State cercando di muovere i primi passi nel mondo del lavoro della qualità? Se è così, probabilmente, siete vittime del fatto che nessuno vuole affidarvi un lavoro così delicato perché non avete esperienza e, d’altra parte, non potete fare esperienza senza che qualcuno vi metta all’opera. Il proverbiale gatto che si mangia la coda!
Da qualche parte, però, bisogna pur iniziare e tutti i grandi manager che vi possono venire in mente hanno avuto la prima grande occasione perché si sono comportati in un certo modo.
Proviamo a vedere quali sono gli atteggiamenti vincenti per un giovane che voglia avvicinarsi a questo mestiere.
1) Fate il vostro lavoro bene, qualunque esso sia. Responsabilità e capacità dovranno emergere per forza, soprattutto se pensiamo al pressapochismo che impera sovrano in moltissime realtà italiane
2) Sviluppate la vostra capacità di interfacciarvi con le persone. Potrete essere la persona più in gamba al mondo ma se non vi verrà riconosciuto un ascendente sulle persone che vi circondano e una capacità di relazionarvi bene con loro, nessuno vi affiderà mai un compito che abbia a che fare con la gestione di qualunque cosa. Imparare a conoscere le reazioni degli altri, soprattutto di coloro che sono diversi da voi e imparare a lavorare con le persone (cosa difficilissima) è un’ottima palestra per sviluppare le capacità necessarie a ricoprire il ruolo di responsabile della qualità. Il rispetto per le persone è fondamentale, ricordatelo!
3) Mostrate iniziativa. Stare seduti alla scrivania aspettando che qualcuno si accorga di voi, solitamente, non porta da nessuna parte. Va bene tutto pur di fare esperienza, non dimenticatelo.
4) Chiedete. Se davvero pensate di essere adatti a ricoprire un certo ruolo (dopo una buona sessione di autocritica) parlatene con il vostro superiore e confrontatevi con lui. Può darsi che egli abbia una percezione dle vostro lavoro completamente diversa dalla vostra. Confrontarvi apertamente vi farà almeno capire se ci sono possibilità o se è meglio cambiare aria subito.
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venerdì 30 novembre 2007
Trovare lavoro nell'ambito della Qualità
giovedì 29 novembre 2007
ISO 9001:2008 - ISO 9001:2009
Il Comitato Tecnico 176 sta elaborando la nuova norma ISO 9001 la cui data di pubblicazione sembra sarà il 31/10/2008 per la ISO 9001 e il 31/08/2009 per la ISO 9004.
In questa discussione sul nostro forum troverete il link per scaricare GRATUITAMENTE il testo della bozza della nuova norma, messo a disposizione dall' Autorità Irlandese per la standardizzazione.
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martedì 27 novembre 2007
Un lavoro nel campo della certificazione Qualità
Cercate lavoro nel campo della qualità e della certificazione? Vi aiutiamo noi!
QualitiAmo è un nuovo sito che tratta di qualità, ISO 9001 e certificazione in generale.
Ci proponiamo di diventare una community per tutti coloro che si occupano, direttamente o indirettamente di Qualità: professionisti, imprese, responsabili qualità, manager, studi professionali, consulenti, freelance, organizzazioni pubbliche e private, proprietari di azienda, enti certificatori, erogatori di corsi, editori, laboratori, società di software, scuole, docenti, studenti, giovani che si affacciano alle prime esperienze lavorative e semplici curiosi.
Tra i molti servizi offerti sulle nostre pagine, potete trovare anche una selezione, fatta tra tutti gli annunci di lavoro pubblicati in rete, di ricerche che abbiano come tema la qualità, la gestione dei requisiti della norma UNI EN ISO 9001 e la certificazione in generale.
Ogni giorno cerchiamo nuovi annunci di lavoro mirati e li rendiamo disponibili attraverso un unico servizio: un notevole risparmio di tempo ed energie che offriamo gratuitamente ai nostri utenti.
Sul portale è inoltre possibile pubblicare il proprio curriculum e i propri riferimenti in modo da rendersi visibili, con un link in homepage, a tutte le aziende che stanno cercando un professionista della qualità da inserire in organico. Anche questo servizio, come il precedente, è gratuito e non richiede alcuna iscrizione al sito.
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giovedì 22 novembre 2007
I dubbi sulla Qualità
Philip B. Crosby, uno dei grandi guru della qualità, sosteneva quanto segue:
“Il problema della gestione della qualità non è tanto ciò che la gente non sa, quanto ciò che pensa di sapere. (…) Sotto questo aspetto, la qualità ha molto in comune con il sesso.
Tutti ne sono a favore (naturalmente in certe condizioni), tutti credono di capirla (anche se non vorrebbero spiegarla), tutti pensano che il praticarla sia semplicemente un problema di seguire le inclinazioni naturali (dopo tutto, in qualche modo ce la caviamo).
Naturalmente, la maggior parte delle persone pensa che tutti i problemi in questo campo siano causati da altre persone. In un mondo in cui la metà dei matrimoni finisce con un divorzio o una separazione, questi presupposti suscitano qualche interrogativo.
E’ difficile intavolare una discussione significativa, reale e concreta sul sesso, sulla qualità o su altri argomenti complessi, se non si esaminano e modificano alcuni presupposti di base errati. Gli unici che generalmente sono disposti a fare quel passo sono coloro che sono pronti ad ammettere di essere in difficoltà o che hanno un interesse intellettuale nel cambiamento.”
Fatta questa premessa, è abbastanza scontato che, chiunque lavori nel campo della qualità applicata alle organizzazioni, incontri continuamente sulla propria strada tanti “ISO-scettici” che, pur non sapendo nulla di questo argomento, si divertono a sparare a zero sui principi della ISO 9001 e sulla filosofia che sta alla loro base.
Questi pregiudizi, accompagnati da atteggiamenti scettici e disfattisti, nascono, il più delle volte, da una sostanziale disinformazione di fondo e si rafforzano grazie ai racconti sconfortanti di chi ha già intrapreso il percorso verso la qualità facendo l’errore di vivere le norme come la panacea di tutti i mali ed il Responsabile della Gestione della Qualità come un "Aladino" capace di far scomparire i problemi semplicemente strofinando la magica lampada della norma.
Esiste un’intera letteratura che raccoglie i dubbi, le perplessità e i timori che le persone hanno di fronte a questo strumento che altro non è, se non una raccolta di regole che ci insegnano a lavorare in modo corretto.
La qualità è uno strumento di organizzazione e, come tale, ci può offrire "solo" le linee guida da seguire per rivedere il nostro modo di lavorare e gli strumenti per affrontare i problemi quotidiani, non certo le risposte personalizzate che certe organizzazioni pretenderebbero.
Se proveremo, però, ad analizzare, nel profondo, i suggerimenti che ci derivano dalla conoscenza di questa metodologia, ci accorgeremo che possono aiutarci a trovare le soluzioni che cerchiamo affrontando ogni giorno i nostri problemi lavorativi.
