Nell'augurarvi un Capodanno esplosivo, vi regaliamo questo bel brano di Shrinivas Gondhalekar, direttore del Kaizen Institute, sull'importanza del Gemba.
Il concetto occidentale di risolvere i problemi rimanendo seduti in ufficio a fissare un computer è stato diffuso con ostinazione da molti consulenti e scuole di management occidentali che ritengono che sia possibile procedere alla diagnosi, semplicemenmte analizzando i dati e che tutti i dati possano essere raccolti in un computer.
Tendenzioso ma molto comodo, soprattutto in Paesi tropicali con l'India, dove i gemba sono luoghi caldissimi in cui si sudano le proverbiali 7 camicie, mentre i computer sono installati in ambienti freschi, asciutti, con l'aria condizionata.
...
A quasi nessuno piace andare nel gemba, dove fa caldo e si suda; si preferisce far raccogliere i dati a qualcun altro e poi lasciare che sia il computer a fare le analisi. Analogamente anche l'implementazione della soluzione dovrà spettare ad altri.
Qualcuno si procura i dati, il computer li analizza e qualcun altro mette in atto.
Il professor Ishikawa, noto per avere divulgato il diagramma a lisca di pesce, era solito dire: "parlate con i dati". Quando gli portavano i dati, li cestinava chiedendo: "E i fatti, dove sono i fatti?"
Rendendomi conto che stavo per cadere nella trappola di affidarmi ai dati di qualcun altro, mi tolsi la cravatta, misi una t-shirt al posto della camicia e iniziai a sporcarmi le mani in gemba caldi e afosi, a caccia di fatti.
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giovedì 31 dicembre 2009
L'importanza del "Gemba"
mercoledì 30 dicembre 2009
La soglia di difetti e la mentalità giapponese
Una vecchia storiella racconta di un produttore giapponese di componentistica elettronica che un giorno ricevette un ordine di 10.000 pezzi da un'azienda americana.
L'ordine diceva che sarebbe stata accettata una soglia di difetti dello 0,03%.
L'azienda giapponese spedì puntualmente la consegna in due pacchi separati.
Un pacco conteneva 9.997 pezzi buoni e l'altro, chiuso con un nastro rosso, ne conteneva 3 difettosi.
La nota accompagnatoria diceva: "Siamo molto spiacenti, ma non capiamo le pratiche operative americane. Non comprendiamo perché l'azienda richieda 3 articoli difettosi ogni 10.000 pezzi, tuttavia, nel rispetto delle esigenze dei vostri clienti, abbiamo appositamente prodotto i 3 pezzi difettosi che vi trasmettiamo separatamente. Confidando in una consegna soddisfacente, porgiamo distinti saluti".
Ed ora sotto, vogliamo leggere i vostri commenti!
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martedì 29 dicembre 2009
Prendere decisioni sotto stress
Il disastro aereo avvenuto nel 1977 a Tenerife è un buon esempio di quanto difficile sia prendere decisioni efficaci, specialmente quando le condizioni di stress sono molto forti.
Un boeing 747 della KLM si scontrò con un 747 della Pan Am al momento del decollo, con la conseguente perdita di 583 vite umane.
Entrambi gli apparecchi erano stati dirottati a causa di un'esplosione dovuta a una bomba nel loro aeroporto di destinazione, nelle isole Canarie.
L'incidente è avvenuto perché l'aereo della KLM iniziò il decollo sulla stessa pista dell'aereo Pan Am prima che questa fosse sagombra.
Le decisioni che culminarono con l'incidente furono influenzate negativamernte dall'interruzione delle normali procedure da parte del personale di bordo e di quello della torre di controllo.
Le difficili condizioni per manovrare il jumbo nel piccolo aeroporto hanno reso ancora più stressante, per il comandante della KLM, la pressione a ridurre al minimo il suo ritardo a Tenerife.
Le comunicazioni erano tali che le informazioni non giungevano oppure erano frammentarie, i messaggi non erano chiari o erano fraintesi.
Ci fu anche un'interruzione nel coordinamento tra le varie squadre di lavoro che non si confrontarono apertamente, magari mettendo anche in dubbio le decisioni, quando ebbe inizio lo sfortunato decollo.
Quale insegnamento possiamo ricavare da questa tragica circostanza?
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lunedì 28 dicembre 2009
L'efficacia di un gruppo dipende dalla fiducia?
Un elemento di particolare importanza per l'efficacia di un gruppo è la fiducia tra i membri del team. Nelle organizzazioni caratterizzate da una cultura in cui viene tenuto in grande considerazione il comportamento etico, è più probabile che si sviluppi un ambiente in cui i membri del gruppo possano aver fiducia gli uni negli altri e nei leader dell'organizzazione.
Vi proponiamo alcune domande chiave sul tema della fiducia che qualunque membro di un gruppo dovrebbe porsi:
1) Ho fiducia nel commitment del management verso i risultati e gli obiettivi del gruppo?
2) Ho fiducia nel fatto che le idee e i suggerimenti nati all'interno del gruppo verranno effettivamente implementati ed accettati?
3) Ho fiducia che, in quanto membro del gruppo, il mio lavoro nelle attività del team sarà valutato e considerato dal mio capo diretto come elemento importante della mia prestazione?
4) Ho fiducia nel fatto che vi sia da parte di tutti i membri del mio team una reale apertura mentale alle idee e alle opinioni di tutti gli altri?
5) Ho fiducia nelle conoscenze e capacità degli altri membri del gruppo?
La fiducia è un elemento critico per l'efficacia del gruppo poiché i gruppi non raggiungeranno mai una maturità ed efficacia completa senza stabilire un alto livello di fiducia tra i propri membri.
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venerdì 25 dicembre 2009
Buon Natale!
Buon Natale di cuore a tutti coloro che ci seguono con affetto. Il blog riprenderà gli aggiornamenti lunedì 28 dicembre.
AUGURI!!!
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giovedì 24 dicembre 2009
Creare un buon ambiente per il lavoro di gruppo (2)
Quali sono i fattori che predispongono un gruppo a lavorare bene? Dopo aver visto i primi 4 ieri, vediamone altri 4 oggi:
5) Interdipendenze: date la possibilità al gruppo di lavorare autonomamente per prevenire ed evitare che le richieste da parte di attori organizzativi esterni al gruppo interferiscano e rallentino l'operato del gruppo
6) Dimensioni: a meno che non vi siano importanti motivi per decidere diversamente, i gruppi dovrebbero essere composti da un numero di componenti non superiore a 8-10 persone, soprattutto se, per l'efficacia del gruppo, è prevista una forte interazione sociale,
Occorre, inoltre, evitare la costituzione di gruppi formati da due o tre persone. Se il gruppo deve essere più grande, suddividetelo in sottogruppi, nell'intento di facilitare una risoluzione interattiva dei problemi.
7) Grado di differenziazione cognitiva: l'attrazione interpersonale può costituire un importante punto di forza per la coesione e la cooperazione di gruppo. Tuttavia le differenze cognitive e caratteriali tra i membri di un gruppo sono un fattore essenziale, se creatività e innovazione sono degli obiettivi primari.
8) Empowerment: create l'aspettativa che i gruppi identifichino, selezionino e risolvano i problemi il più possibile autonomamente e che si abituino ad autovalutare la qualità del proprio lavoro. Supportate e incentivate il gruppo alla formazione trasversale tra i suoi membri e a cambiare alcuni ruoli interni, se necessario. Limitate quanto possibile l'intervento dei capi diretti dei componenti del team.
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mercoledì 23 dicembre 2009
Creare un buon ambiente per il lavoro di gruppo
Come abbiamo detto tante volte, perché si riesca a lavorare in un'ottica di Qualità, occorre fare del buon team building per abituare le persone a lavorare insieme.
Di seguito proviamo ad elencare alcuni suggerimenti pratici per creare un buon ambiente di lavoro e per far lavorare efficacemente ed efficientemente i team.
1) Selezione: sviluppate metodi e strumenti di selezione che permettano di individuare le capacità e la predisposizione a lavorare in team. Le persone provenienti da organizzazioni gerarchiche e non orientate al lavoro di gruppo, potranno avere serie difficoltà ad adattarsi in un ambiente team based.
All'atto dell'assunzione, valutate, dunque, anche la predisposizione alle relazioni interpersonali.
2) Formazione: sponsorizzate attività di training ad hoc per assicurarvi che le capacità di lavorare in team siano diffuse. Facciamo riferimento a corsi di team building, project management, gestione delle riunioni, negoziazione, comunicazione, ecc.
3) Ricompense: sistemi di retribuzione che prevedano parte della retribuzione legata ai risultati del lavoro di squadra possono stimolare e incentivare, se ben progettati, il lavoro in team.
4) Obiettivi: preoccupatevi che gli obiettivi di lavoro di gruppo siano chiari, specifici, misurabili, difficili e raggiungibili. Insomma, preoccupatevi che il processo di goal setting sia ben impostato al fine di creare motivazione nel team
Gli altri 4 suggerimenti ve li daremo domani. Nel frattempo, quali sono i vostri?
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martedì 22 dicembre 2009
Twitter può essere utile per la gestione della Qualità? (4)
Terminiamo il nostro discorso su Twitter e la sua applicazione nell'ambito della Qualità, esaminando l'ultimo campo in cui ci può dare una mano:
La gestione della comunicazione interna ed esterna
IBM lo chiama "Ideate": i suoi ricercatori, sparsi in tutto il mondo, utilizzano proprio Twitter per scambiarsi idee e per comunicare l'ultima idea avuta su un certo progetto, anche se lo devono fare un po' per volta visto il limite dei 140 caratteri a disposizione.
E sono molti i "follower" (i seguaci su Twitter) che si connettono regolarmente all'account di IBM per seguire questi pensieri in libertà e avere notizie su quello che "bolle in pentola".
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lunedì 21 dicembre 2009
Twitter può essere utile per la gestione della Qualità? (3)
Terzo appuntamento con Twitter e con il suo utilizzo nell'ambito dell'applicazione dei principi della Qualità.
Selezione dei fornitori
Twitter può essere utilissimo, come abbiamo visto, per gestire al meglio la clientela ma come può supportarci nella scelta dei fornitori?
