lunedì 31 maggio 2010

Consigli per organizzarsi meglio (2)

Continuiamo ad esaminare insieme come si può riuscire ad organizzarsi meglio in maniera semplice:

3) Imparate a scrivere in maniera efficace

Scrivere un memorandum, un rapporto o una lettera in modo chiaro e non ambiguo fa risparmiare molto tempo alla persona che lo deve leggere.
Fa, inoltre, risparmiare tempo anche a voi. Quante volte siete costretti a spiegare qualcosa perché il vostro rapporto non è chiaro?

In sintesi il segreto consiste nell'evitare il gergo e usare frasi semplici.
Tuttavia, prima di riuscire a scrivere in modo chiaro, dovete avere idee chiare in testa. Il che vuol dire, ancora una volta, prendersi il tempo di riflettere.

Decidete cosa intendete dire e come intendete dirlo prima di premere i tasti del vostro PC. Potreste chiedere a un collega o al vostro capo un parere in proposito prima di iniziare.

4) Controllate che tutte le relazioni che leggete/scrivete siano davvero necessarie

Fate in modo di verificare che le relazioni che chiedete di scrivere, che dovete leggere o che scrivete siano davvero necessarie.
A volte le persone scrivono relazioni per abitudine piuttosto che per necessità.

E' veramente necessaria una relazione settimanale sulle vendite? Un riepilogo mensile potrebbe fornire una visione d'insieme migliore?

Ed è veramente necessario un memorandum? Un'email o una telefonata non sarebbe sufficiente?

Dovete mandare una copia di queste relazioni a tutti i membri della vostra azienda? Esaminate a cadenze regolari l'elenco delle persone cui sono destinate le vostre relazioni (o gli elenchi dove c'è il vostro nominativo). In alcuni casi il destinatario preferirebbe ricevere solo una sintesi del documento.

A domani per l'ultima puntata!

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venerdì 28 maggio 2010

Consigli per organizzarsi meglio

"Uno di questi giorni devo proprio organizzarmi; non appena riesco a trovare il tempo".
Vi è già capitato di pronunciare questa frase?

Iniziamo a fiutare profumo di vacanze; quale momento migliore di questo per gettare le basi di una buona organizzazione personale? Per molti, infatti, questo è il periodo in cui si inizia ad avere qualche momento libero. Agire ora significa trovarsi un bel po' di strada fatta per quando, a settembre, si ricomincerà a correre.

Proviamo, dunque, a vedere insieme qualche utile consiglio per migliorare la nostra organizzazione:

1) Raccogliete il materiale da leggere

La maggior parte di noi deve leggere molti testi, pratiche, rapporti, e-mail, norme ecc. per mantenersi aggiornato sugli sviluppi nell'ambito del proprio lavoro e della propria professione.

Un modo per riuscirci è quello di dare una scorsa a ogni documento per decidere se è qualcosa  che è necessario leggere subito. Se non lo è, ma ritenete che valga comunque la pena leggerlo, tenete da parte il testo e mettetelo in un raccoglitore (reale o virtuale) per ritrovarlo ordinato quando avrete il tempo di leggere.

Mettete i documenti più recenti in fondo al mucchio in modo che i documenti più vecchi siano in cima.
Fatta questa semplice cosa, potrete poi prelevare alcuni documenti dal raccoglitore per leggerli a casa, fra un appuntamento e l'altro, mentre aspettate che incominci una riunione, in treno o quando avrete cinque minuti di tempo.

2) Riflettete prima di archiviare

Dovete conservare in archivio tutti i documenti che le leggi, le cogenze, le norme volontarie e le vostre regole interne vi impongono di conservare. Tuttavia dovete proprio conservarli nel vostro ufficio? Non esiste nessun altro posto nella vostra azienda in cui immagazzinarli?
 Se non avete bisogno di consultare questi documenti regolarmente, potrebbe valer la pena di vedere se è possibile posizionarli da un'altra parte.

Dovete avere una visione critica di ciò che dovete conservare. Esaminate ogni pezzo di carta o pratica e chiedetevi se ne avete veramente "bisogno".