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mercoledì 21 novembre 2007
La norma UNI EN ISO 9000
Con il nome di ISO 9000 è conosciuta la famiglia di norme volontarie che regolano il settore dei sistemi di gestione della qualità e che è stata elaborata per aiutare le organizzazioni ad attuare sistemi di gestioni per la qualità efficaci, allo scopo di agevolare il commercio nazionale ed internazionale.
Queste norme, come del resto le versioni precedenti, non rivolgono la loro attenzione al prodotto bensì a come un’organizzazione ne cura la realizzazione in modo da soddisfare le esigenze non solo dei clienti utilizzatori (committenti, commercianti, utilizzatori finali) ma di tutte la parti a vario titolo coinvolte, gli stakeholder (lavoratori, proprietari, azionisti, fornitori, ecc).
I vantaggi derivanti dalla pubblicazione di queste norme, sono molteplici.
Le organizzazioni, infatti, si accollano l’onere di costruire un sistema di gestione della qualità secondo le norme di riferimento e della procedura formale di certificazione che non viene più effettuata dal cliente ma da un ente terzo ufficialmente preposto allo scopo. La certificazione così ottenuta viene riconosciuta anche da tutti gli altri clienti e, quindi, non deve essere ripetuta ogni volta.
Nella loro versione attuale, le norme ISO 9000 sono il risultato del programma decennale di revisione e miglioramento attuato dal Comitato tecnico competente dell’ISO, il numero 176, attuato con l’obiettivo di perseguire, tra le altre cose, la compatibilità con la ISO 14001, una coppia coerente tra ISO 9001 e ISO 9004, requisiti facilmente adattabili alla realtà delle organizzazioni, miglioramento continuo e prevenzione delle non conformità, semplificazione nell’utilizzazione e facilità nell’autovalutazione, applicabilità a tutti i settori e dimensioni delle organizzazioni.
Attualmente la famiglia è composta da due gruppi di norme:
1) le norme usate per la certificazione e per scopi contrattuali (ISO 9001 che definisce i requisiti dei sistemi qualità)
2) le norme usate per fini interni all’organizzazione che vuole dotarsi di un sistema di gestione per la qualità, come linee guida per la sua costruzione (ISO 9000 che descrive la terminologia e i principi essenziali dei sistemi di gestione qualità e della loro organizzazione, ISO 9004 che è una linea guida per il miglioramento delle prestazioni delle organizzazioni, ISO 19011)
Le nuove norme sono state rivoluzionate, rispetto alla versione del 1994, e il loro baricentro si è spostato considerevolmente verso la ricerca delle migliori performance, anche commerciali.
In definitiva si può affermare che il modello normativo offre interessanti opportunità nel cammino verso la qualità totale, se interpretato con una volontà imprenditoriale tesa al miglioramento e non solo con l’urgenza di intraprendere questa tipologia di percorso perché vincolati dalle richieste dei committenti o di alcuni mercati.
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martedì 20 novembre 2007
Ultimi dati Sincert
Questi alcuni dati che il Sincert ha appena pubblicato e che risultano aggiornati ad ottobre 2007:
Gli Organismi di Certificazione e Ispezione che operano sotto accreditamento SINCERT sono 121 e detengono, complessivamente, 222 accreditamenti con la seguente ripartizione:
Certificazioni di sistemi di gestione per la qualità: 73
Certificazioni di sistemi di gestione ambientale: 34
Certificazioni di sistemi per la salute e sicurezza: 10
Certificazioni di sistemi di gestione per la sicurezza delle informazioni: 7
Certificazioni di sistemi di gestione per la sicurezza alimentare: 5
Certificazioni di prodotti/servizi: 44
Certificazioni di personale: 11
Ispezioni: 35
Dichiarazione ambientale di prodotto: 3
Le certificazioni di sistemi di gestione rilasciate sotto accreditamento SINCERT risultano oltre 128.000 (siti produttivi certificati) così ripartite:
Sistemi di gestione per la qualità (ISO 9001): 113.880
Altre norme SGQ (AVSQ MIA, UNI EN ISO 13485, ecc.): 1.750
Sistemi di gestione ambientale: 11.450
Sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro: 1.095
Sistemi di gestione per la sicurezza delle informazioni: 215
Le persone certificate sotto accreditamento SINCERT sono circa 1.200, se si considerano solo le figure professionali operanti nel settore della qualità e affini (valutatori e progettisti di sistemi di gestione), mentre risultano oltre 14.000, ove si considerino altre figure professionali operanti in settori specifici correlati ai processi di costruzione e assicurazione della qualità (addetti a controlli non distruttivi di vario tipo, operatori di saldatura, addetti a macchine e misure speciali, ecc.).
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lunedì 19 novembre 2007
La credibilità della certificazione ISO 9001
Nell’Approfondimento di questa settimana analizzeremo meglio un discorso che avevamo accennato lunedì scorso nel forum: quello della credibilità delle certificazioni.
Prendendo in esame gli atti del convegno organizzato dall’AIOICI (Associazione Italiana Organismi Indipendenti Certificazione e Ispezione) che si è appena concluso, cercheremo di capire qual è il futuro della certificazione e della consulenza nel settore della Qualità in Italia.
L’intervento del Presidente di AIOICI ha sottolineato come le certificazioni volontarie di sistema stiano crescendo sia in Italia sia nel mondo.
Il business del 21° secolo, infatti, richiederà sempre più verifiche di conformità condotte da terze parti indipendenti a protezione dei mercati e dei consumatori.
I servizi di verifica, però, per essere davvero efficaci devono essere credibili ed essere erogati da professionisti capaci oltre che avere un valore aggiunto tangibile.
Il grosso problema connesso alle certificazioni volontarie è, invece, proprio che la percezione dell’utenza è piuttosto negativa a questo riguardo e che non vemgono fornite certezze e rassicurazioni.
AICQ ha sottolineato come questo tema sia complesso e articolato per molteplici cause tra loro interconnesse. Alcuni dei problemi che oggi dibattiamo, infatti, hanno le radici nell’origine delle norme.
Molti ricorderanno che le prime norme sull’Assicurazione Qualità risalgono agli inizi degli anni '60 con le norme MIL che riguardavano il settore militare. Negli anni 70 e 80, nello stesso settore, vennero emesse le norme AQAP della NATO, che ricalcavano le precedenti, seguite dalle norme ANSI nel settore nucleare.
Tutte queste norme descrivevano, con piccole differenze tra loro, modelli di Assicurazione Qualità ed erano destinate alle imprese operanti in settori ad elevato rischio.
In questi settori il fornitore doveva garantire, oltre al Controllo della Qualità dei prodotti forniti, anche l’adeguatezza della propria struttura organizzativa, la chiarezza delle responsabilità, la disponibilità delle procedure necessarie per la conduzione della Qualità; in una parola il fornitore doveva garantire di possedere un adeguato Sistema Qualità, al fine di fornire assicurazione della sua capacità di continuare a fornire prodotti conformi.
