Qualunque professionista della Qualità sa molto bene che implementare un Sistema Qualità richiede un cambiamento profondo e che le persone, solitamente, sono molto restie al cambiamento.
Ma da cosa deriva questa profonda resistenza al cambiamento? Proviamo a fare una breve analisi delle organizzazioni del nostro Paese.
Il tessuto connettivo delle aziende italiane è costituito per lo più da piccole e medie imprese (PMI) dove l'attenzione e quindi il successo all'interno dell'azienda è rivolto alla capacità di realizzare un determinato prodotto o servizio per il mercato.
Perché un'organizzazione abbia davvero successo, il mercato richiede, però, che siano coinvolte tutte le aree aziendali e non soltanto quelle produttive.
Tale indispensabile integrazione induce a focalizzare l'attenzione sull'organizzazione di tipo sistemico, l'unico "antidoto" possibile alla "malattia" della paura del cambiamento.
Si ha paura, infatti, di ciò che non si conosce e non si è in grado di prevedere.
Il cambiamento che occorre fare è quello di riuscire ad impadronirsi degli strumenti operativi più adatti per determinare le cause delle non conformità e non solo per trattarle, risolvendo temporaneamente il problema.
Per le PMI, però, recepire questo invito ad un cambiamento gestionale così profondo non è per nulla facile. Questa difficoltà aumenta ancora di più se pensiamo al mercato in cui ci troviamo ad operare che richiede prese di posizione rapide e precise.
La crisi sta spingendo le grandi aziende, di cui le PMI sono spessissimo partner nelle forniture, a ridurre drasticamente il parco fornitori. Uno dei criteri utilizzati come discriminante in questa scelta è spesso proprio la capacità gestionale della piccola azienda e il suo pensiero di tipo sistemico.
Cambiare, dunque, è necessario per sopravvivere, come già sosteneva Deming.
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venerdì 29 gennaio 2010
Da cosa nasce la resistenza al cambiamento?
giovedì 28 gennaio 2010
Attribuire le responsabilità
Ieri abbiamo affermato nuovamente che la Qualità è responsabilità di tutti. Ma come assicurarci che questi "tutti" sappiano cosa devono fare?
Prima di tutto è fondamentale che le responsabilità vengano attribuite per singole attività in modo che ognuno possa pianificare e organizzare al meglio il proprio lavoro senza perdite di tempo o litigi dovuti al fatto che non si sa esattamente "chi deve fare cosa".
La seconda cosa fondamentale è che tutto il personale deve essere a conoscenza degli obiettivi da raggiungere che vanno condivisi:
1) attraverso una Politica della Qualità chiara, semplice e scritta in un linguaggio adatto ad essere compreso da tutti
2) attraverso una formalizzazione dei macro e dei micro obiettivi
E' fondamentale, poi, che le persone siano informate delle loro performance (attraverso un puntuale feedback che permetta tempestivi interventi correttivi), in modo da poterle migliorare o centrare maggiormente sull'obiettivo.
L'ultima cosa da fare è incoraggiare riconoscere e premiare gli sforzi fatti dalle persone per aumentare il livello di Qualità dell'organizzazione.
Le vostre organizzazioni a che punto sono con l'assegnazione delle responsabilità? Applicate correttamente tutte queste fasi? In quale ritenete di essere maggiormente deboli?
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mercoledì 27 gennaio 2010
La Qualità è un lavoro di tutti
Ce l'hanno già detto i "grandi" della Qualità (Armand Feigenbaum su tutti...) la Qualità deve diventare un lavoro di tutti, cioè di tutte le funzioni che intervengono attivamente nel ciclo di vita di un prodotto o di un servizio.