Conservate il materiale cartaceo solamente se vi aiuta nello svolgimento del vostro lavoro e se non potete accedervi facilmente in nessun altro modo.
Avete realmente bisogno di quel ritaglio di giornale nel vostro ufficio quando la segreteria o la biblioteca aziendale ne ha una copia?

L'altro passo da fare è quello di sviluppare un sistema di archiviazione flessibile e adatto ai vostri bisogni. Potrebbe anche non essere il tradizionale armadio o cassettiera (o la tradizionale cartella condivisa elettronicamente in rete).
Alcuni preferiscono utilizzare schedari, altri usano raccoghlitori con divisori. Dipende principalmente da voi, dal vostro lavoro e dal vostro stile.
Lo scopo è quello di riuscire a recuperare rapidamente le informazioni necessarie per mezzo di un sistema sufficientemente flessibile da adattarsi a qualsiasi cambiamento del vostro lavoro.

A lunedì per nuovi spunti!

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giovedì 27 maggio 2010

Rilevare i fabbisogni relativi alla formazione

L'avvio ed il coordinamento della fase di rilevazione dei fabbisogni di formazione del personale già in organico è demandata al Responsabile della Formazione (Responsabile del personale, Direzione Generale, altro...) ed è attuata sulla base di:

- indirizzi definiti nell'ambito degli obiettivi annuali dichiarati dalla Direzione

- richieste ed indicazioni ricevute dai Responsabili delle diverse aree dell'organizzazione in relazione all'introduzione di nuove normative, all'acquisizione di nuove tecnologie o di nuovi strumenti, alla necessità di aggiornamento delle conoscenze tecnico-gestionali o di sviluppo di abilità specifiche, ecc.

- richieste provenienti direttamente dal personale

- rilevazioni all'interno dell'organizzazione attraverso test e questionari somministrati ai dipendenti

- analisi delle criticità scaturite dall'analisi dei questionari sul livello di soddisfazione dei clienti

- qualificazione e riqualificazione del personale

- esigenze legate alla formazione obbligatoria

Una volta raccolti tutti gli input relativi ai fabbisogni formativi, il Responsabile della formazione ha la responsabilità di:

- identificare gli ambiti di priorità in termini di formazione, aggregandoli per aree omogenee

- valutare la congruenza con gli obiettivi della struttura

- elaborare un'ipotesi di piano annuale di formazione

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mercoledì 26 maggio 2010

Kaizen vs. Kairyo

In cosa si differenziano il Kaizen (miglioramento per piccoli passi) e il Kairyo (miglioramento diffuso)?

Vediamo insieme le differenze principali così come sono state riportate su un vecchio testo di Quality management:

KAIZEN                                                        KAIRYO

Profitto                                                            Alta soddisfazione del cliente
Produttività                                                      Qualità
Costi bassi                                                       Flessibilità produttiva
Efficienza produttiva                                         Lotti piccoli e scorte basse
Miglioramento a piccoli passi                            Innovazione
Flussi di comunicazione top-down                    Flussi di comunicazione bottom-up
Forte integrazione aziendale                             Autonomia delle persone
Alta standardizzazione delle operazioni             Continuo cambiamento degli standard
Attenzione ai risultati                                        Attenzione ai processi

Siete d'accordo su tutto? Aggiungereste, togliereste o cambiereste qualcosa?

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martedì 25 maggio 2010

Passi per applicare il BPR

Qualche tempo fa abbiamo parlato di Business Process Reengineering ma quali sono i passi per applicare in maniera efficace il BPR?

Vediamoli insieme:

1) individuazione dei processi critici: attraverso metodologie di analisi del valore vengono individuati quei processi che presentano valori quantitativi elevati in termini sia di costo, ricavato, per esempio, attraverso un sistema di contabilità del tipo ABC, che di contributo apportato per il raggiungimento dei livelli di soddisfazione del cliente fissati

2) descrizione del processo critico individuato: il processo andrebbe mappato definendo i suoi elementi caratteristici attraverso la decomposizione in sottoprocessi su livelli successivi fino all'individuazione delle attività che a loro volta vengono scomposte in operazioni elementari di cui viene individuata la successione e le responsbailità di esecuzione attraverso opportuni diagrammi di flusso