Un altro aspetto implicito di queste norme era la loro destinazione alle aziende operanti nel settore industriale. Il rispetto dei requisiti del modello era sostanzialmente obbligatorio per i fornitori principali.
In parallelo alla stesura delle norme, si era formata una categoria di professionisti con competenza specifica nella verifica del rispetto delle stesse; la verifica era molto accurata e mirata a dare evidenza della conformità con i requisiti della norma.
Alla fine degli anni '70 sono maturi i tempi per l’allargamento al settore “civile” (non solo ad alto rischio) dei concetti e dei requisiti dei Sistemi Qualità. Nascono in questi anni le norme BS 5750 e viene costituito, nella International Standard Organisation, il Comitato Tecnico 176 con l’incarico di preparare le norme su Sistemi Qualità: esse vedranno la luce nel 1987 con il nome di famiglia ISO 9000.
Queste norme, destinate alle imprese di qualsiasi tipo e dimensione, non sono quindi il risultato di una indagine presso i potenziali utilizzatori sulle loro reali esigenze ( come invece avverrà con le Vision 2000), ma ricalcano le norme esistenti, anche se esse erano state pensate per settori e scopi differenti.
Le norme ISO 9000 del 1987 risentono pesantemente della loro origine e dei loro obiettivi con inevitabili e importanti conseguenze:
- i requisiti che contengono, sono, di fatto, poco adatte alle imprese medie e piccole (che costituiscono l’ossatura delle imprese italiane);
- sono poco adatte alle imprese di servizio;
- presuppongono, anche se in modo implicito, una struttura organizzativa per funzione;
- pongono particolare attenzione al rispetto delle regole formali (presenza di numerose procedure, evidenza di verbali ecc)
È questo il modello di Sistema Qualità al quale si sono dovute adeguare le imprese italiane che si volevano certificare.
Poiché le norme hanno una vita media di 10/12 anni, questo modello è rimasto in vigore fino al 2000, anche se nello stesso periodo la struttura e le caratteristiche delle imprese italiane hanno subito un cambiamento molto rilevante.
Questo fatto risulterà evidente anche dal giudizio che sarà dato delle norme ISO 9000:87 da parte dei “clienti”, nell’indagine effettuata nella fase preliminare della stesura delle norme vision 2000, che porterà a modifiche profonde dei principi e dei requisiti principali.
Ma erano già passati più di 10 anni dalla nascita delle prime norme ed erano stati rilasciati quasi 50000 certificati di conformità alle norme.
Nello stesso periodo, cioè a cavallo tra gli anni '80 e '90, avveniva in Europa un altro fenomeno che ha avuto un importante impatto sulla diffusione delle norme sui Sistemi Qualità che erano stati appena emessi e che ha creato delle esigenze e delle aspettative: l’invasione dei mercati europei da parte dell’industria giapponese, che pone tra i suoi punti di forza la qualità dei prodotti.
Risale a quegli anni il successo mondiale dell’industria giapponese nei settori della fotografia, della motoristica, dell’informatica, solo per citare i settori più importanti. Non vi è settore industriale nel quale il Giappone non proponga prodotti che, a parità di prezzo, hanno prestazioni equivalenti o migliori e affidabilità superiore.
Qualcuno ricorderà che le industrie giapponesi parlavano di difettosità in ”parti per milione”, quando in Europa si parlava di difettosità in “parti per mille”. Come risultato di questo approccio, nel giro di pochi anni interi comparti industriali sono scomparsi dalla scena europea.
Risale a questo periodo anche la normativa europea per la libera circolazione delle merci all’interno dell’unione europea detta “nuovo approccio” che fa riferimento in parte alle norme ISO 9000.
È in questo quadro che compaiono sulla scena le norme ISO 9000:87.
Era logico che alcune imprese vedessero nelle norme ISO 9000 una soluzione o almeno un aiuto per migliorare i propri prodotti e competere con le imprese d’avanguardia. Altre imprese (ed erano la maggioranza) hanno visto la certificazione come un biglietto da visita per dimostrare che il livello di Qualità dei loro prodotti e delle loro imprese era a pari a quello delle imprese giapponesi.
Siamo agli inizi degli anni '90 e certamente qualcuno ricorderà le polemiche sollevate da alcuni produttori che pubblicizzavano la propria certificazione di sistema come un marchio di qualità di prodotto. Si trattava ovviamente di casi limite, che descrivevano però molto bene il desiderio di mettere in evidenza la qualità dei propri prodotti e la confusione che si era creato tra qualità di sistema e qualità di prodotto, tra certificazione di sistema e efficacia del sistema stesso, tra le attese delle imprese e la realtà.
Siamo ormai alle soglie del 2000 e sono in preparazione le norme del progetto Vision 2000, che rappresentano una rivoluzione rispetto alle precedenti. In particolare:
- la ISO dedica molti mesi ad una indagine sulla soddisfazione dei clienti delle norme precedenti e sulle loro esigenze in questo settore, capovolgendo l’approccio di poco partecipativo delle norme precedenti;
- viene data adeguata evidenza ai principi che stanno alla base dei requisiti;
- viene definito che l’obiettivo primario del modello proposto è l’efficacia del sistema e non solo l’assicurazione;
- Viene ridotto il numero delle procedure documentate;
- Viene dato adeguato rilievo alla misura della soddisfazione dei clienti;
- Viene dato grande rilievo ad un approccio dell’organizzazione non più orientato a produrre molto (approccio per funzione), ma a produrre quello che soddisfa le esigenze dei clienti (approccio per processi);
- Viene dato adeguato rilievo alla definizione degli obiettivi ed al miglioramento continuo
Si tratta di una svolta importante, ma che entra in vigore in modo definitivo solo alla fine del 2002, cioè ben 15 anni dopo l’uscita della prima edizione delle norme (che a loro volta come si è visto risalivano ai 15 anni precedenti); questo fatto ha segnato in modo pesante lo sviluppo della certificazione di sistema, fornendone un’immagine molto burocratica, formale e destinata alle grandi imprese industriali.
Con la sua relazione, Stanghellini ha esaminato anche un altro dei temi proposti dal convegno: la reale corrispondenza dei certificati emessi dai diversi operatori.
Il tema proposto rappresenta solo la punta dell’iceberg, perché il problema reale è l’adeguatezza e l’omogeneità delle valutazioni rispetto agli obiettivi della norma attuale. Le certificazioni sono, infatti, figlie dei risultati delle verifiche ispettive che a loro volta sono figli della competenza dei valutatori.
Qualsiasi valutazione, sia di fenomeni fisici sia di comportamenti di persone o di organizzazioni, deve utilizzare “strumenti” adeguati al tipo ed alle tolleranze della valutazione da eseguire; quindi il valutatore di sistema deve essere “adeguato” alla norma di riferimento e deve possedere una competenza che gli consenta di fornire all’organismo di certificazione i dati necessari per esprimere valutazioni corrette sull’efficacia dei processi dell’organizzazione valutata.
