venerdì 30 marzo 2012

Il lancio di un progetto in una situazione imprevedibile (2)

Seconda parte della riflessione che ci porterà a comprendere quali siano i passi da seguire per lanciare un nuovo progetto in un clima di profonda incertezza.
Iniziamo ad esaminarli subito:

  • 1) assicurarsi di avere tutte le risorse necessarie cercando di basarsi soprattutto su competenze, formazione, esperienza, contatti personali e professionali. Invece di cercare disperatamente fondi per portare avanti un progetto, quindi, provate a lavorare con le risorse che già avete a disposizione
  • 2) decidere quali sono le perdite accettabili per questo progetto. Un nuovo progetto, per quanto ben gestito, può sempre comportare una certa percentuale di rischio. Abituatevi - dunque - a stabilire qual è il rischio che considerate accettabile per ogni step, considerando le perdite nel loro insieme: soldi, tempo, altre opportunità non colte, reputazione professionale, immagine, ecc.
  • 3) assicuratevi solamente l'appoggio necessario per compiere il primo step del progetto. Durante lo sviluppo del vostro progetto infatti, vi imbatterete in 3 tipologie di persone: quelle che vogliono vedere il progetto realizzato, quelle che vi auteranno a realizzarlo e quelle che faranno di tutto perché non si realizzi. Perdere tempo con l'ultimo gruppo è inutile. Invece di chiederevi "come posso fare per convincere tutti ad impegnarsi in questo progetto?" chiedetevi: "Quanto appoggio mi serve?" e cercate di guadagnarvi solo questo.
  • 4) Iniziate il lavoro con dei volontari, assicurandovi che siano proprio coloro che vogliono che questo progetto abbia successo. Solo le persone davvero motivate e che condividono i vostri stessi obiettivi potranno portare avanti questo progetto senza arenarsi alla prima difficoltà, spegando che devono tornare alle loro reali occupazioni
  • 5) Concentratevi su risultati immediati: questo è essenziale per vincere le resistenze di chi non crede in voi e nel vostro progetto. Quella dei risultati a breve è l'unica strada da percorrere se volete il pieno supporto di chi davvero può fare in modo che le cose accadano, ovvero dei vostri capi. Mostrate loro come anche solamente pochi passi possano fare la differenza
  • 6) Mettetevi in grado di gestire le aspettative non promettendo, ad esempio, ciò che non siete in grado di fare. Spiegate che state solo facendo dei passi esplorativi per sondare il terreno e vedere se il vostro progetto è realizzabile o meno e limitatevi a spiegare dove volete arrivare col prossimo step
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giovedì 29 marzo 2012

Il lancio di un progetto in una situazione imprevedibile

Solitamente il lancio di un progetto avviene all'interno di una situazione prevedibile:
  • si costituisce un team di lavoro
  • si analizza l'ambiente (ad esempio il mercato)
  • si fa una previsione
  • si scrive un piano d'azione
  • si raccolgono le risorse necessarie
  • ecc.
Oggi, però, parleremo di come possono essere lanciati nuovi progetti in un ambiente del tutto imprevedibile e, per farlo, verrà in nostro supporto la versione inglese dell'Harvard Business Review che, nel numero di marzo, ha trattato proprio questo argomento.

Il modello di riferimento scelto per capire come muoversi all'interno di ambienti imprevedibili è quello degli imprenditori "seriali", ovvero di coloro che lanciano in continuazione nuove organizzazioni.

Il punto è che bisogna imparare da loro a pensare in maniera differente:
  • invece di basarsi su obiettivi prestabiliti, bisogna fare in modo di permettere alle opportunità di emergere
  • invece di focalizzarsi sui ritorni economici ottimali, è preferibile concentrarsi sulle perdite che possiamo subire
  • invece di cercare le soluzioni ottimali, possiamo cercare quelle sufficientemente buone da essere prese in considerazione

Il segreto di questi uomini è quello di tradurre immediatamente il pensiero in azione, spesso ignorando un'analisi approfondita.
Piuttosto che predire il futuro, essi cercano - infatti - di crearlo.

Per provare a seguire le orme di questi signori, la cosa migliore è provare a fare il primo passo verso il nostro obiettivo finale e valutare la nuova situazione che si verrà a creare.
In questo modo il rischio sarà minore e la situazione potrà essere recuperata facilmente. Alternando i piccoli passi e la loro valutazione, potremo muoverci agilmente anche in situazioni sconosciute, assestandoci durante il percorso.

Domani vedremo insieme che i passi da compiere per portare avanti un progetto in un clima incerto sono essenzialmente sei. Non mancate!