3) sviluppo del flusso ideale e confronto con quello attuale: definiti gli obiettivi del processo sulla base delle esigenze del suo cliente, viene steso un diagramma di flusso che riporta la sequenza ottimale delle attività da svolgere per soddisfarle.
Si passa, quindi, a valutare la capacità degli attuali obiettivi del processo di soddisfare le esigenze del cliente. In caso positivo si procede con un intervento di miglioramento continuo, in caso negativo, invece, occorre necessariamente provvedere ad una riprogettazione radicale del processo, secondo il flusso appena elaborato

4) attuazione dell'intervento: il primo passo da compiersie, a questo punto, è quello di trasformare le esigenze del cliente in caratteristiche misurabili di prodotto e queste in caratteristiche misurabili di processo.
Si passa, quindi, al dimensionamento del processo attraverso la definizione della domanda e il bilanciamento delle risorse necessarie per la sua condizione. L'attività si conclude con la verifica di quanto definito in fase di progettazione attraverso l'esecuzione di prove e la valutazione dei dati ricavati da esse.

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lunedì 24 maggio 2010

Siete dei leoni codardi?

La ricercatrice americana Pamela Johnson ricorre ad un modello ispirato al "Mago di Oz" per cercare di spiegare le motivazioni di ogni persona.

La Johnson divide i lavoratori in tre categorie:

1) "Spaventapasseri"

2) "Uomini di stagno"

3) Leoni codardi"

In altre parole, le tre chiavi per l'autonomia sono:

1) l'intelligenza

2) il cuore

3) il coraggio

Senza di esse, secondo la ricercatrice, la forza lavoro diventa "passiva e demotivata".
D'altro canto, sviluppare queste qualità produce persone "meno riluttanti ad assumersi rischi, più creative e più disposte a suggerire soluzioni ardite", il che è esattamente quello che una gestione modena e di ampio respiro della vita e del tempo si propone di conseguire.

Ognuno di noi, dentro di sé, è un po' Spaventapasseri, un po' Uomo di stagno e un po' Leone codardo ed è proprio per questo che "Il mago di Oz" è un libro sempre attuale.

Le tre figure si sentono vulnerabili allo stesso modo e ognuno di loro cerca di conquistare autonomia e indipendenza.

Per esempio, per conquistare autonomia, Pamela Johnson suggerisce allo Spaventapasseri di sostituire i propri atteggiamenti negativi e limitanti con fiera determinazione di conseguire i propri obiettivi.

All'Uomo di stagno manca, invece, un cuore. Johnson definisce questo stato come la mancanza di una "proprietà psicologica". Sotto il profilo aziendale ciò significa che tutti i membri di un'organizzazione condividono la responsabilità per le azioni e il successo di queste.
Tutti noi dovremmo seguire il consiglio della ricercatrice e dare un significato alle nostre incombenze quotidiane, dare importanza ad altre cose che non siano soltanto la busta paga, cercare semplicemente di divertirci o, almeno, di trovare un po' di entusiasmo.

Infine al nostro Leone manca il coraggio. Si sente impotente, depresso, arrabbiato e spaventato. Ci vuole del fegato per assumersi le responsabilità delle proprie azioni e per pensare in modo positivo affrontando anche gli imprevisti.

E a voi cosa serve? Più intelligenza (chiarire gli obiettivi per tendere ad un'autorealizzazione), più cuore (un lavoro che vi permetta di occuparvi degli altri o di passare più tempo con la famiglia) o più coraggio (essere più assertivi o mettervi in proprio)? ;o)

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venerdì 21 maggio 2010

Oltre la leadership

Il guru americano del management James Scarnati ha indicato quali sono le qualità, oltre la leadership, che i manager dovrebbero sviluppare.

Per esempio, per sopravvivere e avere successo dobbiamo essere capaci di monitorare i cambiamenti che avvengono nel nostro mondo e adattarci ad essi in modo efficace.
In altre parole dovremo essere abbastanza flessibili da guardare le cose sotto tutti i punti di vista e da adattarvici in modo creativo.

Scarnati ha osservato che l'esercito statunitense insegna alle reclute che non esiste una semplice formula che consenta di affrontare i rischi impliciti nelle diverse situazioni, ma che suggerisce loro di "essere flessibili e cercare di acquisire quanti più elementi è possibile prima di prendere una decisione".

