venerdì 31 maggio 2013

Domanda...e risposta!

Oggi inauguriamo una serie di domande che prevedono le vostre risposte (ovviamente dopo attenta riflessione).



La prima è:

La ragione più importante per cui a volte gli obiettivi relativi alla sicurezza dei prodotti non vengono centrati è un impegno insufficiente nei confronti di queste tematiche.
E' vero o farlo? Perché?


Trovate la risposta a questo e ai prossimi quesiti sul forum di QualitiAmo ma, per leggerla, dovete essere iscritti. L'iscrizione è gratuita e si fa in pochi secondi. Vi aspettiamo!

 
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giovedì 30 maggio 2013

Definire e documentare un processo

Il primo passo per assicurare una buona performance a un nuovo processo è quello di definirlo in maniera precisa e completa in ogni suo più piccolo particolare. Tutte le condizioni rilevanti per il processo vanno documentate nel dettaglio, incluse ad esempio:
  • i materiali utilizzati
  • gli strumenti e i macchinari necessari
  • i settaggi
  • la verifica della taratura degli strumenti
  • la corretta sequenza delle singole attività
  • i parametri di processo
  • le competenze degli operatori
  • le metodologie
  • le condizioni ambientali
  • ecc.
La  documentazione del processo deve descrivere tutto ciò che lo riguarda a partire dagli input fino ad arrivare alle singole attività che producono gli output che vengono poi testati e valutati.
A questo proposito, ricordate che se il processo non viene ben definito e documentato a monte è poi impossibile valutarlo nei suoi output.

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mercoledì 29 maggio 2013

Le attività cognitive per risolvere i problemi (3)

Dai, continuiamo il nostro discorso:

    10) inferenza induttiva: da una serie di casi particolari si inferisce (n.d.r. ricava in maniera logica) una legge che dovrebbe avere carattere generale;
    11) comprensione ed intuizione: si cerca di comprendere appieno il problema (insight), si riflette sulle sue possibili soluzioni e si attende che, magari inaspettatamente, si presenti alla mente la soluzione corretta;
    12) verifica: data una possibile soluzione ad un problema, una nuova legge o una teoria si confrontano i risultati i risultati da essa previsti con l'evidenza empirica. La soluzione è accettata se presenta un buon accordo con i fatti osservati;
    13) falsificazione: dovendo validare una legge indotta a partire da fatti empirici gli adulti si sforzano di trovare esempi supplementari che la confermino (verifica), piuttosto che controllare se esistono fatti capaci di contradditrla. La logica della scoperta scientifica di Popper, basata sulla falsificazione e corroborazione invece che sulla verifica, sembra di fatto ancora oggi poco applicata non solo dagli adulti ma anche dai ricercatori

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martedì 28 maggio 2013

Le attività cognitive per risolvere i problemi (2)

Riprendiamo la lettura del brano là dove l'avevamo interrotta ieri, continuando a scorrere la spiegazione delle attività cognitive messe in atto dai singoli individui per risolvere i problemi:

    5) attività di quantificazione: secondo Piaget, la nozione di numero è l'esito di una sintesi tra l'attività di classificazione e di ordinamento. In alcune culture primitive, nei bambini ma anche in alcuni scimpanzé e bonobo, la numerazione è limitata ai concetti di uno, due e molti. La comprensione dei numeri naturali sembra richiedere stadi di apprendimento successivi;
    6) giudizi sincretici: permettono di mettere insieme esperienze o conoscenze diverse; essi possono portare a mescolare indebitamente cose diverse o la parte con il tutto;
    7) procedimentoi per tentativi ed errori: si tenta una prima soluzione del problema, si evidenziano gli errori che essa produce, si tenta di eliminare gli errori, si produce una nuova soluzione ed il ciclo si ripete;
    8) interferenze analogiche: consentono di trasportare soluzioni o modelli mentali da un campo ad un altro. Ad esempio un modello idraulico, in genere facilmente comprensibile, può rappresentare la situazione complessa di una rete elettrica, di una rete di trasporto urbano o di flussi economici, flussi di merci o in medicina flussi fisiologici;
    9) interferenza deduttiva: da una legge generale si deduce la soluzione di un caso particolare
Domani termineremo questo lungo e dettagliato elenco. Nel frattempo mi dite cosa ne pensate? Tra quelli elencati fino ad ora avete riconosciuto il vostro approccio ai problemi?
 