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mercoledì 28 marzo 2012

Il leader che piace e convince (2)

Come deve essere un leader che voglia convincere chi lavora insieme a lui?
Dopo aver spiegato ieri la differenza tra un leader che "fa" e un leader che "è", vediamo oggi le caratteristiche di quest'ultimo:
  • incoraggiare il feedback dei collaboratori in modo che questi si rendano disponibili a condividere piccoli problemi prima che diventino grossi e difficili da risolvere
  • imparare cosa si può cambiare del proprio atteggiamento per stimolare una risposta migliore da parte degli altri
  • comprendere che costruire sui punti di forza dei collaboratori paga di più che non cercare di arginare i loro punti deboli
  • trovare modi sempre nuovi e creativi di sorprendere chi lavora con voi
  • focalizzarsi sul rendere i cattivi rapporti buoni e i buoni rapporti ottimi
  • concentratevi prima sulle relazioni e solo dopo sulle transazioni
  • ricordare che le persone possono capirvi a fondo più dalle vostre domande che dalle vostre affermazioni
  • imparare a separare le persone dai problemi

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martedì 27 marzo 2012

Il leader che piace e convince

Provate a far finta di descrivere ad un amico un capo che vi è piaciuto in modo particolare.
Molto probabilmente non direte: "faceva questo e quest'altro" ma inizierete il vostro discorso dicendo: "era..."

Ecco, quando descriviamo i capi migliori che abbiamo conosciuto nella nostra carriera professionale, utilizziamo spesso il verbo "essere" piuttosto che il verbo "fare".
Nelle relazioni, infatti, il modo di essere delle persone supera in importanza ciò che si fa e le relazioni professionali non fanno eccezione.

Sono, infatti, i leader capaci di supportarci adeguatamente, di prendersi cura di noi e del nostro lavoro e di essere pazienti che più riescono ad influenzarci e a migliorarci. E tutti questi tratti derivano più dall'"essere" che dal "fare".

Domani vedremo come provare a diventare leader nell'"essere" piuttosto che nel "fare", conquistando - così - la fedeltà dei vostri uomini

Intanto, però, ci raccontate cosa ne pensate?

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lunedì 26 marzo 2012

Gli ostacoli al cambiamento

Spesso chi racconta di non riuscire a cambiare (magari eliminando un'abitudine controproducente per la propria crescita professionale) non ha, in realtà, alcuna voglia di cambiare e non lo desidera veramente.
Ecco, dunque, che questo stato mentale gli fa vedere muri altissimi che lo separano dal cambiamento quando, in realtà, questi muri potrebbero essere buttati giù con estrema facilità.

Vediamo quali sono le espressioni più comuni di chi dice di voler cambiare (a parole) ma, in realtà, non è disposto a farlo:

"non sono abbastanza esperto per farlo..."
"non ho la formazione giusta..."
"ho un po' paura della situazione che si verrebbe a creare...
"in fondo quello che ho già non è così male, sono abituato..."
"non sarà un lavoro che mi piace fare ma, almeno, è sicuro...
"sono troppo stanco e stressato per dedicarmi a tutto questo ora..."
"se provassi a cambiare, cosa succederebbe alla mia vita privata? Avrei ancora tempo per me?...
"ormai sono troppo vecchio..."
"sono ancora giovane. Ci penserò in futuro...
"prima devo finire tutto quello che sto facendo..."
"non saprei, è rischioso...

Ovviamente anche le organizzazioni hanno le loro frasi-tipo che indicano la mancanza di una predisposizione al cambiamento. Eccone qualcuna:

"questa organizzazione è orgogliosa della sua tradizione e della sua reputazione, costruite su basi solide e non su colpi di testa..."
"dobbiamo essere davvero convinti dei vantaggi reali prima di buttarci in questa cosa così rischiosa...
"non fa per noi..."
"costa troppo...
"le nostre priorità in questo momento sono altre..."
"forse funzionerebbe in un'azienda più piccola ma qui no...
"forse funzionerebbe in un'azienda più grande ma qui no..."
"interessante. Ma mi servono altri dettagli. Ne riparleremo quando avrò chiara la situazione...
"in un altro momento sarebbe stato bello provarci ma ora..."   

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venerdì 23 marzo 2012

Chi fa Qualità fa Project management?

Tom Peters ha scritto che in un'organizzazione classica circa il 50% del lavoro viene fatto sotto forma di progetto e dovrebbe essere gestito con gli strumenti del Project management.

Rispondendo, dunque, alla domanda provocatoria che vi abbiamo fatto nel titolo, sì: chi si occupa di Qualità deve avere anche le competenze di un Project manager perché si troverà sicuramente a gestire dei progetti (ad esempio quello di implementare il sistema all'interno dell'organizzazione).

Ma come può essere definito il "progetto"? E' presto detto...un progetto è un lavoro che si fa una volta sola e che si compone di diverse azioni da portare avanti con l'aiuto di un gruppo di persone (il project team). Ha una data di inizio e una data di fine, uno scopo da rispettare, un budget e un certo livello di performance da raggiungere.

Da notare bene che, per poter parlare di "progetto", un lavoro deve comprendere diverse componenti. Se ci troviamo davanti una singola azione perpetuata all'infinito, non siamo - infatti - in presenza di un progetto. Questo è bene chiarirlo fin dall'inizio visto che ci sono persone che sostengono di lavorare su una cinquantina di progetti! ;o)

Un esempio classico di progetto potrebbe essere lo sviluppo di un nuovo prodotto o di un nuovo servizio, la scrittura di un software, la definizione di un nuovo processo produttivo, lo sviluppo di un nuovo piano marketing.
Al contrario, processare reclami, inserire gli ordini in un database, produrre qualcosa, ecc. non sono progetti ma semplici attività.