Scarnati sostiene anche che bisogna rafforzare l'approccio creativo e flessibile con altri tre principi.

In primo luogo bisognerebbe mostrare coraggio morale, in altre parole avere il coraggio delle proprie opinioni.

In secondo luogo bisogna assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Cio è, ovviamente, strettamente connesso con il fatto di sostenere le nostre posizioni e con il prezzo da pagare per essere degli innovatori.

L'ultimo suggerimento è quello di non cercare di nascondere i propri errori. Assumerci le nostre responsabilità contribuisce ad aumentare la fiducia in noi dei nostri colleghi e dipendenti.

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giovedì 20 maggio 2010

Siete a rischio di esaurimento psicofisico?

Il libro "Come gestire il proprio tempo", che vi abbiamo già introdotto ieri, propone un bel questionario per capire se siamo a rischio di esaurimento psicofisico.

Lo facciamo insieme?

1) Vi sentite spesso stressati sul lavoro?
2) Sentite che non avete controllo sul vostro lavoro?
3) Sentite spesso che passate troppo tempo a lavorare?
4) Vi sentite spesso colpevoli per l'effetto che ciò ha sulla vostra famiglia?
5) Vi capita spesso di annullare appuntamenti personali a causa di impegni sul lavoro?
6) Vi sentite spesso oberati di lavoro?
7) Avete un'idea molto chiara di ciò che ci si aspetta da voi sul lavoro?
8) Il vostro partner si lamenta spesso che lavorate troppo?
9) Vi capita spesso di pensare che avete troppo lavoro?
10) In genere pensate di avere troppe responsbailità?
11) In genere fate fatica a concentrarvi?
12) In genere siete in ritardo?
13) In genere la vostra produttività è bassa?
14) Avete spesso difficoltà a capire i nuovi metodi e procedure?
15) Vi capita spesso di essere irritabili e aggressivi?
16) Vi capita spesso di cercare di evitare di lavorare o collaborare con altre persone?
17) Vi capita spesso di evitare di interagire socialmente sul lavoro?
18) Provate spesso fastidio nei confronti dei vostri colleghi?
Soffrite spesso di:
19) stanchezza?
20) mancamenti?
21) senso di soffocamento?
22) mancanza di respiro?
23) nervosismo?
24) insonnia?
25) tensioni muscolari?
26) mal di testa?

Quanto maggiore è il numero di "sì" con cui avete risposto alle domande, tanto più probabile è che soffriate di stress da lavoro.

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mercoledì 19 maggio 2010

10 strategie per "crescere"

In questo periodo stiamo leggendo il libro "Come gestire il proprio tempo" che è ricco di preziosi suggerimenti anche per una crescita personale mirata.

Ve ne giriamo qualcuno che abbiamo trovato particolarmente significativo:

1) Dedicatevi al vostro apprendimento e sviluppo: cercate di sviluppare e sfruttare il vostro sapere e le vostre esperienze, imparate a gestire le vostre conoscenze e ad organizzarle per renderle disponibili al momento giusto e nel posto di lavoro giusto.

2) Prevedete il futuro: molte aziende oggi usano una tecnica chiamata "visioning" per decidere come procedere e per sviluppare una forte determinazione a raggiungere i propri obiettivi.
Potete usare questa tecnica per immaginare il vostro futuro e dare alla vostra vita un obiettivo in armonia con i principi e la filosofia di vita che per voi sono importanti.
In ogni caso è essenziale valutare periodicamente i vostri progressi per sapere a che punto siete e come potete sviluppare la vostra carriera.