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lunedì 27 maggio 2013

Le attività cognitive per risolvere i problemi

Testo tratto dal libro: "Problem solving nelle organizzazioni: idee, metodi e strumenti da Mosè a Mintzberg" di Roberto Chiappi.

Le attività cognitive messe in atto dai singoli individui per risolvere i problemi sono abbastanza poche, anche se non sempre chiaramente distinte, e nel seguito sono elencate in un crescendo dalle più semplici, di solito adottate dai bambini, alle più complesse, di solito adottate dagli adulti:

    1) attività semiotiche: sostituzione di un oggetto o di una situazione (significato) con qualcosa come un gesto, un segnale, un verso, un pianto (significante) che l'annuncia o lo rappresenta;
    2) attività operative: il soggetto agisce su oggetti o situazioni, sia componendo con gli oggetti qualcosa di nuovo sia trasformandoli tramite un'azione eseguita su di essi;
    3) attività di classificazione: il soggetto riunisce in un insieme alcuni oggetti che sembrano equivalenti rispetto ad una o più proprietà. L'analogia tra queste attività e la costruzione di classi o insiemi dell'adulto (del matematico in particolare) non è evidente. Il bambino opera su oggetti concreti e in numero limitato, il matematico invece lavora su insiemi, i cui elementi possono essere prodotti del pensiero e in numero infinito;
    4) attività di ordinamento e di messa in relazione: mentre nel corso della classificazione l'accento viene posto su ciò che è comune a due o più oggetti, la messa in relazione e l'ordinamento hanno come caratteristica principale il confronto di oggetti in ciò che li distingue in modo ordinale: diversità di volume, di peso, di altezza, ecc.
Continueremo il nostro elenco domani, nel frattempo quanti di voi vedono ogni giorno colleghi che per risolvere i problemi si fermano alle attività semiotiche?


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venerdì 24 maggio 2013

Giovani contro anziani?

Sull'ultimo numero di "D", l'inserto di "la Repubblica", ho trovato un articolo che può essere interessante e che vi segnalo.
Parla di "interageing", cioè di come far lavorare con serenità anziani e giovani affinché le organizzazioni si avvalgano dell'esperienza e di nuove energie in una perfetta sinergia.

Cosa ne pensate?

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giovedì 23 maggio 2013

Adottate la mission della vostra organizzazione!

Qual è la mission della vostra organizzazione?

Se non fosse stata ancora formalizzata, individuarla non dovrebbe essere così difficile. Stiamo parlando, infatti, delle intenzioni, dei propositi, degli obiettivi di un'azienda. E' impossibile che non li conosciate, giusto?

Bene, individuata la mission della vostra organizzazione, sforzarsi di sostenerla ad ogni costo è fondamentale per ricevere l'attenzione da parte del vertice.
Fatevi venire in mente idee che possano supportarla e parlatene con i superiori, spiegando con i dati come ciò che avete pensato si inquadri perfettamente nella missione che l'azienda ha scelto per sé.

Questo modo di lavorare vi  farà centrare immediatamente due importantissimi risultati:
  • mostrare che il vostro lavoro è improntato a dirigere gli sforzi al raggiungimento degli obiettivi aziendali
  • avere tutta l'attenzione dei vostri superiori che vi ascolteranno, certi che ciò che state dicendo potrebbe rivelarsi interessante per gli obiettivi che intendono raggiungere
Fer fare tutto questo, il modo migliore di procedere su base quotidiana è quello di concentrarvi ogni giorno per 5 minuti sugli obiettivi che riguardano il vostro lavoro di routine e su cosa intendete fare quel giorno per centrarli, altri 5 minuti per stabilire cosa farete quel giorno per raggiungere obiettivi tesi alla risoluzione di problemi, al miglioramento, al progresso aziendale, ecc. e di concludere con altri 5 minuti tesi a capire come procedere quel giorno per centrare gli obiettivi relativi alla vostra crescita personale e professionale.

In un solo quarto d'ora avrete stabilito le migliori basi per impostare proficuamente il lavoro dell'intera giornata.

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mercoledì 22 maggio 2013

Il moderno professionista della Qualità

In un mondo del lavoro così complesso e competitivo, la sfida di un professionista della Qualità è fare del proprio meglio per supportare un sistema in grado di fornire ai clienti prodotti/servizi di qualità a prezzi sempre inferiori. I quality manager devono, dunque, trovare nuove vie per ottenere risultati eccellenti con risorse che diventano di giorno in giorno più limitate.

