mercoledì 31 luglio 2013

I soldi non sono tutto

Alla conferenza mondiale di ASQ che si è tenuta ad Indianapolis si è parlato anche di motivazione, cioè di ciò che spinge le persone a fare del loro meglio.
Probabilmente sarete stupiti per le conclusioni alle quali è arrivata l'assemblea ma sembra che questa "molla" non sia costituita (solo) dai soldi.

In realtà, i soldi funzionano ancora molto bene come motivatori se i compiti richiesti ai collaboratori prevedono competenze operative ma uno studio recente ha puntato il dito sul fatto che non bastino più per motivare chi sviluppa le proprie competenze in base alle conoscenze acquisite perché, in questo caso, assistiamo sbalorditi al fatto che i risultati addirittura diminuiscano mano a mano che lo stipendio aumenta!

Per riprendervi dallo stupore vi basterà ricordare che già W. Edwards Deming affrontò l'argomento arrivando alle stesse conclusioni e, cioè, che usare il denaro per motivare le persone non fa altro che far perdere loro di vista le reali motivazioni professionali.

La cosa importante però, come si è sottolineato anche durante la conferenza, è pagare le persone abbastanza perché i soldi non costituiscano più un argomento di discussione ma ciò che i manager devono riuscire a tirar fuori dai loro uomini è il coinvolgimento in ciò che fanno.

Per creare interesse nei lavoratori, alla conferenza sono stati citati due esempi di aziende illuminate:
  1. Facebook, ad esempio, permette ai suoi uomini di scegliere il team nel quale lavorare
  2. FedEx offre, invece, ai suoi impiegati la possibilità di concentrarsi professionalmente su ciò che preferiscono per una piccola parte della loro settimana lavorativa
Ma qual è il vero motivatore, allora? Uno soltanto: fare progressi ogni giorno e lavorare su qualcosa che abbia per noi un certo significato.

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martedì 30 luglio 2013

Cosa fare se la persona auditata rifiuta le NC segnalate? (2)

Completiamo la lista delle motivazioni che possono portare alla mancata accettazione, da parte della persona auditata, delle non conformità evidenziate. Ricordo che il testo si ispira ad una lettera tratta da: "Quality Progress".

La NC sembra più un'opinione che un fatto
Non fornire le necessarie evidenze della problematica riscontrata e i relativi riferimenti può portare alla non accettazione della non conformità.

La NC è, in realtà, un'opportunità per migliorare
Utilizzare male i termini relativi ad una verifica ispettiva può portare all'insorgere di problemi come questo visto che, a volte, gli auditor identificano come non conformità un semplice suggerimento per impostare un miglioramento.

La stessa NC viene duplicata
Se - ad esempio - l'auditor riscontra un problema di mancanza di documentazione, è decisamente inutile che scriva un rilievo per ogni contesto in cui la rileva a meno che la ripetizione non abbia effettivamente un senso. L'idea che potrebbe farsi la persona auditata, infatti, è che l'ispettore voglia solamente generare un gran numero di non conformità, non preoccupandosi di fornire reale valore aggiunto.

La NC sembra più un'opinione che un fatto
Non fornire le necessarie evidenze della problematica riscontrata e i relativi riferimenti può portare alla non accettazione della non conformità.
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lunedì 29 luglio 2013

Cosa fare se la persona auditata rifiuta le NC segnalate?

Sul numero di giugno di "Quality Progress" ho letto la lettera di un collega che chiedeva agli esperti della rivista come comportarsi nel caso in cui, durante la riunione di chiusura di un audit, la persona auditata rifiutasse di accettare il report delle non conformità segnalate durante la verifica ispettiva.

Il primo consiglio, naturalmente, è fare in modo che le singole non conformità vengano evidenziate e spiegate già durante l'audit, non appena se ne dovesse prendere coscienza, in modo da non farle risultare una sorpresa al momento della presentazione del report.
Questo modo di procedere, tra l'altro, permette alla persona auditata di capire bene la situazione ed, eventualmente, di spiegarsi meglio chiarendo la situazione e producendo le prove di ciò che afferma.

E' anche vero, però, che la non conformità può essere rifiutata per altri motivi e oggi e domani li vedremo insierme così come sono stati ricordati dagli esperti di "Quality Progress".

Il rilievo si riferisce ad un ambito esterno a quello specificato nell'audit
Può succedere, ad esempio, in un audit presso un fornitore quando il verificatore riscontra qualcosa che non va ma che va al di là di quanto pattuito e specificato nei requisiti contrattuali oppure quando, in una verifica interna, il problema evidenziato non ricade sotto la diretta responsabilità della persona auditata.

La non conformità prevede una soluzione che non fornisce valore aggiunto
Ad esempio, ricreare a posteriori moduli che non sono stati compilati precedentemente potrebbe essere semplicemente tempo perso. Ovviamente, però, dipende dalle singole situazioni.
Questo punto è interessante e mi piacerebbe sapere come lo affrontereste nella realtà.