Il passaggio dalle norme ISO 9000:1987 a quelle del 2000 è stato difficile ed ha richiesto molti anni, ma certamente l’adeguamento della competenza di migliaia di valutatori ne richiede molti di più. Questo problema non può ancora essere considerato risolto, perchéé capita ancora oggi di vedere dei verbali di verifiche ispettive nei quali i rilievi riguardano principalmente aspetti formali delle norme, con scarsi riferimenti all’efficacia e con modesto valore aggiunto per le imprese.
La relazione di Claudio Barella di APCO ha proposto, a completamento del discorso, tre riflessioni:
- Le PMI sono disposte a lasciare spazio ai Professionisti nella consulenza di management per costruire insieme Sistemi di Gestione indirizzati effettivamente al miglioramento?
- Il Professionista nella consulenza di management è qualificato per costruire insieme alle organizzazioni, Sistemi di Gestione efficaci, efficienti ed orientati al miglioramento?
- I Professionisti nella consulenza di management, le imprese e gli organismi di certificazione sono determinati a migliorare il Sistema della Certificazione?
APCO ha voluto focalizzare poi l’attenzione sulle norme UNI 10771 "Consulenza di Direzione - Definizioni - classificazioni - requisiti e offerta del servizio" e UNI 11067 "Criteri di erogazione e controllo del servizio" che forniscono le basi per la qualificazione per migliorarsi e soddisfare meglio l’utenza.
Da una recente ricerca condotta da APCO, il profilo del consulente di management sta cambiando.
In un momento di difficoltà competitiva per il nostro Paese, l'impresa rimane il luogo dove introdurre ed implementare innovazione. Al consulente si chiede qualcosa di nuovo, che investe, tra l’altro, il sistema delle competenze, il modello organizzativo di erogazione dei servizi di consulenza, il livello di coinvolgimento con il sistema cliente.
Per scaricare l’indagine APCO relativa all'anno 2006, vi basterà andare sul sito dell'UNI.
L'intervento di Assolombarda, attraverso le parole di Giovanni Milesi, conclude questa nostra riflessione rappresentando la voce delle imprese, in particolare di quelle di piccola – media dimensione.
Milesi ha sottolineato come il sistema italiano della certificazione presenti indubbiamente alcuni punti critici:
- vi è stato – almeno nel comparto manifatturiero – un forte rallentamento nella crescita del numero delle certificazioni rispetto a qualche anno fa: segno che, almeno in diversi casi, le aziende non sono state “fidelizzate” alla certificazione o hanno avuto difficoltà a percepirne il valore aggiunto; il che è anche confermato da un aumento delle rinunce alla certificazione;
- per converso, in alcuni settori vi èè stata negli ultimi anni una vera e propria corsa alla certificazione, a seguito di generalizzate richieste dei clienti e soprattutto a causa di alcuni provvedimenti legislativi che hanno reso di fatto “obbligatoria” la certificazione (ad es. nel campo degli appalti pubblici). Ciò ha prodotto a sua volta un inasprimento della concorrenza tra gli organismi di certificazione.
Il problema sta proprio qui, in una competizione tra gli enti di certificazione basata sui prezzi e non sul contenuto di “servizio”. Questi organismi cioè puntano sovente a procurarsi nuovi clienti, anche ovviamente sottraendoli ai concorrenti, solo in virtù di una corsa al ribasso delle tariffe; il che non può che andare a discapito della qualità delle prestazioni offerte alle imprese. In più casi – a conferma di ciò – le aziende segnalano la difficoltà di percepire un superiore livello qualitativo o di affidabilità delle imprese certificate rispetto a quelle che non lo sono;
- riguardo al sistema di accreditamento, e al di là del grande impegno indubbiamente profuso in questi anni, sembra di poter constatare una carenza di efficacia a due livelli: disomogeneità di giudizio dei valutatori (da cui l’impressione di un sistema magari bene impostato, ma non perfettamente controllato); insufficiente azione dissuasiva e repressiva nei confronti delle azioni poco corrette da parte di taluni organismi di certificazione (ad es. circa il numero di giorni/uomo dedicati effettivamente a ogni azienda ai fini del rilascio della certificazione, o in merito all’annosa problematica della commistione consulenza/certificazione);
- accanto all’adeguatezza degli enti di certificazione e di accreditamento, pari importanza ha (in positivo ma purtroppo anche in negativo) il ruolo giocato dai consulenti nell’orientare ed assistere le PMI nel percorso relativo alla Qualità;
- infine, duole constatare che la Qualità, in Italia, non è mai stata considerata (a differenza di altri Paesi europei) un elemento strategico di politica industriale; i vari Governi hanno, almeno sin qui, dimostrato uno scarso interesse a definire una precisa politica per la promozione dell’eccellenza;
Ma quali sono, dunque, le condizioni per un rilancio della Qualità e della certificazione? Al convegno AIOICI ne sono state individuate tre:
- è necessaria innanzitutto una crescita della cultura del nostro sistema di imprese. Gli imprenditori devono comprendere che la Qualità non può essere considerata un “binario parallelo” da spolverare al momento dell’audit dell’organismo di certificazione, ma deve diventare il cardine del sistema di gestione dell’azienda. Altrimenti continueremo ad avere nel nostro Paese – come è stato giustamente osservato – molti “praticanti formali”, ma pochi “veri credenti” nella Qualità;
- in un tavolo che deve appoggiarsi su quattro gambe, occorre che questo necessario salto culturale delle aziende sia adeguatamente accompagnato e sostenuto dall’azione degli enti di certificazione e degli enti di accreditamento, così come dei consulenti: a tutti questi soggetti si richiede competenza, professionalità e un rigore temperato dalla giusta flessibilità nell’approccio e nell’attività operativa;
- infine, il Sistema di Gestione per la Qualità dovrebbe: da un lato, divenire sempre più “lo” strumento dei vertici aziendali (integrandosi eventualmente anche con i Sistemi relativi a Sicurezza, Ambiente, Etica, ecc.); dall’altro, farsi carico anche della qualità dei prodotti e dei servizi, alla quale clienti e utenti sono più immediatamente sensibili.
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sabato 17 novembre 2007
Una storiella sull'apprendimento
Per il weekend vi lasciamo una storiella da leggere, con la sua profonda morale.
Un giorno 4 uomini, molto portati all’apprendimento, decisero, sebbene fossero tutti ciechi, di andare a vedere un elefante.
Non appena arrivati sul posto il primo si avvicinò all’elefante e, dopo essersi scontrato con il fianco largo e vigoroso dell’animale esclamò: “l’elefante è simile ad un muro!”
Il secondo, palpando la zanna, gridò “così liscio ed acuminato, di sicuro l’elefante è simile ad una lancia!”
Il terzo si avvicinò all’animale e sfiorando la proboscide sentenziò “l’elefante è proprio come un serpente!”