Apprendere ad utilizzare al meglio gli strumenti che proponiamo ogni giorno su QualitiAmo è fondamentale per raccogliere il guanto della sfida perché queste conoscenze vi permetteranno di essere di grande aiuto al management nel prendere le decisioni migliori, individuare gli obiettivi più giusti da perseguire, effettuare una buona pianificazione dei compiti da svolgere, impostare relazioni soddisfacenti con i fornitori che permettano una crescita reciproca, tirare fuori il meglio dai collaboratori e, in definitiva, assicurare anche in tempi difficili la qualità alla quale avete abituato i vostri clienti.

Limitarsi ad affrontare e risolvere i problemi quotidiani ormai non basta più (è mai bastato?) e occorre fare del proprio meglio per crescere in continuazione, inestendo sulla propria professionalità soprattutto ora che tutto sembra perduto, vista la crisi internazionale che ci logora.
Oggi forse sembra impossibile ma in un futuro prossimo serviranno profili di alto livello e "vincerà" chi avrà investito questo tempo per migliorare la propria professionalità.

Cosa ne pensate?

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martedì 21 maggio 2013

Manager in movimento

La rivista "Il Dirigente" di questo mese pubblica un articolo interessante dal titolo: "Manager in movimento". E' un'intervista a Pascal Scheiwiller (esperto di career transition, leadership development, career development e change management) che ci aiuta a capire meglio come i manager possano dare una svolta più internazionale alla propria carriera semplicemente cercando di essere proattivi, facendo rete, impegnandosi nella conoscenza delle lingue e cercando di sfidare continuamente se stessi.

Vi riporto i brani dell'intervista che ho trovato più interessanti.

Qual è l'attuale scenario del mercato europeo del lavoro e in cosa si differenzia l'Italia?

Il mercato del lavoro è molto diversificato da paese a paese. Ecco qualche punto principale.

Germania/Svizzera/Paesi nordici: mercato stabile che presenta dei gap in alcune aree di alte competenze specifiche (sia a livello di management che di lavoro specializzato); ma l'alta dipendenza dall'export potrebbe avere impatti negativi.

Regno Unito: mercato stabile principalmente dovuto allo slittamento verso il lavoro temporaneo e part-time; prospettive incerte date dall'attuale scenario instabile.

Francia e Italia: il rapido indebolimento del mercato del lavoro, la rilevante sovracapacità di produzione industriale e gli alti costi del lavoro significano probabilmente ulteriori ristrutturazioni.

Spagna/Portogallo/Grecia: tasso di disoccupazione molto alto (+25%), ancora maggiore quello giovanile (+50%), nessuna crescita del lavoro.

Europa dell'Est: ancora fortemente focalizzata sulla produzione. Questi mercati continuano a mostrare una forte crescita grazie ai bassi tassi costi di produzione e di impiego. I cambiamenti strutturali nell'Europa occidentale impattano positivamente nel tessuto economico di quella orientale.

(...)

Qual è il ruolo del manager oggi?

Da un punto di vista sociale i manager devono prendersi più responsabilità e agire come esempio rispettando l'integrità morale. Negli ultimi due anni la loro credibilità è scesa significativamente in molti stati. Il fatto che il gap tra l'operaio e il manager affermato diventi più ampio e che alcuni top manager si comportino in modo egocentrico e arrivista porta alla conseguenza che il ruolo del manager non sia percepito molto bene.

(...)

Serve il rispetto dei principi etici, la modestia, l'essere un buon esempio, un vero leader con umiltà, servendo la società e l'azienda invece che se stessi.

Cosa chiedono oggi le aziende a un manager?

Le richieste sono differenti in base ai bisogni strategici dell'azienda, però ci sono alcuni requisiti comuni. Vera leadership che include capacità di ascolto e di coaching, impegno verso i dipendenti, ispirazione, fiducia e obiettivi di sviluppo. 

Flessibilità e mobilità.

(...)

Capacità di lavorare per obiettivi e non solo per incarichi.

(...)

Centralizzazione del cliente.

(...)

Coraggio manageriale di prendere decisioni e dare chiare direttive.

(...)

Quanto conta per un manager un'esperienza internazionale?

E' la chiave per lo sviluppo delle competenze di un manager.

(...)

Per capire i mercati esteri serve un'esposizione oltreconfine, collaborazioni in progetti internazionali anche temporanee, se non addirittura trasferimento in altri stati. Inoltre, aver lavorato in contesti internazionali aiuta i manager ad adattare il proprio stile di leadership e comunicazione a differenti ambiti culturali, previene potenziali ostacoli nell'implementare iniziative che vadano a impattare su diversi paesi.