3) Concedete la vostra dedizione in modo appropriato: la dedizione a un'organizzazione significa accettare di spendere il vostro tempo al suo servizio. La vostra dedizione è, perciò, una risorsa e dovrete usarla in modo che vi apporti il massimo beneficio. E' necessario trovare un equilibrio fra le vostre esigenze, quelle del lavoro e quelle della famiglia. Gestire al meglio il proprio tempo è probabilmente il modo migliore per raggiungere un equilibrio fra tali contrastanti esigenze.
I cambiamenti intercorsi negli ultimi anni (più ore di straordinario e più tempo per coprire la distanza casa-lavoro) fanno pendere la bilancia della dedizione a favore della vostra azienda

4) Abbiate aspettative realistiche sulle organizzazioni: modificate le priorità, i vostri impegni e il vostro livello di dedizione conformemente ai vostri principi e alla vostra filosofia di vita.
Avere più tempo a vostra disposizione vi consentirà di fare un bilancio accurato delle vostre competenze e di investire le vostre ore in un progetto di educazione permanente.
Se rivalutate periodicamente le vostre opportunità di carriera dovreste essere in grado di superare meglio eventuali incidenti di percorso come la crisi che c'è in atto in questo momento

5) Sviluppate le vostre capacità di negoziatori: oggi tutti i dipendenti hanno la necessità di sviluppare le loro abilità come negoziatori per ottenere, ad esempio, la migliore remunerazione possibile o per respingere pretese irragionevoli da parte dell'azienda.

Cosa ne pensate? Quali consigli seguite regolarmente? Quali vi sembrano più difficili da attuare?

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martedì 18 maggio 2010

Quando occorre formalizzare?

Uno dei modi per ridurre l'influenza delle cause che ispirano un difetto (estendendo il concetto a tutte le attività), è quello di formalizzare  tutti quegli aspetti che hanno un'importanza fondamentale per l'ottenimento del risultato.

Un aspetto formalizzato non vuol dire necessariamente "scritto", vuole invece significare una qualifica non necessariamente formale, una codifica di un metodo, un addestramento a svolgere una certa attività, una predisposizione a metodi che non permettano deviazioni.

Anche per attività non strettamente produttive non è sempre necessario scrivere procedure e/o istruzioni per formalizzare una modalità gestionale. Basti pensare ad un sistema di progettazione automatizzato che non permette al progettista di deviare (naturalmente da un punto di vista gestionale).
Ma anche senza ricorrere ad alta automazione si può riflettere sul fatto che un nuovo progettista inserito in un team che ha codificato strumenti, modulistica, riferimenti tecnici, standard, non ha bisogno di una procedura che gli spieghi il modo di comportarsi perché con una breve permanenza nello staff acquista confidenza con le metodologie.
Diverso è il caso di un progettista inserito in un ambiente privo della suddetta codificazione, perché si trova libero, con la sua preparazione professionale, ad impostare il proprio lavoro per cui una procedura che gli indichi quali sono i contenuti che ci si aspetta di trovare nei suoi documenti, i principi a cui deve ispirarsi per creare i suoi standard può essere necessaria.

Quali sono le attività che non avete formalizzato in maniera tradizionale all'interno delle vostre aziende?

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lunedì 17 maggio 2010

Gestire il cambiamento

Gestire il cambiamento non è sempre facile. Leggete questa storia e traetene le vostre conclusioni.

Un'azienda manufatturiera che aveva costi elevati di mano d'opera decise di trasformarsi, per la produzione del suo prodotto, in assemblatore (trend ormai assai diffuso nell'industria italiana) e pensò di farlo soltanto acquistando all'esterno i componenti che prima produceva.

Scoprì immediatamente un notevole calo delle caratteristiche tecniche del prodotto perché non aveva provveduto ad adattare la propria struttura alla nuova realtà industriale.

Non bastò, dunque, trasferire al fornitore la documentazione che girava in officina perché si sarebbero dovute emettere accurate specifiche che definissero esattamente il componente.

Il fornitore acquistò un'altra identità, non più fornitore di materie base ma trasformatore delle stesse. Il Sistema Qualità dell'azienda perse le sue caratteristiche intrinseche legate al sistema produttivo originario tipiche di un fabbricante per acquisire quelle tipiche di un assemblatore che è significativamente infleunzato dai SGQ dei suoi fornitori.

In particolare, si comprese col tempo che era necessario predisporre tutta una serie di specifiche qualitativerendendole impegno contrattuale per i fornitori e, contemporanemanete, aumentare le dimensioni del parco fornitori, predispondendo gli strumenti di qualifica degli stessi e di controllo sul mantenimento della qualifica.

