venerdì 30 dicembre 2011

Le domande da rivolgere al colloquio

Spesso su QualitiAmo abbiamo parlato delle domande che, durante un colloquio, possono essere rivolte al candidato.
Oggi, invece, vedremo insieme quali sono le domande che il candidato può rivolgere al proprio esaminatore:

  • può descrivermi come sarebbe una normale giornata di lavoro se venissi assunto in questa azienda?
  • Qual'è la storia di questa posizione lavorativa? Perché è vacante?
  • Quali aspetti del lavoro vorreste vedere migliorati?
  • Quali sono le sfide che dovrà affrontare la persona che ricoprirà il ruolo che proponete con questa ricerca di lavoro?
  • C'è spazio per crescere professionalmente all'interno di questa azienda?
  • Come descriverebbe il suo candidato ideale?
  • Se verrò assunto, da chi verrà valutato il mio lavoro e in che modo, secondo quali criteri?
  • Con chi lavorerò? Chi sarà il mio supervisore? Chi saranno i miei collaboratori?
  • Che tipo di cultura vige in azienda?
  • Quando prenderà la decisione definitiva riguardo a questa assunzione? Quali sono i prossimi step?

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giovedì 29 dicembre 2011

La Qualità attesa e la Qualità percepita

La Qualità attesa - come sappiamo bene tutti - è quella che il cliente si aspetta da un prodotto o da un servizio, un certo numero di bisogni e di attese che si aspetta vengano soddisfatte.
Questi bisogni, però, si possono suddividere in due livelli:

- al livello superiore troviamo i bisogni esplicitati, quelli che diventeranno specifiche
- al livello inferiore ci sono - invece - i bisogni impliciti, ovvero quelli che il cliente non racconta a nessuno ma che si aspetta vengano comunque soddisfatti

Ad esempio: un cliente arriva in albergo e chiede una camera doppia per due notti (bisogno esplicito) ma vuole anche che sia pulita e silenziosa (bisogni impliciti che non ritiene valga la pena esplicitare perché li considera dovuti).
Inoltre il nostro cliente vuole che gli venga servita la colazione (bisogno esplicitato all'atto della prenotazione) ma si aspetta anche che il cameriere che gli porterà al tavolo le brioche sia gentile e preciso (bisogno implicito).

Vediamo ora che cos'è la Qualità percepita: un furgone carico di pacchi da consegnare ha un incidente e le consegne che avrebbero dovuto essere fatte in un giorno vengono eseguite in tre giorni. Un pacco, in particolare, cadendo si danneggia.

I clienti che si vedono recapitare i pacchi in ritardo e quello che scopre che il suo pacco è danneggiato si fanno un'opinione sul modo di lavorare di quel corriere. Questa è la Qualità percepita e va a costruire la soddisfazione (o la mancanza di soddisfazione) dei clienti che faranno un confronto con altri corrieri utilizzati in passato (non importa che il paragone sia giustificato o meno) e trarranno delle conclusioni.
Sappiamo bene tutti che la colpa non è del corriere ma dell'incidente ma questo ai clienti non interessa.

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mercoledì 28 dicembre 2011

"Perché non fanno qualcosa?"

Quante volte, magari scocciati e arrabbiati, avete esclamato: "ma perché non fanno qualcosa per risolvere questo problema?"  

L'avete detto, vero? A chi non è capitato?
Ora guardatevi un attimo allo specchio e provate a chiedervi: "perché non faccio qualcosa per risolvere questo problema?"
 

Accettare le sfide e rendersi conto che gli unici limiti che vediamo sono quelli che ci poniamo noi stessi, ci porterà a guardare il nostro lavoro quotidiano con occhi diversi, facendoci capire che non ci sono "problemi di altri" ma che tutti i problemi, se impattano sul nostro lavoro, sono anche nostri.




Pensate a quanto la vostra organizzazione avrebbe bisogno che più persone accettassero la responsabilità di realizzare cambiamenti significativi e a quanto servirebbe poter usufruire del talento di tutti. Non vi viene già voglia di fare qualcosa? ;o)

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martedì 27 dicembre 2011

Pianificazione strategica e pianificazione tattica

Domanda veloce: chi di voi sa quale differenza esiste tra la pianificazione strategica e la pianificazione tattica?

Nessuno?

Avete ragione, non è facile.

Le differenze sono molte ma la principale è che la pianificazione strategica in genere comporta il prendere decisioni che incidono sull'intera organizzazione mentre la pianificazione tattica, tipicamente, coinvolge solo una parte dell'organizzazione come - ad esempio - un reparto o un dipartimento. 
La pianificazione strategica, dunque, richiede una prospettiva più ampia.

La pianificazione strategica, inoltre:- richiede un tasso di tempo più lungo rispetto alla pianificazione tattica (qualche anno contro un anno al massimo)
- ha un impatto molto più vasto, in quanto si concentra su tutti i componenti e su tutti gli elementi di un'organizzazione. 

Entrambe le pianificazioni, comunque, comportano un'attenta preparazione, un'analisi accurata delle informazioni e dei dati in nostro possesso, un buon processo decisionale e l'utilizzo cosciente di strumenti e tecniche dedicati. 
Più grande e complessa è un'organizzazione, dunque, più è probabile che la pianificazione debba essere di tipo strategico. Comunque le metodologie, gli strumenti e le tecniche applicate alla pianificazione strategica possono essere utilizzati anche per la pianificazione tattica.  
Le domande da farsi in vista delle due tipologie di pianificazione, però, dovrebbero differire leggermente, a seconda che si stia per sviluppare un piano strategico o un piano tattico.

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venerdì 23 dicembre 2011

"Vendere" le proprie idee

Le aziende, come sappiamo, vendono i loro prodotti o servizi.  
Le persone all'interno delle organizzazioni, invece, "vendono" agli altri le loro idee.

Gran parte del successo del vostro lavoro di manager dipende da quanto sapete vendervi bene. Dovrete, infatti, vendere la Qualità e il cambiamento alla Direzione, ai vostri colleghi, ai collaboratori, ai fornitori e ai clienti.


Se, però, tutti conosciamo a menadito le nostre normative di riferimento e sappiamo bene come applicarle, la competenza relativa al "saper vendere le proprie idee" rimane per molti ancora avvolta nel mistero. 