Certamente dipende dal tipo di business di cui si occupa la nostra organizzazione ma, ad esempio, Crowdspring, sito online che sposa il businesses con la progettazione grafica, ha usato Twitter per trovare i suoi 12000 articolisti che contribuiscono ogni giorno a rendere il nome dell'azienda famoso in Rete.
La stessa cosa può essere fatta anche da chi si occupa di viaggi: cercare qualcuno che abbia voglia di "tweettare" sull'ultimo viaggio fatto per proporre ai lettori pacchetti scontati per voli e hotel.
Certo, si tratta di settori particolari ma perché no? :o)
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venerdì 18 dicembre 2009
Twitter può essere utile per la gestione della Qualità? (2)
Dopo aver visto, ieri, che Twitter è utilissimo per ascoltare la "voce del cliente", passiamo oggi a considerare come il famoso microblog può supportarci nella gestione delle aspettative dei clienti.
La gestione delle aspettative dei clienti
I problemi capitano, è impossibile evitarli. La vera differenza, nell'ambito della Qualità, è come vengono gestiti e come vengono trattati i clienti che li hanno riscontrati.
La compagnia aerea Jet Blue, ad esempio, diffonde tramite i "tweet", i messaggi di testo di Twitter, il ritardo dei suoi voli.
Lo scorso aprile, invece, quando il collegamento via cavo con la Stanley Cup fu interrotto, la Comcast, provider del servizio, utilizzò Twitter per informare immediatamente gli utenti che il collegamento si era interrotto a causa di un temporale ma che sarebbe stato ripristinato al più presto.
Anche le piccole aziende possono utilizzare Twitter per fornire servizi utili. Durante una brutta tempesta di neve, ad esempio, il direttore marketing della United Linen, una piccola azienda che vende lenzuola, ha usato la piattaforma di microblogging per comunicare ai clienti il ritardo che avrebbero subito le consegne dei prodotti acquistati. Questa è stata la sua dichiarazione: "Lo strumento è stato utilissimo per comunicare le informazioni in tempo reale a tutti e i relativi aggiornamenti".
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giovedì 17 dicembre 2009
Twitter può essere utile per la gestione della Qualità?
Prima di tutto: cos'è Twitter? Wikipedia lo descrive come un servizio di social network e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri.
Potete avere un esempio di ciò che significa tutto questo, visitando la pagina che QualitiAmo ha aperto sul microblog.
Ma cosa c'entra un sistema di microblogging con noi professionisti della Qualità? Moltissimo e a partire da oggi inizieremo a vedere come questo nuovo sistema di comunicazione possa essere molto utile nella gestione quotidiana del nostro lavoro. Partiamo dal primo argomento: i focus group.
Focus Group
Ricordate cosa sono i focus group? Lo strumento è utilizzato per raccogliere opinioni da parte dei clienti (o utenti) e molte aziende hanno attivato una politica che mira a ricompensare quei clienti che decidono di partecipare a questi gruppi e che accettano di dare un po' del loro tempo alle compagnie che sollecitano le loro opinioni su prodotti o servizi.
Come sono cambiate le cose con l'arrivo di Twitter? Provate a pensare ad un'azienda come Starbucks, avete idea di quante volte venga menzionata su Twitter? Più o meno 3.37 milioni di volte se ci fermiamo all'inizio di maggio di quest'anno. E tutte queste informazioni sono completamente gratuite!
"C'è una parte molto importante di Twitter che è dedicata all'ascolto e al fare esperienza di quanto viene detto", dice Brad Nelson, l'uomo che si "nasconde" dietro all'account Twitter di Starbucks.
"Twitter è uno dei nostri principali indicatori"
Raccogliere informazioni con questo mezzo è semplicissimo, così come cercare ogni riferimento alla vostra azienda.
Morgan Johnston, manager alla Jet Blue, ha dichiarato "Pensate a Twitter come al famoso canarino della miniera di carbone" (il primo a morire se nella miniera ci fosse stata la presenza di gas tossici come il monossido di carbonio n.d.r.) "Leggiamo le discussioni dei clienti e impariamo cosa è loro piaciuto e cosa, al contrario, va migliorato".
Un altro modo per utilizzare Twitter è quello di farsi parte attiva e di formulare una vera e propria domanda sulla valutazione dei nostri prodotti/servizi e attendere un feedbackdagli utenti.
Cosa ne pensate? Twitter potrebbe interessarvi, in un prossimo futuro, come strumento di indagine?
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mercoledì 16 dicembre 2009
La percezione delle azioni del management
Sull'ultimo numero di Quality Progress, la rivista edita da ASQ, abbiamo trovato una bella tabellina che descrive i comportamenti del management nei confronti della Qualità e la conseguente percezione che ne hanno le persone che lavorano all'interno di un'organizzazione.
Vi proponiamo alcuni spunti:
1) Si parla di Qualità solo quando i clienti reclamano.
La percezione che se ne ricava è che la Qualità non interessa. Si crea disinteresse generale per tutto il progetto.
2) Si parla spesso di Qualità nelle riunioni ma in concreto non si fa molto di più che acquistare poster da appendere in giro per l'azienda.
Si parla di Qualità ma la si considera solo un bel gioco.
3) Si pasticcia cambiando continuamente approccio e innamorandosi della metodologia del momento ma senza stabilire obiettivi e indicatori. Soprattutto non ci si assicura in nessun modo che i programmi vengano implementati nella maniera corretta. Si allocano risorse per iniziative che non sono allineate con la strategia generale dell'organizzazione.
Il risultato è che le persone non prestano attenzione al "gusto del mese", non si interessano, cioè, all'ultimo strumento presentato in azienda come la panacea di tutti i mali
4) Il management non presta attenzione a chi si occupa di Qualità e il poveretto è costretto ad utilizzare il metodo dell'ispezione e del controllo per assicurarsi di fornire qualità al cliente.
Le persone leggono solo gli "editti" della Direzione e le minacce nel caso in cui si presentasse un altro reclamo di un cliente ma vedono che, in realtà, non viene fatto nulla per migliorare il lavoro e che il RGQ non è tenuto in nessun conto.
5) Il management decide che il Six Sigma (ad esempio...) è la soluzione a tutti i problemi dell'organizzazione. Assume un consulente esperto della metodologia, spende un sacco di soldi per formare le risorse ma non ascolta i consigli degli esperti. Dopo un anno si accorge che non è cambiato nulla mentre, nel frattempo, gli esperti di Six Sigma hanno trovato un nuovo lavoro.
I lavoratori si chiedono quale sia il loro scopo in tutto questo lavoro.
6) Il management si impegna formalmente a sostenere lo sviluppo della Qualità. La responsabilità del programma viene affidata a membri scelti dello staff dirigenziale. Vengono indette periodiche riunioni direzionali per seguire i progressi del sistema.
Vengono avviati molti nuovi progetti e vengono coinvolte persone che sono già cariche di lavoro e non hanno il tempo per seguire queste nuove iniziative. Il morale dei lavoratori si abbassa sempre più.
7) Il management inizia a capire l'importanza di un nuovo modello culturale che abbia la forma di una piramide al contrario dove in cima ci sono i clienti, al centro i lavoratori e in basso il management che ha il compito di sostenere tuta l'organizzazione mediante l'empowerment delle risorse.
Vengono fatti corsi di formazione per capire come si può sostenere davvero lo sforzo verso lo sviluppo della Qualità.
Le persone vedono cambiamenti positivi nel modo di fare dei manager e percepiscono la spinta verso il miglioramento continuo. Si ammira il cambiamento di direzione dalla punizione dell'errore alla sua prevenzione. Si sente la spinta al cambiamento
8) Il management supporta quotidianamente lo sviluppo del Sistema Qualità.
Le persone iniziano a credere nel progetto e sono pronte a supportarlo.
E ora veniamo a voi. In quale fase vi identificate con la vostra organizzazione?
(Leggi tutte le riflessioni dello Staff di QualitiAmo sul forum di QualitiAmo - La Qualità gratis sul web)
martedì 15 dicembre 2009
Etica del passaparola in cinque punti
Questo è il codice etico in cinque punti elaborato dal Word of mouth marketing Italia (Wommi). Cosa ne pensate in un'ottica di Qualità e di attenzione al cliente?
1) Persone felici e interessate parleranno bene di te.
Non serve molto altro. Comprendi a fondo questo concetto, dedicati a esso e riscuoterai successo.
2) L'opinione onesta e autentica è il nostro medium.
Non diciamo alla gente cosa dire e come dirlo. Le persone devono essere libere di farsi un'opinione e di condividerla.
3) Sosteniamo e semplifichiamo la condivisione.
I professionisti del Wommi usano tecniche creative per incoraggiare la comunicazione. La pubblicità tradizionale spinge le idee sui consumatori. Noi aiutiamo a far circolare le buone idee.
4) Il Wommi non può essere falsificato. l'inganno, l'infiltration e altri tentativi di manipolare i consumatori sono deplorevoli.
I comportamenti scorretti saranno messi in evidenza dal pubblico e si ritorceranno contro chi li utilizza.
5) Il Wommi dà potere al consumatore.
I consumatori hanno il controllo e sono loro a dettare le condizioni di un rapporto nuovo, più sano tra i professionisti del marketing e le persone che usano i loro prodotti.
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lunedì 14 dicembre 2009
Ascoltare i clienti interni
Ricordate quando abbiamo parlato dell'uso dei social network per ascoltare la voce dei clienti?
I clienti, però non sono solo quelli esterni. Come sappiamo, ogni organizzazione ha anche dei clienti-fornitori interni.
Leggete cosa scrive Nòva a questo proposito:
"Le aziende hanno iniziato solo ora ad aprirsi alle critiche che vengono dall'esterno, cioè dai clienti. Figuriamoci per quelle che provengono dall'interno, dai propri dipendenti. Non sono ancora pronte a gestirle in una discussione apreta, pubblica e costruttiva", dice Paul Verna, analista di eMarketer.
L'esperienza insegna, quindi, che le aziende preferiscono zittire il dipendente che le critica pubblicamente su blog o social network.
...
"C'è molta tensione tra dipendenti e aziende intorno all'uso dei social media. E' il risultato di una frattura culturale: "la popolarità dei nuovi mezzi di espressione di massa si scontra con policy aziendali rimaste immutate negli ultimi anni".
...