Apparentemente, queste erano tutte attività già svolte nella realtà industriale precedente ma che erano svolte nell'ottica della possibilità di intervento con i mezzi produttivi aziendali (rilavorazioni, scorte, nuovi controlli, ecc.) e che, nella seconda realtà produttiva, non sarebbero dovute esistere più.

La nuova realtà era di fatto completamente cambiata e il Sistema di Gestione per la Qualità doveva essere necessariamente diverso. Il fornitore doveva essere visto come un partner, cioè come un cooperatore strettamente interessato al buon fine dell'impresa.
Se variare le carte fu semplice, così come aggiornare le procedure, non fu affatto facile comprendere proprio questo aspetto del rapporto nelle forniture.

Un bel salto culturale come potete vedere! Cosa avrebbe dovuto fare l'azienda, dal punto di vista della Qualità, prima di intraprendere il nuovo business?

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giovedì 13 maggio 2010

La certificazione

La certificazione è certamente uno degli aspetti della Qualità che, nel bene e nel male, tutti conoscono, seppure sommariamente, dal comune cittadino ad ogni imprenditore o manager di ogni azienda pubblica o privata.

Nel bene perché la certificazione e il modello ISO di riferimento, sono un importante veicolo di diffusione della cultura della conformità attraverso prescrizioni dell'assicurazione-garanzia-gestione della Qualità del Sistema e/o del prodotto.

Nel male perché essere conformi non significa essere competitivi ed, anzi, può talvolta costituire un obiettivo, oltre che limitato, illusorio quando non fallace.


La richiesta, da parte del cliente-acquirente, di un eventuale ente di controllo e più in generale del mercato, di essere garantito, assicurato sia a livello di prodotto che di sistema della conformità ai requisiti stabiliti, potrebbe essere soddisfatta dall'azione di controllo effettuata da un organismo indipendente (cosiddetto "terzo"), purché (questo è il tasto dolente) questi effettui una reale e sostanziale azione di verifica della confomità certificata.

In caso contrario tanto vale, almeno per chi ne ha la possibilità, effettuare direttamente l'azione di verifica (ed è questo che avviene in molti casi) con tanti saluti ad un vero libero mercato garantista.

Cosa ne pensate?

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mercoledì 12 maggio 2010

Che cos'è il management?

Si sente spesso parlare di "management" e, nel nostro lavoro di professionisti della Qualità, di "quality management".

Ma che cos'è esattamente il management? Qualcosa che si basa su "trucchi" e conoscenze specifiche? Un insieme di strumenti analitici insegnati in qualche business school?
Certamente tutto questo è importante, esattamente come un termometro o la conoscenza dell'anatomia sono fondamentali per un medico. L'evoluzione e la storia del management, però, così come il suo successo e i suoi problemi si basano tutti su pochi principi essenziali.

Proviamo a vederli insieme:

1) il management riguarda le persone. Il suo scopo è quello di rendere le risorse umane capaci di lavorare bene insieme, di tirare fuori i loro punti di forza e di eliminare i punti di debolezza. Gestire un'organizzazione significa proprio questo, ecco perché il management è un fattore critico e determinate nell'attività di un'azienda

2) dato che il management ha a che fare con l'integrazione delle persone all'interno di una struttura, possiamo comprendere come abbia un nesso profondo con la cultura. Ciò che fanno i manager in Germania, in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Giappone o in Brasile è decisamente simile ma come viene fatto è, spesso, molto differente perché si basa sulla tradizione, sulla storia e sulla cultura del Paese di appartenenza del manager.
Uno dei grandi successi della gestione giapponese, infatti, risiede proprio nell'aver saputo calare nella propria realtà concetti e principi tipici di altre culture, soprattutto di quella americana, e di averli saputi far crescere adattandoli alla mentalità orientale

3) ogni azienda deve impegnarsi nella sua totalità a raggiungere gli obiettivi stabiliti per il raggiungimento o per il mantenimento del suo successo. Un'organizzazione, dunque, deve avere obiettivi semplici, chiari e capaci di unire tutte le persone in un'unica grande condivisione di ciò che si vuole fare. Il lavoro principale di chi si occupa di management è pensare, fissare ed esemplificare questi obiettivi perché siano chiari a tutti ed utili alla crescita dell'organizzazione

4) "management" significa anche fare in modo che l'impresa e ciascuno dei suoi membri possa crescere professionalmente, adattandosi ai cambiamenti che si rincorrono nell'ambiente interno ed esterno

5) ogni organizzazione è composta da persone che hanno diverse capacità, competenze, conoscenze ed esperienze che fanno lavori completamente diversi una dall'altra. Ognuno di questi individui, però, ha bisogno di poter pensare alla propria organizzazione come ad un'unica entità che si muove nella direzione stabilita dal management e di potersi percepire all'interno di questo disegno generale

Vi vengono in mente altri principi cardine della "gestione"?


