (5)?

La capacità di innovare

Chiudiamo oggi il nostro discorso su Toyota, affrontando quella che è l'ultima caratteristica, la quinta trattata da noi, che le ha permesso di conquistarsi una bella fetta di mercato e di resistere agli scossoni della crisi meglio dei concorrenti: la capacità di innovare.

Questo, si può ben dire, è il vero segreto di Toyota. L'innovazione, secondo Schumpeter (1942), riflette:

- l'introduzione di nuove metodologie produttive
- un profondo cambiamento nelle metodologie esistenti
- la creazione di nuove forme di organizzazione
- la scoperta di nuove tipologie di forniture
- l'apertura di nuovi mercati

Il Sistema di Produzione Toyota riflette in pieno questa definizione. L'introduzione della Lean manufacturing, flessibile e basata su processi snelli, macchinari adibiti a lavorazioni diverse, personale ben formato, forniture just-in-time fu, per quei tempi, davvero rivoluzionaria.

Implementare qualcosa come il TPS (Toyota Production System) richiede, infatti, una mentalità manageriale completamente diversa e basata su una pianificazione accurata, una profonda disciplina, tanto lavoro duro e una grande attenzione ai dettagli.
Sebbene, infatti, siano stati in molti a provare a imitare Toyota, nessuno ha lontanamente emulato i risultati che lei ha raggiunto, come sostiene Towill.

Non basta, dunque, studiare il modo di lavorare di Toyota, bisogna comprenderlo.

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mercoledì 12 agosto 2009

Perché Toyota sta affrontando la crisi meglio di altri (4)?

Supply Chain

Il quarto motivo per cui Toyota si trova oggi a gestire meglio di altri la crisi è la gestione della sua supply chain.

I fornitori che è riuscita a selezionare negli anni le assicurano pianificazione, precisione, coordinamento e flessibilità.

E' proprio la rete di fornitura ad essere il cuore del TPS (Toyota Production System), il sistema di produzione Toyota ed è per questo che il gigante nipponico la difende da qualsiasi tentativo di colonizzazione straniera.

I profondi legami che si sono creati negli anni tra Toyota e i suoi fornitori, le permettono di gestire al meglio lo sviluppo di un nuovo prodotto, di pianificare serenamente le consegne e di coordinare le forniture in base alle richieste del prodotto da parte del mercato.

Le relazioni tra Toyota e i suoi fornitori sono di tipo quasi simbiontico, impostate su contratti a lungo termine, una condivisione totale delle informazioni e una buona gestione dell'outsourcing.

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martedì 11 agosto 2009

Perché Toyota sta affrontando la crisi meglio di altri (3)?

Produttività e capitale intellettuale

Il terzo fattore che ha portato Toyota a battere la concorrenza e che le permette, ogi, di gestire la crisi abbastanza bene, è uno dei fattori considerati tra i più importanti nel 21 secolo: il capitale intellettuale.

Toyota fu tra le prime aziende ad adottare nuove strutture e un nuovo modello di organizzazione, a coinvolgere il personale, a lavorare con i gruppi, a fornire incentivi e a istituzionalizzare lo sviluppo delle risorse umane.

Anche la produttività di Toyota è famosa perché riflette l'ottimo utilizzo delle risorse che ha a disposizione, grazie ad una notevole capacità imprenditoriale.

La rigida struttura organizzativa di Ford, ad esempio, ha portato grandi problemi nella gestione die rapporti tra i lavoratori e il management, creando anche un forte abbassamento della produttività.
Al contrario, il modello organizzativo di Toyota, basato sul consenso, è riuscito a massimizzare i profitti attraverso un netto meglioramento della produttività e della collaborazione tra operai e manager.

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lunedì 10 agosto 2009

Perché Toyota sta affrontando la crisi meglio di altri (2)?

Il Toyota Production System (TPS)

Continuiamo la nostra carrellata sulle caratteristiche che hanno reso Toyota quello che è oggi, esaminando il suo sistema di produzione.

La filosofia che sta alla base di tutto il suo lavoro consiste nell'eliminazione degli sprechi dai procesi produttivi.

Operando in questo modo, si aumenta l'efficienza e, nello stesso modo, si fidelizza la clientela.

Se ci si concentra sulla riduzione e sull'eliminazione, dove possibile, degli sprechi, la qualità dei prodotti aumenta e le tempistiche e i costi diminuiscono, con conseguenze molto positive per l'intera organizzazione.

Toyota ha ideato molte tattiche per intercettare e ridurre gli sprechi in ambito produttivo come, ad esempio, il continuo riesame dei processi allo scopo di migliorarli (“kaizen”).