La persona auditata non può prendersi la responsabilità di accettare le non conformità segnalate
Un collega giovane o che si trova molto in basso nella catena gerarchica dell'organizzazione potrebbe avere paura delle conseguenze che potrebbero insorgere accettando le non conformità segnalate durante l'audit.

La NC è scritta male, poco chiara e non specifica bene quale sia la problematica evidenziata
In questo caso è difficile che la persona auditata accetti una simile segnalazione perché, spesso, non riesce a coglierne l'essenza.

Domani completeremo la lista di situazioni che possono portare alla mancata accettazione di una non conformità segnalata in sede di audit. Nel frattempo, qualcuno di voi ha mai avuto uno dei problemi citati sopra? Se sì, come l'ha affrontato?

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venerdì 26 luglio 2013

Una riflessione su Adriano Olivetti

L'altro giorno ho letto su: "Il Fatto" un articolo che parlava di Adriano Olivetti. Mi è sembrato interessante ed è per questo che ve lo riporto.

Cosa ne pensate?

Ivrea, l'utopia di Adriano.

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giovedì 25 luglio 2013

Cambiare lavoro? (2)

Veniamo alla seconda parte dell'articolo tratto dalla rivista: "Donna moderna" che si chiede come pianificare un cambiamento di lavoro.

(...)

Preparati in 4 mosse

Analizza il mercato - Cerca delle opportunità nelle aree dove c'è più offerta, quindi calibra le tue competenze in quella direzione.

(...)

Arrivare in un posto nuovo con un'esperienza maggiore di quella richiesta ti darà subito una marcia in più.

Prenditi del tempo - Tieni conto che servono almeno due anni per pianificare un nuovo percorso professionale. Puoi sfruttare tutte le pause di lavoro per specializzarti nell'attività scelta ma anche per capire se la tua decisione è salda e non dettata soltanto dall'entusiasmo iniziale.

Fai chiarezza intorno a te - Elaborare una exit strategy mentre sei ancora nella vecchia azienda è un delicato esercizio di equilibrismo. Meglio chiarire le cose: in ogni posto di lavoro ci sono momenti di confronto con la Direzione. E' lì che bisogna manifestare, senza paure, se c'è qualcosa che non va, se non ci si sente valorizzati, se si vuole un aumento. Se il capo è sordo alle tue richieste non può certo stupirsi quando scopre che intendi lasciarlo.

Sfrutta al meglio le tue conoscenze -Affidati alla rete, non tanto virtuale quanto reale. Pesca nella memoria e nell'agenda tutti i contatti di pesone che hai incontrato nei tuoi percorsi formativi e lavorativi, che hanno un bel ricordo di te e possono aiutarti. Chiamale. Due terzi delle persone che ancora adesso riescono a trovare lavoro lo fanno grazie al network, non alle agenzie di collocamento. 

(...)

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mercoledì 24 luglio 2013

Cambiare lavoro?

Tra le mie letture estive mi è capitato in mano anche un articolo tratto da "Donna moderna" che ha per tema il lavoro e, in particolare, il desiderio di cambiarlo.

Vi riporto gli stralci più interessanti:

(...)

Il problema è proprio in ufficio?
"Circa metà delle persone che si rivolgono a me per cambiare posto, poi tornano felici al lavoro di sempre", spiega l'esperta. "In azienda trascorriamo più di metà della nostra vita, è facile darle la colpa di malesseri che in realtà nascono a casa, in famiglia o dentro noi stessi".
C'è spazio per il miglioramento?
Riordina le idee: comincia con una lista di pro e di contro, mettendo per iscritto quello che non ami del tuo attuale lavoro e quello che vorresti avere in un nuovo ipotetico impiego. Questa analisi ti renderà subito chiaro, sul piano razionale, se la situazione è davvero irrimediabile oppure se puoi migliorare quello che non va nel posto dove sei, impedendoti così di fare un passo falso.
Stai crescendo professionalmente?
Sei convinto di essere nel settore che risponde alle tue attitudini e ai tuoi desideri, ma non stai imparando nulla e i risultati non ti soddisfano. "Forse, allora, il problema è il contesto in cui ti senti stretto", dice l'esperta. L'ideale è provare a chiedere di essere maggiormente valorizzato. O cercare un lavoro in un'azienda simile, dove però puoi dare il meglio di te.
Sogni un'attività diversa?
Se il malessere, però, è più profondo, guarda le cose da altre prospettive temporali. "Torna indietro a quando avevi 18 anni e immagina cosa ti sarebbe piaciuto fare al netto di tutti i condizionamenti familiari e sociali. Poi proiettati tra cinque anni e immagina cosa e dove vorresti essere. Il bilancio di questo esercizio ti darà la risposta. E l'anno di aspettativa, se previsto dalla tua azienda, può aiutarti a sperimentare anche nuovi filoni professionali".
Hai già cambiato però non ha funzionato?
Molti lasciano il vecchio lavoro per uno nuovo, ma si portano dietro lo stesso malessere. Il motivo? Hanno spesso problemi con l'autorità perché nel loro dna c'è invece uno spirito da imprenditori. In questo caso, il consiglio è pensare a una propria impresa, anche micro, anziché emigrare da una scrivania di un'azienda a quella di un'altra.