Uno dei problemi maggiori nella gestione dei progetti è che non si presta abbastanza attenzione all'inizio del lavoro nel definire esattamente quale debba essere l'obiettivo del progetto (il suo scopo).
Se dimenticherete di definire esattamente il vostro obiettivo, il rischio che correrete sarà quello di sviluppare la soluzione giusta per il problema sbagliato.

E voi? Vi siete mai visti nelle vesti di Project manager?

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giovedì 22 marzo 2012

Gli errori del Responsabile Qualità

IBS America ha pubblicato una dispensa, scaricabile gratuitamente fornendo i propri dati, che, insieme a tanti discorsi fortemente introduttivi e aventi per tema la Qualità, verte sugli errori principali commessi da chi fa il Quality manager.

Vi riportiamo i principali perché abbiamo trovato la cosa estremamente interessante.

1) Costringere le persone a conformarsi al Sistema Qualità
Mandare lettere di richiamo per costringere una persona a seguire le procedure potrà servire nell'immediato ma, di sicuro, non funziona nel lungo termine.
Seguendo questa strada, infatti, ci si concentra sullo "sparare al cattivo" invece che sul "costruire un gruppo di persone capaci di lavorare insieme".

2) Non richiedere un avallo immediato relativamente allo svolgimento di un audit
Una volta terminato l'audit, è buona norma mandare una bozza del rapporto di verifica ispettiva per chiedere alle persone auditate se sono d'accordo con tutto ciò che è stato scritto. In caso contrario, eventuali puntualizzazioni potranno essere esaminate dall'auditor ISO 9001 e inserite nel rapporto.
In questo modo si eviterà che il rapporto ufficiale, consegnato magari dopo qualche giorno, venga contestato perché la gente non si ricorda effettivamente come si sono svolti i fatti.

3) Passare troppo tempo in una stessa organizzazione
Passare in una sola azienda 10 o 20 anni può limitare la crescita professionale di una persona e privarla delle esperienze necessarie ad affinare le competenze e le skill trasversali.
L'ideale sarebbe fissarsi un limite di tempo dopo il quale costringersi a riesaminare i "pro" e i "contro" della propria condizione lavorativa per decidere, eventualmente, di spostarsi verso un nuovo lavoro.

4) Lavorare in organizzazioni in cui il Top Management non sia davvero coinvolto nel processo di implementazione della Qualità
Se la Direzione non comprende a fondo il valore enorme che la Qualità ha in qualsiasi ambito di business, il vostro ruolo di Responsabili Qualità sarà presto messo da parte ed emeraginato all'interno del contesto in cui vi troverete a lavorare.

6) Cercare di fare tutto e subito
E' meglio partire con piccoli progetti pilota mirati su un'area specifica o su un determinato progetto. E' preferibile, infatti, raggiungere un piccolo obiettivo e prepararsi, poi, a raggiungerne un altro che fallire nel raggiungimento di un obiettivo finale troppo lontano nel tempo.

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mercoledì 21 marzo 2012

Le domande da fare a da NON fare durante un colloquio

Su "Managing People" di Barry Silverstein sono elencate le domande che dovreste e non dovreste mai rivolgere a un candidato durante un colloquio.
Mi è sembrato utile riportarle, dato che alcuni di voi si trovano a dover selezionare risorse da includere nel proprio team ma credo siano ineressanti anche per chi sostiene colloqui nelle vesti di candidato perché potrà accorgersi per tempo di quel tipologia di selezionatore si trova davanti.

Eccole!

  1. Non fate cenno all'età, alla religione, agli orientamenti sessuali, alla provenienza etnica e alle simpatie politiche del candidato
  2. Non fate domande sullo stato di famiglia (sposato, padre, ecc.)
  3. Non fate riferimenti ad eventuali limiti fisici o mentali
  4. Non fate domande sulla situazione finanziaria del candidato
  5. Chiedete come le esperienze di lavoro precedenti abbiano preparato il candidato a ricoprire la posizione per la quale si sta candidando
  6. Chiedete quale valore aggiunto spera di portare alla nuova azienda
  7. Chiedete cosa gli ha insegnato l'esperienza riguardo al lavoro con altre persone
  8. Chiedete per quali ragioni sta lasciando il suo attuale lavoro
  9. Chiedete quali problemi ha avuto in precedenza con i colleghi e come li ha gestiti e risolti
  10. Chiedete se il candidato ha domande da rivolgervi
 Cosa aggiungereste in questo elenco?