A vendere le idee ci abituarono già i greci e i romani con Aristotele e Cicerone (loro chiamarono questa competenza "retorica").  
A distanza di un paio di millenni, però, la maggior parte delle scuole che prepara i giovani al mondo del lavoro ha smesso di insegnare questa disciplina e la retorica ha assunto le sembianze di un'arte oscura praticata dai maghi del marketing politico. 
Questa parte fondamentale del curriculum professionale di qualunque manager, dunque, viene spesso lasciata alla discrezione del singolo.

Ma quali sono le basi per vendere un'idea?

E' presto detto:

1) dovete formulare un obiettivo specifico come, ad esempio, persuadere la Direzione che occorre fare formazione prima di avviare il progetto Qualità
2) dovete identificare il decision maker e presentare la vostra idea direttamente a questa persona
3) dovete avere una credibilità da potervi giocare. Nessuno "comprerà" l'idea di una persona che non risulti credibile
4) dovete riuscire a fare leva su uno degli interessi principali del vostro decision maker (ad esempio, spiegando che la formazione risolverà anche molti problemi di clima interno)
5) dovete individuare il momento giusto per presentare l'idea. Il tempismo in certi casi è fondamentale. Approfittatene, ad esempio, quando si verifica un problema che - a vostro giudizio - verrebbe risolto da un buon intervento formativo.

E voi? Sapete vendere le vostre idee?

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giovedì 22 dicembre 2011

Cosa ci dà soddisfazione nel nostro lavoro?

La rivista "HR Magazine" dedicata ai professionisti del settore delle Risorse Umane ha identificato una lunga serie di fattori che contribuiscono a creare affezione al posto di lavoro.

Ve li riporto qui sotto. Voi aggiungereste qualcosa?

- opportunità di usare le proprie competenze e conoscenze
- buone relazioni con il diretto superiore
- buona comunicazione con l'intero management
- il lavoro piace
- autonomia e indipendenza
- cultura aziendale avanzata
- stabilità finanziaria dell'organizzazione
- impegno dell'organizzazione nella crescita dei collaboratori
- flessibilità che permette di bilanciare la vita privata con quella professionale
- benefit
- riconoscimento delle performance
- sicurezza sul lavoro
- possibilità di contribuire al raggiungimento degli obiettivi
- opportunità di carriera
- formazione specifica per il ruolo che si ricopre
- mansioni varie che permettono di non annoiarsi
- buone relazioni con i colleghi
- Responsabilità Sociale
- impegno dell'organizzazione nei confronti dell'Ambiente

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mercoledì 21 dicembre 2011

L'analisi dei dati

L'analisi dei dati serve per estrarre dai dati in nostro possesso informazioni utili da usare nel processo decisionale.
Sono diversi i punti della ISO 9001 che ci chiedono di analizzare i dati in nostro possesso per soddisfare un requisito:

  • partiamo con il punto 8.1 che specifica che un'organizzazione è tenuta a pianificare e a realizzare l'analisi dei processi per dimostrare la conformità del prodotto, per assicurare la conformità del sistema e per migliorarne continuamente l'efficacia
  • il punto 8.4 della norma ISO 9001 aggiunge che un'organizzazione è tenuta a raccogliere e ad analizzare dati per dimostrare l'idoneità e l'efficacia del sistema e per determinare dove si devono applicare azioni di miglioramento continuo. Inoltre l'analisi dei dati è fondamentale per avere ben chiara la situazione della soddisfazione del cliente, della conformità del prodotto, delle caratteristiche e delle tendenze dei processi e dei prodotti e della situazione dei singoli fornitori
  • il punto 8.5.1, infine, spiega che, perché un'organizzazione migliori l'efficacia del sistema, è necessaria un'analisi dei dati
Per analizzare al meglio i dati, è necessario decidere prima di tutto quali raccogliere.  
Ci sono tre semplici regole da seguire per assicurarsi di raccogliere e analizzare dati realmente utili:
  1. raccogliere e analizzare solo i dati necessari a raggiungere un obiettivo rilevante per le prestazioni dell'organizzazione
  2. concentrarsi sui dati che possono contribuire a fornire soluzioni a problemi reali, confermando l'esistenza di un problema o individuando un potenziale problema su cui concentrarsi
  3. implementare le soluzioni in grado di migliorare le prestazioni e raccogliere tutti i dati necessari per definirle al meglio
L'analisi dei dati si basa su una serie di azioni che abbiamo provato ad elencare:




  • stabilire quali dati raccogliere e gestire
  • per ogni tipologia di dati raccolti, stabilire il responsabile della loro analisi e chi dovrà prendere decisioni in seguito a questa analisi
  • trovare un metodo per sintetizzare i dati necessari all'analisi
  • identificare i report da emettere e le persone alle quali inviarli
  • utilizzare tecniche di presentazione adatte ad attirare l'attenzione sui risultati

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martedì 20 dicembre 2011

Licenziamo i manager! (3)

Come promesso, oggi inizieremo ad analizzare il modello Morning Star presentato sul numero di HBR di dicembre e diventato famoso in tutto il mondo perché ha permesso di fare a meno del management.

I lavoratori della Morning Star si gestiscono in autonomia, coordinando da soli o con un gruppo di pari livello le proprie attività.
Ognuno di loro ha una mission personale che spiega come ha intenzione di contribuire al raggiungimento degli obiettivi della compagnia che, in breve, si possono descrivere come: "dare ai nostri clienti prodotti e servizi di qualità che li soddisfino in toto".

Per soddisfare la propria mission ognuno ha la possibilità di acquistare la formazione necessaria,  dotarsi di risorse e collaborare con chi preferisce.
Ogni mission viene supportata da una sorta di piano d'azione che spiega nel dettaglio cosa farà il lavoratore per adempiere a ciò che ha promesso. Questo piano viene poi "negoziato" con i colleghi che decisono insieme se approvarlo o meno.

Il segreto di questa tipologia di organizzazione sta tutto nel fatto che gli accordi volontari producono una maggiore efficienza e che i lavoratori che possono gestirsi in autonomia e avere a disposizione tutto ciò che serve loro per lavorare al meglio sono assolutamente felici di lavorare bene e non hanno scuse per giustificare un loro eventuale fallimento che li porterebbe a presentarsi sotto una cattiva luce davanti ai colleghi.
Ecco, dunque, che tutti cercano di dare il massimo.

Adesso non dobbiamo pensare, però, che non avere un capo significhi lassismo e dolce far niente perché, come specifica un lavoratore della Morning Star, "tutti sono il capo di tutti" quindi, in realtà, i lavoratori sono sempre controllati da tutti gli altri.