(...)


Domani vedremo insieme come prepararsi in 4 mosse a cambiare lavoro. Non mancate!

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martedì 23 luglio 2013

Un quiz che ha per tema il management (2)

Quale, tra le seguenti trasformazioni, richiede un utilizzo maggiore di attrezzature:
  • processo focalizzato sul processo
  • processo ripetitivo
  • processo focalizzato sul prodotto
  • processo specializzato
Quale di queste affermazioni è falsa se parliamo di un processo ripetitivo:
  • spesso per la sua gestione utilizza moduli
  • permette facilmente di passare dalla produzione di un prodotto a quella di un altro
  • un esempio classico sono le linee di assemblaggio
  • ha una struttura che permette minore flessibilità rispetto a un processo non ripetitivo
Quale, tra le seguenti caratteristiche, descrive meglio il focus sul processo:
  • minori volumi, grande varietà di prodotto
  • i beni vengono prodotti secondo la logica "made to order"
  • i processi sono progettati per svolgere al meglio una grande varietà di attività
  • tutte le risposte riportate sopra sono vere
La process reengineering:
  • è un ripensamento radicale che porta alla completa riprogettazione del processo
  • cerca di portare un miglioramento notevole nelle performance del processo
  • entrambe le cose
Che cosa è vero se parliamo di "flessibilità":
  • consiste nella capacità di cambiare facilmente il tasso di produttività con piccole ripercussioni in termini di tempo, costi e valore per il cliente
  • si basa su attrezzature di tipo modulare e facilmente riallocabili
  • tutte le affermazioni riportate sopra

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lunedì 22 luglio 2013

Un quiz che ha per tema il management

La strategia di un'organizzazione:
  • probabilmente avrà un impatto di lungo termine su efficienza e produttività
  • deve soddisfare parecchi vincoli. Uno di questi vincoli potrebbe essere, ad esempio quello dei costi
  • può riguardare come le risorse si trasformano in beni e servizi
  • sono vere tutte le risposte date sopra
Assumere una persona è un esempio di:
  • processo ripetitivo
  • processo continuo
  • processo di tipo intermittente
  • processo specializzato
Individuate il gruppo di tipologie di strategia legate al processo:
  • beni, servizi e ibridi
  • manuale o automatizzato
  • attenzione al processo, attenzione al prodotto
  • modulare o continuo
Un processo che si focalizza sul prodotto viene comunemente utilizzato per produrre:
  • un grande volume di prodotti estremamente differenziati tra loro
  • un basso volume di prodotti estremamente differenziati tra loro
  • un basso volume di prodotti poco differenziati tra loro
  • prodotti a bassa variabilità sia in grande volume, sia in piccola quantità
Una linea di assemblaggio è un esempio di:
  • processo focalizzato sul prodotto
  • processo personalizzato
  • processo ripetitivo
  • processo specializzato
Forza, chi si cimenta per primo?
 
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venerdì 19 luglio 2013

Decidere

Le decisioni vengono prese dalle persone che hanno l'autorità per poterlo fare e la responsabilità di doverlo fare.

Molte decisioni coinvolgono gli stakeholder, ovvero persone e organizzazioni che possono subire le conseguenze della decisione presa.
Per questo motivo alcune decisioni possono essere più facili da prendere di altre, semplicemente perché coinvolgono meno stakeholder, i valori alla base della decisione da prendere sono ben chiari e le alternative identificate con chiarezza. Altre volte, invece, i portatori di interesse sono molti e i reciproci obiettivi possono essere conflittuali.

Perché un processo decisionale sia efficace occorre che:
  • sia in grado di far comprendere a fondo la sfida rappresentata dalla decisione stessa
  • si possa basare sulle conoscenze dei fondamenti matematici dell'analisi decisionale
  • contempli le soft skill necessarie per relazionarsi con chi prende le decisioni e con gli stakeholder. Tra queste ricordiamo: la capacità di pensare in modo strategico (in merito all'organizzazione, alla problematica, al ruolo che l'analisi decisionale ricopre nel raggiungimento di una certa strategia, ecc.), la bravura nel guidare il team (capacità di sviluppare obiettivi, di motivare le persone per raggiungerli, ecc.), la gestione del processo di analisi decisionale (sviluppo di piani per l'analisi, identificazione e pianificazione delle singole attività, gestione delle singole attività, ecc)
  • comprenda la problematica, stabilisca un approccio, identifichi le fonti dei dati necessari
  • ipotizzi come affrontare le persone interessate
  • aggreghi le informazioni raccolte
  • porti a prendere una decisione
  • studi come comunicare la decisione presa
  • sostenga la decisione

Aggiungereste o cambiereste qualcosa?