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martedì 11 maggio 2010

L'analisi dei bisogni per la formazione

L'analisi dei bisogni per un intervento formativo consiste nella raccolta di informazioni finalizzate all'individuazione di esigenze che riguardano sia l'organizzazione nel suo complesso, sia i singoli individui.

Gli strumenti che vengono utilizzati a questo fine sono:

1) l'osservazione diretta che consiste in un'indagine sul campo delle esigenze di formazione e consente di rilevare in maniera oggettiva ed immediata gli interventi formativi necessari alla creazione o al potenziamento di certe abilità e capacità, coerentemente con gli obiettivi e le strategie aziendali.
Il problema maggiore nell'utilizzo di questo strumento è quello di assicurarne la massima obiettività

2) l'intervista che è uno strumento che implica un'esplicita collaborazione tra il ricercatore e l'interlocutore dell'indagine stessa; esso permette di acquisire una grande quantità di dati e di approfondirne alcuni. L'intervista di gruppo porta alla conoscenza di elementi psicologici individuali, sociali e collettivi

3) il questionario, che è certamente lo strumento più versatile nella raccolta di informazioni e nella loro standardizzazione, consiste, invece, in una serie prestabilita di domande strutturate in modo tale da poterle confrontare con quelle di altri individui dell'organizzazione

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lunedì 10 maggio 2010

Il lead time

Il "lead time" di un processo è l'intervallo di tempo che intercorre tra l'evento che avvia il processo fino al completamento del processo stesso.

Può corrispondere a:

- il tempo di attraversamento di una fase di un processo produttivo

- l'intervallo di tempo che intercorre dal momento in cui sono disponibili i materiali e i componenti a quando è disponibile il componente/prodotto in output

In poche parole, il lead time può essere definito come il tempo necessario per lo svolgimento di una determinata attività. Nel contesto produttivo, viene definito come il tempo impiegato dai materiali ad attraversare una determinata fase del processo produttivo.

Viene, pertanto, misurato come intervallo di tempo che intercorre dal momento in cui l'attività di produzione è nella condizione di essere svolta perché i materiali sono disponibili, al momento in cui è disponibile l'output del processo produttivo.

Due sono le attività principali per le quali vengono solitamente calcolati i lead time:

- la fase di approvvigionamento
- la fase di produzione

Nel primo caso il lead time è inteso come il tempo che intercorre tra l'istante in cui si manifesta con certezza il fabbisogno di materie prime e componenti e l'istante al quale i materiali ordinati sono disponibili nel magazzino dell'azienda.

Nel secondo caso il lead time è il periodo di tempo che intercorre tra l'istante in cui i materiali per la produzione sono disponibili a magazzino e l'istante in cui il prodotto finito è disponibiloe per il cliente

Il lead time di un processo è direttamente proporzionale al WIP (Work in Process), cioè alle unità da processare che si trovano all'interno del processo

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venerdì 7 maggio 2010

Differenze tra il miglioramento incrementale e il BPR (2)

I due approcci che abbiamo esaminato ieri, il miglioramento continuo e il Business Process Reengineering, non si escludono a vicenda, anzi, dopo un intervento di BPR, si deve continuare a lavorare sul processo in un'ottica di miglioramento continuo.

E' invece probabile che, se su un processo sono stati realizzati soltanto interventi di miglioramento, ad un certo punto ci si renda conto che per aumentarne ulteriormente efficacia ed efficienza sia necessario riprogettarlo.