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martedì 20 marzo 2012

Management: cosa fare

Ho appena terminato la lettura di "Managing People" di Barry Silverstein e ho trovato uno spunto molto interessante che vorrei condividere con tutti voi.
Si tratta delle cose che un manager dovrebbe fare per avere successo con le persone che gestisce.
Vediamo insieme alcuni dei punti suggeriti dall'autore e un po' meno noti nella letteratura che tratta l'argomento:

1) imparare a non gestire le persone attraverso la paura e l'intimidazione
2) pianificare il lavoro e agire secondo i piani
3) non avviare un piano senza prima avere un obiettivo specifico
4) mantenere sempre un approccio e un'attitudine positivi
5) dare ai propri uomini istruzioni non ordini
6) non trascurare le proprie responsabilità nel fallimento di un obiettivo da raggiungere
7) premiare in qualche modo le persone che lavorano bene
8) creare le opportunità giuste perché le persone possano realizzarsi con successo
9) far crescere i propri subordinati tramite l'empowerment
10) non criticare i propri uomini in pubblico

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lunedì 19 marzo 2012

Mancanza di libertà decisionale: cosa comporta (3)

Dopo aver spiegato l'importanza della delega e aver esaminato insieme quali possono essere i motivi che portano le organizzazioni a non lasciare libertà decisionale ai collaboratori, vediamo oggi quali soluzioni potrebbero essere adottate per risolvere con successo il problema.

1) Accertatevi che la Direzione sia la prima a delegare: sono i vertici che devono fornire il primo vero esempio di delega

2) Insegnate a delegare: a delegare si impara grazie ad una buona formazione e allo sviluppo delle skill adatte a far crescere i collaboratori. Chi non delega, spesso, è semplicemente poco preparato all'empowerment

3) Condividete le best practice: i modelli possono essere estremamente efficaci nel far adottare nuove abitudini. Chiedete a chi fa già un buon lavoro di delega (gestendolo al meglio, ovviamente) di spiegare agli altri come svolgerlo bene e ricavarne dei vantaggi per l'intera struttura

4) Chiedete ai responsabili di mettersi nei panni dei collaboratori: cosa vorrebbero decidere in autonomia se i singoli responsabili fossero al posto dei loro collaboratori? Un ragionamento approfondito di questo tipo potrebbe aiutare i "middle manager" a chiarirsi le idee sul lavoro che fanno i sottoposti, rendendolo più fluido e motivante

5) Stabilite una valutazione dei manager anche in base alla loro capacità di delega: alcune aziende operano già in questo senso e valutano i loro responsabili anche in base alla capacità di delega che esercitano nei confronti dei collaboratori.

6) Chiedete ai lavoratori quale potere decisionale vorrebbero avere: spesso il diretto responsabile non è a conoscenza di come il suo desiderio accentratore di decidere ogni più piccola cosa complichi il lavoro dei collaboratori. Toccare con mano il problema potrebbe essere di aiuto.

Vi vengono in mente altri suggerimenti?

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venerdì 16 marzo 2012

Mancanza di libertà decisionale: cosa comporta (2)

Ieri abbiamo spiegato che non lasciare libertà decisionale ai collaboratori può essere estremamente pericoloso. Perchè, dunque, molte organizzazioni sposano comunque questo atteggiamento?

Vediamo insieme i motivi principali:

1) imitazione del vertice: la Direzione gestisce direttamente lo staff anche ad un microlivello. La conseguenza più immediata è che i diversi manager si comportino nello stesso modo con i loro uomini.

2) Troppi capi: alcune organizzazioni hanno una sovrabbondanza di capi di medio livello. Per giustificare la loro esistenza queste persone prendono ogni decisione al posto dei collaboratori per "evitare che si commettano errori".

3) Organizzazioni molto normate: le realtà molto regolate dall'esterno da normative severe come quelle vigenti nell'ambito alimentare, medicale o nucleare - tanto per fare qualche esempio - soffrono frequentemente del problema di una microgestione ossessiva. Alle persone, infatti, viene lasciata pochissima libertà perché non deviino dallo standard.

4) Paura: nella difficile situazione economica odierna, i manager vivono nella costante paura di non farcela. Questa paura, naturalmente, li porta a prendere ogni più piccola decisione perché - in questo modo - credono di gestire meglio il rischio, visto che c'è un margine di errore inferiore.

5) Incapacità di delegare: molti responsabili vorrebbero delegare alcuni compiti e alcune decisioni ma proprio non ci riescono. La delega richiede la capacità di spezzare un compito impegnativo in tanti piccoli compiti più semplici, stabilire la priorità del loro svolgimento, creare scadenze da rispettare e decidere quali compiti bisogna seguire e quali, invece, si possono affidare ad altri.

6) Mancanza di una direttiva chiara: spesso i manager ricevono istruzioni poco chiare da parte del loro capo in merito all'importanza di delegare. Dovrebbero imparare, invece, che il loro tempo  andrebbe impiegato in attività a valore aggiunto e non in compiti che possono essere svolti con successo da altri.

7) Processo di selezione inefficace: molte organizzazioni non danno la giusta priorità alla selezione dei collaboratori e questo, naturalmente, si ripercuote sul fatto che i collaboratori non sono adeguati a svolgere certi compiti.

Lunedì vedremo insieme quali soluzioni adottare per favorire la libertà decisionale. Non mancate!