Ma quali sono queste funzioni? Vediamole una per una:
- Studio e ricerca di mercato
- Progettazione e sviluppo del prodotto o del servizio
- Pianificazione e sviluppo dei processi
- Acquisti
- Produzione o fornitura del servizio
- Verifica
- Imballaggio e confezionamento
- Vendita e distribuzione
- Installazione e messa in esercizio
- Assistenza tecnica e manutenzione
- Attività di post-vendita
- Messa fuori uso alla fine della vita utile
Abbiamo dimenticato qualcosa? Vi vengono in mente altre fasi che è fondamentale includere nella gestione della Qualità? Se diciamo "supporto", ad esempio, cosa vi viene in mente?
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martedì 26 gennaio 2010
Strumenti e cultura
Quante volte in questo blog e sulle pagine di QualitiAmo abbiamo parlato di strumenti e di cultura identificandoli come parti irrinunciabili di un percorso che porta alla Qualità?
Bene, proprio l'altro giorno ci è capitato a portata di mano un trafiletto pubblicato sul Corriere della Sera che iniziava cosi:
"Oggi nessun antropologo giurerebbe che la pratica di fabbricare strumenti sia iniziata con l'uomo", scrive Michelangelo Bisconti nel suo libro "Le culture degli altri animali".
Gli esperimenti fatti su vari animali, dagli scimpanzé agli scoiattoli, infatti, hanno ampiamente certificato che creare strumenti per migliorare e avere una cultura non sono prerogative degli esseri umani.
L'uomo, quindi, non è il solo capace di esprimere una cultura. Gli animali comunicano tra loro facendo ricorso a mezzi diversi, dalla coda del pavone che trasmette messaggi con i suoi colori, al canto degli uccelli spesso ripetitivo per assicurarsi che il segnale vada a buon fine.
Talvolta i contenuti dei messaggi sono frutto dell'esperienza, della conoscenza acquisita e trasmessa al di fuori di quanto il DNA lascia in eredità.
Ci è piaciuto molto questo parallelismo con il mondo animale. In fondo, pensateci bene, la coda del pavone non è forse un esempio di ciò che l'uomo ha chiamato "visual management" e, cioè, gestione attraverso ciò che si può vedere?
A volte anche la natura ci può insegnare ad utilizzare gli strumenti migliori. Occhi e orecchie bene aperti, dunque, anche quando passeggiate nella natura. Un vero professionista della Qualità, infatti, non dorme mai! ;o)
E a voi che esempi di strumenti della Qualità vengono in mente pensando al mondo animale?
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lunedì 25 gennaio 2010
L'importanza delle decisioni
C'è un processo bistrattato e spesso dimenticato che appartiene alla moderna gestione della Qualità e che potrebbe aiutare molte organizzazioni a raggiungere il loro pieno potenziale attraverso un miglioramento continuo.
Non sviluppare degnamente questo processo può addiritttura fare la differenza tra lavorare in un'azienda di successo e fare parte di un'organizzazione destinata al fallimento.
Di cosa stiamo parlando, dunque?
Ovviamente del processo decisionale, un processo niente affatto secondario che produce più "prodotti" di qualsiasi costruttore di automobili, di microchip o di programmi software: le decisioni, appunto.
Ci sono decisioni che hanno conseguenze immediate e che sono sotto gli occhi di tutti come, ad esempio, quelle di un chirurgo che opera a cuore aperto o quelle di un comandante che si trova in prima linea durante una guerra.
Altre decisioni, al contrario, possono avere effetti drammatici nei livelli più bassi della forza lavoro ma non sono sempre così evidenti come, ad esempio, le decisioni del management di un'azienda.
Ci sono centinaia di decisioni ogni giorno che occupano diversi livelli di importanza in un ipotetico spettro decisionale. Sono le decisioni che vengono prese quotidianamente nei luoghi dove si lavora e che, nel loro insieme, sono critiche per le performance complessive di un'organizzazione.
Ognuna di queste decisioni, infatti, può non avere conseguenze importanti ma tutte insieme hanno un impatto enorme, anche dal punto di vista economico.