Il quarto fece scivolare la mano sopra al ginocchio e, dopo un attimo di riflessione, concluse “mi è molto chiaro, l’elefante è proprio come un albero!”
E così gli uomini disputarono concitatamente ma nessuno di loro cambiò opinione e, sebbene ognuno di loro avesse parzialmente ragione, tutti erano in torto.
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venerdì 16 novembre 2007
Dare le giuste priorità
Anche la vostra azienda è affetta dalla sindrome del troppo lavoro da fare?
Non riuscite a risolvere problemi che stanno diventando cronici solo perché dovete pensare alla gestione delle cose quotidiane?
Forse questo è il risultato di non sapere dare una priorità alle cose, scegliere, cioè, le cose davvero importanti da fare.
Per stabilire ciò che è importante bisogna basarsi sulle misurazioni, secondo i detti americani "what gets measured, gets done" e “what you expect, you inspect" (si è fatto solo ciò che si è misurato e ispeziona ciò che ti aspetti che avvenga)
Allineare le misurazioni agli obiettivi è imperativo per concentrare gli sforzi sui pochi punti critici piuttosto che disperderli in iniziative che non fanno la differenza.
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giovedì 15 novembre 2007
Cosa significa davvero "imparare"?
Stamattina apriamo la giornata con una frase molto bella di Doris Lessing:
"Ecco cosa significa imparare. Capire all'improvviso qualcosa che si è compreso tutta la vita ma in una maniera nuova"
E per voi cosa significa davvero imparare qualcosa? Cosa vi ha insegnato la Qualità?
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mercoledì 14 novembre 2007
Migliorare la credibilità delle certificazioni
Il Sincert ha emesso di recente una relazione con la quale ha sottolineato l’importanza di ridare credibilità alle certificazioni dei sistemi di gestione, prendendo in esame tutte le criticità ad esse collegate.
Questo il link per scaricare il documento:
Uno stralcio del testo afferma che “L’accreditamento deve assicurare che le certificazioni accreditate di sistemi di gestione (qualità, ambiente, sicurezza delle informazioni, salute e sicurezza sul lavoro, sicurezza
alimentare, ecc.) siano indicatori affidabili della capacità dell’Organizzazione certificata di soddisfare coerentemente gli obiettivi degli standard di riferimento (accreditamento focalizzato sugli obiettivi)”.
Vi proponiamo una riflessione comune su questo documento, a nostro giudizio molto importante.
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lunedì 12 novembre 2007
Riunioni efficaci ed efficienti
Le riunioni, o "meeting", "briefing", "workshop" come a molti piace chiamarle, sono tra gli strumenti più utilizzati in azienda per comunicare, costituendo, insieme alla lettura delle e-mail, uno dei più grossi investimenti in termini di tempo.
Questi momenti di incontro devono però essere un vero spauracchio se un libro che si intitola "Morto di riunioni" è diventato un best seller e se uno dei personaggi più in vista della politica italiana è arrivato ad auspicare "riunioni in piedi, così durano meno".
Del resto, se le le riunioni sono ai primi posti nella classifica del malcontento dei dipendenti, qualcosa che non funziona nel loro svolgimento ci deve pur essere.
Da diversi studi di settore condotti di recente, risulta che la maggioranza delle persone pensa che le riunioni siano inutili se non, addirittura, dannose e che non servano a risolvere i problemi.
Hanno torto? Forse non del tutto se pensiamo a come vengono condotti nella realtà questi importantissimi momenti di aggregazione aziendale.
Forse è il caso di dedicare un po’ più di attenzione alle regole basilari per condurre al meglio una riunione non limitandoci semplicemente ad organizzarla così come viene o a parteciparvi in maniera completamente passiva.
Organizzare una riunione
Di seguito proviamo a stilare le poche regolette fondamentali per organizzare e gestire al meglio una riunione:
- valutate se è proprio necessario incontrarsi o se si può usare, piuttosto, una forma di comunicazione alternativa come l'e-mail
- se la riunione è assolutamente necessaria, definite gli obiettivi dell’incontro
- preparate una convocazione esauriente nei suoi contenuti e che contenga l’agenda dell’incontro.
Dovranno essere indicati:
1) lo scopo dell’incontro
2) la durata prevista (mai superiore alle due ore perché dopo questo periodo, l'attenzione delle persone si riduce ai minimi termini)
3) gli argomenti all’ordine del giorno
4) la sede dove si terrà l’incontro
5) un elenco delle persone che dovranno partecipare (deciso sulla base degli obiettivi stabiliti e del ruolo aziendale di ogni partecipante)
- iniziate la riunione all’ora stabilita, anche se alcune persone non sono ancora arrivate. Questo atteggiamento servirà a far capire che le regole sono chiare e vanno rispettate, non sia dattano alle esigenze dei singoli.
- se la riunione è legata a progetti sviluppati anche nel corso di incontri avvenuti in precedenza, fate un breve riassunto degli elementi già emersi, dai quali eventualmente ripartire
- conducete la riunione tenendo ben presente l’ordine del giorno e impedendo inutili divagazioni che possono portare solo a perdite di tempo
- rispettare la durata prevista per la riunione
- uscite dalla riunione con una serie di decisioni prese, altrimenti la riunione sarà stata inutile
- preparate un verbale esauriente e distribuitelo a tutti i partecipanti e a quanti, pur non avendo partecipato direttamente all'incontro, possono avere un qualche interesse a visionarne i contenuti
- Il verbale potrebbe costituire una registrazione della Qualità, andrà quindi gestito come richiesto dalla ISO 9001
- Sul verbale non dovrà mai mancare una parte dedicata alle azioni decise nel corso della riunione e da compiere nei giorni successivi all'incontro. Bisognerà annotare le azioni, chi le deve svolgere e la data prevista per il loro completamento
- a distanza di 15 giorni (o comunque dopo un lasso di tempo ragionevole per lo svolgimento dei compiti assegnati) richiedete a tutti di darvi un avanzamento delle azioni in corso e distribuite questi dati alla lista di distribuzione del verbale
Partecipare ad una riunione
Organizzare bene una riunione è il primo passo per uno svolgimento dell'incontro e un follow up ottimali ma certo non basta.
Anche chi partecipa alla riunione dovrà seguire una serie di regole e l'organizzatore dell'incontro dovrà essere lì anche per ricordarle:
- valutare la propria disponibilità per la data e l’ora della convocazione e avvisare tempestivamente l’organizzatore dell’incontro se non si potrà partecipare o se verrà inviato un sostituto
- leggere con attenzione l'agenda inviata con la convocazione e prepararsi sull’argomento trattato
- Le riunioni, solitamente, vengono fatte per prendere decisioni e le decisioni possono essere prese solo se tutti i partecipanti hanno un'idea chiara di ciò per cui sono chiamati a discutere
- Questi momenti di aggregazione devono essere visti come un momento di sintesi, non di analisi che andrà fatta, invece, a tavolino
- arrivare puntuali
- Eliminare ogni azione di disturbo: spegnere i telefonini e non utilizzare i portatili se non per le necessità dell'incontro
- ascoltare attentamente gli interventi altrui, astenendosi da commenti personali fuori luogo o da conversazioni con i vicini (i famosi "small talks" citati dagli americani che portano a perdersi nei meandri delle socievolezze a scapito dell'efficienza dei meeting)
- mantenere un atteggiamento positivo: durante le discussioni, spesso, l’argomento non viene analizzato nella maniera corretta perché ognuno dei partecipanti è interessato solo alla difesa delle proprie posizioni, oppure è influenzato dal proprio modo di affrontare un problema.