A supporto del kaizen troviamo:

- il just-in-time
- il livellamento della produzione
- il lavoro standardizzato
- la produzione "tirata" dal cliente
- individuazione dei difetti in ottica “difetti zero”

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venerdì 7 agosto 2009

Perché Toyota sta affrontando la crisi meglio di altri?

Sono tanti i motivi che hanno contribuito a fare di Toyota l'azienda che tutti conosciamo e che sta reagendo alla crisi che ha investito anche il Giappone decisamente meglio dei suoi concorrenti occidentali.

Ambiente geografico e culturale del Giappone

Partiamo dal primo motivo: l'ambiente socio-economico in cui è nata l'azienda.

Il Giappone è composto da 4 grandi isole e da numerose isolette minori povere di materie prime. Importa ancora oggi una grandissima quantità di materie prime, con conseguenti costi sul bilancio della nazione davvero altissimi.

Era questo l'ambiente in cui, nel 1937, Kiichiro Toyoda fondò Toyota. Un ambiente, come potete vedere, del tutto sfavorevole allo sviluppo industriale.

L'azienda si trovò da subito a fronteggiare tre grandi problemi:

- mancanza di una tecnologia sofisticata
- risorse finanziarie inadeguate
- forza lavoro ostile alle leggi del mercato

Nel 1950, Toyoda fece di tutto per visitare lo stabilimento della Ford in Michigan. Si trattava della tipica azienda americana dell'epoca con una struttura molto verticalizzata e impostata sul modello di Taylor.

Toyoda fu colpito soprattutto da due aspetti:

- l'abbondanza di scarti e di sprechi in generale
- l'assenza di flessibilità

Al suo ritorno in patria, Toyoda cercò di stabilire con Taiichi Ohno un ambiente di lavoro in cui il management e la forza operaia potessero lavorare gomito a gomito in maniera creativa e collaborativa e impostò un sistema che prevedeva una lotta serrata agli sprechi.

Questi semplici cambiamenti costituirono la base del sistema di produzione Toyota, oggi noto in tutto il mondo.

(continua...)

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giovedì 6 agosto 2009

Colli di bottiglia e Teoria dei vincoli

Tutti i sistemi hanno dei vincoli di cui bisogna tenere conto, dei semplici colli di bottiglia che, in situazioni particolari, possono costringerci a rivedere le nostre pianificazioni.

La Teoria dei vincoli è nata proprio per poter gestire in maniera ottimale queste situazioni.
Il primo insegnamento che possiamo ricavarne è che il nostro vincolo o, se preferite, il nostro collo di bottiglia determinerà la capacità dell'intero sistema.

Questo può significare che se lavoriamo per ottimizzare un processo privo di colli di bottiglia, tutto il nostro lavoro può risultare completamente inutile se a valle abbiamo un processo con dei vincoli ben precisi.
Solo quando rimuoviamo o, almeno, riusciamo a ridurre il vincolo, infatti, abbiamo un riflesso sull'intero sistema. Ecco da dove deriva l'enorme importanza di riconoscere questi rallentamenti.

Se, come abbiamo visto, ogni sistema dinamico ha almeno un vincolo, il nostro lavoro sarà quello di imparare a gestirli al meglio.

Cerchiamo di capire meglio le dinamiche dei sistemi con un semplice esempio.
Poniamo che in un fastfood ci siano persone che preparano gli ingredienti per "assemblare" un panino e persone che lo assemblano. Se chi prepara le fette di pomodoro, il cetriolo, l'hamburger e le fette di pane tagliate riesce a mantenere un ritmo di 200 panini all'ora ma chi li assembla ne fa solo 180 avremo individuato il vincolo nel reparto assemblaggio e la capacità del nostro sistema sarà di soli 180 panini all'ora.

Tutto chiaro? Il nostro lavoro, a questo punto, sarà quello di cercare di velocizzare il settore assemblaggio.

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mercoledì 5 agosto 2009

La comunicazione interna

Come ben sapete, il capitolo 5 della ISO 9001 parla, tra le altre cose, di comunicazione interna.

La norma ci informa che il top management deve assicurarsi che siano stabiliti e documentati metodi per comunicare all'interno di un'organizzazione e per aggiornarsi in merito all'efficacia del Sistema Qualità.

Ovviamente, per provare ad un auditor ISO 9001 che questi processi comunicativi sono in atto, vi serviranno le registrazioni perché non vi basterà dire "sì, abbiamo discusso dell'efficacia del nostro sistema".