Ecco perché dovremmo imparare a considerare le decisioni alla stregua dei nostri prodotti o servizi e a prestare loro tutta l'attenzione del caso, lavorando molto bene sul processo decisionale e mettendolo a punto, esattamente come facciamo per tutti gli altri processi aziendali.
Siete d'accordo?
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venerdì 22 gennaio 2010
La stratificazione
La stratificazione è semplicemente un metodo per raggiungere una maggiore accuratezza nella raccolta e nel reporting dei dati di misurazione.
Capita, talvolta, che i dati stessi nascondano le reali fonti o provenienze singole, quando per esempio, la carta di controllo che indica il numero dei resi non li analizza per articolo, mentre a voi interessa distinguere quali sono i prodotti per cui la resa si ripete maggiormente.
Si può allora ricorrere alla stratificazione.
Si parte dividendo i dati in categorie discrete (tipo, località, dimensione, reparto, distanza, ecc.) per determinare più chiaramente e precisamente le vostre aree da migliorare.
Prendiamo il caso delle misurazioni relative alla soddisfazione del cliente: ipotizziamo che da esse risulti che 70% dei clienti è contento del vostro prodotto o servizio e 30% non lo è.
Da questi dati complessivi volete passare a una conoscenza più precisa di questi due raggruppamenti.
Una soluzione è di stratificarli demograficamente per età, sesso, reddito, codice di avviamento postale o altro.
Avrete così un quadro più accurato dei vostri clienti e delle loro risposte.
Potrete quindi riportare i risultati del vostro processo di stratificazione in un diagramma di Pareto, un istogramma o una carta di controllo.
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giovedì 21 gennaio 2010
Come sta cambiando la Qualità
Questa prima decade del ventunesimo secolo ha acceso i riflettori su una grande enfasi relativa ai cambiamenti umani ed economici, alla necessità di un miglioramento concreto e ai metodi e alle buone pratiche che possono portarci a conquistare questo miglioramento giorno per giorno in maniera efficace.
In particolare, negli USA e in molte altre parti del mondo c'è stata e c'è tutt'ora un'attenzione particolare per la Qualità che sembra crescere giorno dopo giorno e che dà ai suoi principi, alle sue metodologie e alle sue discipline un ruolo decisamente più "produttivo", volto a soddisfare la nuova domanda di professionisti più preparati e di una tecnologia che stia al passo coi tempi.
Questa enfasi, che dobbiamo dire in Italia latita un po', riconosce alla Qualità un nuovo carattere "umano" che richiama l'insegnamento di Joseph Juran.
Sono sempre meno, infatti, le persone soddisfatte di un mondo che le considera "cittadini di seconda o terza categoria", che sono felici della poca qualità dei prodotti che comprano e che si accontenano di avere a che fare con processi che non le prendono minimamente in considerazione.
La Qualità, dunque, si sta riavvicinando alle persone e la nuova avventura italiana (finalmente!) della class action ce lo sottolinea con forza. Le persone sono sempre più desiderose di comprendere i meccanismi necessari per scegliere un buon prodotto, si informano e protestano quando non sono soddisfatte, pretendendo di vedersi rifondere i danni subiti.
Se proviamo ad analizzare il fenomeno dal punto di vista tecnologico, ci accorgeremo che sono state proprio le informazioni distribuite attraverso il web a creare una maggiore consapevolezza nei consumatori e nei clienti. Quando le informazioni vengono incanalate nel modo giusto, la Qualità di un'azienda diventa trasparente e i clienti capiscono in pochi istanti con chi hanno a che fare.
Considerando tutte queste cose nel loro insieme, sembra ci sia ogni giorno più bisogno di utilizzare in maniera più estensiva la Qualità all'interno delle nostre organizzazioni e di avere professionisti sempre più preparati ad affrontare degnamente l'argomento.
Cosa ne pensate?