In generale, al termine di una discussione, prevale l’idea di chi ha saputo resistere meglio alle critiche oppure non vi sono né vincitori né vinti ma solo una convergenza verso uno stato di mediazione fra le diverse ipotesi in campo.
Il nostro cervello è stato progettato per essere brillantemente non creativo, cioè per costruire schemi e servirsene in ogni occasione in cui tali schemi possano essere utili, ma, come tutti i sistemi auto-organizzati, presenta lo svantaggio di restare legato alla sequenzialità delle esperienze che hanno permesso di costruire quegli schemi e può creare barriere molto forti nel confronto con chi ha idee ed esperienze diverse dalle nostre
- leggere con attenzione il verbale distribuito e svolgere le azioni decise nel corso della riunione che sono a nostro carico
Vi lasciamo con una riflessione di Patrick Lencioni, l’autore di "Morto di riunioni": "Le riunioni rappresentano un paradosso sconcertante.
Da una parte sono fondamentali, rappresentano l’attività più centrale per la direzione di qualsivoglia organizzazione. Dall’altra sono spiacevoli, lunghe in modo frustrante e apparentemente senza senso.
La buona notizia è che non c’è nulla di intrinseco alle riunioni che le renda negative e quindi è del tutto possibile trasformarle in attività degne di interesse, produttive e divertenti.
La cattiva notizia è che, affinché questo accada, dovremo ripensare in maniera sostanziale molte cose del modo in cui percepiamo e gestiamo le riunioni. Ciò significa che non possiamo continuare a odiarle e che dobbiamo abbandonare la nostra ricerca di soluzioni che ci liberino in qualche modo dal doverci sedere l’uno di fronte all’altro, accettando il fatto che le cattive riunioni nascono dall’atteggiamento e dall’approccio mentale delle persone che le conducono e che vi prendono parte".
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domenica 11 novembre 2007
Le soluzioni!
Ed eccovi le soluzioni delle storielle raccontate ieri:
1) Il chirurgo è la madre del ragazzo
2) Oggi è il primo di gennaio. Il suo 18° compleanno è stato il 31 dicembre.
Quest’anno compirà 19 anni e il prossimo anno 20.
3) Era un prete
4) Non pioveva
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venerdì 9 novembre 2007
Il Pensiero Laterale: alcune storielle
Come promesso ieri, eccovi alcune "storielle" il cui finale è tipico del Pensiero Laterale.
Leggetele (se non le conoscete già) e fateci sapere cosa ne pensate. Provate a risolverle, scrivete le vostre soluzioni...
Questi approcci sono un modo divertente per imparare a ragionare in maniera diversa, per provare a ribaltare la situazione e a risolvere i problemi affrontandoli in un altro modo.
LE SOLUZIONI, SICCOME SIAMO CATTIVI, ARRIVERANNO DOMANI. :o)
Buon divertimento!
Storia n°1
Un uomo e suo figlio restano coinvolti in un grave incidente stradale.
Il figlio viene portato d’urgenza in ospedale per essere operato.
Appena il chirurgo lo vede esclama: “non posso operarlo, è mio figlio!”
Com'è possibile?
Storia n°2
L’altro ieri Paola aveva 17 anni.
L’anno prossimo ne avrà 20.
Com'è possibile?
Storia n°3
Un uomo sposa 32 donne nel suo villaggio ma non viene accusato di poligamia.
Com'è possibile?
Storia n°4
4 persone piuttosto corpulente si stiparono alla meglio sotto un unico ombrello e nessuno di loro si bagnò.
Com'è possibile?
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giovedì 8 novembre 2007
Gli obiettivi, Sun Tzu e il pensiero laterale
Gli obiettivi sono qualcosa che ci è familiare perché ci conviviamo ogni giorno, li fissiamo di continuo anche senza rendercene conto.
Ci sono due modi per relazionarsi con loro:
1) lottare per raggiungerli
2) cercare di capire il contesto per farli accadere naturalmente
Il primo metodo è quello più classico, tipico della cultura occidentale.
Tentiamo di cambiare una situazione per migliorarla a nostro vantaggio. Il pericolo, in questo caso, è dato dalla mancanza di una corretta definizione del nostro obiettivo che ci può portare a perdere ancora prima di incominciare.
Tramite questo metodo, che si rifà a Platone, creiamo un modello di ciò che vogliamo ottenere e poi lottiamo per raggiungerlo.
Il secondo modello, invece, è tipico della filosofia orientale e ci è, quindi, meno familiare.
Invece di considerare gli obiettivi come punti di arrivo, questo modo di vedere li considera quasi un punto di partenza.
Chi agisce in questo modo non prova nemmeno a cambiare la situazione ma si limita a seguirne il flusso naturale per comprenderne tutti i meccanismi e adattare ad essi il proprio comportamento.
Studiando bene una certa situazione saremo in grado di prevedere come questa evolverà e, quindi, di sfruttarla a nostro vantaggio per ottenere ciò che vogliamo.
È la base della filosofia di Sun Tzu espressa nel libro “L’arte della guerra”.
Aprendo la nostra mente ad un nuovo modo di ragionare, potremo trovare nuove soluzioni.
Questo è il modo di ragionare tipico del pensiero laterale, del problem solving creativo.
Domani vi forniremo qualche esempio di "pensiero laterale". Siamo certi che lo troverete molto interessante.
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mercoledì 7 novembre 2007
Leadership e Qualità
“Il nostro problema in America non sono le persone. E’ la mancanza di ispirazione.
Il problema sono le persone che non si sentono realizzate da quello che stanno facendo.
Noi ai vertici non abbiamo la più pallida idea di come possiamo sconvolgere le vite delle persone.
Alla Barry-Wehmiller pensiamo che se abbiamo 4.100 persone assunte ed esse hanno 4 familiari stretti a testa, abbiamo più di 16.000 persone sulle quali la nostra leadership ha un impatto diretto. E’ una responsabilità enorme.
Come mandate a casa le persone alla sera? Saranno "presenti" per le loro mogli (o per i loro mariti) non solo fisicamente ma anche emozionalmente? E per i loro figli? Per la comunità?
Le aziende americane hanno questa grossa opportunità che spesso non colgono: avere un impatto positivo sulla società”
Robert Chapman - CEO della Barry-Wehmiller
Un discorso importante per capire cosa si intenda per leadership e per Qualità, non credete?