Anche se gli acquisti sono autonomi e individuali, ad esempio, le persone che acquistano cose simili cercano accordi tra loro per strappare il miglio prezzo possibile ordinando un quantitativo maggiore. La "gestione", dunque, esiste ma non è affidata a persone di livello superiore.
Ogni decisione entrerà nella gestione generale dell'azienda e questo lo sanno tutti. Ecco perché cercano - insieme - di fare del loro meglio.

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lunedì 19 dicembre 2011

Licenziamo i manager! (2)

Riuscite a pensare ad un'organizzazione dove:

- nessuno ha un capo
- le persone negoziano le proprie responsabilità con i loro pari
- ognuno può spendere i soldi dell'azienda
- ognuno si procura gli strumenti che servono per lavorare
- non ci sono titoli
- non ci sono promozioni
- eventuali ricompense economiche vengono decise dai pari livello

Lo so, siete sconvolti. Eppure - secondo la prestigiosa rivista Harvard Business Review - è proprio quello che ha fatto la Morning Star, famosa azienda di ambito food.

A questo punto potreste pensare che la Morning Star sia un'azienda piccola, invece no: gestisce tonnellate di materie prime, si basa su processi con tolleranze strettissime, ha 400 lavoratori ed è leader di mercato (chi frequenta gli USA avrà visto le loro pizze, il loro ketchup o gli hamburger di questa marca).

Dunque qual è il segreto di questo colosso che ha sfatato uno dei miti più consolidati dei nostri tempi, quello della necessità assoluta dei manager?
Avete pazienza fino a domani? Se resterete con noi, esamineremo insieme il modello Morning Star.

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venerdì 16 dicembre 2011

Licenziamo i manager!

Il titolo è provocatorio ma il numero di "Harvard Business Review" di dicembre lo utilizza per raccontare la storia della Morning Star, un'azienda alimentare, che è riuscita ad aumentare la sua capacità manageriale e la sua flessibilità per andare incontro alle esigenze del mercato senza utilizzare i manager.

La rivista inizia spiegando che l'attività di management è una delle più costose e meno efficienti delle nostre organizzazioni perché, se alle organizzazioni piccole basta un manager ogni 10 persone, in quelle grandi questo rapporto va aumentato perché occorrono "supermanager" che gestiscano i manager oltre a quelli capaci di gestire la complessità.
Se vi fermate un attimo a riflettere sul fatto che un manager, di solito, guadagna almeno 3 volte quello che guadagna un dipendente di livello base (per non parlare di certi manager italiani!) capite bene che il costo per le organizzazioni è altissimo.

Un altro punto delicato relativo ai manager è che molti di loro si credono infallibili e hanno poteri decisionali tali da poter provocare disastri se non possiedono l'umiltà necessaria per consultarsi con chi ha tutte le informazioni necessarie per prendere buone decisioni.
Un problema certamente non da poco.

In ultimo, tanti livelli di manager rendono lente le risposte e "ingessano" le organizzazioni.

Lunedì vedremo cosa ha fatto Morning Star per contrastare tutto questo.

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giovedì 15 dicembre 2011

Il potere di un "grazie!"

Periodicamente torniamo sull'argomento anche se non dovrebbe essercene bisogno (invece, purtroppo, di bisogno ce n'è eccome a giudicare da quello che si vede in giro).

C'è qualcosa che dovremmo imparare a fare che porta grandi vantaggi e non costa nulla: ringraziare chi lavora con noi e ha eseguito bene un compito, sia esso un dipendente, un collega, un superiore, un collaboratore, un fornitore o un cliente.
Impariamo anche a ringraziare quando ci fanno un piacere o quando riceviamo un'attenzione non scontata.
 
Sembra tutto veramente molto semplice da fare, eppure tendiamo spesso a dimenticarcene. Ogni giorno assistiamo a ottime prestazioni che non vengono riconosciute da nessuno e noi stessi le diamo per scontate, dimenticando quanto siano - invece - importanti.


Al "grazie", quando è possibile, aggiungiamo anche il nome della persona in questo modo: "grazie, Marilena" o "grazie sig. Rossi". Ovviamente non fatelo per mera ipocrisia ma perché ritenete importante associare a questo rongraziamento la persona che se l'è guadagnato.

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mercoledì 14 dicembre 2011

Posti di lavoro capaci di ispirare le persone

Secondo voi quali caratteristiche deve avere un luogo di lavoro per ispirare positività e mettere in grado le persone di fare del proprio meglio?

Noi abbiamo provato a metterne insieme qualcuna ma vorremmo sentire anche la vostra opinione:

1) mostrare apprezzamento
2) puntare sul lavoro di gruppo
3) valorizzare i punti forti di ognuno e cercare di smussare i punti deboli
4) creare dei leader capaci di motivare le persone
5) ricompensare chi lavora bene
6) assumere le persone giuste, non semplicemente quelle che costano meno
7) incoraggiare la creatività
8) creare le condizioni giuste per favorire il cambiamento

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martedì 13 dicembre 2011

Cosa fa di una persona un leader?

Nel libro "The Leadership Challenge" vengono ampiamente descritte e spiegate le 5 pratiche quotidiane che rendono una persona un vero e proprio leader.
Eccovele elencate:

• modellare la via da seguire
 • ispirare una vision e renderla condivisa
 • accettare le sfide e aiutare i collaboratori a fare lo stesso, sostenendoli 
• spingere gli altri ad agire
 • parlare al cuore delle persone

E per voi in cosa consiste la leadership?
Per rispondere, fatevi questa semplice domanda: "le persone che preferisco cosa fanno per rendersi speciali mentre lavorano?"
Cercate di rispondere, elencando ciò che vi fa sentire in presenza di un leader, e avrete la vostra personale classifica. 


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lunedì 12 dicembre 2011

Quando nacque il management?

Avete idea di quando nacque il management?

Raymond Chandler, scrittore statunitense, fa risalire l'inizio dell'epoca del management al 5 ottobre 1841, quando due treni passeggeri della Western Railroad si scontrarono a tutta velocità uccidendo un macchinista e un passeggero e ferendo diciassette passeggeri. 
Quel disastro segnò l'inizio di una nuova epoca per il management.