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giovedì 15 marzo 2012

Mancanza di libertà decisionale: cosa comporta

Nelle realtà la cui cultura prevede una microgestione delle persone, alle quali non viene data alcuna autorità per prendere decisioni autonome, si viene a creare un ambiente infelice, poco produttivo e quasi "paralizzato" perché i collaboratori non sono motivati e non sono in grado di assumersi i piccoli rischi associati ad una qualsiasi decisione.

Se, però, partiamo dal principio che i lavoratori vengono scelti ed assunti all'interno di un'organizzazione perché possiedono alcune caratteristiche e le conoscenze necessarie per fare al meglio un certo lavoro, non è una perdita di tempo il fatto che non si permetta loro di utilizzare ciò che sanno e che non si sfrutti in pieno il loro potenziale?

Il management dovrebbe riuscire a creare un ambiente in cui le persone possano sviluppare l'empowerment e fare del loro meglio, costantemente supportate dal vertice

C'è una serie di ragioni che spingono le organizzazioni a non lasciare libertà decisionale ai collaboratori. Domani le vedremo insieme. Nel frattempo, cosa ne pensate dell'argomento? Vi ritrovate? Oppure appartenete alla schiera di "fortunati" in grado di prendere decisoni autonome in merito al lavoro?

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mercoledì 14 marzo 2012

Il ruolo di chi lavora nell'ambito della Qualità (2)

Tra le attività che si richiedono a un professionista della Qualità, abbiamo provato ad elencare le più comuni.
Eccole:

gestore dell'integrazione del sistema: si richiedono tutte le abilità necessarie ad assicurare che le componenti di un sistema siano completamente integrate tra loro e funzioni a dovere.

Buon comunicatore: si richiedono abilità nel campo della comunicazione tali da sviluppare un processo comunicativo efficace all'interno dell'organizzazione.

Progettista di sistemi: si richiede un'approfondita conoscenza dei sistemi e delle metodologie o strumenti utilizzati per progettarli adeguatamente.

Problem-solver: si richiedono competenze affinate nell'ambito dell'analisi e della risoluzione delle problematiche, una grande capacità di individuare e risolvere problemi e una naturale predisposizione ad aumentare l'efficienza del sistema.

Innovatore: in questo caso si punta sulla creatività per massimizzare un uso intelligente delle risorse messe a disposizione.

Decision maker: si richiede una conoscenza approfondita dell'ambito in cui la persona dovrà assumersi la responsabilità delle decisioni prese

Formatore e modello di stile: in questo caso saranno fondamentali una naturale predisposizione ad insegnare e la conoscenza dei principali strumenti capaci di influenzare le persone, migliorare il morale e motivare. Una conoscenza approfondita delle principali tecniche di coaching e negoziazione completeranno il profilo

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martedì 13 marzo 2012

Il ruolo di chi lavora nell'ambito della Qualità

La nostra è una professione alquanto variegata e non si ha quasi l'abitudine di ricondurla entro binari certi e codificabili.
Proviamo, dunque, a vedere insieme quali ruoli "anomali" può trovarsi a ricoprire un generico professionista della Qualità:

1) tecnico esperto
il professionista ha ricevuto una formazione tecnica approfondita e ha parecchia esperienza in campo operativo

2) project manager
al professionista viene affidata la responsabilità di supervisionare un dato progetto e di assicurarne la riuscita

3) team manager
al professionista è assegnata la responsabilità di pianificare, organizzare e dirigere le attività di un gruppo di persone

4) direttore
al professionista vengono affidati compiti che vanno al di là della semplice gestione della Qualità perché si possono ricondurre a responsabilità che hanno direttamente a che fare con la strategia dell'organizzazione

Domani vedremo insieme in cosa possono consistere i principali compiti richiesti a chi fa il nostro mestiere.
Nel frattempo, qualcuno di voi vuole aggiungere un profilo che non è stato ancora contemplato in quelli tracciati sopra?

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lunedì 12 marzo 2012

Il senso di responsabilità

La rivista "Focus" di marzo ha pubblicato una serie di spunti interessanti sul tema della responsabilità individuale.
Vi riporto gli stralci più interessanti:

"<>
La domanda della maestra delle elementari cade nel silenzio. Nessuno degli alunni alza la mano per confessare il misfatto: teme la punizione (e la figuraccia) e spera di farla franca. In pratica non si assume le proprie responsabilità, anche a costo di far punire l'intera classe.

Il senso di responsabilità inizia a formarsi intorno ai 6 anni di età, quando si acquisisce il senso del dovere e i sensi di colpa trattengono dal compiere azioni negative."

(...)

"A prescrindere dalla cultura a cui si appartiene, molti fattori possono spingerci a lavarcene le mani. Ecco quali."

(...)

"Autorità e sudditanza
Il ricercatore Eugene Tarnow ha riscontrato che la reticenza a mattere in dubbio le scelte di un superiore è dovuta al peso dell'autorità che può incidere moltissimo sul senso di responsabilità personale"

(...)

"Responsabilità spalmata
Se la responsabilità è condivisa (come nel caso in cui un gruppo di persone si trovi ad assistere ad un reato) è possibile che non ci si senta chiamati in causa. Si attende che siano gli altri a reagire."

(...)