Quel che è richiesto sempre più dalle aziende in questo contesto internazionale è la lingua. Specialmente in Italia vedo che anche a livelli professionali alti l'inglese è ancora limitato e un vero ostacolo per molti.

(...)

Cos'altro deve fare oggi un manager per gestire al meglio il suo sviluppo professionale?

Ci sono due driver principali di carriera. Uno è la capacità di fare rete, di continuare ad allargare e globalizzare la propria. Cercate di entrare a far parte di network internazionali, entrate in contatto con persone straniere. Ci sono un sacco di modi per farlo: piattaforme online, eventi, attività.

(...)

Il secondo punto è il desiderio di sfidare se stessi, cercare di migliorarsi ogni momento. Questa ambizione vi guiderà e aiuterà a essere vincenti nella vostra carriera.

(...)

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lunedì 20 maggio 2013

La gentilezza negli ambienti di lavoro (2)

Completiamo la lettura dei passaggi più interessanti tratti dall'articolo "I vantaggi della gentilezza" pubblicato sulla rivista "Mente & Cervello".
Oggi scopriremo che le persone gentili non ottengono solamente vantaggi negli ambienti di lavoro ma, a volte, vengono percepite negativamente.

(...)

Nonostante questi vantaggi, il classico bravo ragazzo può rimetterci sotto altri aspetti. le sue eccellenti prestazioni lavorative, ad esempio, non si traducono sempre in guadagni più alti. Hudge ha verificato che le persone con un elevato tasso di gradevolezza tendono ad avere stipendi inferiori. Non che la maleducazione faccia guadagnare di più, ma chi ha un'indole affabile attribuisce forse più importanza alle relazioni che al denaro e quindi esita a chiedere un aumento nel timore di creare attriti.

(...)

E' anche possibile che chi ha un cuore tenero guadagni meno perché arriva meno in alto. Di solito i potenti non sono noti per le loro buone maniere e gli studi mostrano che i ruoli di potere sono associati  ad una minore preoccupazione per i sentimenti altrui, forse per la percezione di un'incompatibilità fra attitudine al comando e gentilezza.

(...)

Le classiche brave persone non sono particolarmente inclini a lasciarsi scavalcare dagli altri. Non è dimostrato che difettino dell'autostima necessaria a difendere i propri diritti ma siccome nella nostra cultura è particolarmente apprezzata l'assertività, può esere che debbano darsi molto da fare per convincere gli altri che hanno le caratteristiche per essere bravi leader.

(...)
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venerdì 17 maggio 2013

La gentilezza negli ambienti di lavoro

Qualche mese sulla rivista "Mente & Cervello" venne pubblicato un articolo dal titolo: "I vantaggi della gentilezza".
Ho pensato di proporvelo nei passaggi che mi sono sembrati più interessanti, soprattutto perché sono assolutamente convinta che il mondo di oggi abbia una grande necessità di gentilezza (attenzione! Non falsità ma gentilezza, sono due cose completamente diverse) anche se le persone gentili a volte non vengono comprese a fondo, soprattutto negli ambienti di lavoro. Ce lo spiega bene l'articolo.


(...)

Come molti tratti della personalità, la gradevolezza ha lati positivi e negativi. Le ultime ricerche suggeriscono che gli individui più affabili e gentili tendono a stringere relazioni più stabili, a godere di una salute migliore e a ottenere rendimenti più alti sul lavoro. Eppure tendono a guadagnare meno dei colleghi più esigenti e a essere scavalcati nella gerarchia professionale. Tuttavia, se scelgono di farlo, posono dominare la propria apparente debolezza e scalare i veritici.

Secondo numerose ricerche, essere cordiali procura vantaggi professionali e personali.
Intanto può aiutare a trovare lavoro. In uno studio del 2011 Michael Tews, docente di management alla Pennsylvania State University, ha esaminato il peso della personalità nel corso di una selezione del personale. Il gruppo di Tews ha creato falsi candidati, diversi per intelligenza e personalità, e i ricercatori hanno chiesto ai responsabili della selezione chi avrebbero scelto per il lavoro. La preferenza ricadeva sui candidati che mostravano alti livelli di gradevolezza, preferiti a individui più intelligenti ma meno gradevoli.