Prima del 1800 il modo di lavorare era molto simile a come era stato fin dal Medioevo: non c'erano "manager" dediti alla "gestione" del lavoro anche perché il lavoro era estremamente localizzato e il responsabile poteva facilmente tenerlo d'occhio semplicemente con un rapido sguardo all'interno del suo laboratorio o negozio o altro.
Più tardi, però, ci fu la scoperta dei giacimenti di carbone nella 
Pennsylvania occidentale e questo portò ad una distribuzione di massa che serviva ad accontentare quanti utilizzavano il carbone come combustibile.  
Si iniziarono, dunque, a utilizzare i sistemi ferroviari per gestire al meglio questa grande distribuzione, con tutti i problemi legati ad un lavoro così diverso da quelli abituali.
Per la prima volta, infatti, nacque un problema estremamente serio: come si poteva seguire una così grande organizzazione distribuita su chilometri e chilometri di territorio?
 
Se escludiamo la chiesa e l'esercito, all'epoca c'erano ben pochi modelli di pratiche gestionali. 

Le ferrovie, dunque, sono state le prime a fare i conti con il moderno management e a gestire problemi ordinari quali due treni che viaggiavano in direzioni opposte sullo stesso binario stabilendo regole che oggi ci sembrano semplici ma che furono rivoluzionarie per l'epoca:


- uffici centrali gestiti da persone chiamate per la prima volta "manager"
divisioni funzionali
- catena del comando e chiare linee di autorità
- chiare linee di comunicazione e reporting
- descrizioni chiare delle responsabilità di ciascun individuo 


Interessante, vero?

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venerdì 9 dicembre 2011

Riflessioni sulla Qualità

Oggi vi propongo una serie di riflessioni di un grande guru della Qualità che Peter R. Scholtes (esperto di leadership scomparso due anni fa)  definì dei veri e propri "frullatori cerebrali".
Eccole!

Più del 95 per cento dei problemi della nostra organizzazione derivano dal nostro sistema, dai processi e dalle metodologie, non dai lavoratori
I collaboratori fanno del loro meglio ma i loro sforzi, per quanto possano essere grandi, non riescono a compensare l'inadeguatezza del sistema.

Per avere successo nel nostro lavoro, continuiamo a volere e a premiare gli sforzi eroici di individui eccezionali; invece dovremmo creare sistemi capaci di consentire un lavoro eccellente in condizioni abituali, come generica conseguenza del lavoro normale di persone normali.

 
Cambiare il sistema cambierà anche le cose che fanno le persone. Modificare quello che fa la gente, invece, non cambierà affatto il sistema.

 
Certi approcci al management - la gestione per obiettivi, la valutazione delle prestazioni, il riconoscimento del merito e l'applicazione delle ISO 9000 - non incarnano la leadership ma, piuttosto, l'abdicazione della leadership.

 
Parole d'ordine quali "empowerment", "responsabilità" ed "elevate prestazioni" sono prive di significato, semplici chiacchiere.

 
Il novantacinque per cento dei cambiamenti effettuati dalle organizzazioni non ha nulla a che fare con il miglioramento.

 
La più grande presunzione dei manager è che possono motivare le persone. I tentativi dei manager di motivare le persone servono solo a peggiorare le cose.


Vediamo se siete così bravi da ricordare quale dei guru della Qualità citati su QualitiAmo si espresse in maniera così cristallina.
E poi una domanda: siete d'accordo su tutto o volete dire la vostra in risposta ad alcune affermazioni?


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mercoledì 7 dicembre 2011

La strada più breve? Non è la più veloce

Vi ricordate quando discutevamo di pensiero laterale? Bene, provate a leggere gli stralci di questo articolo che ho trovato la settimana scorsa e che parla proprio di questo modo di pensare "alternativo".

La notizia è che abbiamo sbagliato tutto. Se viviamo un momento di crisi, economica e non solo, forse è perché non abbiamo adottato l'approccio giusto.
A dirlo è John Kay, uno dei più eminenti economisti inglesi.

(...)

Secondo Kay, affrontare di petto le questioni o raggiungere uno scopo seguendo la via più diretta, non sono i modi migliori per arrivare al traguardo.
Il motivo? La realtà è molto complessa e i fattori in gioco sono sempre troppo numerosi o difficili da tenere sotto controllo. Quindi (...) pensare in maniera obliqua (...) sarebbe il miglior modo per raggiungere la felicità.

(...)

Kay sostiene che le imprese di maggior successo sono quelle guidate da persone non ossessionate dal denaro (...) e che, per salvaguardare meglio la vita delle foreste, non bisogna spegnere tutti gli incendi, ma decidere caso per caso (è la politica adottata, dopo anni di strategie fallimentari, dal National Park Service americano)."

(...)

"Professore, come si ragiona in maniera obliqua?"
"Risolvendo i problemi non dopo aver valutato tutte le opzioni possibili, ma scegliendo da una gamma ristretta.
Di solito, chi prende buone decisioni non lo fa perché dimostra di avere conoscenze enciclopediche, ma perché riconosce i suoi limiti."

(...)

"Lei non parla solo agli economisti...."
"Il mio modello si può applicare agli individui come alle imprese, alla felicità come alla ricchezza.
Il concetto è semplice: si tratta di affrontare obiettivi complessi avvicinandosi indirettamente, anziché correre verso di loro a testa bassa. Le aziende più redditizie non sono ossessionate dal guadagno, ma si concentrano sullo sviluppo di competenze, sul miglioramento dei servizi ai clienti, sui nuovi prodotti."

(...)

"La ragione è semplice: mettono al centro il loro lavoro. E, nel frattempo, producono denaro e benessere."

(...)

"Il pensiero obliquo dice: non possiamo sapere né prevedere tutto, quindi dobbiamo usare solo ciò che conosciamo nel modo migliore possibile."

(Fonte: "Grazia")

Cosa ne pensate?

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martedì 6 dicembre 2011

Ricordiamo tutti gli appuntamenti

Sull'ultimo numero di "Il mio computer" ho trovato un articolo molto interessante che suggerisce come utilizzare i servizi online gratuiti per organizzare i nosttri appuntamenti e le scadenze.

Vediamo cosa ci suggerisce:

(...)

"Ricordati il latte! 
Dietro questo nome si trova un servizio eccezionale: entriamo nel sito Remember the milk  (anche in italiano) e registriamoci.
Potremo usufruire di uno scadenziario di tutto rispetto. L'interfaccia è molto accessibile e intuitiva: abbiamo una serie di pannelli tematici in cui possiamo inserire i vari impegni."



(...)

"Creiamo la scadenza e il servizio ci terrà informati."

(...)

"Mi mando un memo
A volte non abbiamo bisogno di un servizio completo che ci ricordi tutto quello che dobbiamo fare." 

(...)