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mercoledì 20 gennaio 2010
Il Six Sigma: espressione di un viaggio infinito
David H. Treichler, autore di "The Six Sigma Path to Leadership" ("Il sentiero del Six Sigma verso la leadership"), definisce la metodologia Sei Sigma come un viaggio lungo e difficile, un viaggio, però, che è in grado di ricompensare ampiamente chi lo intraprende sia che si tratti di un singolo professionista che vuole certificare la conoscenza della propria professione, sia che si tratti di un'intera organizzazione (ancora poche in Italia...)
Treichler definisce la metodologia Six Sigma in modo estremamente semplice come un approccio guidato dai dati e su di esso basato che si avvale di strumenti specifici che portano a prendere decisioni basandosi sui fatti.
Fino a qui nulla di così diverso da qualsiasi altra disciplina della Qualità (raccolta dati, strumenti specifici, tempo per ottenere risultati).
Ancora, se proseguiamo nella descrizione della metodologia, ci accorgiamo che non fa altro che insegnare alle persone a sviluppare delle competenze e delle capacità che le fanno crescere come professionisti in modo da potersi poi mettere a disposizione dell'organizzazione per la quale lavorano. Anche qui poche differenze con chi impara qualsiasi altra metodologia della Qualità.
Un'altra similitudine è data, poi, dal fatto che anche il Sei Sigma può essere utilizzato in quasi tutti i dipartimenti aziendali, dato che esistono capitoli di molti libri scritti appositamente per "fotografare" l'applicazione della metodologia all'interno della progettazione, dello sviluppo di software, della gestione della catena di fornitura o delle organizzazioni governative o non profit.
Cosa spaventa, dunque, così tanto le aziende da spingerle a scegliere di non avvicinarsi al Six Sigma?
Forse un uso pesante della statistica? Forse un ricorso così massiccio ai dati? Forse, ancora, l'impossibilità di ottenere risultati validi in poco tempo e senza conoscenze approfondite?
Magari tutte queste cose insieme e chissà cos'altro ma un'infarinatura generale sui concetti generali della metodologia dovrebbe fare parte delle conoscenze di qualsiasi professionista della Qualità. Ecco perché ci ritroveremo a parlarne parecchie volte in questo 2010, sperando di destare il vostro interesse.
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martedì 19 gennaio 2010
Risk management: una nuova sezione su QualitiAmo
Oggi QualitiAmo inaugura una nuova sezione del sito che tratterà di risk management e che si avvarrà della collaborazione dell'ing. Gian Carlo Mocci, un esperto del settore.
La sezione, sperimentale, per crescere e per trovare una giusta collocazione all'interno di QualitiAmo ha bisogno della collaborazione di tutti voi. Ci piacerebbe, infatti, che questo strumento diventasse bidirezionale e, cioè, che proponeste voi stessi dei quesiti sull'argomento insieme alle vostre considerazioni e ai suggerimenti relativi ai contenuti futuri.
Non solo "serbatoio" di informazioni, dunque, ma strumento di crescita e condivisione, nello stile di QualitiAmo.
Ora vi lasciamo alla lettura del primo articolo della sezione e vi rimandiamo al forum di supporto per le vostre domande.
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Comportamento di considerazione e supporto - Consigli ai professionisti della Qualità
Cosa deve fare un professionista della Qualità quando si trova a dover manifestare supporto ad una causa?
Come può essere dannoso apparire troppo direttivi e dominanti, così il lato "pericoloso" nel comportarsi con troppa considerazione e supporto nei confronti dei collaboratori è che qualcuno possa intendere questo come un segno di debolezza e mancanza di interesse verso la performance.
Tuttavia, se sapete quando comportarvi in questo modo e siete in grado di farlo, sarete ripagati con una performance migliore.
Di seguito trovare alcuni consigli su come manifestare comportamenti di considerazione e di supporto:
- dimostrate interesse per il benessere personale dei collaboratori
- siate attenti ascoltatori, lasciate che i collaboratori parlino più a lungo
- personalizzate il modo con cui avete a che fare con i collaboratori, minimizzando le differenze di staus organizzativo
- incoraggiate l'individualismo, la creatività e l'iniziativa
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lunedì 18 gennaio 2010
Comportamenti direttivi - Consigli ai professionisti della Qualità
Un professionista della Qualità deve insegnare con l'esempio e quindi, più di altri,. dovrà stare attento al proprio comportamento.