Le cause del dissidio possono essere varie: contenuti che ledono l'immagine dell'azienda, critiche, divulgazioni di segreti. Il fattore comune è che l'azienda, a torto o a ragione, percepisce il dipendente come ostile, non più fedele.
Di fondo, però, c'è che né i dipendenti né le aziende sanno davvero dove sia la soglia tra legittima espressione sui social media e violazione del rapporto di fiducia. Non ci sono policy ufficiali al riguardo, non ci sono ancora best practices.
....
C'è l'idea che la critica danneggi l'immagine dell'azienda e, quindi, il suo business.
...
Ci si può chiedere, però, se alle stesse aziende non convenga cambiare politica e distinguere tra critiche di dipendenti infedeli e quelle che mirano, invece, a un miglioramento comune, anche se fatte su media pubblici.
Cosa ne pensate? Fino a dove si deve spingere l'ascolto del cliente interno?
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venerdì 11 dicembre 2009
Grafici e carte di controllo e d'andamento (2)
La carta di controllo è un grafico di andamento più sofisticato, simile al precedente ma con un un limite superiore e uno inferiore, stabiliti statisticamente.
Questi limiti vengono tracciati al di sopra e al di sotto della linea media, dopodiché si disegna la curva come abbiamo già visto per un normale grafico di andamento (nel post precedente).
Le carte di controllo hanno delle caratteristiche interessanti. Anzitutto servono a individuare i limiti di coerenza di un processo o di una performance, sia nel senso di costantemente buono o costantemente cattivo. Ma il fatto che si parli di un processo delimitato statisticamente non significa che si debbano necessariamente rispettare solo specifiche predeterminate dall'organizzazione: i limiti di controllo vengono invece definiti statisticamente.
Il processo o la performance possono, quindi, rispettare i limiti statistici e le specifiche date, ed essere, dunque, considerati sotto controllo, ma se non ottemperano ai desideri del cliente il prodotto non avrà una qualità adeguata e il cliente non sarà soddisfatto.
Le carte di controllo aiutano a determinare la qualità ma non servono a scoprire le cause sottese a un processo, che devono, invece, essere identificate con tecniche diverse.
Le carte di controllo contribuiscono, inoltre, a identificare l'andamento della variabilità all'interno del processo. Questa può essere casuale quando un processo di qualità procede entro limiti statistici di controllo, ma nel processo sono inevitabilmente presenti e impliciti fattori causali, che non possono essere identificati o rimossi e sono impossibili da controllare perché non se ne conosce la natura.
Le cause determinabili, dovute a variabili non casuali, sono per natura imprevedibili, identificabili, controllabili, rimovibili e necessitano di un'attenzione e azione immediata.
Capirete di essere in presenza di una variabile determinabile quando la vostra carta di controllo mostrerà punti esterni al limite inferiore e superiore.
(Leggi tutte le riflessioni dello Staff di QualitiAmo sul forum di QualitiAmo - La Qualità gratis sul web)
giovedì 10 dicembre 2009
Grafici e carte di controllo e d'andamento
In passato abbiamo visto che i dati si possono rappresentare visivamente con vari tipi di grafici: a colonna o a barre (verticali o orizzontali), a torta, lineari, a blocchi, di Pareto, gli istogrammi, ecc.
I grafici, dunque, servono semplicemente a visualizzare i dati raccolti.
Un grafico di andamento è un grafico lineare. Su assi cartesiani viene rappresentata una serie di punti corrispondenti ai dati (misurazioni) relativi ad un determinato periodo di tempo.
Questi punti possono venire congiunti con una linea (detta curva) che rappresenta l'andamento del fenomeno osservato nell'arco di tempo considerato.
Poniamo, ad esempio, che si voglia determinare la causa dei resi del vostro prodotto. Il problema può nascere da due motivi: l'insoddisfazione dei clienti o la loro sensazione di aver acquistato un prodotto di qualità scadente.
Si tratta di identificare il motivo con i metodi appropriati.
Sul grafico si può riportare il numero di resi su base oraria, giornaliera, settimanale o mensile. Sta a voi decidere la scala di misurazione (indicata sull'asse delle ordinate o X)
Analizzando il grafico, potremmo vedere, ad esempo, che il numero maggiore di resi si ha a metà e a fine settimana. A questo punto potreste individuare le cause del fenomeno con un diagramma a lisca di pesce.
C'è un altro aspetto interessante nei grafici di andamento. Raccogliendo una quantità adeguata di dati, i punti dovrebbero comparire distribuiti equamente al di sopra e al di sotto della linea media. Quindi se il tracciato ha un andameno in salita o in discesa o se un numero significativo di punti è sopra o sotto la linea media, sarà necessario effettuare verifiche accurate.
Domani esamineremo un grafico di andamento più sofisticato: la carta di controllo
(Leggi tutte le riflessioni dello Staff di QualitiAmo sul forum di QualitiAmo - La Qualità gratis sul web)
mercoledì 9 dicembre 2009
Cosa fare durante e dopo un brainstorming
Ricordate quando su QualitiAmo abbiamo parlato di brainstorming?
Il brainstorming è uno strumento utilissimo perché è in grado di generare idee utilissime; dobbiamo solo imparare ad essere “creativi” e ad avere il giusto atteggiamento mentale.
Riportiamo brevemente i 5 principi basilari della tempesta di cervelli che vi aiuteranno ad organizzare i vostri pensieri nel percorso mentale che porta a generare nuove idee:
1) Obiettivo chiaro: quando iniziate la vostra sessione di brainstorming deve essere chiaro a tutti qual è l'obiettivo del lavoro che state facendo.
State cercando di risolvere un problema? State provando a migliorare qualcosa? Cercate qualcosa di completamente nuovo, un'invenzione? Qual è l'obiettivo che vi ha spinto a cercare nuove idee?
2) Durante il brainstorming non giudicate nessuna delle idee raccolte: astenetevi da qualunque tipo di commento, positivo o negativo.
Imparate ad avere un atteggiamento aperto e ad accogliere anche idee con le quali non siete in linea, mettendo da parte i vostri credo e le vostre convinzioni.
3) Generate il maggior numero di idee possibile: avrete tempo più tardi per scremare le idee raccolte e per salvare solo le migliori.
4) Registrate tutte le idee così come vengono generate: nessuna idea va scartata a priori e nessuna idea va giudicata troppo stupida per essere mantenuta perché può servire come punto di partenza per una nuova tempesta di cervelli.
Una volta terminato il brainstorming, inizierete ad elaborare e a cercare di migliorate le idee raccolte.
Qui sotto riportiamo un memo che consiste in una brevissima checklist utile nella fase di valutazione delle idee per correlarle con l'obiettivo stabilito a monte.
MEMO:
• Sostituite: c'è qualocsa che potete sostituire, all'interno della vostra idea, per renderla migliore?
• Unite: quali idee possono essere collegate, unite e sviluppate per renderle migliori?
• Adattate: c'è qualcosa che può essere adattato da un'altra idea per rendere l'intuizione che state esaminando migliore?
• Migliorare / modificare: la vostra idea può migliorare se provate a svilupparla o a modificarla in qualche modo?
• Cambiare l'utilizzo: c'è un utilizzo migliore al quale possiamo destinare la nostra idea rispetto a quello che abbiamo inteso originariamente?
• Eliminate: cosa potete eliminare per rendere l'idea migliore e più adatta allo scopo che avete stabilito?
• Aggiustare: la vostra idea migliora se provate a rimettere in ordine tutti i dettagli e ad aggiustare qualche concetto?
(Leggi tutte le riflessioni dello Staff di QualitiAmo sul forum di QualitiAmo - La Qualità gratis sul web)
lunedì 7 dicembre 2009
4 buone ragioni per utilizzare il diagramma di Ishikawa
Conoscete il diagramma di Ishikawa o diagramma a lisca di pesce o diagramma causa-effetto?
Questo utilissimo strumento non è altro che una rappresentazione visuale che mostra tutte le possibili cause di un problema.
Se non l'avete mai utilizzato prima d'ora, sappiate che ci sono almeno 4 buone ragioni per iniziare a farlo da subito:
1) Visualizza le relazioni - Il diagramma a lisca di pesce "cattura" le associazioni e le relazioni tra le cause potenziali e gli effetti di un problema in modo da farle comprendere facilmente a tutti.
2) Mostra tutte le cause simultaneamente - Questa caratteristica fa del diagramma uno strumento validissimo per presentare un problema a tutte le parti interessate.
3) Facilita il brainstorming - Il diagramma di Ishikawa è un modo efficace per stimulare e strutturare le idee durante un brainstorming.
Vedere un diagramma causa-effetto può stimolare il gruppo di lavoro ad esplorare tutte le possibili soluzioni al problema.
4) Aiuta a mantenere l'attenzione su un obiettivo - Con questo supporto visuale, il gruppo di lavoro rimane focalizzato sui dati da raccogliere e da analizzare senza disperdere energie.
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venerdì 4 dicembre 2009
Diagrammi a punti (diagrammi di correlazione)
I diagrammi a punti vengono usati per individuare empiricamente la relazione tra due variabili. Se c'è una relazione, si assisterà al cambiamento di una variabile in relazione a quello dell'altra.
Per disegnare un diagramma a punti identificate le due variabili che volete studiare.
L'asse X porterà il nome di una di esse e l'asse Y quello dell'altra.
La variabile che si intende studiare come causa possibile della relazione è posta generalmente sull'asse orizzonate (X).
Ora rilevate i dati e riportateli sotto forma di punti sul diagramma. Si formerà così sul grafico un disegno sparso, o a grappolo.
Più il disegno si avvicina a una linea retta, maggiore è la correlazione fra le due variabili. E' importante ricercare le relazioni positive o negative e le non-relazioni.
Si ha una relazione positiva quando all'incremento di Y corrisponde l'incremento di X: in questo caso il grafico va dal basso a sinistra all'alto a destra.
Una relazione negativa è invece contrassegnata dal decremento di X e l'incremento di Y: il grafico va dall'alto a sinistra al basso a destra.
Si ha una non-relazione quando i punti sono sparsi su tutto il grafico.
Osservando un grafico a punti si può dire soltanto che X e Y sono correlati e non che uno è causa dell'altro. Si deve ricorrere a tecniche statistiche più sofisticate per determinare la causa e l'effetto.