Come in molti altri casi, la norma vi dice cosa fare ma non come farlo, lasciandovi piena libertà sulle modalità di espletamento del requisito.
Se i metodi che avrete scelto saranno ottimali per la vostra azienda, infatti, non avrete alcun problema a superare la verifica ispettiva.

Uno dei metodi più efficaci per comunicare in merito all'andamento del SGQ è la riunione periodica per il riesame del sistema da parte del management. Dato, poi, che il riesame periodico è un altro requisito da soddisfare, si può dire che prenderete i famosi due piccioni con una fava.

In aggiunta, visto che i riesami sono registrati, avrete anche una prova dell'avvenuta comunicazione sull'efficacia del SGQ.

Altri sistemi validissimi che potrete usare per razionalizzare la comunicazione interna relativa alla Qualità sono memo, cartelli, altre riunioni periodiche e istituzionalizzate, programmi di formazione e di informazione e qualsiasi altro stragemma riteniate utile usare per raggiungere lo scopo finale: rendere chiaro a tutte le parti interessate come si sta evolvendo il sistema Qualità.

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martedì 4 agosto 2009

Sviluppare un'organizzazione in grado di pensare

Come si sviluppa un'organizzazione "pensante", un'organizzazione, cioè, nella quale le persone vengono abituate a pensare con la propria testa, a partecipare attivamente alla vita aziendale e a suggerire spunti per il miglioramento?

Sono 5 i punti ai quali prestare grande attenzione:

1. Fate un sacco di domande

Non c'è niente da fare: non si impara e non si cresce senza fare domande. Del resto, non si dice forse che Socrate fornisse poche risposte perché era troppo impegnato nel fare le domande?

Attenzione, però, ad insegnare alle persone cosa vuol dire chiedere davvero. Molti, infatti, fanno le domande solo quando hanno già in testa le risposte, quasi come per chiedere una sorta di "validazione" del proprio pensiero.
Niente di più sbagliato! Imparate e insegnate che le domande vanno sempre fatte per confrontarsi. Perché non iniziare da subito chiedendo, alla fine di una discussione, "cosa ne pensi?"

2. Genchi Genbutsu

Abbiamo già più volte parlato del significato delle parole giapponesi "Genchi Genbutsu". Per creare un'azienda pensante bisogna imparare a vedere e a riconoscere i problemi sul posto, andando nei reparti e parlando con le persone.

3. Imparate a stare nel cerchio

La storia ci tramanda la figura di Taiichi Ohno come quella di un top manager abituato a portare i nuovi assunti nei reparti produttivi. Una volta là, il buon Taiichi prendeva un pezzo di gesso e tracciava un cerchio a terra. Poi chiedeva al nuovo manager di entrare nel cerchio e di rimanerci per un certo periodo di tempo (spesso molte ore). Alla fine gli chiedeva che opportunità di miglioramento avesse colto.
C'è bisogno di aggiungere altro?

4. Chiedete "perché"

Se vedete un problema iniziate a chiedere "perché" fino a quando non avrete individuato le cause scatenanti.

Una volta individuate le cause, prendete apposite contromisure e osservate cosa succede. Il metodo funziona alla grande e se non funziona in qualche parte, si può sempre migliorare. Ne avrete sentito parlare, no, del ciclo PDCA?

5. Leggete molto

Per imparare a pensare, dobbiamo leggere, leggere tanto, imparare da chi ha fatto certe esperienze prima di noi. Del resto, se state leggendo queste righe è molto probabile che siate d'accordo con noi, giusto?

Cercate di insegnare anche ai vostri colleghi che la lettura e l'autoformazione sono importanti. Il modo più facile per farlo? Date loro dei libri e, dopo un po' di tempo, chiedete che impressioni ne hanno tratto.

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lunedì 3 agosto 2009

Eliminare gli sprechi - Sovrapproduzione

Chiudiamo la nostra parentesi dedicata all'eliminazione degli sprechi, parlando di sovrapproduzione.

Un tipico esempio di sovrapproduzione e, quindi, di spreco o muda, per dirla con i giapponesi, è la duplicazione.

Quante attività all'interno della vostra organizzazione sono compiute da più persone quando ne occorrerebbe una sola? Quante vengono semplicemente fatte due volte?

Analizzate ogni area aziendale, ogni cliente e ogni prodotto/servizio. Siamo certi che troverete decine di azioni che vengono fatte più volte da persone diverse, spesso all'insaputa una dell'altra.

Un altro caso potrebbe essere quello di un'azione che viene compiuta perché, quando era stata richiesta risultava utile, e che oggi non lo è più, perché le esigenze sono cambiate.
Basti pensare a tutti i report che giungono quotidianamente su alcune scrivanie per non essere mai letti. Servono davvero?

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