Vi sono momenti, ad esempio, in cui è critico fornire una direzione e una guida ai collaboratori.
Un collega, in genere, percepirà le vostre azioni come direttive se instaurerete delle interazioni orientate al lavoro e se prendete l'iniziativa in queste interazioni.
Tuttavia fornire una guida non è la stessa cosa di dominare o avvilire qualcuno; significa, piuttosto, dare la direzione e chiarire come svolgere le mansioni o ciò che ci si aspetta dalla persona.
Questo significa che dovrete essere attenti a non creare la percezione di essere troppo rigidi o dominanti.
Ecco alcuni consigli su come essere direttivi senza apparire autoritari:
- definite chiaramente le responsabilità
- fornite le informazioni necessarie per lo svolgimento del lavoro
- date enfasi alle regole e alle procedure che devono essere seguite
- fate verifiche regolari degli eventuali progressi dei collaboratori
- fornite feedback costruttivi su base regolare
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venerdì 15 gennaio 2010
Leader makes difference (2)
(Part 1)
Socio-emotional area
If the manager is nice -> employees develop affection, admiration, trust
If the manager has deeply rooted values and offers hope -> employees will seek to emulate him
If the manager does not betray the trust -> employees feel accepted, supported and understood
If the manager calls cohesion -> employees want to please the group and stay inside the team
If the manager is full of enthusiasm -> employees feel to be on the right side
If the manager is available -> employees identify with the leader and the mission
(Do you already know our site? His name is QualitiAmo and we are translating it in English. Please help us and let us know if you find some mistranslations. Thanks!)
Il leader fa la differenza (2)
(Prima parte)
Caratteristiche socio-emotive
Se il manager è entusiasta --> i collaboratori si sentono dalla parte giusta
Se il manager è disponibile e accessibile --> i collaboratori si identificano con il leader e con la mission
Se il manager è gradevole --> i collaboratori sviluppano affetto, ammirazione, fiducia
Se il manager attinge da valori ben radicati e offre speranze --> i collaboratori cercheranno di emularlo
Se il manager non tradisce la fiducia --> i collaboratori si sentono accettati, appoggiati e compresi
Se il manager invita alla coesione --> i collaboratori desiderano piacere al gruppo e restare nel team di lavoro
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giovedì 14 gennaio 2010
Leader makes difference
As we have said many times, is the leader who makes the difference in an organization.
Let's consider, therefore, the impact that a positive attitude can have on employees.
The two fields which we will discuss are:
1) Activities and mission
2) Socio-emotional
Activities and mission
If the manager has clear objectives -> employees are more aware
If the manager is willing to change -> employees are aware of new levels of achievement
If the manager has high expectations and takes some risk -> employees develop efficiency
If the manager is confident but realistic -> employees identify themselves with the cause
If the manager offers moral support -> employees are more motivated
If the manager trace routes clear and innovative strategies -> employees are able to accomplish more tasks with less effort
Tomorrow we will examine the socio-emotional area.
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Il leader fa la differenza
Come abbiamo detto tante volte, è il leader che fa la differenza in un'organizzazione.
Proviamo ad esaminare, dunque, l'impatto che un atteggiamento positivo da parte di un manager può avere sui suoi collaboratori.
I due campi di cui parleremo sono:
1) Attività e mission
2) Caratteristiche socio-emotive
Attività e mission
Se il manager ha obiettivi chiari --> i collaboratori sono consapevoli
Se il manager è attento e propenso al cambiamento --> i collaboratori sono consapevoli di nuovi livelli di achievement (capacità di conseguire qualcosa)
Se il manager ha aspettative alte e si assume qualche rischio --> i collaboratori sviluppano sentimenti di efficienza
Se il manager è fiducioso ma realista --> i collaboratori si identificano con la causa
Se il manager offre un appoggio morale --> i collaboratori sono più motivati
Se il manager traccia percorsi articolati e strategie innovative --> i collaboratori sono in grado di svolgere più compiti con minore fatica
Domani esamineremo le caratteristiche socio-emotive.