"Cattivi esempi
Se una casa ha una finestra rotta e questa non viene riparata, ciò inviterà a romperne altre perché darà l'impressione che sia un atto consentito.
Questo meccanismo, chiamato la teoria delle finestre rotte dal politologo James Q. Wilson e dal criminologo George Kelling, esprime una situazione nota: quando le trasgressioni non sono corrette né punite si innescano fenomeni di emulazione, in un ciorcolo vizioso."

(...)

"Capro espiatorio
Per sollevarci dalle nostre responsabilità, cosa c'è di meglio se non attribuire tutte le colpe a una persona o a un gruppo?
Il meccanismo è usato sia in politica (creando un nemico) sia nei luoghi di lavoro. Se qualcosa va male è sempre colpa di qualcuno che viene regolarmente ridicolizzato ed emarginato."

(...)

"Autoinganni della mente
Non riesci a rispettare gli impegni?
<>.
Mentre tendiamo ad attribuire i successi al nostro impegno, quando falliamo imputiamo la colpa alle circostanze sfavorevoli."

Cosa ne pensate?

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venerdì 9 marzo 2012

Negoziare l'aumento di stipendio (2)

Continuiamo la lettura di "Business & Technologies" e vediamo insieme gli ultimi due suggerimenti per chiedere al vostro capo un aumento di stipendio


Parlate di cose concrete

La crisi, il collega meglio pagato, il bambino che sta per nascere sono tutte ottime motivazioni per volere un aumento di stipendio ma nessuna vi aiuterà nel vostro scopo.

Provate, invece, a inserire nel vostro discorso dati oggettivi e cifre, parlando di fatti.

Se avete fatto un buon lavoro, infatti, sarà facile vedere quali vantaggi concreti ne ha tirato fuori l'azienda.
Potreste aver risparmiato risorse dal budget che vi è stato affidato, potreste aver formato delle risorse interne e aver fatto risparmiare all'azienda i costi necessari per farle crescere professionalmente, ecc.

Dati e cifre, dunque, ma senza annoiare il vostro interlocutore e senza sommergerlo di numeri.
Cercate di non puntare su più di tre argomenti ben centrati.

Chiedete delle garanzie

Delle due l'una: o l'azienda versa in cattive acque e sarebbe inutile insistere, o il capo afferma che non meritate un aumento perché non avete dato prova di buona volontà e applicazione.

In questo secondo caso, non mollate l'osso e cercate di farvi spiegare bene perché non venite ritenuti idonei ad ottenere un aumento, chiarendo cosa dovreste fare per ottenerlo.
Una volta stabiliti i confini, chiedete garanzie che - se rispettati - la vostra richiesta di aumento verrà presa in seria considerazione.

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giovedì 8 marzo 2012

Negoziare l'aumento di stipendio

Tra i consigli che ci chiedete più spesso, ultimamente, ci sono quelli relativi al negoziato per ottenere un aumento di stipendio.
Purtroppo, in questo caso, è difficile tracciare delle linee generali secondo le quali muoversi perché ogni situazione è diversa dall'altra ma nell'ultimo numero di "Business & Technologies" abbiamo trovato 4 suggerimenti che, forse, possono tornarvi utili.

Iniziamo subito con i primi due.


Parlate delle vostre nuove responsabilità

Aver centrato i propri obiettivi raramente è condizione sufficiente per ottenere un aumento di stipendio.
A meno che la remunerazione non sia di molto inferiore ai valori di mercato, un manager non potrà andare a caccia dell'aumento se ha semplicemente fatto bene il suo lavoro.

Il discorso, però, cambia se si sono assunte nuove responsabilità.
In questo caso, spiegate che siete pronti a confermare e a far evolvere ulteriormente la vostra professionalità e mostratevi certi che, dopo esservi messi alla prova, tutto questo vi verrà riconosciuto a livello economico.

Chiedete un aumento realistico

La crisi è sotto gli occhi di tutti e, a meno che non facciate parte di quello sparuto gruppo di organizzazioni che non sembra essere in sofferenza, cercate di ridurre la forchetta della vostra aspettativa relativa all'aumento di stipendio.

Consultate eventuali offerte di impiego che diano un'idea dello stipendio offerto per una posizione simile alla vostra (sono pochissime, purtroppo, e bisogna cercarle bene) e consultate studi sull'argomento o canali su internet dove sia semplice chiedere un'indicazione in merito allo stipendio a chi fa un lavoro simile al vostro.

Una volta che vi sarete chiariti bene le idee, non dimenticate che lo stipendio fisso è solo uno dei tanti parametri su cui puntare.
Se l'azienda è in difficoltà ad accontentarvi, chiedete un riconoscimento a livello di orario di lavoro (più elastico e comodo per sodisfare le vostre esigenze), un corso di formazione, ecc.

A domani per gli altri due consigli.

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mercoledì 7 marzo 2012

Diventare più intelligenti - I suggerimenti di "Focus"

Sul numero di marzo della rivista "Focus" vengono elencati 30 suggerimenti per diventare più intelligenti.
Vi riporto quelli che mi sono sembrati più interessanti e, se volete, proviamo a commentarli insieme:

(...)