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giovedì 3 dicembre 2009
Benchmarking: le criticità che si possono presentare (3)
Chiudiamo la nostra analisi delle criticità che è possibile incontrare nella conduzione di un processo di benchmarking, analizzando le ultime due:
5) Qualità delle informazioni: non tutte le informazioni raccolte sono di buona qualità. Il livello dipende dall'attendibilità e dall'affidabilità dei dati.
La possibilità di utilizzare diversi fonti di informazione, effettuare controlli incrociati dei dati, verificare nel tempo le informazioni ricevute dala stessa fonte, possono essere sistemi utili per minimizzare il margine di errore ed ottenere informazioni di qualità.
6) Ambito dell'attività di benchmarking: le esigenze delle società / organizzazioni che ricorrono allo strumento del benchmarking possono essere classificate in tre sostanziali categorie:
- benchmarking utilizzato "una tantum". In questo caso l'indagine è un vero e proprio progetto ed ha obiettivi riconducibili alla necessità di definire aspetti o elementi poco noti.
- benchmarking periodico. L'indagine viene svolta periodicamente da gruppi che afferiscono al medesimo settore di attività. E' un utile esercizio di confronto che consente di aggiornare costantemente le proprie prassi
- benchmarking come attività continua. E' il caso delle corporate che hanno da tempo fatto proprio questo strumento e ne riconoscono la validità come supporto al miglioramento continuo.
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mercoledì 2 dicembre 2009
Benchmarking: le criticità che si possono presentare (2)
Dopo il post di ieri, continuiamo la nostra analisi delle criticità del benchmarking:
3) Tipologia delle informazioni: dovendo svolgere un'indagine di benchmarking è bene strutturare una specifica checklist.
Se i dati devono servire per confrontare costi gestionali, è bene definire esattamente i contenuti delle attività svolte, per evitare di mettere a confronto costi che si riferiscono ad attività il cui livello qualitativo è differente.
Molto utile, ma di più difficile realizzazione, l'analisi dei processi gestionali e dei modelli organizzativi adottati; spesso da quest'ultima analisi è possibile derivare strategie alternative e soluzioni che possono portare vantaggi competitivi all'organizzazione.
4) Quantità delle informazioni: anche questo elemento va precisamente definito. Un'indagine accurata che mira ad inquadrare la funzionalità dei processi richiede molte ore di lavoro. In questo caso la riduzione del campione o delle "famiglie" da analizzare può ridurre significativamente l'impegno.
Un altro aspetto relativo alla quantità delle informazioni riunite riguarda l'entità della documentazione raccolta presso i partner (il gruppo che aderisce al benchmarking).
E' opportuno definire a monte dell'indagine la richiesta di dati / informazioni, per evitare di dover controllare e gestire una quantità di informazioni eccessiva e non utile all'obiettivo della ricerca.
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martedì 1 dicembre 2009
Benchmarking: le criticità che si possono presentare
Uno degli elementi più determinanti del benchmarking è la definizione dei suoi obiettivi e, di conseguenza, delle informazioni di cui si necessita.
A questo proposito, un metodo utile può essere quello di de-strutturare l'attività definendo un quadro delle esigenze prima di procedere con la rilevazione dei dati.
Sulla base dell'esperienza, è possibile definire i fattori critici di successo o, meglio, gli ambiti nei quali si presentano criticità e "nodi" che devono essere puntualmente considerati per arrivare ad ottenere buoni risultati:
1) Esatta individuazione degli "attori protagonisti" del processo: si intende la determinazione delle persone coinvolte attivamente nella realizzazione del processo e, soprattutto, di coloro i quali hanno la disponibilità delle informazioni.
La definizione esatta dei partecipanti al gruppo di lavoro consente di minimizzare eventuali difficoltà derivanti dalla disponibilità dei dati.
2) Definizione della tipologia di benchmarking: è necessario definire l'esigenza di benchmarking: lo vogliamo interno, funzionale o competitivo?
In genere una preferenza per il benchmarking interno e competitivo indica che l'organizzazione attribuisce notevole importanza alla sua posizione competitiva nel mercato; lo studio delle "best practices" richiede un processo analitico di tipo qualitativo, più impegnativo ed esteso.
Domani continueremo la nostra analisi delle criticità.
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lunedì 30 novembre 2009
Le imprese sanno mettersi in ascolto?
Questa riflessione l'avevamo anticipata nei giorni scorsi, quando è venuto fuori il discorso di Twitter. Adesso vogliamo svilupparla per bene e sapere da ognuno di voi se ha esperienza diretta di qualche azienda che utilizzi queste nuove tecnologie per ascoltare i clienti.
Che sviluppo vedete per questi sistemi in un'ottica di Qualità?
(Fonte: "Nòva")
Nell'era del web partecipativo l'azienda italiana si trova oggi a dover compiere una scelta strategica, di fronte a un bivio che potrebbe influenzare in maniera decisiva il proprio futuro.
Da una parte si registra una tendenza al perseguimento di modelli consolidati, in cui l'azienda si assume l'onere delle decisioni importanti, lasciando successivamente al mercato dei consumatori la valutazione delle proprie scelte.
Dall'altra c'è la strada del coinvolgimento del cliente, visto come una persona e non più come semplce consumatore, al quale l'azienda affida un ruolo da protagonista nell'orientare lo sviluppo di prodotti e servizi.
Questa possibilità oggi è reale, più dei classici focus group o di ricerche di mercato tradizionali, grazie alle opportunità degli strumenti di ascolto e di coinvolgimento fino a qualche tempo fa non disponibili.
...
Una piattaforma che consente agli utenti di proporre idee da discutere insieme è la soluzione adottata da chi sposa la strada del coinvolgimento.
...
Tali ambienti virtuali aggregano e abilitano una community già esistente, costituita da clienti entusiasti e attivi, dando a questi il potere, nei fatti, di entrare a far parte del team di ricerca&sviluppo.
...
L'azienda trasparente può avvalersi, inoltre, di strumenti gratuiti per entrare in relazione con il pubblico attivo della rete, quali sono molti dei social network attualmente più popolari.
Facebook, Myspace, Twitter offrono occasioni per comunicare e raccogliere feedback, con un investimento ridotto e alla portata delle PMI, purché ci sia la volontà di aprirsi e di mettersi in gioco fino in fondo.
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venerdì 27 novembre 2009
La metodologia 8D
Sull'ultimo numero di Quality Progress abbiamo letto la domanda di un lettore sull'"errore umano" e l'abbiamo trovata interessante, così come la risposta data da Keith Wagoner, esperto della metodologia 8D di cui abbiamo già parlato su QualitiAmo.
Ve le proponiamo:
D: In alcune aree di certi nostri processi di assemblaggio non è facile implementare sistemi a prova di errore (poka-yoke).
Capita che, a volte, un pezzo (più o meno ogni 10.000) venga scartato dal cliente per un errore che non è tecnico come, ad esempio, la mancanza di un'etichetta o un difetto visivo.
Sappiamo che si tratta di un errore umano ma alcuni clienti insistono nel volere individuare l'esatta causa che l'ha prodotto.
C'è un metodo per farlo?
R. Uno dei modi per risolvere il problema è la tecnica del Team Oriented Problem Solving (TOPS) della Ford.
Negli anni '80, quando il suo motto era: "La Qualità è il lavoro numero uno", Ford sviluppò questa metodologia che prese il nome dalle TOPS 8 Discipline (8D), un lavoro sistematico per individuare le cause che hanno generato un problema.
l'8D è un eccellente strumento per documentare le attività di Problem solving (individuazione e risoluzione delle cause del problema) in una maniera sicuramente accettabile per i clienti.
Nella prima fase di applicazione dello strumento si dovrà pianificare un piano di progetto per eliminare il problema e migliorare il processo. Questo piano comprenderà uno scopo, l'ambito di applicazione, le attività chiave, le responsabilità, le tempistiche e le risorse a disposizione.
Nella seconda fase si descriverà il divario esistente tra la situazione "as-is" (così com'è) e i desideri dell'organizzazione. Ci si deve focalizzare su un problema specifico e capire come lo si vuole risolvere.
La terza fase è quella di contenimento in cui ci assicuriamo che il cliente non riceva altri prodotti difettosi.
A questo punto entriamo nella quarta fase e il team è pronto a determinare la causa che ha portato allo sviluppo del problema. Si può partire utilizzando, ad esempio, lo strumento del brainstorming
Avendo identificato le cause, il team è pronto a stabilire un'azione correttiva nella quinta fase e a pianificarne l'implementazione che andrà verificata nella sesta fase.
Il lavoro, però, non è ancora finito perché nella settima fase bisognerà assicurarsi di monitorare il processo per assicurarsi che il problema non si ripeta.
L'ottava e ultima fase è quella della comunicazione. Tutti coloro che sono stati coinvolti nel processo di individuazione e correzione del problema andranno citati e lo sforzo fatto andrà opportunamente celebrato.
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giovedì 26 novembre 2009
Un'organizzazione team based
Saturn Corporation ha inserito nella mission aziendale l'importanza del team:
"Per soddisfare i bisogni dei nostri dipendenti, noi creeremo un senso di appartenenza in un ambiente di lavoro imperniato sulla fiducia reciproca, sul rispetto e sulla dignità.
Noi crediamo che tutte le persone vogliano essere coinvolte nelle decisioni che riguardano il loro lavoro. Impiegheremo le modalità di formazione di cui ogni persona ha bisogno.
Le persone creative, motivate e responsabili che lavorano in team e che sono consapevoli che il cambiamento è un fattore critico di successo, sono il più importante asset aziendale".
Alle parole seguono i fatti: l'attività di formazione istituzionale è incentrata su corsi di project management e di team building, mentre le attività ad hoc sono mirate a sviluppare le competenze di team management (motivazione, comunicazione, decision making, negoziazione, ecc.). Inoltre il 10% della retribuzione totale annua è legata a misure di performance di gruppo.
E nella mission delle vostre organizzazioni è contemplata e sostenuta l'idea di "squadra"?
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mercoledì 25 novembre 2009
Un bravo manager
E' una cosa estremamente triste che molti di coloro che all'interno delle nostre organizzazioni ricoprono i posti chiave non siano, in realtà, adatti a fare i manager o ad avere la responsabilità della gestione di altre persone.