(Seconda parte)
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mercoledì 13 gennaio 2010
Il ruolo del team leader nelle decisioni di gruppo (7)
Dare valore al contrasto e al caos
Vi è spesso molto più valore nel disaccordo che nell'accordo rapido.
Quando i membri di un gruppo trovano un accordo, la generazione di idee si interrompe e quindi occorre abituare le persone alla critica costruttiva e a sostenere la propria opinione, anche se "fuori dal coro".
In qualità di team leader bisognerebbe evitare di reagire senza prima pensare a ciò che avviene in 4 situazioni:
1) quando ci aspettiamo qualche cosa
2) quando vogliamo qualche cosa
3) quando c'è qualche cosa che ci preoccupa
4) quando stiamo per terminare qualche cosa
Questo significa che dovreste accettare il caos poiché all'interno dei complessi caotici c'è sempre uno schema. Cercate sempre i suggerimenti e considerate differenti metodi di risoluzione dei problemi.
I contrasti sono fondamentali per stimolare il dibattito e questo accade quando il team leader accetta e approva un disaccordo.
Il team leader potrebbe dire, ad esempio, "Marco, la tua idea è in contrasto con quella di Marta. Raccontaci cosa hai in mente e poi sentiamo il putno di vista di Marta".
Questo comportamento suggerirà al gruppo che è accettabile non essere d'accordo e che nessuno verrà punito per aver dissentito da un altro, aprendo così la porta a nuove idee.
Spesso il disaccordo può essere ricondotto a diverse definizioni del problema o agli obiettivi che il gruppo non ha precedentemente considerato. Approvare il disaccordo aiuta il team leader ad evitare i comportamenti conformisti e quelli che danno ragione all'ultimo che parla, insomma "l'effetto corte".
Il responsabile di un gruppo di lavoro dovrebbe programmare il disaccordo nella discussione con l'uso del ruolo dell'avvocato del diavolo o stimolando proposte contrarie.
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martedì 12 gennaio 2010
Il ruolo del team leader nelle decisioni di gruppo (6)
Evitare le soluzioni da "capo"
Il team leader di un gruppo, specialmente se con autorità formale, dovrebbe astenersi dall'offrire soluzioni al gruppo, anche se è difficile.
In queste situazioni si ha certo voglia di esprimere le proprie opinioni, il problema è che il valore di un'idea di un superiore viene stimata dai membri del gruppo sulla base della fonte dell'idea e non sul suo reale valore.
La valutazione oggettiva è influenzata da come reagirà "il capo", se la sua idea non verrà supportata o addirittura contrastata.
Raramente il capo viene trattato come un pari, ricordatelo quando vi troverete ancora nella situazione di poter influenzare il lavoro di un team.
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lunedì 11 gennaio 2010
Il ruolo del team leader nelle decisioni di gruppo (5)
Ottenere consenso:
I membri del gruppo hanno bisogno di valutare le loro idee per arrivare a una decisione accettabile.
Il team leader può essere d'aiuto in molti modi durante questa fase:
1) può riassumere i progressi del gruppo per accertarsi che sia pronto a prendere una decisione
2) può invitare i componenti del team a sviluppare dei criteri per valutare le alternative proposte
3) può mettere in discussione i punti di accordo e di disaccordo del gruppo, prima che si trovi il consenso
4) può effettuare dei test, ottenere un consenso reale e, infine, organizzare e presentare un'analisi del lavoro di gruppo
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venerdì 8 gennaio 2010
Il ruolo del team leader nelle decisioni di gruppo (4)
La terza cosa alla quale prestare attenzione quando si deve gestire un team è la seguente:
Prevenire la valutazione prematura delle soluzioni
Il processo di generazione di idee è bloccato dalla loro valutazione e ciò accade specialmente quando i membri di un gruppo si accordano subito su una soluzione e adottano la prima soluzione accettabile che si propone.