Alla base della scelta di intraprendere l'una o l'altra strada sta comunque la logica strategico-organizzativa aziendale che, nel caso del miglioramento continuo, è orientata a non mettere in discussione la suddivisione del lavoro per funzioni, reputata ottimale per il perseguimento degli obiettivi, pur puntando l'attenzione sui processi.
Ogni processo viene visto  come insieme di attività attribuite a funzioni diverse, per cui la sua gestione viene effettuata senza intaccare la struttura organizzativa esistente ma cercando, ad esempio, di migliorare i meccanismi di integrazione tra funzioni e comunque senza pensare a nuovi metodi di lavoro.

La logica strategico-organizzativa che sta alla base del BPR, invece, è in pratica opposta alla precedente in quanto disponibile a rivedere l'intero sistema aziendale, compresa la sua struttura.
La riprogettazione dei processi aziendali diventa lo spunto per ricercare nuovi vantaggi competitivi e per proporsi sul mercato con l'intenzione di anticipare i cambiamenti e non di subirli.

Nel primo caso si evidenzia una logica decisionale basata sull'approccio per piccoli passi, mentre nel secondo l'approccio diventa decisamente più creativo e rivoluzionario.

Prima di scegliere se intraprendere un progetto di reeingineering o se limitarsi ad interventi di miglioramento sui processi, un'azienda deve prendere in considerazione anche tutta una serie di fattori che possono condizionare il suo comportamento.

In primo luogo l'Alta Direzione deve valutare le condizioni economico-finanziarie dell'azienda, in quanto occorre sincerarsi della disponibilità delle risorse necessarie per l'effettuazione dell'intervento: tale valutazione deve essere completata con quella della situazione competitiva dell'azienda, dalla quale emerge il posizionamento dell'azienda nei confronti dei propri concorrenti.

La scelta di intraprendere un progetto di reengineering potrebbe derivare tanto dalla necessità di recuperare un forte svantaggio nei confronti della concorrenza, quanto dalla volontà da parte di un'azienda leader di distaccarsi ulteriormente dalle concorrenti.

Chi di voi ha avviato progetti di BPR? Ce ne parlate?

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giovedì 6 maggio 2010

Differenze tra il miglioramento incrementale e il BPR

Le caratteristiche dei due approcci, quello del miglioramento incrementale e quello del Business Process Reengineering, sono le seguenti:

1) un'azione di miglioramento può apportare un livello di cambiamento di tipo incrementale, mentre con un'azione di BPR si ottiene un cambiamento radicale

2) nel miglioramento si assume come punto di partenza il processo esistente, mentre con il reengineering si prende in considerazione anche l'ipotesi di una riprogettazione dell'intera sequenza di attività, che non tenga conto dei vincoli derivanti dagli attuali metodi, dalle risorse disponibili e dalle strutture organizzative adottate

3) il miglioramento apporta cambiamenti con frequenza continua, mentre il reengineering avviene in un'unica soluzione, richiedendo tuttavia tempi molto più lunghi rispetto agli interventi di miglioramento

4) il miglioramento ha, di solito, anche una portata più limitata, il che significa che generalmente interviene all'interno di una sola funzione, mentre i progetti di BPR sono più ampi e coinvolgono più funzioni

E' chiaro che il BPR è di per sé molto più rischioso che non un semplice intervento di miglioramento.

Domani vedremo come affrontare ed, eventualmente, far convivere i due approcci.

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martedì 4 maggio 2010

Il leader secondo Ishikawa

Ecco l'idea di leader di Kaoru Ishikawa, uno dei "guru" della Qualità.


Una persona vale per quanto sa gestire i propri subordinati e per la fiducia che riscuote dai propri superiori.


Un capo deve:


1) puntare ad essere una persona la cui presenza fisica in azienda non sia indispensabile, mentre lo devono essere le sue capacità


2) favorire la crescita professionale dei propri dipendenti, attraverso un'azione di addestramento continuo ("on the job")


3) ottenere la necessaria fiducia che consenta di delegare progressivamente molte funzioni (autonomia e spontaneità)


4) creare un'atmosfera dove non sia necessario attendere ordini per eseguire un'attività (non guardare il capo per eseguire un lavoro)


5) potere esprimere al superiore la propria opinione a prescindere dal gradino gerarchico in cui si trova


6) agire in modo da rendere il posto di lavoro capace di produrre dati e fatti "corretti"

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