E' ugualmente triste che anche coloro che avrebbero le capacità per fare bene e per essere un valido supporto nell'ambiente di lavoro, non siano messi nelle condizioni di poter lavorare al meglio perché non trovano il giusto appoggio nel superiore o la formazione e le informazioni necessarie per riuscire ad adempiere ai propri compiti in maniera brillante .
In un articolo ricco di spunti, McCrimmon scrive per Suite101.com che "I manager davvero validi non sono dei semplici esecutori ma mettono gli altri in grado di fare le cose da soli. Aiutano, infatti, i loro collaboratori a lavorare cercando di essere per loro dei maestri, dei supporter, delle persone che li fanno crescere e che li stimolano in continuazione".
C'è forse una definizione migliore di ciò che significhi essere un manager?
Essere un bravo manager vuol dire mettersi nella posizione di risolvere i problemi, diventare il punto di riferimento per coloro che sono in difficoltà o che hanno qualche questione da risolvere.
Se volete che i vostri collaboratori abbiano fiducia in voi e vi considerino un leader, cercate di essere presenti quando avranno bisogno di voi. Limitarsi a passare la palla e non farsi carico di certe situazioni, significa perdere il rispetto di coloro che lavorano con noi e fare in modo che diventino degli insoddisfatti.
Ricordatelo: sono troppi i manager che si preoccupano di fare colpo sul proprio boss e di centrare gli obiettivi a loro affidati senza coinvolgere in pieno i collaboratori per paura, un domani, di essere messi da parte o per semplice incapacità.
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martedì 24 novembre 2009
Six Sigma: la storia e la distribuzione normale
E' Motorola che rivendica di aver "inventato" il Six Sigma, ma i principi che regolano la metodologia risalgono addirittura al 1809.
In quella data, infatti, Carl Gauss, matematico tedesco, pubblicò "Theoria Motus Corporum Arithmeticae", un libro in cui introdusse il concetto di curva a campana, una forma che ben rappresenta la varianza insita nei processi sotto controllo.
La varianza non è altro che una deviazione dalle aspettative e dalle attese rispetto alla performance di un processo. Ogni processo e ogni attività hanno una varianza, seppure molto piccola.
Queste variazioni all'interno dei processi sono inevitabili e assolutamente certe. Il trucco, ovviamente, sta nel limitarle il più possibile.
Quando si raccolgono i dati relativi ad un processo tipico e si trasferiscono su un piano cartesiano, la natura della varianza diventa chiara.
Se, ad esempio, l'orario di ingresso dei dipendenti di un'azienda è dalle 8 alle 8.15, potrete raccogliere i dati relativi a quante persone entrano alle 7.50, quante alle 7.55, quante allo 8.00 e così via e poi costruire un istogramma e rappresentarlo in un piano cartesiano. Se l'istogramma darà luogo ad una forma a campana, saremo in presenza di una distribuzione normale, in caso contrario ci troveremo davanti ad una distribuzione anomala.
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lunedì 23 novembre 2009
Le metodologie della Qualità. E se il problema fosse il nome?
Quando dobbiamo iniziare ad utilizzare una nuova metodologia all'interno della nostra organizzazione, è facile trovare delle resistenze da parte di chi, non conoscendola, è prevenuto perché ne ha sentito parlare in termini poco lusinghieri.
Prendete, ad esempio, la metodologia Six Sigma. Le persone, per qualche strana ragione, la temono e cercano di girare alla larga da un tema che ricorda numeri, statistiche e matematica oltre che un pizzico di greco antico. :o)
Dunque, perché non focalizzarsi sul viaggio che ci attende, invece che sul nome?
Cercate di aggirare le barriere emozionali che possono frenare l'introduzione di qualsiasi cosa sia conosciuta con il nome di "ISO 9001", "Kaizen" e così via, iniziando a parlare, piuttosto, di "miglioramento continuo", "eccellenza" o "ricerca della Qualità", tutti termini familiari che non creano apprensione e allarmismi.
Pensate che in alcune aziende americane sono addirittura arrivati a dare un nome differente alle varie Black Belt e Green Belt (le cinture nere e verdi che identificano gli esperti della metodologia Sei Sigma) chiamandole, semplicemente "esperti di processo" o "esperti in Qualità".
Fa già meno paura il miglioramento se lo chiamiamo in un modo più semplice, no?
E voi? Nelle vostre organizzazioni usate nomi diversi da quelli conosciuti universalmente per identificare le classiche metodologie e gli strumenti della Qualità?
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venerdì 20 novembre 2009
Procedure e...giustizia
Cercate di ricordare l'ultima volta che avete subito un'ingiustizia procedurale ricevendo come spiegazione un semplice e laconico: "queste sono le regole e le politiche che noi applichiamo".
Sicuramente questa spiegazione non avrà contribuito a diminuire il senso di ingiustizia provato, vero?
Prendete il caso di una studentessa al secondo anno di Economia e Commercio che, durante un semestre seguito presso un'università straniera, inserì e sostenne un esame di organizzazione Aziendale.
Al suo rientro la ragazza chiese la convalida dell'esame nel piano di studi, ma la segreteria le comunicò che ciò non era possibile perché non rientrava nelle normali procedure universitarie.
A questo punto la nostra studentessa ne parlò, durante il ricevimento studenti, direttamente con il docente responsabile del corso. Era evidente come il corso svolto all'estero fosse simile al corso tenuto dal docente per numero di crediti, ore di lezione e tipologia di esame.
Nonostante ciò, il docente si rifiutò di convalidare l'esame sostenuto, concludendo il colloquio con la seguente frase: "Senta, cara signorina, non mi faccia perdere tempo: queste sono le regole e le politiche che noi applichiamo".
La Qualità, però, non si esprime barricandosi dietro a burocrazia e procedure.
Cosa ne pensate?
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giovedì 19 novembre 2009
L'importanza del feedback sul rapporto prestazione-obiettivi
Per ottenere buoni risultati, oltre a obiettivi chiari, partecipati, specifici, difficili ma raggiungibili, è necessario che le persone siano informate sul livello di prestazione raggiunto.
In uno studio condotto sul personale di servizio della Michigan Bell, vennero confrontate le prestazioni di due gruppi di lavoratori.
Uno dei due gruppi lavorava in base agli obiettivi ricevuti ma senza feedback sui risultati; l'altro gruppo era, invece, costantemente informato sui risultati raggiunti.
Il secondo gruppo registrò una prestazione migliore e minori costi del primo.
La mancanza di un feedback arriva addirittura ad annullare gli effetti positivi dati dall'assegnazione di obiettivi impegantivi e stimolanti.
Ricordatelo la prossima volta che discuterete con la Direzione e con i vostri colleghi gli obiettivi a medio e lungo termine.
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mercoledì 18 novembre 2009
Diagrammi causa-effetto o a lisca di pesce o di Ishikawa
I diagrammi causa-effetto, chiamati anche a lisca di pesce sono stati impiegati per la prima volta da Kaoru Ishikawa, esperto giapponese di Controllo Qualità.
Il più semplice di questi diagrammi parte da un effetto finale e cerca di determinarne le cause, suddividendole nei diversi fattori; quelli standard (cause principali) sono generalmente il personale, le attrezzature, i materiali e i metodi (o processi) e ognuno di essi viene rappresentato nel diagramma in modo tale da suggerire l'idea di una lisca di pesce.
Le cause minori vengono indicate con segmenti orizzontali e si prosegue finché non sono state individuate tutte le possibili cause e gli effetti.
Ma ricordate che non bisogna limitarsi alle categorie succitate.
Per esempio in un business di servizi le categorie potrebbero essere le politiche, le procedure, le persone o gli impianti (uffici, sedi).
Lo scopo è identificare tutte le possibili cause e determinare se esistono relazioni tra loro e l'effetto constatato.
Una volta completato il diagramma a lisca di pesce, potrete delineare le cause ritenute più rilevanti e sottoporle a uno studio ulteriore.
Per effettuare questa selezione, cercate cosa è cambiato drasticamente, cosa devia dalla norma o presenta schemi atipici di performance. Verificate, poi, come questi elementi influenzano la qualità del lavoro e il livello della soddisfazione dei clienti.
Forse varrebbe la pena di redigere un diagramma causa-effetto anche per la causa selezionata e risalire, così, alle sue origini, ripetendo il procedimento fino a quando lo si ritenga necessario.
Usate questo tipo di diagramma per identificare un'area che a vostro giudizio abbia bisogno di miglioramento, come per esempio i vostri tempi di risposta alle richieste di servzio, i metodi usati in caso di reclamo o per misurare la soddisfazione dei clienti.
Delineate la vostra lisca di pesce e decidete qual è la causa che necessita di uno studio più approfondito.
Passate, poi, alla fase di studio, cercate una soluzione e attuatela.
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martedì 17 novembre 2009
Formulare giudizi migliori (6)
Combattete l'errore fondamentale d'attribuzione.
Cercate le cause ambientali e situazionali per spiegare il comportamento di qualcuno, prima di ricorrere alle classiche scorciatoie legate al carattere e alla "personalità".
Questo è particolarmente importante laddove le tendenze e gli errori di giudizio causano problemi di ingiustizia di trattamento, specie in tema di gestione del personale.
Esempi classici sono le valutazioni delle performance e le decisioni relative all'assegnazione di incarichi o promozioni.
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lunedì 16 novembre 2009
Formulare giudizi migliori (5)
Non date per scontato che la vostra realtà sia anche quella degli altri.
La percezione degli eventi (selezione, interpretazione, organizzazione) varia da persona a persona e diventa la realtà individuale di ciascuno.
Molti elementi influenzano l'accuratezza di una percezione e il cercare la conferma degli eventi può rivelarsi efficace.
Se, per esempio, fate parte di un gruppo che deve risolvere un problema, cercate di risolvere una definizione consensuale del problema e della situazione.
State attenti, tuttavia, a non imbattervi in un modello di percezioni troppo consensuale, ma errato.
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venerdì 13 novembre 2009
Formulare giudizi migliori (4)
Applicate le teorie della percezione e dell'attribuzione delle cause e degli effetti.
Le teorie della percezione e dell'attribuzione dele cause e degli effetti sono di grande utilità in campo manageriale.