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giovedì 18 luglio 2013

Cosa si aspetta da voi il vostro nuovo capo?


Sia che stiate iniziando la vostra carriera perché molto giovani oppure abbiate appena cambiato lavoro, la sfida è sempre la stessa: convincere il vostro capo che avete le competenze e la volontà necessarie per assumervi le responsabilità che vi sono state affidate.

Il modo migliore di procedere è quello di assicurarsi di aver capito bene cosa ci si aspetti da voi chiedendolo dettagliatamente. La domanda da fare, dunque, potrebbe essere: "cosa dovrebbe capitare entro un anno per farle capire che io sono la persona giusta per questa posizione?"
Una domanda come questa vi aiuterà anche a focalizzarvi esattamente su ciò che l'organizzazione si aspetta da voi e a chiarire - da parte di entrambi - gli obiettivi stabiliti che, purtroppo, spesso non vengono condivisi nella maniera corretta.

Scendendo più nello specifico, potreste chiedere quali siano le tre priorità identificate dal vostro capo sulle quali occorrerà concentrarsi.

Informarsi sulle aspettative del vostro capo vi permetterà, inoltre, di dimostrare che:
  1. avete un grande interesse per il nuovo lavoro che andrete a svolgere
  2. volete capire a fondo ciò che vi si richiede
  3. avete esattamente ciò che serve per svolgere al meglio i compiti che vi verranno affidati
  4. lavorerete in maniera assertiva
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mercoledì 17 luglio 2013

Quali sono i compiti dei diversi manager?

I manager che possiamo identificare nella maggioranza delle nostre organizzazioni appartengono a quattro livelli differenti:
  1. direzione - top management
  2. middle manager (responsabili delle direzioni intermedie, di tipo funzionale o divisionale)
  3. supervisori - manager di prima linea
  4. team leader
In questa classificazione, mano a mano che si sale dalla quarta alla prima posizione, diminuisce l'operatività legata al mero controllo e aumentano le attività di definizione delle strategie e pianificazione


Le responsabilità che caratterizzano ognuna di queste posizioni sono, dunque, le seguenti:
  1. direzione: definizione delle strategie principali, sostegno del cambiamento, impegno personale e di ogni singolo lavoratore, creazione della cultura dell'organizzazione, creazione dell'ambiente di lavoro adatto
  2. middle manager: definizione degli obiettivi, definizione delle risorse, coordinamento, garante delle performance legate all'area specifica di competenza, definizione e implementazione delle strategie legate all'area di competenza
  3. supervisori: supervisione del personale di competenza, formazione, pianificazione
  4. team leader: gestione delle relazioni interne ed esterne al gruppo
Abbiamo dimenticato qualcosa? Cosa aggiungereste in ogni gruppo?

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martedì 16 luglio 2013

Influenzare gli altri (4)

Per influenzare gli altri, il passo successivo a quelli che abbiamo visto ieri è identificare ciò che costituisce valore per noi e per le persone che vogliamo influenzare.
Si può trattare, ad esempio, del prestigio, dello stipendio, del fatto di piacere agli altri, ecc. Più cose riusciremo a identificare e maggiore sarà la nostra possibilità di proporre uno scambio proficuo per entrambe le parti.

Fatto tutto questo, dovremo imparare a concentrare le nostre risorse proprio su ciò che genera valore per noi e per le persone che desideriamo influenzare.
Non date per scontato che non ci sia nulla che possiate fare che abbia un qualche interesse per la controprarte, concentratevi su ciò che potete fare.

Tutto questo, però non servirà a nulla se non vi impegnerete nelle relazioni con gli altri.
Cercate di capire se la vostra relazione attuale con la persona che volete influenzare è:
- positiva
- negativa
- neutra
e che tipo di rapporto l'altro vuole avere con voi.
Nel caso in cui l'attuale rapporto sia negativo, avrete la necessità di costruire da capo fiducia e credibilità, procedendo con grande cautela.