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martedì 6 novembre 2007
La conoscenza della Qualità
Un recende sondaggio condotto negli Stati Uniti da ASQ (American Society for Quality) sulla conoscenza che i vertici delle organizzazioni hanno della Qualità, ha evidenziato i seguenti risultati:
- conoscenza delle tecniche della Qualità: più dell'80% conosce tecniche quali il TQM e il benchmarking.
- definizione di Qualità: la maggior parte degli intervistati ha risposto: "Qualità è soddisfazione dei clienti"
- ritorno economico della Qualità: addirittura il 99% pensa che la Qualità serva e paghi
Vi ritrovate in questi risultati? Cosa ne pensa il vertice dell'azienda dove lavorate? Ne avete mai parlato francamente?
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lunedì 5 novembre 2007
Qualità: vantaggi economici concreti
Qualche giorno fa abbiamo aggiunto nel nostro forum sulla Qualità una riflessione sul fatto che l’implementazione di un Sistema Qualità non dovesse identificarsi nella mera applicazione di teorie astratte o di puri controlli formali ma che dovesse, al contrario, concretizzarsi nella definizione di priorità di miglioramento e nella scelta di metodologie e strumenti idonei a realizzare valore e ad ottenere vantaggi e benefici economico-finanziari tangibili.
Per essere davvero utile, la certificazione di Qualità deve dunque generare valore all'interno delle organizzazioni e questo valore, per essere apprezzato fino in fondo, deve poter essere calcolato.
La norma che possiamo usare come “bussola” in questo viaggio, tutt’altro che facile, è la ISO 10014 “Quality management – Guidelines for realizing financial and economic benefits” (Gestione per la qualità - Linee guida per realizzare benefici finanziari ed economici) che insegna a sviluppare gli otto principi della ISO 9004 in chiave economica.
Questo documento è la revisione del Rapporto Tecnico pubblicato nel 1998 e intitolato "Guidelines for managing the economics of quality". Il vecchio rapporto era basato sui concetti tradizionali relativi alla misurazione e alla gestione dei costi della qualità.
Il nuovo standard si fonda, invece, sugli 8 principi della qualità, sull’approccio per processi e sul ciclo "Plan-Do-Check-Act" ed è stato pensato per poter essere uno strumento del Top management.
Nell’allegato "A" la norma è addirittura provvista di schemi di auto-valutazione adatti a definire lo stato dell’organizzazione relativamente all’applicazione dei principi di gestione per la qualità. Questo strumento di analisi permette dunque, in maniera molto pratica, di effettuare un'analisi approfondita della situazione economica di un'organizzazione per poter poi decidere quali azioni di miglioramento implementare.
Tempo fa già il DIN, l'Istituto tedesco di Standardizzazione, aveva condotto una ricerca sui vantaggi economici derivanti dall'applicazione della normazione, arrivando alla conclusione che "come ci si attendeva gli standard hanno un impatto enormemente positivo sul business dato che aiutano a migliorare i processi".
I recenti studi condotti nel campo dell'impatto sui profitti da parte delle strategie di marketing hanno già collegato e provato, dati alla mano, la qualità allo sviluppo di benefici economici.
Un altro studio che viene spesso citato per dimostrare che la Qualità genera profitti è quello condotto nel 1991 dal General Accounting Office. Il Congresso degli Stati Uniti chiese al GAO di esaminare l'impatto che un Sistema Qualità formalizzato aveva sulle performance economiche delle aziende.
L'indagine prese in esame 20 tra le compagnie che avevano riportato i punteggi più alti nell'applicazione del Malcolm Baldrige National Quality Award. L'evidenza riscontrata fu che: “le compagnie che hanno adottato Sistemi di Gestione della Qualità hanno potuto sperimentare un miglioramento generale dei benefici economici ottenuti e delle performance. In quasi tutti i casi le aziende che hanno adottato strumenti TQM (Total Quality management) hanno sviluppato migliori relazioni con i collaboratori, una maggiore produttività, una più alta soddisfazione da parte della clientela e un aumento della quota di mercato".
Ma come si ottengono praticamente questi benefici?
Generalmente, attraverso una gestione efficiente delle risorse e un’implementazione dei processi tale da migliorare l’intera organizzazione. I benefici finanziari non sono altro che il risultato di miglioramenti organizzativi, espressi sotto forma monetaria.
L'applicazione della Qualità in azienda porta a un miglioramento dei processi produttivi, all'eliminazione delle attività prive di valore aggiunto, a una riduzione dei costi per rilavorazioni e scarti e a un aumento della produttività. Tutto questo non può che produrre chiari benefici economici.
I benefici economici che derivano dall'applicazione dei Principi della Qualità includono, tra gli altri:
* l'aumento dei profitti
* il miglioramento delle performance budgettarie
* la riduzione dei costi
* il miglioramento del flusso di cassa
* il miglioramento del ROI (Return on investment)
* una maggiore competitività
* una migliore capacità di relazionarsi con i clienti e di trattenerli, fidelizzandoli
* un miglioramento nella capacità di prendere decisioni, finalizzandole
* la capacità di usare in maniera più efficiente le risorse a disposizione
* una maggiore responsabilizzazione dei collaboratori
* un miglioramento del capitale intellettuale presente all'interno dell'organizzazione
* il miglioramento delle performance relative alla gestione della catena di fornitura
* un "time to market" inferiore
* una maggiore credibilità di tutta l'organizzazione
La ISO 10014:2006, che insegna come aumentare la soddisfazione dei clienti riducendo, contemporaneamente, i costi, propone di identificare tutti i processi e le attività che li compongono, insieme ai fattori che influenzano la soddisfazione dei clienti e di monitorarli, accompagnando questo monitoraggio con precisi report di processo.
Una volta in possesso di questi dati, sarà la Direzione, attraverso l’attività di riesame, a identificare le opportunità di miglioramento e di riduzione dei costi.
Condotta un'analisi dei costi e dei benefici, il miglioramento andrà poi implementato.
Questa nuova edizione della norma è stata scritta per fornire un linguaggio e una prospettiva comuni all'Alta Direzione e ai professionisti della Qualità che, troppo spesso, parlano lingue diverse e concretizzano il loro lavoro in obiettivi differenti. È quanto sostiene Tommie J. Johansson che ha guidato il gruppo di lavoro che ha sviluppato lo standard.
"Ripensando la norma in modo che costituisse lo strumento più adatto ad identificare le opportunità di crescita e a suggerire gli strumenti migliori per pianificarle e misurarle in termini economici, abbiamo realizzato le basi per la costruzione di un Sistema Qualità semplice e vantaggioso” ha detto Paul C. Palmes, segretario del progetto ISO 10014.
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sabato 3 novembre 2007
L'impatto degli audit sulle persone
Facendo un'analisi accurata dei motivi per cui gli audit non danno i risultati sperati è emerso che, spesso, il fallimento è dovuto al fatto che le persone non collaborano perché non capiscono per quale motivo vengano condotte le verifiche ispettive interne e quale sia il loro beneficio per l'organizzazione nella quale lavorano.