Nel problem solving, per esempio, possiamo risolvere solo quei problemi di cui siamo a conoscenza o che percepiamo.
Tuttavia, dietro al semplice riconoscere che il problema esiste, ci troviamo di fronte alla classica domanda: "Qual è la causa?". Lo stesso vale per la valutazione delle prestazioni di un collaboratore: occorre sapere perché una performance è elevata, mediocre o scarsa.
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giovedì 12 novembre 2009
Formulare giudizi migliori (3)
Valutate periodicamente gli atteggiamenti e la soddisfazione dei dipendenti.
Le organizzazioni dovrebbero valutare periodicamente gli atteggiamenti e la soddisfazione dei dipendenti, coinvolgendoli nella progettazione, raccolta e rielaborazione dei dati di studio.
Tuttavia, è meglio non iniziare mai queste attività se non si è intimamente coinvinti che, una volta acquisiti ed elaborati i dati (indagini di clima, interviste sugli atteggiamenti, ecc.), occorra comunicarli ed intervenire nelle aree individuate come particolarmente critiche.
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mercoledì 11 novembre 2009
Formulare giudizi migliori (2)
Cercate di comprendere come funzionano gli atteggiamenti sul lavoro
Atteggiamenti negativi nei confronti di una responsabilità o dell'organizzazione possono portare un collaboratore ad evitare il lavoro o a cercare addirittura di abbandonarlo.
Ciò è spiegabile poiché la soddisfazione sul lavoro è correlata negativamente al turnover e all'impegno.
Tuttavia non bisogna mai dare per scontato che un collaboratore soddisfatto sia sempre produttivo o che se è produttivo è anche soddisfatto.
Vi è una debole, sebbene statisticamente significativa, relazione tra gli atteggiamenti e la task performance.
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martedì 10 novembre 2009
Formulare giudizi migliori (1)
Nei giorni scorsi su QualitiAmo abbiamo ragionato tanto sul cambiamento e sugli errori di percezione che ci portano ad una valutazione non corretta delle situazioni.
Come fare, dunque, a formulare giudizi migliori?
Da oggi inizieremo a prendere in esame alcuni consigli, uno al giorno.
Ecco il primo!
Focalizzatevi sugli atteggiamenti specifici piuttosto che su quelli generali
Piuttosto che generalizzare, affermando che un collaboratore ha un atteggiamento positivo o negativo, è preferibile focalizzarsi sugli atteggiamenti in termini di oggetti più specifici, come l'atteggiamento verso la retribuzione, la supervisione, il lavoro di gruppo, ecc.
Questo vi aiuterà nel decidere ciò che dovete eventualmente cambiare, sia in termini di percezione delle persone, agendo sulla comunicazione interna, sia in termini di gestione del personale, agendo sui sistemi retributivi e di valutazione, e sulle leve di sviluppo organizzativo quali la formazione e l'affiancamento.
A domani per un nuovo consiglio sul tema!
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lunedì 9 novembre 2009
Leadership, valori etici e dissonanza cognitiva
David Norman Dumville nel 1997 scrisse questo testo che vi sottoponiamo per un vostro giudizio su contenuti e attualità:
Business is business.
La questione dell'etica degli affari può essere fonte di molte dissonanze cognitive (n.d.r. cioè di una mancata corrispondenza tra il comportamento e gli atteggiamenti, le credenze e i pensieri che una persona ha) per la maggior parte dei manager, specie quando l'etica personale si scontra direttamente con gli standard etici (o con la loro totale mancanza!) nell'impresa presso la quale lavorano.
Un manager non deve solo prendere decisioni e risolvere problemi, in coerenza con le politiche di impresa, ma dovrebbe, per un'ovvia pace, e serenità interiore, prendere decisioni appropriate per la sua morale.
E' possibile un compromesso simile?
Anzitutto occorre notare che la maggior parte delle decisioni manageriali non cadono certamente nelle categorie morali "giusto-sbagliato".
A volte i manager si trovano di fronte a decisioni che, se prese, vanno a beneficio dell'impresa e non sono illegali, ma possono creare tensioni morali.
E' però vero anche l'opposto e, cioè, che a volte i manager possono decidere per un percorso di azione che porta a una soddisfazione etica maggiore, ma che lasciano l'impresa in una situazione competitiva, economica o organizzativa più delicata.
E qui sorge il dilemma etico: in quale punto di questo continuum etico ci si deve posizionare per essere fedeli alla propria etica personale e, al contempo, mantenere un approccio professionale verso l'impresa nel suo insieme?
Una chiave generale per trovare il giusto compromesso etico consiste nella ripetuta considerazione delle implicazioni etiche anche nelle decisione di tutti i giorni.
Il considerare le implicazioni etiche di ciascuna decisione permette di comprendere il proprio livello etico soddisfacente.
Col tempo e con l'allenamento, le decisioni appariranno in modo più chiaro come etiche o non etiche.
Inoltre, ciò crea una maggiore consapevolezza anche tra i colleghi e il numero di azioni scorrette, da un punto di vista etico, diminuirà drasticamente.
Ovviamente, trovare questo equilibrio tra "business is business" ed etica personale non è uno sforzo banale.
L'abilità nel percepire e giudicare correttamente una simile situazione deve essere sviluppata e messa a punto col tempo e l'equilibrio non è impossibile da mantenere, se rinforzato da pratiche gestionali etiche, da una cultura d'impresa impostata sui valori e sulla dimensione dell'etica degli affari.
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venerdì 6 novembre 2009
Per capire la Produzione snella provate a pensarvi come un prodotto...
Il suggerimento del titolo ce lo dà Jay Arthur, autore di "Lean Six Sigma demystified", un libro molto interessante sull'applicazione pratica della Produzione snella e sulla sua integrazione con la metodologia Six Sigma.
L'autore suggerisce che, per capire a fondo i principi della Lean production, bisogna provare a pensarsi come un prodotto o un servizio in attesa di essere processato, analizzare quando tempo si aspetta che succeda qualcosa, vedere quante cose sbagliate accadono, quante rilavorazioni vengono fatte. In questo modo si evidenzieranno gli sprechi che vanno ad erodere quello che dovrebbe essere il valore aggiunto di ciò che produciamo.
Nella vostra analisi, non accontentatevi di risposte come "abbiamo sempre fatto così" ma andate al cuore del problema. Accorciate i tempi, diminuite le distanze, impedite che, terminata un'operazione, non inizi subito la successiva.
Se due macchinari possono essere avvicinati per ridurre il tempo speso dagli operatori per spostarsi da uno all'altro, perché non farlo subito? Questa è l'essenza della Lean manufacturing.
Non appena nella vostra analisi individuate uno spreco, cercate di porvi subito rimedio. Non studiate la situazione fino alla sfinimento. Agite!
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giovedì 5 novembre 2009
I punti fermi di Toyota: perché ha conquistato il mondo
I punti su cui si basa la filosofia di Toyota non sono molti e si possono definire come principi di semplice buon senso. Il problema, ovviamente, sta nell'applicarli con dedizione e costanza.
Vediamoli uno ad uno:
1) se il processo funziona, produce buoni risultati. Il processo "giusto" dà luogo a prodotti "giusti"
2) Formare, informare e far crescere le risorse umane e i fornitori aggiunge valore al nostro lavoro
3) Risolvere i problemi su base continua, cercando le cause che li hanno scatenati, porta ad un apprendimento continuo da parte di tutta l'organizzazione
4) I flussi che procedono "un pezzo alla volta" aumentano la produttività, i profitti e la qualità finale
5) Ai prodotti non piace aspettare quando sono sulla linea produttiva. I materiali, le parti, i prodotti sono tutti impazienti e vogliono avanzare nel ciclo produttivo
6) La sola operazione che aggiunge valore è la trasformazione fisica o a livello di informazioni che parte dalla materia prima e la trasforma in ciò che il cliente vuole
7) Gli errori sono solo opportunità per imparare
8) Il problem solving si compone per il 20% di strumenti e per l'80% di pensiero
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mercoledì 4 novembre 2009
Gli istogrammi
Anche gli istogrammi come il diagramma di Pareto sono grafici a barre ma con una differenza sostanziale.
Gli istogrammi forniscono informazioni numeriche sulla frequenza di distribuzione di dati continui, mentre i diagrammi di Pareto illustrano le caratteristiche di un prodotto, processo o servizio.
Per esempio, se volete costruire un grafico della distribuzione dei dipendenti della vostra azienda per giorni d'assenza per malattia all'anno dovrete, innanzitutto, raccogliere i dati sulle assenze per malattia con un modulo di controllo.
In secondo luogo dovrete calcolare l'escursione tra il maggiore e il minore numero di giorni d'assenza pro capite e decidere su quanti intervalli (colonne del grafico) volete distribuire i vostri dati.
Dividete poi il numero di intervalli per l'escursione (differenza) tra il numero massimo e quello minimo di assenze, così da fissare l'ampiezza di ciascun intervallo.
Il numero di intervalli determina la misura degli intervalli stessi con il numero degli episodi verificatesi in ciascuno di essi.
Infine occorre decidere la scala da usare per l'asse verticale (Y) e, una volta tracciato l'istogramma, calcolare i valori della tendenza centrale:
- media: media dei giorni di congedo per malattia, cioè il totale dei giorni diviso per il numero dei dipendenti
- mediana: punto centrale della distribuzione di dati, cioè punto al di sopra e al di sotto del quale cade il 50% di tutti i dati
- moda: valore della serie che si presenta nel maggior numero dei casi
A questo punto potete completare l'istogramma aggiungendo i nomi e le misure della tendenza centrale al grafico.
Poniamo, ad esempio, che il numero totale di dipendenti che hanno registrato assenze per malattia sia 49 e che il numero totale di giorni di assenza sia 248 così distribuiti:
Giorni di assenza N° dipendenti
1 2
2 3
3 6
4 10
5 7
6 8
7 5
8 8
----- ----
Tot. 248 Tot. 49
Il numero medio di giorni per dipendente sarà di 5,06 e la moda è 4 giorni perché è la cifra più ricorrente.
Il punto mediano è tra 4 e 5. L'istogramma si presenterà con 4 colonne, ciascuna avente un intervallo di due giorni (l'escursione di 8 divisa per 4 colonne).