"Se siamo di quelli che hanno bisogno solo di un aiutino o di un suggerimento ogni tanto, allora proviamo a digitare http://www.memotome.com raggiungeremo un servizio online in lingua inglese che ci invia post-it con le cose da fare e che vorremmo ricordarci.
Ci registriamo e impostiamo il tipo di memo che vogliamo."

(...)

"Poi creiamo il memo, scriviamo e spediamo. Riceveremo un'email giusto in tempo per non fare tardi."

Non ricordiamo mai nulla? 
Se siamo di quelli che hanno bisogno di appuntarsi tutto per poi poter richiamare qualunque informazione archiviata, allora dobbiamo usare Airset.
Registriamoci, è solo in inglese ma l'uso è facile.
Dopo aver creato un account modifichiamo le impostazioni e usiamo subito i servizi partendo dal menù Start.
Possiamo creare spazi e calendari, inserire contatti, messaggi istantanei, creare contenuti e condividere con i nostri collaboratori".

(...)

Voglio la Multi Agenda
Se entriamo nel sito www.mvrsoft.it potremo cominciare a usare da subito la Multi Agenda online che dà il nome a questo servizio.
Questo servizio gratuito funziona come una normale agenda cartacea ma lo fa online.

(...)

Scadenziario 2.0  
Andiamo alla pagina www.toodledo.com/index.php e registriamoci: potremo entrare nel mondo di Toodledo.
Si tratta di un'agenda ispirata alle caratteristiche del Web 2.0, ottima per chi collabora con più persone tramite internet.

(...)


Quelli che si ricordano
All'indirizzo http://www.gestionescadenze.com troviamo un servizio gratuito in italiano. Registriamoci e cominciamo ad usarlo.
Con un'interfaccia chiara e leggibile potremo gestire tutte le nostre scadenze.

(...)

Lo voglio offline
Se quello che cerchiamo è uno scadenziario che non sia online, allora scegliamone uno gratuito. Andiamo all'indirizzo www.espositosoftware.it e scarichiamo Scadenziario Pro.
Il programma è molto agile, sebbene con una grafica un pochino datata.

(...)

Aggiungo che anche Google, con il servizio Calendar, offre un ottimo asistente personale per organizzarvi gli impegni.



E voi cosa utilizzate? Un'agenda cartacea o elettronica? Lo smartphone o il memo sul computer?
Ce lo raccontate?

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lunedì 5 dicembre 2011

Fare tutto senza dimenticare le cose importanti

La scorsa settimana mi sono divertita a leggere due spunti pubblicati sulla rivista "Donna Moderna" che ha intervistato Maurizio Ferraris (filosofo e professore all'Università di Torino) e Chiara Grandin (Life coach) rivolgendo loro una semplice domanda: "come si fa a fare tutto senza dimenticare le cose importanti?"

Ecco le loro risposte che, come vedrete, sono in netta contrapposizione.
Voi, a proposito, cosa ne pensate?
Vi dirò anche la mia opinione...alla fine degli stralci riportati dalla rivista:

Maurizio Ferraris:


"Preso alla lettera, il progetto di riuscire a fare tutto senza dimenticarsi niente di importante è inattuabile.
Gli esseri umani hanno dei limiti, è la loro caratteristica fondamentale e in un certo senso è anche la loro bellezza."

(...)

I rimedi sono tre.
Primo, bisogna rinunciare all'efficienza assoluta: non c'è mai stata, ma oggi è più irraggiungibile che mai.
Secondo; si tratta di attuare lo stesso principio di carità nei confronti dell'efficienza altrui, cioè di comprendere le difficoltà degli altri e di perdonarle il che, di passaggio, ci rende persone migliori.
Terzo, occorre isolare le cose da fare dal mare dei doveri e attuarle poco alla volta, con il tempo che richiedono, senza penare che restano da fare altre cose e che alcune di queste non le faremo mai.

(...)

Chiara Grandin:


"Riuscire a fare tutto è una questione di metodo. Ecco un sistema davvero infallibile.
- Mettere nero su bianco gli impegni"

(...)

- "Rispondere alle tre domande. Lista alla mano, per ogni punto fatevi queste domande e agite:
1) è indispensabile?"

(...)


2) "Richiede meno di due minuti? Si può sbrigare con una telefonata, una breve e-mail o un sms? Se sì, fatelo subito, mettete un segno di spunta e passate alla prossima domanda.

3) Se non la posso eliminare e richiede più di due minuti c'è qualcun altro che potrebbe farla al mio posto? Se sì, delegatela.


(...)


Bene. Con chi siete d'accordo? Io con la seconda teoria perché, per carattere, amo organizzarmi bene e credo che niente sia possibile se impariamo a gestire decentemente i nostri impegni e il nostro tempo.
Detto questo, alla seconda tesi manca un quarto punto fondamentale: ciò che non ho potuto eliminare, risolvere i pochi minuti o delegare va pianificato per essere attuato nel migliore dei modi.


Siete anche voi pieni di impegni e di cose da fare e non trovate mai il tempo per fare tutto?
Che ne dite di seguire i consigli che abbiamo pubblicato tempo fa su QualitiAmo? Eccoli:

Trucchi per organizzarsi
Il Time management


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venerdì 2 dicembre 2011

Le trappole in cui si cade quando si cerca un lavoro (4)

L'ultima "trappola" che mette i bastoni tra le ruote di chi cerca un lavoro è, forse, la più demotivante:



"E' inutile cercare lavoro, tanto non ce n'è!"



E' inutile negarlo: le occasioni di avere un buon posto di lavoro oggi sono davvero poche perché è facile trovare impieghi a tempo, non avere certezze riguardo al proprio futuro, non riuscire a crescere professionalmente o avere a che fare con persone che sono impreparate e inadeguate.
Detto ciò, proprio perché le occasioni sono poche, conviene cercarle in tutti i modi per non farsi trovare impreparati.

Del resto, vi rimangono solo due cose da fare:

  1. ammettere di aver fallito e restare in contemplazione di ciò che gli altri programmeranno per voi senza fare nulla
  2. darvi da fare per cercare di essere tra quei pochi fortunati che troveranno un buon impiego
Non date retta a chi cerca di scoraggiarvi: quello che vale in un ambito professionale può non valere in un altro. Ci sono organizzazioni che stanno assumendo anche in questo momento: bisogna solo trovarle e fare in modo che scelgano voi.
Non è facile, d'accordo, ma sedersi ad aspettare non porta alcun valore aggiunto mentre darsi da fare sì.