1) Diventa esperto di qualcosa
Imparara a fare qualcosa di nuovo che davvero ti piaccia. Il tuo cervello funzionerà in modo sempre più efficiente quando lo farai. Non si nasce esperti: conta la pratica.

(...)

2) Guarda Al Jazeera
O meglio: leggi un giornale (o guarda una tivù) di opinioni diverse dalle tue.
Non chiuderti a nuove idee o a idee differenti dalle tue. Uno studio su persone che ascoltavano la versione inglese della televisione araba Al Jazeera ha dimostrato che avevano una mente più aperta di quelle che guardavano solo tivù USA


3) Scarica conferenze Ted
Le menti più brillanti del pianeta presentano ogni anno al Ted (Tecnologia, Intrattenimento, Design) le loro idee più innovative.
Le potete ascoltare su www.ted.com e una selezione, con sottotitoli in italiano, è su www.focus.it/ted

(...)

4) Cementifica i tuoi ricordi
Per migliorare la tua memoria, associa la cosa che vuoi ricordare a un'immagine forte.
Tecniche come quella dei "loci" consistono nell'accopiare un ricordo a un luogo lungo un percorso immaginario: funziona!
Ne avevamo parlato anche sul nostro forum.

(...)

5) Impara una lingua

Imparare una nuova lingua allena la tua corteccia perifrontale che sovrintende alle emozioni e alle decisioni.
Iscriviti a un corso, impara il cinese o prova con il latino online.

(...)

6) Gioca a Scarabeo
Una ricerca dimostra che i giochi cone le parole come Scarabeo aiutano a ridurre i rischi di Alzheimer.

(...)

7) Non scrivere solo al computer, scrivi anche a mano
Ti ricordi come si fa? Scrivere a mano impegna più aree del cervello che non scrivere con una tastiera. Ed è più facile ricordare qualcosa se lo hai scritto con una penna.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

martedì 6 marzo 2012

Un profilo perfetto su LinkedIn? Ecco le regole! (3)

Ultima parte dell'analisi dell'articolo "10 regole per avere un profilo perfetto su LinkedIn" pubblicato su Business People".

Settimo suggerimento: "Differenziati dalla massa".
Anche questa è sicuramente una "dritta" fondamentale perché chi è alla costante ricerca di Risorse Umane interessanti legge ogni giorno decine di curriculum e presentazioni, spesso tutti uguali, e sapersi differenziare dalla massa può fornire un vero valore aggiunto al vostro curriculum e alla vostra lettera.
Attenzione, però! Differenziarsi non significa essere per forza originali nella presentazione dei documenti. Ricordate che non vi state candidando per un lavoro nel campo del marketing, della grafica o della creatività dove l'originalità è un valore aggiunto. Nel nostro campo è meglio differenziarsi a livello di contenuti piuttosto che presentare un curriculum scritto su carta verde a pois! ;o)

L'ottavo suggerimento è: "Fà domande e rispondi a quelle degli altri utenti".
Ve l'abbiamo sempre detto: chi interagisce su internet, chi si fa conoscere (anche nel nostro forum) e chi mette in mostra le proprie conoscenze non calando soluzioni dall'alto ma "sporcandosi le mani" e aiutando gli altri a capire, ha sicuramento accesso a molte più possibilità rispetto a chi se ne sta in disparte dopo aver caricato il curriculum in rete e aspetta che qualcuno si accorga di lui.



Nono e decimo punto: "Rendi più popolare il tuo profilo" e "Costruisci il tuo network".
Queste note vanno a corollario della precedente: chi è attivo sulla rete vedrà aumentare in automatico la propria popolarità e si ritroverà con un buon network di conoscenze da "spendere" per lo sviluppo della sua carriera.

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lunedì 5 marzo 2012

Un profilo perfetto su LinkedIn? Ecco le regole! 2

Continuiamo la lettura di "Business People" iniziata ieri e, in particolare, dell'articolo: 10 regole per avere un profilo perfetto su LinkedIn per esaminare insieme altri punti.



Quarto suggerimento: "Prepara una presentazione di poche parole".
Ohhhhhhhh...evviva!
La presentazione, a mio giudizio, è FONDAMENTALE, è quella che vi distinguerà dalle migliaia di profili simili al vostro ed è quella che farà capire al vostro esaminatore se avete quel "quid" in più su cui potrebbe decidere di investire.
Non fate mai e poi mai l'errore di inviare o caricare un curriculum senza una lettera di presentazione (possibilimente non banale né copiata e che vi rappresenti in pieno). Perdereste un'occasione.


La quinta dritta è: "Sottolinea le tue capacità".
Siate originali: copiare skill altrui se non vi appartengono vi farà apparire solamente come tanti pappagallini ammaestrati.
Cercate, invece, di scoprire in cosa siete davvero bravi, riflettendo sui complimenti che vi vengono rivolti spesso e sulle volte che vi siete sentiti dire "bravi".
E' a questo punto che scriverete le righe migliori per spiegare cosa sapete fare davvero bene.