Preparare lo scambio sarà lo step finale che dovrebbe coronare tutti gli sforzi descritti fino ad ora.
Una volta determinato ciò che può essere scambiato, infatti, sarete pronti ad offrirlo in cambio di ciò che desiderate. L'approccio che dovrete avere sarà forgiato in base a:
  • quanto sono attraenti le cose che proponete
  • il bisogno che ne hanno le persone che desiderate influenzare
  • il vostro desiderio per ciò che queste persone hanno e potrebbero darvi
  • lo stile che sarete riusciti a dare alla vostra relazione con queste persone
  • la vostra volontà di ottenere ciò che desiderate

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lunedì 15 luglio 2013

Influenzare gli altri (3)

Cercare di influenzare qualcuno che non ha nessuna voglia di collaborare è una sfida che può essere affrontata nel migliore dei modi semplicemente provando a considerarlo come un potenziale alleato invece che come un nemico da combattere.
Concentratevi su come potreste stabilire una sorta di alleanza con questa persona, puntando su eventuali interessi comuni.

Il secondo passo è quello di chiarire al meglio obiettivi e priorità perché sapere esattamente cosa si vuole da un potenziale alleato non è sempre così semplice. Occorre, infatti, considerare:
  • quali siano gli obiettivi primari e quelli secondari
  • chiarire se questi obiettivi siano di breve o di lungo termine
  • chiarire se questi obiettivi siano dei "must-have" oppure possano essere in qualche modo negoziati
  • decidere se la priorità sia quella di ottenere qualcosa o semplicemente di migliorare la relazione con la persona
Il terzo step è quello di studiare il mondo del vostro potenziale alleato perché le forze che lo regolano hanno un ruolo enorme nel forgiare ciò che è davvero importante per lui.
Sapere come viene valutato il suo operato, cosa si aspetta da lui il suo capo, quali siano gli sviluppi di carriera attesi aiuta a comprendere meglio cosa una persona desideri davvero in cambio di ciò che potrebbe decidere di darci.
Nei prossimi giorni eamineremo insieme tutti gli altri step, non mancate!

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venerdì 12 luglio 2013

Influenzare gli altri: la legge della reciprocità (2)

Le persone, generalmente, si aspettano che coloro che hanno aiutato, presto o tardi, restituiscano il favore. Questo principio di reciprocità è quello che viene spesso sfruttato anche all'interno delle organizzazioni per far sì che le persone accettino di collaborare pure in situazioni difficili.

E' un po' il principio che viene adottato dalle guardie all'interno delle prigioni: controllare i prigionieri solamente attraverso minacce e punizioni sarebbe impensabile, mentre le cose sembrano funzionare decisamente meglio quando chi controlla accetta di compiere qualche piccolo favore nei confronti di chi è controllato per ottenerne la collaborazione.
Nei nostri ambienti di lavoro le cose non cambiano e questa sorta di dare e avere finisce per essere utile a tutti: a chi ha bisogno di collaborazione (le guardie o coloro che necessitano di aiuto) e a chi può ottenere in cambio dei piccoli favori (i prigionieri o i colleghi che vorremmo ci aiutassero).

Possiamo provare ad influenzare gli altri in moltissimi modi, ad esempio:
  • persuadendoli
  • ispirandoli
  • consultandoli
  • ingraziandoceli
  • affascinandoli
  • facendoli entrare nel nostro gruppo
  • sottoponendoli a pressioni costanti
ma in ognuno di questi casi sarà fondamentale non dimenticare mai che dovremo fare qualcosa in cambio di ciò che stiamo chiedendo.
Ad esempio, riusciamo a persuadere qualcuno perché questi riesce ad intravedere il vantaggio che un possibile accordo potrebbe portargli, lo ispiriamo perché si sente parte della causa che porterà qualcosa di buono a tutti (compreso lui), ecc.

Nei prossimi giorni approfondiremo questo argomento, spiegandovi come influenzare gli altri. Non mancate!

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giovedì 11 luglio 2013

Influenzare gli altri

La maggioranza delle volte, ci basta chiedere ciò che ci serve perché gli altri ce lo diano senza grandi problemi ma - a volte - occorre lavorarci un po' su.

Forse nessuno di voi ci ha mai pensato, ma istintivamente sappiamo bene che - quando qualcuno ci aiuta - presto o tardi dovremo dargli qualcosa in cambio. Questa sorta di dare e avere, lo scambio, è una parte fondamentale di tutte le relazioni professionali ma, sebbene questo concetto sia ben chiaro a tutti, il processo che sta alla base dello scambio sfugge ai più.

Quando abbiamo una buona relazione con qualcuno oppure quando esercitiamo su di lui una certa autorità, non dobbiamo preoccuparci più di tanto di pianificare nel dettaglio il nostro approccio ma se queste non sono le nostre basi di partenza, occorre sondare bene gli interessi della controparte per provare ad influenzarla nella maniera corretta.