Essere cordiali può anche aiutare a mantenere il posto di lavoro. In uno studio publicato nel 2011 Timothy Judge, psicologo della University of Notre Dame, ha scoperto che le persone gradevoli sono meno esposte ai licenziamenti.
Nel 2002 lo psicologo Lawrence A. Witt ha invece indagato l'impatto della personalità sulle valutazioni delle prestazioni lavorative, constatando che gli impiegati coscienziosi ricevevano valutazioni migliori, ma solo se avevano una personalità gradevole. Chi lavorava di più ma non riscuoteva simpatia riceveva valutazioni inferiori rispetto ai più operosi e gentili.

(...)

Tutto bene, dunque? Non proprio. Lunedì scopriremo che chi è gentile spesso viene considerato inabile al comando.

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giovedì 16 maggio 2013

I diversi livelli della strategia

La strategia di un'organizzazione può essere rappresentata come una piramide composta da diversi livelli.

Partendo dal livello più basso, la base della piramide sulla quale poggia tutto, troviamo la strategia funzionale che si focalizza sulla quotidianità, sulle singole fasi dei processi.

Subito sopra abbiamo la strategia del business che comprende la strategia funzionale di una singola business unit, cioè le tattiche utili per confrontarsi con la concorrenza di settore per cogliere le opportunità offerte dal mercato di riferimento. Si riferisce ad uno specifico mercato geografico o merceologico.

Il terzo livello è quello della strategia corporate che è relativo all'intera organizzazione.
Questa strategia deve riflettere gli obiettivi (quarto livello della piramide) e la mission oltre che la vision (quinto e ultimo livello della piramide) dell'azienda.
Questo livello di strategia deve supervisionare le decisioni relative alle aree:
- Marketing
- Pianificazione
- Finanza
- Qualità
- Progettazione
- Acquisti
- Produzione
- Gestione del personale
- ecc.
e questo semplicemente perché esistono dei collegamenti naturali tra la strategia corporate e la strategia più quotidiana, come vediamo spesso descritto nei business plan ben fatti che vanno a spiegare proprio come l'organizzazione si impegnerà nell'obiettivo che vuole perseguire perché la vision di un'organizzazione deve essere allineata ai suoi valori,alla sua mission e ai suoi obiettivi.

La strategia è fondamentale per sfruttare i punti di forza di un'azienda e minimizzare i punti deboli e per non dimenticare mai che il lavoro di un'organizzazione dipende dall'ambiente in cui opera.

Per arrivare a ipotizzare una strategia, occorre prendere in considerazione le quattro aree seguenti:
  1. analisi - analizzare gli obiettivi strategici e l'ambiente in cui opera l'organizzazione è il punto di partenza
  2. decision making - prendere decisioni relative a come far crescere e gestire le aree principali dell'organizzazione è un altro aspetto fondamentale per chi deve stabilire una strategia
  3. implementazione - le strategie vanno implementate e - per farlo - servono risorse, strutture e sistemi che devono essere identificati e progettati
  4. supporto - la strategia va supportata dalle politiche, dalle infrastrutture, dalla cultura e dalla leadership

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mercoledì 15 maggio 2013

Da dove nasce un'azione preventiva?

Vista la grande confusione che accompagna l'identificazione e la formalizzazione di un'azione preventiva, abbiamo deciso di pubblicare nelle prossime settimane un articolo che avrà per tema proprio questo argomento. Nel frattempo, però, vorremmo individuare insieme a voi quali potrebbero essere gli input più comuni che portano ad individuare la necessità di un'azione preventiva.

Noi ne abbiamo identificato qualcuno, voi siete in grado di aggiungerne altri o, comunque, di completare questo discorso con quale riflessione personale?