L'istogramma fornisce una notevole quantità di dati desumibili dall'aspetto del grafico.
Se la maggior parte dei valori e delle colonne si trova al centro del grafico significa che c'è poca variazione nel vostro processo mentre quando le colonne sono distribuite lungo l'asse orizzontale X c'è una grande variabilità.
Quando la maggior parte dei valori si trova a sinistra del grafico, c'è un'asimmetria positiva, mentre in caso contrario c'è un'asimmetria negativa.
Se l'istogramma presenta due picchi significa che nel processo avvengono variazioni con due diverse origini, fatto che richiede un pronto intervento.
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martedì 3 novembre 2009
Mantenere "viva" la Produzione snella
Sono 9 i punti che possiamo applicare con regolarità all'interno delle nostre organizzazioni per mantenere alta l'attenzione sulla Lean manufacturing una volta che avviata.
Vediamoli brevemente, con l'augurio che possiate suggerircene degli altri.
1) Integrate i principi "lean" nel lavoro quotidiano
2) Ricordate che la Produzione snella è un processo che non finisce mai
3) Fornite disciplina, motivazione e incentivi
4) Fate in modo che il management mostri sempre grande impegno nella gestione della metodologia
5) Mantenete aperti i canali della comunicazione
6)Standardizzate le cose che funzionano in modo da non ritrovarvi al punto di partenza dopo aver fatto un progresso
7)Insistete sul fatto che bisogna sempre seguire degli standard "lean"
8) Utilizzate persone esperte della metodologia per avviare e sostenere il cambiamento in azienda
9) Ruotate i lavoratori e chiedete loro di svolgere compiti simili ma non uguali
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lunedì 2 novembre 2009
Schema dei principi della conoscenza Lean
La filosofia "lean" va applicata nelle organizzazioni secondo uno schema ben preciso che prevede il controllo di tre principi:
1) VALORE: occorre diventare customer centered
2) FLUSSO: bisogna coinvolgere le persone nei processi lean
3) MAESTRIA: ci si deve continuamente migliorare ed innovare
Per ognuno di questi tre principi dovremo farci 3 precise domande e, in base alle risposte, impostare il nostro lavoro.
Valore
a) Qual è il valore aggiunto che siamo offrendo ai nostri clienti?
b) Il valore che riusciamo a fornire è allineato con la nostra business strategy?
c) Il fornire valore al cliente fa parte integrante della nostra mission?
Flusso
a) La necessità di fornire valore aggiunto è stata declinata in attività ben individuate e precise?
b) In quale modo le attività a valore aggiunto sono state collegate una all'altra per ottimizzare qualità, costi e velocità del nostro lavoro?
c) A quale livello il personale è coinvolto nel fornire valore ai clienti e sente questa necessità come una vera e propria missione?
Maestria
a) Quali sono gli obiettivi stabiliti e le aspettative dell'azienda per ogni lavoratore e per dipartimento?
b) In cosa consiste il piano di formazione e sviluppo del personale? Si lavora sui punti di forza e di debolezza dei lavoratori?
c) Quali meccanismi sono stati posti in essere per migliorare le cose su base continua all'interno dell'organizzazione?
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venerdì 30 ottobre 2009
Il jidoka non è altro che un'attitudine
Ricordate quando su QualitiAmo abbiamo parlato di Jidoka?
Basta semplicemente fare tutto quello che abbiamo scritto per ricavare il massimo dei benefici da questo utilissimo strumento? Ovviamente no e questo perché non basta individuare i problemi, bisogna anche fare qualcosa per risolverli.
"Non funziona? Io non c'entro, non è colpa mia".
"Cosa vuoi dire con “non va bene”? Va benissimo!"
"Chi è che l'ha detto? Oh, Carlo… E' così negativo, sempre. Trova qualcosa che non va in tutto".
Qualcuna di queste frasi vi suona per caso familiare? I problemi vanno affrontati e risolti. La sola risposta da dare a chi vi sta segnalando un problema è "grazie!" perché vi sta offrendo la possibilità di migliorare.
Questo è lo spirito del jidoka e, in generale, degli strumenti per il miglioramento e la Qualità che provengono dall'oriente.
Una volta corretto il problema, avrete fatto metà del vostro dovere. L'altra metà consiste nel chiedere come mai il vostro meccanismo di jidoka non ha rilevato il problema in tempo e ha permesso che arrivasse a valle, presso la stazione di lavoro successiva.
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giovedì 29 ottobre 2009
Diagrammi di Pareto
Un diagramma di Pareto è un grafico a barre (o a colonne) che aiuta a identificare i problemi di qualità e soddisfazione del cliente, evidenziando la frequenza con cui si verificano.
La rappresentazione grafica aiuta, inoltre, a determinare quali problemi necessitano di una risoluzione e in che ordine.
Con un diagramma di Pareto è possibile constatare come da problemi apparentemente minori ne derivino spesso dei maggiori e come sia importante dedicare a questi la massima attenzione.
Il diagramma di Pareto si basa su metodi di rilevazione dei dati del tipo dei moduli di controllo, la distribuzione di frequenza e l'osservazione campionaria.
Per disegnare un diagramma di Pareto occorre anzitutto identificare i problemi da studiare e stabilire un'unità di misura.
Una volta raccolti i dati relativi a un determinato arco di tempo, i risultati saranno riportati in un grafico in ordine di priorità, cioè mettendo al primo posto il problema più ricorrente (corrispondente alla colonna più alta) e gli altri in ordine decrescente.
Il grafico, tipicamente, evidenzia come la maggioranza dei problemi di qualità sia dovuta a un numero ridotto di attività: di norma l'80% dei problemi deriva dal 20% delle cause (la cosiddetta "regola dell'80/20" o "legge di Pareto").
Per costruire un diagramma di Pareto si visualizzano le colonne degli eventi in ordine decrescente di frequenza. Con questo tipo di grafico, dunque, sappiamo che occorre anzitutto lavorare sul problema più rappresentato come casistica.
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mercoledì 28 ottobre 2009
L'atteggiamento delle persone: un fondamento per la Qualità
Chiunque voglia applicare i principi della Qualità nella propria organizzazione, prima o poi dovrà fare i conti con quella che gli americani chiamano "employee attitude", l'atteggiamento dei dipendenti.
Questa caratteristica intangibile e difficilmente misurabile e valutabile è essenziale da indagare se non vogliamo farci cogliere impreparati da un possibile fallimento dell'intero progetto Qualità.
L'atteggiamento delle persone si declina su due parametri:
- soddisfazione delle persone
- coinvolgimento
Vediamoli nel dettaglio.
Soddisfazione delle persone
La soddisfazione del personale è un indicatore che, ultimamente, viene monitorato sempre di più dalle organizzazioni.
Con semplici questionari, i manager mantengono sotto controllo il livello di soddisfazione dei collaboratori. Questo parametro è fondamentale da misurare costantemente perché è direttamente legato alla retention dei talenti e alla capacità di attrarne di nuovi.
Di recente, poi, molti studi hanno manifestato una correlazione pesante tra la soddisfazione delle persone sul lavoro e la soddisfazione dei clienti dell'azienda per cui lavorano.
Coinvolgimento
Non basta che una persona faccia il proprio dovere perché un progetto di implementazione di un Sistema Qualità abbia successo. Le persone devono essere coinvolte in quello che fanno, devono sentirsi parte di un sistema.
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martedì 27 ottobre 2009
Benchmarking qualitativo: un caso pratico
L'esempio forse più eclatante di applicazione del benchmarking qualitativo è quello di Xerox che ha creato reti di benchmarking interne per lo scambio di dati continuo tra tutte le sue divisioni, in tutte le sedi del mondo.
Si tratta di un'attività di raccolta ed organizzazione/elaborazione di informazioni con particolare riguardo a:
- il modello di gestione - modalità di erogazione dei servizi e organizzazione operativa
- le risorse dedicate - organigramma, compiti/competenze, skill professionali, livelli di responsabilità
Il benchmarking qualitativo ripone particolare importanza alle interviste e ai colloqui personali che consentono di dettagliare meglio e pertanto definire il quadro conoscitivo precedentemente realizzato (analisi stato di fatto) ma, soprattutto, di raccogliere eventuali suggerimenti circa possibili migliorie organizzative.
Questo approccio consente una comprensione più approfondita e reale dei processi, delle interrelazioni, dell'operatività e, in sostanza, del sistema funzionae nel suo complesso.
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lunedì 26 ottobre 2009
Mettere in pratica il Getting Things Done
Nel post precedente abbiamo fatto una breve introduzione del metodo abbreviato con la sigla GTD (Getting Things Done).
I nostri impegni, scritti e suddivisi in liste come abbiamo visto, andranno poi ulteriormente divisi nel modo seguente:
- Azioni da fare al più presto: qui andranno elencati gli impegni che richiederanno la nostra attenzione in futuro e qualsiasi cosa che necessiti una decisione
- Progetti: in questa lista andranno riunite le attività che richiedono più di un'azione e che, quindi, dovranno essere riviste periodicamente per assicurarsi che vengano completate
- In attesa: è una lista utilizzabile per catalogare gli impegni che abbiamo delegato a terzi dai quali aspettiamo un riscontro
- Forse: in questa ultima categoria ci saranno le cose che vanno fatte, ma non in questo momento
Il metodo, dunque, si divide in due momenti ben precisi:
1. Archiviare
Liberare la mente segnando tutti gli impegni, le attività e le idee in un luogo comodamente accessibile
2. Processare
Bisogna quotidianamente analizzare le nostre liste, facendo scorrere gli impegni secondo queste regole:
- si inizia dal primo
- si analizza un impegno per volta
- non si torna sulle decisioni prese
Proviamo?
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venerdì 23 ottobre 2009
GTD - Conoscete questa sigla?
Conoscete la metodologia identificata con la frase "Getting Things Done" (GTD)?
Nacque all'inizio degli anni 2000 e venne da subito identificata come un approccio altamente efficace per aumentare la produttività delle persone.
Si tratta, fondamentalmente, di una tecnica per la gestione ottimale del tempo che prevede di registrare le cose da fare relativamente ad una certa attività per sgombrare la mente dalla fatica di doverle ricordare ed essere pronti, invece, a farle.