Tutto questo è ancora più vero quando si verifica una di queste situazionI:
  1. la persona alla quale ci stiamo rivolgendo mostra delle resistenze nei nostri confronti
  2. i suoi obiettivi ed interessi sono parecchio differenti dai nostri
  3. tra voi esiste una certa rivalità che sfocia nella gelosia
  4. non avete, in generale, buone relazioni con la persona alla quale vi state rivolgendo
E' anche vero, però, che non riuscire ad influenzare le persone dipende spesso solo da noi perché non capiamo cosa interessi davvero alla nostra controparte e, dunque, cosa potremmo offrirle in cambio di ciò che ci interessa. Altre volte siamo semplicemente disattenti e non raccogliamo le informazioni che potrebbero aiutarci a capire come entrare in contatto con la persona che dovrebbe aiutarci.
Spesso, inoltre, crediamo a torto che cercare di influenzare gli altri significhi provocare reazioni forti, rabbia o delusione, e rinunciamo ancora prima di aver tentato. Infine, molti non sono in grado di capire come ciò che desiderano possa avere una qualche utilità anche per chi dovrebbe aiutarli ad ottenerlo.

Come possiamo, dunque, migliorare la nostra capacità di influenzare il prossimo? La risposta breve è: cercando di influenzarlo. Per influenzarlo, però, occorre conoscere la base di tutte le relazioni umane: la legge della reciprocità di cui parleremo nei prossimi giorni.

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mercoledì 10 luglio 2013

Colloquio di lavoro: fare domande oppure no? (2)

L'obiettivo di qualunque esaminatore è quello di verificare se il candidato che sta sostenendo il colloquio:
  1. sia qualificato per affrontare le sfide rappresentate dalla posizione alla quale aspira
  2. abbia il carattere necessario per affrontarle
  3. possa lavorare bene all'interno dell'organizzazione
 Per preparare al meglio le domande da rivolgere durante il colloquio di lavoro, dunque, assicuratevi che soddisfino proprio questi tre punti.

Allo stesso modo, però, anche voi avete degli obiettivi da centrare durante il colloquio che, probabilmente, saranno:
  1. dimostrarvi la persona giusta per quel lavoro
  2. valutare la posizione offerta per assicurarvi che vada bene per le vostre esigenze
  3. fare in modo che l'intervistatore trovi interessante la vostra candidatura e decida di ammettervi alle fasi successive della selezione
Fare domande all'esaminatore, inoltre, vi metterà nella condizione di poter sfruttare il colloquio a vostro vantaggio anche quando è evidente che le cose non si stiano mettendo per il verso giusto. Chiedere, ad esempio, quale sia - a suo giudizio - il punto debole del vostro curriculum vi permetterà di ottenere un punto di vista professionale e completamente gratuito che vi consentirà, in futuro, di prepararlo meglio.

Per approfondire, vi segnalo queste due duscussioni, accessibili a tutti gli iscritti al nostro forum:


- le domande da rivolgere al colloquio
- le domande intelligenti del candidato

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martedì 9 luglio 2013

Colloquio di lavoro: fare domande oppure no?

 La maggioranza delle persone che arrivano a sostenere un colloquio di lavoro è convinta che sia buona educazione non fare domande all'esaminatore che, probabilmente, è già molto impegnato e non ha il tempo di ascoltare ma, a nostro giudizio, questa è una tattica che non paga.
Il curriculum che avete inviato all'esaminatore, infatti, vi ha aperto le porte del colloquio ma riuscire ad ottenere il lavoro dei vostri sogni dipende proiprio da comue vi comporterete durante lo stesso.

La famosa frase: "ha qualche domanda da farmi?" è, in realtà, l'inizio della seconda fase, quella più importante, che farà capire meglio all'esaminatore quale tipologia di candidato si trova davanti.
Non fare domande potrebbe indicare che il lavoro al quale dite di aspirare, in realtà, non vi interessa così tanto, oppure che non siete a vostro agio nel farvi valere perché timidi. Vi accorgete da soli che nessuna di queste prime impressioni lavora a vostro vantaggio.

Ovviamente neppure fare domande sciocche vi darà alcuna marcia in più, dunque conviene prepararsi bene prima della chiacchierata per dare l'impressione di essere interessati al lavoro e di rappresentare una risorsa potenzialmente utile all'organizzazione.

Proseguiremo il nostro discorso nei prossimi giorni, nel frattempo ci raccontate se viè già capitato che, durante un colloquio, vi venisse chiesto di fare domande, se avete trovato utile questa fase e come l'avete affrontata?

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lunedì 8 luglio 2013

Le 4 tipologie di fattori critici per il successo

Di fattori critici per il successo abbiamo parlato nell'articolo pubblicato oggi su QualitiAmo. Adesso vedremo insieme quali sono le quattro tipologie utilizzate solitamente per suddividerli.

I fattori critici per il successo legati al settore

I primi sono i fattori specifici di un particolare ramo del business o di un settore industriale specifico, ecc.