Input che possono portare alla formalizzazione di azioni preventive
  1. gli audit interni - gli audit effettuati su qualunque processo dell'organizzazione sono spesso fonti utilissime per trovare spunti che portino alla formalizzazione di un'azione preventiva. In questo caso è utile impostare un gruppo di lavoro guidato dal responsabile del processo auditato
  2. il riesame della Direzione - le statistiche relative alla produttività, gli studi dei trend di mercato, la reportistica sulla soddisfazione dei clienti, i tassi relativi agli scarti, le statistiche di efficienza dei macchinari e degli strumenti, i cicli produttivi, gli errori e le rilavorazioni, gli studi sulla concorrenza, le nuove tecnologie, una variazione nei requisiti specificati dai clienti, ecc. sono tutti dati che andrebbero esaminati durante il riesame periodico della Direzione e che potrebbero portare alla definizione di una o più azioni preventive
  3. il monitoraggio continuo dei processi - i proprietari dei singoli processi dovrebbero avere familiarità con l'analisi continua degli indicatori che ne segnalano l'efficacia e l'efficienza ed essere, quindi, una fonte continua di input per individuare azioni preventive
  4. gli stakeholder esterni - anche l'ente certificatore, i clienti, i fornitori, ecc. possono fornire idee interessanti per avviare azioni preventive
  5. l'analisi dei rischi - ogni volta che si esaminano i rischi potenziali legati a un processo o a un prodotto ecco che abbiamo davanti moltissime idee per far nascere azioni preventive che siano utili all'intera organizzazione
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martedì 14 maggio 2013

L'arte di ricordare i nomi: come migliorare (2)


Completiamo il discorso iniziato ieri, elencando alcune idee per provare a ricordare i nomi delle persone con le quali interagiamo in ambito lavorativo.

Qual è la prima cosa che succede quando si incontra una persona nuova?  Immediatamente ci formiamo su di essa un'opinione, positiva o negativa che sia.
Questo processo si definisce "prima impressione" ed avviene in modo assolutamente automatico.
Uno dei trucchi per ricordare il nome di chi ci troviamo davanti per la prima volta è quello di abituarsi a cambiare questa priorità, mettendo al primo posto il nome e al secondo l'impressione che abbiamo di questa persona.

Anche concentrarsi sul viso della persona che abbiamo davanti e guardarla negli occhi può esserci di grande aiuto per ricordarne il nome.
In questo modo mostreremo che siamo davvero interessati a chi ci viene presentato e il nostro cervello aumenterà in automatico la probabilità di ricordare il suo nome.

Osservare attentamente chi ci viene presentato cercando di cogliere tutti i particolari che lo caratterizzano ci aiuta a concentrarci su questa persona e ad associare il nome a qualche sua caratteristica (modo di parlare, modo di muoversi, ecc.).
Nel caso in cui capitasse di non aver sentito bene il nome della persona, non bisogna aver timore a chiederle di ripeterlo, in modo da cercare di crearsi una raffigurazione mentale della caratteristica dell'individuo associta al suo nome.

Voi conoscete e utilizzate qualche altro trucco?

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lunedì 13 maggio 2013

L'arte di ricordare i nomi: come migliorare

Come abbiamo già ricordato su QualitiAmo, ricordarsi i nomi delle persone con le quali entriamo in contatto per lavoro è un'ottima cosa.
Del resto, il nome è la cosa che una persona si porta dietro fin dalla nascita perché è strettamente legato alla sua identità e ricordarselo fa sempre un'ottima impressione e facilita i rapporti successivi.

Alcuni individui hanno capacità eccezionali in questo senso. Napoleone, ad esempio, pare ricordasse migliaia di nomi dei suoi soldati ma noi comuni mortali sappiamo bene che è molto più facile ricordare le facce che i nomi perché tutto quello che dobbiamo fare per ricordare una faccia è sapere che l'abbiamo già vista da qualche parte. Quando vogliamo ricordare un nome, invece, dobbiamo richiamare alla mente qualcosa di davvero specifico ed è lì che iniziano le difficoltà.

Ma perché la gente dimentica così facilmente i nomi? Spesso per una di queste semplicissime ragioni:
  • non si è interessati ad approfondire la conoscenza delle persone che ci vengono presentate
  • al momento della presentazioni si è troppo occupati a stringere la mano nel modo giusto e a sorridere per concentrarsi sul nome della persona che si ha davanti
  • si pensa che, probabilmente, non si incontrerà mai più la persona che ci stanno presentando e che, quindi, non valga la pena spendere energie per ricordarsene il nome
  • semplicemente non si ascolta il nome, quindi è impossibile ricordarselo
Domani vedremo qualche "trucco" per migliorare la nostra memoria e ricordare qualche nome in più. Non mancate!

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venerdì 10 maggio 2013

Gestire i progetti: l'ambienter attuale (5)

Oggi vedremo insieme l'ultima variabile capace di influenzare pesantemente la gestione dei nostri progetti:

L'incertezza

Con l'aumentare della complessità aumenta, di conseguenza, anche l'incertezza perché le due variabili sono inseparabili.