Sesto punto: "Racconta la tua esperienza".
Siamo (anche) quello che abbiamo vissuto perché due persone che hanno studiato le stesse cose e che hanno affrontato situazioni differenti avranno maturato certamente un approccio diverso una dall'altra.
L'esperienza è la carta da giocare soprattutto se si ha qualche anno in più e si inizia ad essere meno appetibili perché si costa un po' troppo.
Spieghiamo quale valore aggiunto possiamo portare con le nostre esperienze e come queste ci abbiano trasformato nell'uomo adatto (o nella donna adatta) a gestire certe situazioni.


Continueremo domani. Nel frattempo, chi volesse, può aggiungere le sue note personali. :o)

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venerdì 2 marzo 2012

Un profilo perfetto su LinkedIn? Ecco le regole!

Sull'ultimo numero di "Business People" ho appena finito di leggere le 10 regole per avere un profilo perfetto su LinkedIn e per utilizzarlo al meglio per trovare lavoro o per migliorare la posizione professionale che già abbiamo.

Proviamo a interpretare per bene ognuno dei 10 punti?

Iniziamo dal primo: "Non copiare e incollare il cv".
E' giusto: un documento copia-incollato brutalmente perde la formattazione, l'eleganza e la leggibilità tipiche di un testo ben presentato.
E' meglio "sprecare" qualche minuto prezioso per presentare adeguatamente il nostro profilo professionale al mondo che vederci messi da parte in fretta solamente perché il nostro potenziale datore di lavoro si è stancato di leggerci a causa di una brutta stesura.

La seconda dritta è: "Impara dai migliori esperti di marketing".
Anche in questo caso non si può che essere d'accordo perché, in un mondo del lavoro estremamente competitivo come quello di oggi, una conoscenza di nicchia in più può fare la differenza.
A tutti coloro che vogliono imparare a vendere al meglio la propria professionalità, consiglio vivamente la lettura dei testi di Seth Godin (godibilissimi oltre che estremamente interessanti e documentati per chiunque voglia approfondire i concetti del marketing).



Terzo punto: "Scrivi per chi lavori e ciò di cui ti occupi".
Non è facile. Non per tutti - infatti - è possibile cercare un nuovo lavoro in maniera serena. Ricordiamoci che se il datore di lavoro attuale venisse a sapere che ne stiamo cercando uno nuovo (anche se nessun datore di lavoro dovrebbe cadere dal pero a questa notizia perché, al 90%, sarebbe solo una conseguenza del suo atteggiamento) potrebbe crearci non pochi problemi.
Se - dunque - non si può specificare per chi stiamo lavorando, cerchiamo almeno di descrivere la tipologia di organizzazione e il lavoro che ci è stato affidato.

Continueremo domani. Nel frattempo, chi volesse, può aggiungere le sue note personali. :o)

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giovedì 1 marzo 2012

Dare la giusta priorità

Capita spesso di dover fare moltissime cose e di non sapere da che parte incominciare.
La sensazione più comune - in questi casi - è quella di sentirsi "schiacciati" dal peso di tutte le nostre incombenze, mentre basterebbe imparare a dare loro le giuste priorità per rientrare nel pieno controllo del nostro tempo.

A partire da oggi, proviamo dunque a organizzare tutto ciò che dobbiamo fare, dividendolo in tre categorie:

categoria A: attività urgenti, importanti (non farle comporterebbe il vostro licenziamento o, almeno, un richiamo da parte del capo. Spesso fanno parte del famoso 20% di Pareto. E' molto probabile che abbiano una scadenza davvero prossima. Certamente fanno parte dei vostri obiettivi e vi sono state assegnate dal capo).
Una buona idea è mettere i riferimenti relativi a queste attività nel cestino superiore di un basket da scrivania a tre piani



categoria B: attività mediamente urgenti e mediamente importanti (sono cose che vanno fatte ma che non sono importantissime o urgentissime. Potrebbe trattarsi, ad esempio, di cose che dovete fare entro una settimana e che rientreranno nella vostra "A" fra qualche giorno. La cosa migliore è quella di occuparsene non appena abbiamo un attimo di tempo avendo terminato di compiere tutte le attività del gruppo "A")
Una buona idea è mettere i riferimenti relativi a queste attività nel cestino in mezzo di un basket da scrivania a tre piani

categoria C: attività non urgenti e non importanti (sono quelle che non interessano quasi a nessuno e che noi ci annoiamo a fare. Imparate ad occuparvene ogni volta che avrete qualche minuto di tempo e le cose da fare dei primi due gruppi si saranno esaurite. Non alzate gli occhi al cielo: capiterà anche a voi di avere momenti di tranquillità, in caso contrario forse è bene che rivediate il vostro modo di organizzarvi)
Una buona idea è mettere i riferimenti relativi a queste attività nel cestino in basso di un basket da scrivania a tre piani ricordando, però, che anche queste attività sono da fare!

Questa breve categorizzazione va fatta ogni giorno o, almeno, ogni volta che ci viene richiesto di compiere una nuova attività.
Una volta compilata la lista, ci basterà procedere in ordine certi di non arrivare tardi su nulla.

Qualcuno di voi già segue questo percorso?

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