Il suo inventore, David Allen, dimostra che è possibile affrontare tutti gli impegni senza ansia. Il punto di partenza è semplice: la produttività è direttamente proporzionale alla capacità di sapersi rilassare, perché solo con una mente sgombra i pensieri possono essere sistematici e la creatività può generare risultati.
Per mettere in pratica lo strumento basta fare una lista delle cose da fare (solo di quelle che non possono essere fatte in breve tempo perché le altre andrebbero fatte subito ed eliminate dai nostri impegni, secondo la 2 minutes rule: tutte le task che sono completabili in meno di due minuti vanno completate immediatamente)
Vediamo come fare dal punto di vista pratico. Metterete in opera la GTD se inizierete a scrivere tutte le cose da fare su un taccuino, un’agenda, sui post-it, praticamente dove volete basta che le dividiate per categorie e che riusciate a capire le cose di cui non avete veramente bisogno, non includendole nelle liste.
Divise le cose in più categorie (lavoro, casa, famiglia, amici, tempo libero, ecc.) e individuate quelle fattibili in tempi limitati, potrete passare allo step successivo: fare la prima cosa e portarla a termine per poi passare alla successiva e così via, cancellando dalle liste quello che avete fatto.
Un metodo semplice e logico che ha lo scopo di ridurre lo stress mentale aumentando, nello stesso tempo, la produttività individuale grazie ad una gestione ottimale degli impegni e delle attività.
Nel prossimo post vedremo come operare dal punto di vista pratico.
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giovedì 22 ottobre 2009
Problem solving: suggerimenti operativi (3)
Terza e ultima parte delle nostre riflessioni per migliorare l'approccio al Problem solving.
Ieri e l'altro ieri sono state pubblicate la prima e l seconda parte del post.
15) quando dovete affrontare un problema complesso e molto vasto, suddividetelo in parti più semplici ed elementari che siano più facili da trattare
16) ridefinite il problema e rifocalizzate la situazione man mano che procedete nell'analisi e nella dignosi
17) ricordate che un problema ben definito è per metà risolto
18) nell'analisi distinguete sempre tra possibilità e probabilità
19) ritete sempre a voi stessi che "l'ultimo passo per raggiungere l'obiettivo dipende da come si è fatto il primo"
20) ricordate che se non trovate la soluzione a un problema forse l'avete semplicemente formulato male
21) quando non sapete cosa fare, agite con calma, un passo per volta, senza fermarvi
22) prevedete di commettere errori
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mercoledì 21 ottobre 2009
Problem solving: suggerimenti operativi (2)
Continuano i suggerimenti operativi per impostare una buona azione di analisi e di risoluzione dei problemi.
La prima parte di questo post è stata pubblicata ieri.
8) non accontentatevi della prima risposta o di un'informazione vaga
9) imparate a essere precisi senza per questo essere pignoli e ossessivi
10) abituatevi a considerare nuove informazioni anche se contraddittorie rispetto a quello che già sapete
11) cercate di rivedere il problema se pensate di aver preso una strada sbagliata
12) stabilite comunque un termine temporale per la raccolta e l'analisi delle infromazioni: quando l'avete superato, passate all'azione
13) valutate i miglioramenti che la soluzione del problema porterebbe
14) non fatevi condizionare dai pregiudizi
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martedì 20 ottobre 2009
Problem solving: suggerimenti operativi
A partire da oggi e per i prossimi due giorni, abbiamo deciso di darvi qualche consiglio "operativo" per l'analisi e la risoluzione dei problemi cioè per l'avvio della metodologia del Problem solving.
Iniziamo:
1) diventate "cercatori" di problemi
2) imparate a riconoscere e ad anticipare le situazioni potenzialmente pericolose
3) investite tempo e concentrazione per definire, descrivere e focalizzare il problema
4) rifiutate sempre le affermazioni generiche e grossolane che tendono a generalizzare i problemi
5) inventate il metodo che funziona per voi, stabilite come fare prima di cominciare ad agire
6) ricercate le informazioni, i dati pertinenti al problema o le opinioni di persone interessate
7) valutate la correttezza, la veridicità e l'affidabilità delle informazioni e dei dati che raccogliete
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lunedì 19 ottobre 2009
Decisione efficace: gli errori da evitare
Un processo decisionale efficace:
- mette a fuoco ciò che è importante, logico e coerente
- fonde il pensiero analitico a quello intuitivo
- richiede solo la quantità di informazioni necessarie
- incoraggia e guida la raccolta di informazioni rilevanti
- è rapido, attendibile, di semplice utilizzo e flessibile
- analizza le conseguenze della scelta
- risolve i problemi legati all'incertezza
- accetta un buon livello di tollerenza del rischio
- verifica la decisioni collegate
In questo contesto, è poi importante evitare gli errori più comuni:
- lavorare al problema sbagliato
- non individuare gli obiettivi_chiave
- non sviluppare alternative valide e/o creative
- trascurare le conseguenze cruciali delle alternative
- dare scarso peso ai compromessi
- non curarsi dell'incertezza
- non calcolare la tollerabilità del rischio
- non pianificare in anticipo quando ci si trova di fronte a decisioni collegate nel tempo
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venerdì 16 ottobre 2009
Il processo di ascolto: gli errori più comuni
Gli errori più diffusi al momento dell'ascolto sono:
- l'errore dovuto al pregiudizio, quando si nutrono pregiudizi nei confronti di chi parla
- l'errore dovuto alla sintesi o alla velocità, quando siamo troppo veloci e rapidi nelle conclusioni
- l'errore legato all'interesse verso un certo argomento, che ci fa "arrotolare" sui nostri pensieri e ci allontana dall'interlocutore
- l'errore dovuto alla troppa attenzione a fatti e aneddoti oppure a concetti e teorie, che porta ad avere un quadro parziale e non completo del messaggio
- l'errore da disturbi esterni o da distrazioni, mentre il buon ascoltatore sa concentrarsi, escludendo gli uni e gli altri
- l'errore dovuto alla mancanza di contatto visivo, mentre guardare negli occhi l'interlocutore è segno di buona educazione e permette di cogliere il senso del discorso
- l'errore di scarsa concentrazione, che rende difficile riuscire a cogliere il significato delle parole di chi ci sta parlando
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giovedì 15 ottobre 2009
L'effetto Pigmalione, l'effetto Galatea
Possiamo veicolare la fiducia verso gli altri e verso noi stessi, sfruttando due effetti leva: Pigmalione e Galatea, ovvero avere rispettivamente alte aspettative verso gli altri e verso se stessi.
Narra la leggenda che Pigmalione, scultore greco, scolpì una statua di donna stupenda e se ne innamorò.
Pregò gli dei di darle la vita e lo fece così intensamente che l'Olimpo esaudì la sua preghiera.
Per quanto riguarda l'effetto Galatea, è quello che ben conoscono insegnanti e genitori quando si sforzano di aumentare le aspettative dei loro studenti e dei loro figli: iniziano a trattarli in modo diverso (senza favoritismi) e sviluppano meglio il loro potenziale educativo, creativo e culturale.
Da sempre si dice che le aspettative non sono altro che legittime anticipazioni della realtà: se crediamo in qualcosa e la desideriamo, compiamo degli sforzi per ottenerla o per raggiungerla.
Le profezie che si autoavverano nascono come ipotesi, diventano scopi, si trasformano in obiettivi e si realizzano grazie alla volontà e alla speranza.
Ecco come nasce l'effetto Galatea. Si diventa ciò che si vuole diventare.
Quanto sono importanti questi effetti leva per un Responsabile Qualità, secondo voi?
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mercoledì 14 ottobre 2009
Il pensiero laterale: utile anche per chi si occupa di Qualità
Il pensiero laterale è un'abitudine mentale pro-attiva, un cercare di affrontare i problemi in maniera creativa, il concentrarsi su qualcosa che nessun altro aveva preso in considerazione.
La sfida è la battaglia all'unicità e alla continuità, all'unico modo di fare le cose, ai concetti e alle idee, ai presupposti, ai vincoli e ai fattori essenziali.
La ricerca delle alternative, la più importante di tutte le attività creative, vuol dire obbligrasi a trovare alternative e non fermarsi alla prima soluzione che viene in mente.
La provocazione serve per ottenere risposte o prendere strade diverse: è provocatorio utilizzare l'umorismo e l'ironia ma utile perché nel momento comico nasce sempre qualche analogia creativa.
La disciplina è indispensabile perché non basta utilizzare buone tecniche, serve anche avere un metodo: per avere risultati ci vogliono il rispetto del tempo, il darsi un limite (inizio e fine), lo stabilire con chiarezza il focus e l'obiettivo, la perseveranza e la tenacia.
E per mettervi alla prova, ogni sabato, sul forum di QualitiAmo, proponiamo un quiz di pensiero laterale. Allora, siete pronti?
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martedì 13 ottobre 2009
Il processo decisionale: gli elementi (3)
Completiamo il discorso iniziato nel post precedente sugli elementi che caratterizzano il processo decisionale parlando degli ultimi tre elementi: scelta, attuazione e revisione.
La scelta
In questa fase possiamo riconoscere alcune condizioni nelle quali il problema decisionale può essere affrontato:
- contesto deterministico che porta ad un'univocità della decisione
- contesto non deterministico che porta rischio (minimizzare la perdita di opportunità) e incertezza (eliminare alternative)
Gli atteggiamenti possibili sono:
- ottimistico: MaxMax (massimizzare il risultato)
- pessimistico: MaxMin (massimizzare il risultato positivo più sfavorevole)
- realistico: compromesso fra i precedenti
Le criticità tipiche di questa fase sono:
- la non-scelta non esiste (rimandare la decisione equivale a scegliere l'altyernativa "zero")
- la "decisione su come decidere" nei casi di rischio e di incertezza (prevalenti)
- atteggiamento del decisore: euforia / depressione / razionalità
L'attuazione
E' la fase in cui si mettono in campo modalità ed azioni per attuare le decisioni.
Le criticità tipiche di questa fase sono:
- gli attori sono soggetti diversi dal o dai decisori (problema di coordinamento, organizzazione e pianificazione)
La revisione
In questa ultima fase, si confrontano i risultati con gli obiettivi.
Le criticità tipiche di questa fase sono:
- scostamenti risultati / obiettivi (analisi delle cause)
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