Adottare un approccio al project management capace di gestire l'incertezza significa che questo approccio non deve essere semplicemente in grado di avallare i cambiamenti ma che deve addirittura abbracciarli, provando a diventare più efficace grazie a loro.
In altre parole, il nostro approccio alla gestione dei progetti si deve aspettare il cambiamentro e deve riuscire a trarne dei benefici perché il cambiamento sarà ciò che condurrà il team di progetto e il cliente ad uno stato di certezza, rispettando una soluzione praticabile e concordata tra le parti che porterà a risolvere un problema complesso.

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giovedì 9 maggio 2013

Gestire i progetti: l'ambiente attuale (4)

Ed eccoci arrivati a quella che è, probabilmente, la variabile più complessa da gestire nei progetti:

La complessità

Tutti i problemi semplici vengono risolti in fretta. Gli altri, però, sono destinati a diventare, via via, più complessi col passare del tempo.
 Spesso, mano a mano che diventano più complessi, questi problemi tendono anche a diventare critici per l'azienda dunque devono essere risolti.

Non abbiamo scelta.

Non avere una ricetta per affrontare questi casi così difficili non è una scusa. Questi problemi vanno affrontati e dobbiamo trovare un modo efficace per gestirli. La cosa migliore è quella di approntare un approccio basato sul buonsenso utilizzando set di strumenti e metodologie in grado di adattarsi a diverse problematiche.

E l'incertezza? Come si gestisce? Se resterete con noi, lo vedremo insieme domani. Non mancate!

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mercoledì 8 maggio 2013

Gestire i progetti: l'ambiente attuale (3)

La terza variabile che influenza la gestione dei progetti è:

Costi sempre più bassi

Con la riduzione continua dei costi che viene richiesta in moltissime organizzazioni, soprattutto in tempi di crisi come questo, i project manager devono trovare il modo per lavorare in modo più intelligente.

Il project management include una serie di strumenti e tecniche che aiutano chi è a capo di un progetto a gestire al meglio i carichi di lavoro. Chi lavora nel project team deve riuscire ad essere il più produttivo possibile il che non significa semplicemente lavorare di più come credono molti. Caricare queste persone, infatti, di attività con poco valore aggiunto è il modo migliore per sfinirle dando il via a ritardi e costi lievitati.

C'è uno scritto famoso di Peter Drucker di 25 anni fa ma ancora attualissimo nel quale i responsabili vengono descritti come persone che ricevono informazioni dall'alto, provano a comprenderle e ad interpretarle per poi passarle ai loro collaboratori che, a loro volta, le passano al livello inferiore.
Se a questa perdita di tempo (basta un PC per far arrivare in contemporanea le informazioni necessarie a tutti i livelli) aggiungete politiche pensate ad arte per creare ritardi enormi all'interno delle aziende ecco che avrete compreso il perché dei costi così alti imputabili alla gestione dei progetti.

Sostituire le strutture di tipo gerarchico con altre più snelle e organizzate per progetti vi aiuterà a snellire le operazioni prive di valore aggiunto e a contenere i costi.

A domani per parlare di complessità.

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martedì 7 maggio 2013

Gestire i progetti: l'ambiente attuale (2)

Passiamo alla seconda voce della lista di variabili che caratterizzano l'ambiente attuale della gestione dei progetti.

Molte modifiche

Spesso i clienti non hanno le idee chiare in merito a cosa vogliano oppure credono di averle chiare ma, col tempo, cambiano opinione.
I cambiamenti, del resto, non si fermano certo perché voi vi trovate a gestire un progetto e, quindi, bisogna imparare a conviverci perché il mondo degli affari è sempre più dinamico.
Il migliore approccio alla gestione dei progetti, dunque, è riconoscere che i cambiamenti possono avvenire e rivelarsi anche frequenti e trovare il modo migliore per gestirli.

Riflettere su quale portata ci aspettiamo che abbiano le modifiche sul nostro progetto ci permetterà di scegliere il modello migliore per la sua gestione.

"Change or die" (cambia o muori), come si dice spesso in questo ambito. Il mondo del project manager è popolato da incertezza e occorre essere coraggiosi, creativi e flessibili per gestirla nel migliore dei modi.
Se ci si limiterà ad adottare la metodologia di qualcuno in maniera abitudinaria si uscirà presto dai giochi.

A domani per parlare di costi sempre più bassi.