Il team leader e i membri del gruppo devono preoccuparsi che affermazioni valutative siano trattenute, almeno finché il processo di generazione di idee non sia adeguatamente terminato.
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giovedì 7 gennaio 2010
Il ruolo del team leader nelle decisioni di gruppo (3)
Il secondo suggerimento per migliorare il processo decisionale all'interno dei gruppi, argomento che stiamo trattando in questi giorni, è il seguente:
Usare il problema per generare soluzioni
Una buona definizione del problema può essere posta in maniera produttiva e ciascun elemento della definizione può essere una fonte di possibili soluzioni.
Tutto ciò che dovete fare è incentivare il gruppo a continuare il processo di generazione di idee che rispondono a tutti gli elementi del problema.
In questo modo non solo si incoraggia l'individuazione di diverse soluzioni, ma anche l'approfondimento stesso delle soluzioni.
Le soluzioni saranno meno incomplete se si attengono a tutti gli aspetti di un problema.
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martedì 5 gennaio 2010
Il ruolo del team leader nelle decisioni di gruppo (2)
Continuiamo il discorso iniziato ieri sulle decisioni all'interno dei gruppi, esaminando il primo suggerimento per gestire al meglio il processo decisionale.
Definire il problema in modo completo e accurato.
Dovete superare la tendenza del gruppo a definire il problema troppo velocemente o semplicemente.
Chiedete ai membri del gruppo di comunicare come vedono il problema e quali siano, a loro avviso, le cause.
Sondate il gruppo e lavorate nella direzione di una definizione accurata.
Mentre i membri del gruppo discutono, segnate le loro idee su una lavagna. Al gruppo può essere chiesto di differenziare i sintomi del problema tra primari e secondari.
A volte, per rompere il ghiaccio sul problema, conviene porto in termini situazionali piuttosto che personali, poichè la depersonalizzazione aiuta i membri del team a intervenire con maggiore obiettività.
I membri di un gruppo si allontaneranno comunque dal problema troppo velocemente e inizieranno a offrire soluzioni troppo presto.
Quando questo accade, dovete riproporre la definzione del problema, ricordando che non si è ancora pronti alle soluzioni.
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lunedì 4 gennaio 2010
Il ruolo del team leader nelle decisioni di gruppo
La responsabilità maggiore nelle decisioni di gruppo è del team leader, che si trova in una situazione critica nell'influenzare la qualità e l'accettazione di una decisione.
Se siete il team leader di un gruppo, dovete essere come un direttore d'orchestra che non suona uno strumento particolare ma conduce e guida gli orchestarli.
Il team leader deve dirigere l'attenzione sia sul processo che sul contenuto della decisione.
Colui che si focalizza sul processo, aumenta la pressione sulla corretta definizione del problema e aiuta a generare soluzioni alternative, assicurando ai partecipanti di potersi esprimere liberamente e gestendo i potenziali conflitti.
Il team leader può influenzare anche il contenuto, insistendo su alti livelli qualitativi e di accettazioone e prevenendo le decisioni non applicabili.
Molti team leader diventano però troppo coinvolti nel contenuto della decisione di gruppo, perché normalmente sono a conoscenza di molti aspetti collegati alla decisione ed hanno una naturale propensione a offrire il loro contributo diretto nella decisione.
Eppure è un errore.
Focalizzare la propria attenzione sul processo decisionale richiede disponibilità a disimparare abitudini passate e a praticare l'accettazione del dissenso.
A partire da domani proveremo a fornirvi alcuni suggerimenti per gestire il processo decisionale del gruppo. Non mancate di tornare a trovarci!
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