Alcuni esempi sono:
  • migliorare la retention dei clienti per arrivare al 95% 
  • rispondere al telefono entro il terzo squillo
  • far diminuire i costi legati alla mancanza di qualità del 10%
  • abbassare del 20% i tempi necessari per la spedizione dei prodotti
  • migliorare la soddisfazione dei clienti da "soddisfatti" a "molto soddisfatti"

I fattori critici per il successo legati alla strategia

Sono i fattori legati alla particolare strategia di un'organizzazione, pensata - ad esempio - per ottenere qualche vantaggio rispetto alla concorrenza.

Alcuni esempi possono essere:
  • certificarsi ISO 9001
  • migliorare la performance dei processi del 10%
  • vendere i prodotti più economici nel settore di riferimento
 I fattori critici per il successo legati all'ambiente

Questi sono i fattori esterni che influenzano direttamente la performance di un'organizzazione. Si parla, ad esempio, della tecnologia, dell'economia, della politica, ecc.

Entrando nello specifico:
  • migliorare la produzione del 50% grazie ai nuovi macchinari acquistati
  • abbattere il costo del capitale del 3%
 I fattori critici per il successo legati al momento

I fattori temporali sono quelli direttamente legati alle tempistiche per sfruttare, ad esempio, un momento particolare che potrebbe durare pochissimo tempo.

Anche in questo caso forniamo qualche esempio:
  • diminuire il tasso di assenteismo del 3% all'anno
  • diminuire il tasso di turnover dei collaboratori a meno del 5% all'anno
  • aumentare del 10% all'anno il numero dei processi che sono sotto completo controllo statistico

A voi vengono in mente altri esempi?

Un'organizzazione di successo, ovviamente, terrà ben presenti tutte queste quattro tipologie di CSF.
 
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venerdì 5 luglio 2013

La comunicazione del manager

Oggi vi proponiamo un brano tratto dal libro: "Marketing di se stessi" di Riccardo e Maria Ludovica Varvelli.

Di tutte le capacità di comportamento utili per svolgere bene un lavoro manageriale, la più indispensabile è la capacità di esprimersi e comunicare.

(...)

Il manager non è pagato per ciò che sa, ma per ciò che comunica di essere.
"Pago la capacità di trattare con la gente più di qualunque altra capacità al mondo", diceva D. Rockfeller, il fondatore della Standard Oil e Lee Iacocca, il celebre manager italo-americano che diresse con successo la Ford e la Chrysler, afferma che: "Per motivare le persone basta saper comunicare con loro".

La managerialità (l'etimo del termine è italiano: maneggiare = mettere le mani, collegare organizzare, coordinare risorse per produrre risultati, gestire realtà complesse verso obiettivi dichiarati) è mestiere di azione e di coordinamento di altri; la managerialità contemporanea è prima di tutto comunicazione di informazioni, cultura, conoscenza; ma soprattutto comunicazione come output: visibilità, autorevolezza, risultato, efficacia.

(...)

La comunicazione personale non riguarda soltanto il saper parlare ma ogni modo e mezzo di esprimere la propria personalità. Comunicare vuol quindi dire: parlare, spiegare, domandare, ripetere, commentare...e anche guardare, osservare, ascoltare, tacere, sorridere, ridere, evitare lo sguardo, sospirare, sbadigliare...e muovere le mani, il viso e il corpo in modo amichevole oppure ostile, aperto o diffidente, rapido o impacciato, curvo o diritto; e anche vestirsi con un certo stile piuttosto che un altro; e farsi vedere in certi luoghi, con certe persone, leggere certi libri, mangiare certi cibi, usare certe automobili piuttosto che altre e via dicendo. Tutto questo è comunicazione personale

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Cosa ne pensate? Fate un uso così spinto della comunicazione personale?

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giovedì 4 luglio 2013

Stabilire i livelli di stock come esempio di azione preventiva

Definire i livelli minimi e massimi di giacenza in magazzino per determinati prodotti è una vera e propria azione preventiva che spesso si trascura di formalizzare come tale.
Non la si inquadra come azione preventiva perché viene vista come facente parte del processo di pianificazione e, come tale, la si fa rientrare tra i compiti di routine del responsabile del Magazzino, del responsabile della Produzione o del responsabile Acquisti.

Anche il fatto che, una volta impostati i livelli minimi e massimi di stock, il sistema MRP si regolamenti da solo nell'avviare nuovi ordini di produzione o di acquisto con un intervento umano ridotto al minimo non aiuta certamente a far percepire tutto questo come un'azione preventiva.