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lunedì 6 maggio 2013

Gestire i progetti: l'ambiente attuale

L'ambiente nel quale oggi ci vediamo costretti a gestire i progetti è abbastanza particolare perché caratterizzato da:
  • velocità
  • molte modifiche
  • costi che devono essere sempre più bassi
  • complessità
  • incertezza
Per questo motivo il project management è estremamente complesso.

Vediamo, ora, una ad una le singole voci elencate.

Velocità

Più in fretta i prodotti e i servizio arriveranno sul mercato e più grande sarà il vantaggio per il nostro business. Attualmente, infatti, la concorrenza si basa anche sulla velocità: osservare e provare a rispondere a opportunità non ancora sfruttate da altri può essere un'ottima occasione per espandere la propria fetta di mercato e ogni incertezza o ritardo nella risposta può dare ad altri un vantaggio importante e forse incolmabile.

Tutto questo va tradotto in un approccio veloce alla gestione dei progetti che deve assicurare di non perdere tempo prezioso in attività che non aggiungano alcun valore al nostro prodotto o servizio.

La finestra delle nostre opportunità, del resto, è limitata e in costante movimento. Non essere pronti a coglierne una significa, con molta probabilità, averla perduta per sempre.
Le organizzazioni capaci di rispondere velocemente a nuove esigenze di mercato sono aziende che hanno trovato il modo per:
  • ridurre i tempi necessari per completare i cicli 
  • eliminare le operazioni prive di valore aggiunto

Il project management moderno non è, dunque, una serie di rigidi step da seguire ad ogni nuovo progetto perché l'approccio migliore da adottare va scelto ogni volta in base al progetto che abbiamo davanti.

A partire da domani esamineremo le altre voci elencate. Non mancate!

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venerdì 3 maggio 2013

BPR e TQM

Come abhbiamo accennato ieri, molti credono erroneamente che il BPR (Business Process Reengineering) possa essere portato avanti con le stesse modalità del TQM (Total Quality Management).

In realtà, le due metodologie possono considerarsi complementari perché le attività a breve termine del BPR sono il preludio degli obiettivi di lungotermine del TQM.

Quanto scritto non toglie, però, che le due metodologie siano alquanto differenti. Proviamo a vedere insieme per quali motivi.

  • Il cambiamento: nel TQM è incrementale mentre nel BPR è radicale.
  • L'inizio: nel TQM l'inizio del progetto avviene partendo da un processo esistente mentre nel BPR si deve necessariamente fare tabula rasa di qualunque struttura già esistente per ricostruirla da capo
  • Frequenza del cambiamento: nel TQM è continua mentre nel BPR è legata ad un solo singolo momento perché il progetto inizia e finisce
  • Partecipazione: nel TQM parte dalla base e sale verso il vertice (bottom up) mentre nel BPR è esattamente il contrario (top down)
  • Rischio: nel TQM è moderato, nel BPR è decisamente alto
  • Tipologia di cambiamento: nel TQM è di tipo culturale, nel BPR è strutturale
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giovedì 2 maggio 2013

Hammer e Champy

Il concetto di Business Process Reengineering (BPR) fu reso popolare da Hammer e Champy nel 1993 quando essi definirono il BPR come un fondamentale ripensamento e una riprogettazione radicale dei processi al fine di raggiungere miglioramenti importanti nelle misurazioni delle loro performance.

Secondo Hammer e Champy il Business Process Reengineering non è qualcosa che possa avvenire in step graduali come, ad esempio, il Total Quality Management (TQM) ma un approccio che serve a spazzare via ogni idea precostituita che riguardi le strutture e i processi che si vanno ad analizzare per riprogettarli.

Hammer e Champy introdussero 5 ruoli fondamentali che servono per implementare un programma di riprogettazione radicale dei processi nella propria organizzazione:
  1. il leader: è una persona appartenente alla dirigenza che autorizza le singole azioni, dà ai membri del BPR team la necessaria autorità per agire autonomamente entro certi ambiti e garantisce l'applicazione dell'intero programma
  2. il proprietario di processo: è un manager che ha la responsabilità della riprogettazione di un processo specifico
  3. il team di BPR: si compone di persone che si dedicano a riprogettare un processo
  4. il comitato di BPR: si compone di membri della direzione che impostano le politiche e la strategia che stanno alla base dell'intera operazione e che mantengono monitorati i progressi del lavoro
  5. l'esperto di BPR: è una persona che ha l'incarico di formare gli altri colleghi per ciò che riguarda gli strumenti e le tecniche di BPR e che supervisiona anche più progetti di riprogettazione di diversi processi
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