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giovedì 1 dicembre 2011

Le trappole in cui si cade quando si cerca un lavoro (3)

La terza "trappola" che spesso sfida chi cerca un lavoro è la seguente:


"Non ho tempo per cercare un lavoro in questo momento"



La realtà dimostra che prima inizierete a cercarvi un lavoro (non importa che sia il primo o una nuova esperienza), prima lo troverete.

Purtroppo cercare lavoro può essere molto demotivante, soprattutto in un periodo di crisi come questo.
La fatica, infatti, è pari a quella di un vero e proprio lavoro ma le soddisfazioni non sono nemmeno lontanamente paragonabili, a iniziare dal fatto che non verrete pagati per il tempo che dedicherete a questa attività.

Ecco perché spesso si sbotta con un seccatissimo: "Un lavoro? E chi ha il tempo per cercarlo?"

Il modo migliore per procedere, in questi casi, è quello di scomporre il vostro impegno in tante piccole attività e di collocarlo all'interno di una fascia quotidiana ben precisa durante la quale dedicargli, poniamo, mezz'ora.
In mezz'ora ogni giorno potrete tenere d'occhio i principali annunci economici, rileggere e correggere i vostro curriculum, riscrivere la vostra lettera di presentazione, inviare il curriculum a una o più organizzazioni ecc.
Alla fine della settimana avrete dedicato al vostro futuro ben 3 ore e mezza di tempo. Non male se riuscirete ad essere costanti.
Ricordate che siete i soli a poter fare qualcosa per cambiare la vostra attuale situazione professionale e che senza impegno non si ottiene nulla.

Domani ci ritroveremo qui per parlare dell'ultima "trappola" che vi impedisce di dare il meglio quando cercate un lavoro. 

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mercoledì 30 novembre 2011

Le trappole in cui si cade quando si cerca un lavoro (2)

La seconda grande "trappola" nella quale è facile cadere quando si cerca un lavoro (non importa se si è ancora studenti o se si ha già qualche anno di esperienza nel mondo del lavoro) è la seguente:

"Il mio percorso di studi (o il lavoro fatto finora) non si collega direttamente a nessuna professione", oppure; "non voglio seguire la carriera tracciata dal mio percorso di studi (o dal lavoro fatto fino ad oggi)"


Gli studi, le specializzazioni e l'esperienza maturata non devono per forza essere direttamente collegati alla vostra carriera professionale.

Focalizzatevi su ciò che avete imparato e sulle competenze che avete sviluppato e cercate di capire quali conoscenze avete maturato e come sarebbe possibile trasferirle in un ambito professionale a voi più consono che non corrisponda al naturale sbocco del vostro percorso di studi o dell'esperienza maturata fino ad oggi.


Domani la terza trappola che spesso scatta in chi cerca un nuovo lavoro. Resterete con noi? ;o)


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martedì 29 novembre 2011

Le trappole in cui si cade quando si cerca un lavoro

Quando si cerca lavoro da tanto tempo, è facile diventare preda di una serie di "trappole" che ci spingono a rinunciare.
Cerchiamo, dunque, di identificare insieme quali sono questi meccanismi psicologici che ci demotivano e di capire come combatterli.


"Non so cosa voglio fare nella vita"

Non sapere cosa si vuole davvero fare nella vita e non fissare un obiettivo chiaro è il primo passo per cadere in questa trappola. Questo meccanismo negativo agisce soprattutto su chi ha appena terminato il proprio corso di studi e si sta approcciando per la prima volta al mercato del lavoro.

Come abbiamo spiegato molte volte, una strategia per trovare un lavoro deve partire dalla definizione dei propri obiettivi al riguardo.
I vostri obiettivi possono anche essere più di uno ma è importante concentrare tutte le proprie energie solo su uno, almeno all'inizio.

Intendiamoci, questo non significa che - se volete fare il Responsabile Qualità - dobbiate rifiutare tutti i lavori che non hanno attinenza con questo (ci mancherebbe altro, visto il periodo di crisi!) ma, semplicemente, che dovrete cercare di tirare fuori tutto ciò che impararerete in questa vostra parentesi professionale cercando di collegarlo al vostro obiettivo.

Cerco di spiegarmi meglio: poniamo che vi abbiano offerto un lavoro come Operatore di call center. Ovviamente questa mansione è lontana anni luce dal lavoro di Responsabile Qualità che vorreste ma potreste imparare a gestire al meglio i clienti, a tranquillizzarli quando sono arrabbiati, ad approcciarli nel migliore dei modi e spiegare tutto questo nel vostro curriculum quando andrete a delineare questa esperienza lavorativa.
La cosa importante è far capire a chi vi legge che tutto ciò che avete fatto e avete imparato l'avete fatto e imparato pensando alla Qualità e a quello che sarà il vostro mestiere definitivo.

Domani esamineremo insieme una nuova "trappola", non mancate!

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lunedì 28 novembre 2011

La paura di parlare

"Riza Psicosomatica" di questo mese affronta un tema che, secondo me, è molto sentito soprattutto nel mondo del lavoro: la paura di non sapere cosa dire.

Quante volte ci siamo ritrovati in una riunione e non siamo riusciti ad inserirci nella discussione solamente perché avevamo paura di parlare? Magari ci è già successo anche in un lavoro di gruppo o - perché no - qui sul forum di QualitiAmo dove tutti sembrano così preparati da indurci a pensare di non essere all'altezza.

La rivista ci offre tre consigli pratici per vincere questa paura:

  1. non forziamoci a prendere la parola - il primo passo è legittimarsi nella possibilità di stare in silenzio o di dire anche solo pochissime parole. Non succede niente. Piuttosto impariamo a sfruttare il silenzio per spostare la nostra attenzione da noi stessi agli altri, per osservarli meglio, per farci un'idea più precisa di quello che stanno dicendo e - di conseguenza - per produrre riflessioni di cui, volendo, potremmo parlare
  2. parliamo di ciò che conosciamo - portiamo il discorso su un terreno nostro, su argomenti che ci sono familiari ma - soprattutto - che ci piacciono. Se - invece - non ci interessano, non saper cosa dire è naturale! Anzi, sarebbe bello che tante persone non parlassero a vanvera di ciò di cui non sanno niente. Se vogliamo possiamo fare domande, chiedere, informarci. Non rischiamo niente
  3. disinneschiamo il "giudice interiore" - è fondamentale ridurre il nostro giudice interno che non ci lascia liberi di esprimerci. Non importa che gli altri ne sappiano più di noi se abbiamo voglia di condividere con gli altri la nostra opinione. Ricordate che, spesso, chi sembra sapere tutto e si atteggia a superiore è solamente una persona che ha imparato a "vendersi" bene

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venerdì 25 novembre 2011

Il candidato perfetto secondo i cacciatori di teste

Qual è la lista dei desideri che i cacciatori di teste esprimono riguardo al candidato perfetto? Vediamola insieme:

- buona capacità di comunicare verbalmente e per iscritto
- etica
- capacità di interagire con le persone
- attitudine al lavoro di squadra
- capacità analitiche
- flessibilità, adattabilità
- attenzione ai dettagli
- buona iniziativa
- esperienza pregressa
- capacità di Problem solving


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giovedì 24 novembre 2011

Motivare le persone

Torniamo sull'argomento motivazione per riassumere brevemente ciò che si deve e ciò che non si deve fare per motivare i nostri colleghi o collaboratori.