Questa azione preventiva, però, è estremamente utile perché:
  • evita rotture di stock
  • previene eventuali ritardi nella consegna della merce
  • riduce il capitale immobilizzato nei magazzini
  • fa in modo che il materiale soggetto ad obsolescenza non venga approvvigionato in grandi quantità
  • evita problemi nella pianificazione della produzione
  • riduce l'utilizzo inefficiente degli spazi adibiti a magazzino
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mercoledì 3 luglio 2013

La revisione della documentazione come esempio di azione preventiva

Dopo quelli che abbiamo esaminato insieme nelle settimane passate, eccovi un nuovo esempio di azione preventiva che spesso non viene vissuta e formalizzata come tale: la revisione dei documenti di sistema.

Le organizzazioni spesso trascurano questa importantissima opportunità di formalizzare azioni preventive perché non tengono conto del fatto che i documenti che regolano i loro Sistemi Qualità (specifiche di prodotto, regolamenti, procedure, istruzioni di lavoro, moduli, manuali per la formazione, manuali di installazione, ecc.) vadano costantemente monitorati per vedere se occorra modificarli in seguito a mutate condizioni all'interno del sistema che essi dovrebbero descrivere fedelmente.

E' compito dei responsabili di processo aggiornare tempestivamente i documenti di loro competenza o, almeno, darne notifica a chi si occupa del loro aggiornamento eppure spesso questo passaggio viene completamente saltato perché c'è la fretta di implementare velocemente le modifiche e non si ritiene necessario aggiornare contestualmente i documenti che le riguardano.

Abituarsi, però, a includere come requisito nella vostra procedura di controllo dei documenti una supervisione della loro attualità (tra l'altro obbligatoria, almeno se parliamo di ISO 9001) aiuterebbe a mitigare il rischio di:
  • clienti che non ricevono prodotti conformi
  • proprietari di processo che ricevono istruzioni conflittuali in merito a come procedere
  • duplicazioni e ridondanze
  • violazioni di disposizioni di leggi, normative, ecc.
  • ricevimento di parti non conformi da parte dei fornitori
  • clienti che ricevono informazioni obsolete
Cosa ne pensate?

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martedì 2 luglio 2013

L'FMEA come esempio di manutenzione preventiva

L'FMEA, così come la conosciamo, non è altro che l'archetipo dell'azione preventiva.

Solitamente, viene associata allo sviluppo di un nuovo prodotto e a variazioni nella progettazione ma sappiamo che alcuni schemi di certificazione richiedono l'FMEA come uno step addirittura obbligatorio all'interno del piano di sviluppo della progettazione.

Per poter svolgere un'FMEA occorre farsi domande di questo genere:
  • "cosa potrebbe non funzionare relativamente a questo nuovo prodotto?"
  • "Come potrebbe accadere questo malfunzionamento?"
  • "Quali sarebbero i rischi se si verificasse il malfunzionamento?"
  • "Occorrono misure per limitare i rischi o per eliminarli completamente?"
  • "Quali sono altri problemi potenziali che potrebbero insorgere in caso di malfunzionamento?"
  • "Questi nuovi problemi potrebbero avere ricadute altrove?"
Come potete vedere, questo è lo schema dell'impostazione di una vera e propria azione preventiva che va al di là delle semplici specifiche di prodotto.

Chi tra voi è abituato ad utilizzare l'FMEA l'ha mai analizzata da questo punto di vista?

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lunedì 1 luglio 2013

Un quiz sulle 5S

Dato che i quiz sembrano piacervi, oggi vi sottoporremo qualche domanda che ha per tema la metodologia delle 5S.

Pronti?

A cosa si riferisce la terza S, "seiso"?
  1. Al fatto che tutti i macchinari presenti in reparto siano lucidi e puliti
  2. Ad un pavimento pulito
  3. Ad un ambiente di lavoro pulito e, soprattutto, dove la pulizia venga resa un compito semplice
Chi è responsabile delle 5S?
  1. La squadra che si occupa di pulizia e manutenzione
  2. Tutti gli operatori
  3. Chi pulisce, i singoli operatori, chi fa manutenzione, i manager, ecc.
La prima S riguarda?
  1. ordinare gli attrezzi e gli strumenti a seconda della loro grandezza
  2. avere a portata di mano solamente ciò che serve
  3. assicurarsi che ogni cosa abbia il suo posto
Perché applicare le 5S?
  1. Per avere un reparto più efficiente e sicuro
  2. Perché il capo ha deciso di applicarle
  3. Per essere certi che, in caso di visite esterne (clienti, auditor, ecc.) l'azienda appaia al suo meglio
Quale di queste descrizioni illustra meglio la funzione delle 5S?
  1. Niente fuori posto 
  2. Un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto, identificata e pronta all'uso
  3. Un posto per ogni cosa
Dove si applicano le 5S?
  1. In reparto
  2. Nei posti che tendono al disordine
  3. Ovunque: reparti, uffici, aree comuni, ecc.
Quando implementare le 5S?
  1. Ogni giorno come parte delle attività quotidiane
  2. Ogni volta che il personale ha il tempo per applicarlo
  3. A fine giornata prima della chiusura

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