Si prende in esame, ad esempio, un sondaggio condotto presso la Cerner Corp., un'azienda di Kansas City, proprio allo scopo di verificare quanto, secondo gli impiegati, fosse stata utile la verifica interna appena condotta in azienda.
Le risposte furono assolutamente sconfortanti: le persone risposero che, a loro giudizio, l'audit era stato del tutto inutile, una vera e propria perdita di tempo.
Nella stessa azienda, però, dopo un periodo di formazione dedicata proprio agli audit e alla loro conduzione, si è assistito ad una riduzione di ben il 29% del numero di ore necessarie agli auditor ISO 9001 per la preparazione e la conduzione delle verifiche.
Le persone, finalmente, hanno iniziato a collaborare perché hanno capito l'importanza dell'attività svolta: hanno mostrato di propria spontanea iniziativa i documenti a supporto delle loro tesi, non hanno divagato e sono rimaste soddisfatte di come è stata condotta l'intervista e dei benefici che l'organizzazione ha potuto ottenere da essa.
Non bisogna, dunque, dare per scontato che uno strumento basilare per l'implementazione della Qualità, come la conduzione degli audit, non funzioni nella nostra realtà professionale, dobbiamo, al contrario, metterci in discussione e cercare di capirne il motivo, parlare con le persone, sviscerare i loro dubbi.
Nulla può sostituire una discussione franca e una buona formazione per sostenere il processo di profondo cambiamento che deve supportare l'implementazione di un Sistema Qualità all'interno di un'azienda.
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venerdì 2 novembre 2007
Il successo di un audit
L’audit interno è uno strumento di gestione importantissimo per il management perché agisce come meccanismo di ritorno di informazioni basilari per prendere le decisioni corrette.
Come viene gestito il processo di verifica, però, è un aspetto chiave per assicurarne l’efficacia.
Il successo di un audit interno dipende, essenzialmente, da tre elementi-chiave:
- il grado di preparazione e di organizzazione del team di verifica
- il grado di familiarizzazione con la norma e con i suoi requisiti e la conoscenza del Sistema Qualità aziendale
- i comportamenti umani di ogni componente del team
Se per avere un riscontro positivo per quanto riguarda i primi due punti basta "solo" una preparazione seria, approfondita e professionale del team, il terzo punto è, invece, molto più delicato perché poggia sulla consapevolezza di ogni componente del gruppo di verifica che sviluppare particolari abilità nell’intrattenere rapporti umani è fondamentale per svolgere con successo il proprio compito.
Le persone che sottoponiamo a verifica sono i nostri colleghi e sono abituati a trattarci da pari, non a subire passivamente i nostri giudizi.
Per questo motivo, quando ci caliamo nei panni di auditor ISO 9001, dobbiamo stare attenti ad evitare cadute di fiducia e a non insinuare dubbi nei nostri confronti.
Per fare questo vi suggeriamo alcuni accorgimenti semplici e pratici:
- se nell’area verificata il Sistema Qualità è implementato in maniera inefficace, fornite suggerimenti operativi concreti su come migliorarlo, piuttosto che imporre interventi puramente formali o teorici
- durante la verifica evitate atteggiamenti punitivi, critiche negative o distruttive, sarcasmi di vario genere. Siate sempre cooperativi, anche quando non è facile, e ascoltate con attenzione tutto quello che vi viene detto, dimostrando interesse per quello che state facendo
- non esprimete mai giudizi o critiche, siate pazienti, evitate di approvare o disapprovare qualcosa a priori, senza aver prima ascoltato le motivazioni a sostegno della tesi che vi viene esposta
- non formulate un nuovo quesito finché non è stata data risposta alla domanda precedente
Anche il modo di condurre una verifica ispettiva è molto importante, ad esempio il modo di porre le domande.
Vediamo, allora, come vanno formulate:
- in modo chiaro, così da facilitare la risposta della persona intervistata
- senza travestirle da attacchi o accuse
- evitando di influenzare in qualsiasi modo la risposta
- stimolando la riflessione
- accompagnandole con una spiegazione
Fondamentalmente esistono due tipologie di domande che si differenziano per il tipo di risposta, più o meno libera, che si può dare loro: le domande chiuse e le domande aperte.
Le domande chiuse si soddisfano con risposte del tipo "sì" / "no", sono da un lato molto precise, dall'altro, però, la loro elaborazione così semplificata limita e tende a scoraggiare il dialogo.
Le domande aperte, al contrario, permettono più flessibilità ma possono non generare risposte precise in quanto tendono a far esprimere opinioni personali. La loro elaborazione è più complessa ma se sono formulate con abilità e in maniera adeguata possono assicurare una risposta meno rigida e, comunque, precisa.
Nella conduzione delle verifiche ispettive interne, in realtà, si dovrebbe puntare su risposte precise riuscendo, però, a garantire nel contempo il dialogo.
Come conciliare queste due esigenze che si pongono un po' in posizioni antitetiche?
La soluzione risiede nella capacità di formulare con cura domande aperte del tipo: "Come controlli questa attività?", "Perché avete introdotto questo particolare controllo?", "Puoi dirmi qualcosa di più sull’intero processo per permettermi di verificare come lo controllate?", "Puoi spiegarmi come controllate i dati in entrata del vostro processo?"
Altre domande possono essere formulate in altro modo per ottenere chiarimenti e spiegazioni: "Che cosa intendi quando dici che si segue sempre la stessa procedura?", "Puoi farmi un esempio concreto di quello che mi stai spiegando?"
I verificatori dovrebbero stare particolarmente attenti ad evitare di introdurre risposte personali nella domanda o a porre false domande del tipo: "Credi che si commettano molti errori?". La formulazione corretta della domanda, piuttosto, dovrebbe essere: "Come rilevate gli errori che vengono commessi?", "Di che tipo sono?", "Li avete classificati?", "Quanti ne avete commessi dall’ultima verifica?", "Dove sono registrati?"
Anche il contatto con la persona intervistata è importante. Per mettere l’interlocutore a proprio agio, affinché possa essere collaborativo, bisognerà applicare, ancora una volta, regole semplici su come rivolgere le domande:
- evitate di porre le domande troppo rapidamente: non si deve aver fretta durante un audit
- evitate di porre più domande contemporaneamente, questo atteggiamento potrebbe mandare in confusione il collega che vi sta rispondendo
- evitate di porre domande troppo lunghe
Un "trucco" fondamentale, poi, per garantire l'efficacia di una verifica ispettiva è quello definito come "effetto specchio".
Il verificatore ripete la risposta ricevuta dal’intervistato con altre parole per avere la conferma di aver compreso bene e per evitare incomprensioni che possono ripercuotersi in sede di verbalizzazione dell'audit.
Come vedete, si tratta di ricordare e di mettere a fuoco pochi punti ma seguire questi consigli può significare tracciare una linea di demarcazione ben netta tra una verifica utile ed una inefficace.
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