Cosa fare per motivare

  • assicurarsi che colleghi e collaboratori abbiano tutto il supporto di cui hanno bisogno
  • garantire loro gli strumenti necessari per poter lavorare
  • comunicare con loro chiaramente anche se questo richiede tempo
  • condividere con loro tutte le informazioni necessarie per svolgere un buon lavoro. Non nascondere nemmeno eventuali cattive notizie
  • adottare la politica della "porta aperta", cioè essere sempre pronti ad ascoltare chi ha bisogno del nostro aiuto
  • incoraggiare la creatività
  • quando non si può implementare un'idea presentata, spiegare sempre il perché ed, eventualmente, quando si pensa di poterla applicare
  • far sapere quanto ogni collaboratore/collega è stato utile all'organizzazione all'interno di un quadro generale

Cosa NON fare per motivare
  • sottolineare a colleghi/collaboratori che sono fortunati ad avere un lavoro
  • non rispondere a chi ci fa domande o ci chiede informazioni
  • ignorare le voci di corridoio e non fornire una versione ufficiale delle questioni più delicate
  • non supportare le nuove idee
  • non riconoscere il contributo dei colleghi o collaboratori all'interno dell'organizzazione
Vi viene in mente altro?

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mercoledì 23 novembre 2011

Rendersi indispensabili (4)

Ultimo appuntamento per imparare come sfruttare al meglio le nostre caratteristiche positive.

Abbiamo visto:

  • come individuare i nostri punti di forza
  • come scegliere quello su cui concentrarci
  • come decidere quale aspetto migliorare
oggi vedremo, invece, insieme:

Come migliorare la caratteristica scelta del punto di forza su cui vogliamo concentrarci

Poniamo che voi, da bravi motivatori, sappiate scrivere bene, spiegare chiaramente i concetti, aiutare le persone a capire cosa ci si aspetta da loro, parlare con i diversi livelli della vostra organizzazione scegliendo il linguaggio più adatto, ecc. ma che non sappiate assolutamente essere concisi.
Ecco, questa sarà la caratteristica legata alla comunicazione che dovrete sviluppare.

Potete iniziare raccogliendo materiale online (se vi serve qualche input, fatecelo sapere. Potremmo decidere di parlare di quell'argomento su QualitiAmo), leggendo dei libri dedicati all'argomento, facendo pratica in famiglia e con gli amici e chiedendo a tutti di suggerire come essere più concisi ed incisivi.
Se scoprirete - poi - che l'argomento vi appassiona davvero, potrete decidere di frequentare un corso (dal vivo o virtualmente, tramite internet) o di affidarvi a un coach.

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martedì 22 novembre 2011

Rendersi indispensabili (3)

Terzo appuntamento con la nostra crescita professionale. Dopo aver individuato i vostri punti di forza e aver scelto quello sul quale concentrarvi, oggi vedremo insieme come:

Sviluppare un nuovo aspetto del vostro punto forte

Poniamo, ad esempio, che siate molto bravi a motivare i vostri colleghi.
Vediamo quali competenze si accompagnano, solitamente, a questa caratteristica:

  • capacità di connettersi con gli altri a livello emozionale
  • capacità di comunicare una visione chiara e una direzione univoca
  • buona predisposizione alla comunicazione
  • volontà di far crescere gli altri
  • predisposizione a prendere l'iniziativa
  • ecc.
Ora, fermatevi un attimo a riflettere su quale delle caratteristiche elencate non avete ancora sviluppato pur essendo dei bravissimi motivatori.
Una volta individuata, non dovrete fare altro che iniziare a formarvi in questo nuovo campo per rendervi ancora più imbattibili e potenziare notevolmente quello che è già un vostro punto di forza.

Ricordate sempre che dovrete scegliere un percorso che sia importante per la vostra organizzazione e che abbiate voglia di seguire anche se, in questo caso, dovrete concentrarvi sui punti più deboli. Se sapete motivare le persone ma avete qualche difficoltà a comunicare bene, ecco che è questa la strada che dovrà seguire il vostro empowerment!

Ma quali sono le caratteristiche complementari che corrispondono ai singoli pregi di un leader che abbiamo elencato ieri?
Non abbiate fretta, questa è materia da Q-club e presto faremo un piccolo esercizio per trovarle tutte. ;o)

A domani per le conclusioni!

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lunedì 21 novembre 2011

Rendersi indispensabili (2)

Dopo aver visto come raccogliere informazioni sui nostri punti di forza, cerchiamo di capire insieme come concentrarci su quella nostra caratteristica capace di renderci indispensabili per l'organizzazione per la quale lavoriamo.

Scegliere su quale punto di forza focalizzarsi

Scegliere tra "buono" e "cattivo" è semplice. Scegliere, invece, tra "buono" e "buono" non lo è affatto.
Per non disperdere le vostre energie, però, dovrete concentrarvi - almeno all'inizio - solo su una vostra caratteristica positiva e impegnarvi al massimo per evidenziarla.

Sono due le cose che dovrete tenere presenti nella vostra scelta:

  1. la caratteristica vincete deve essere importante per la vostra organizzazione (i punti forti non ritenuti importanti per la vostra azienda sono dei semplici hobby, importanti per voi ma privi di valore aggiunto nel posto dove lavorate)
  2. dovrete avere voglia di lavorare su questo punto, quindi - per ottenere il massimo - vi dovrà piacere farlo
Iniziamo col raggruppare le principali caratteristiche che identificano un leader:

A questo punto, per ognuna di esse, fatevi le seguenti domande:
  1. Devo cercare modi per migliorare questa caratteristica?
  2. Devo cercare nuovi modi per sfruttare questa caratteristica?
  3. Lavorare su questo mio punto di forza tende ad esaurirmi e a rubarmi le forze o mi piace?
  4. Esistono progetti in azienda dove potrei applicare questo mio punto di forza?
  5. Riuscirò a trovare il tempo per migliorare questa caratteristica?
  6. Mi piacerà migliorarla?

Se avrete fatto bene i "compiti" fino a qui, scegliere sarà un gioco da ragazzi!

A domani per vedere come sviluppare, invece, un nuovo aspetto legato al vostro punto forte.

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venerdì 18 novembre 2011

Rendersi indispensabili

Recentemente ("Harvard Business Review" di ottobre) è stato pubblicato un articolo molto interessante che spiega come "rendersi indispensabili" all'interno della propria organizzazione, ovvero come accrescere di continuo le competenze non dimenticando di sottolineare ciò che già facciamo molto bene.

Il rendersi indispensabili passa attraverso 4 tappe obbligate che vedremo una ad una nel dettaglio:

  1. identificare i propri punti di forza
  2. sceglierne uno sul quale focalizzarsi in base all'importanza che potrebbe rivestire all'interno dell'organizzazione e alla vostra voglia di migliorarlo su base continua
  3. sviluppare un nuovo aspetto del vostro punto forte
  4. migliorare la caratteristica scelta del punto di forza su cui abbiamo scelto di concentrarci
Identificare i vostri punti forti

Ci sono moltissimi modi per identificare i propri punti di forza ma la cosa importante è non dimenticare che queste vostre doti devono essere riconosciute prima di tutto dagli altri perché la leadership si occupa dell'effetto che farete sugli altri.
Non importa, dunque, se credete di essere il miglior pianificatore del mondo se gli altri vi considerano una persona mentalmente disordinata.

La strada migliore da seguire per individuare i vostri punti di forza è quella di fare domande a chi lavora con voi (colleghi, responsabili, collaboratori interni ed esterni, ecc.) permettendo di rispondere in maniera assolutamente anonima.
Purtroppo pochissime organizzazioni hanno la volontà di condurre un'indagine del genere, quindi - se non siete così fortunati da lavorare proprio per una di queste - cercate di raccogliere i dati che vi riguardano parlando francamente con i vostri colleghi, anche (soprattutto) con quelli con cui andate meno d'accordo.

Una volta raccolti i risultati della vostra piccola indagine, cercate di non focalizzarvi troppo, almeno all'inizio, sui risultati negativi provando - invece - a capire quale vostra caratteristica vi rende vincente rispetto ad altri.
Ricordate che chi viene ritenuto indispensabile (in senso buono) all'interno di un'azienda non è colui che sa fare abbastanza bene molte cose ma colui che ne fa davvero bene una che per l'azienda è vitale. E' questa vostra caratteristica che vi permetterà di mettere in secondo piano ciò che non sapete (ancora) fare bene.
Ovviamente, più caratteristiche positive riuscirete a sviluppare ad un ottimo livello, meglio sarà ma non si può essere bravi in tutto.

Lunedì vedremo insieme come scegliere quale punto forte evidenziare per riscuotere maggior successo all'interno della vostra organizzazione.

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giovedì 17 novembre 2011

Torniamo sul film "Carnage"

Ricordate quando, qualche settimana fa, abbiamo parlato del film "Carnage" spiegando come potesse essere utilizzato per spiegare alcune dinamiche di gruppo e la gestione dei conflitti?
Bene, il numero di "Mente & Cervello" di novembre ha scelto proprio questo film per fare la sua consueta analisi psicologica.

Vediamo, dunque, cosa aggiunge a ciò che abbiamo già detto e cosa - in particolare - può essere di qualche interesse per chi si occupa di Qualità e di management in generale:

"Presto infatti emerge la qualità inane e patetica della funzione genitoriale adulta di padri e madri che dovrebbero ammonire, emendare, punire, ma soprattutto dovrebbero rendere consapevoli i figli delle differenze tra bene e male o almeno delle regole della convivenza civile.
Ma si sa che non si può trasmettere agli altri ciò che non si ha; ed entrambe le coppie sono troppo incerte sui loro valori, intrappolate nella spasmodica esigenza di mostrare una facciata lusinghiera, ciascuno blindato nei suoi preconcetti e nei suoi modelli."

Ebbene, questi signori non vi ricordano molto da vicino certi manager che dovrebbero far crescere i collaboratori che lavorano insieme a loro e che invece, spesso, si dimostrano più immaturi di chi dovrebbero formare? E quanto è importante avere certezza dei propri valori per chi fa il nostro mestiere?

"La scena finale è di nuovo collocata nel giardinetto, dove - sempre in lontananza -vediamo quegli stessi ragazzi giocare come se niente fosse accaduto, dopo essersela cavata tra di loro in barba a tutte le contorte complicazioni ideologiche e pedagogiche dei genitori."

Ecco, i manager incapaci fanno proprio la fine di quei genitori che risultano incapaci di risolvere alcunché. I figli del film, che si rivelano molto più svegli di padri e madri che si accapigliano, ricordano - invece - da vicino certi collaboratori che fanno funzionare le aziende...spesso a dispetto di questa categoria di manager!

Ed ora spazio ai commenti. Qualcuno di voi ha visto il film? In caso negativo, che idea se n'è fatta?

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mercoledì 16 novembre 2011

Trovare lavoro: un articolo di Wired (2)

Seconda parte dell'articolo di Wired che abbiamo iniziato a pubblicare ieri.


Approfittare del fattore F


"Fan", "Follower", "Friend" attivi e coinvolti sono il sogno di tutti. Eppure noi li abbiamo già e ci fidiamo di loro: sono la nostra cerchia più ristretta di amici, parenti, colleghi. 
Su internet possono diventare la nostra cassa di risonanza, i nostri sponsor più convinti.


(...)


Una vera ricchezza, soprattutto se tra i loro contatti si nasconde si nasconde l'opportuinità della vita.


Come fare nuove connessioni? Scoprire di cosa uno ha bisogno e offrirgli una soluazione.


Prima legacy, poi currency


Un buon personal brand pianifica le sue azioni nel tempo e lavora alle fondamenta (legacy), si comporta sempre in maniera congruente ai propri valori, non fa autopromozione (ma chi ci crede ancora?) e non brucia la propria immagine. Sa che internet non dimentica nulla e guarda lontano, ragiona in termini di anni.


Con il tempo, se viene percepito come interessante, utile e esperto, arriveranno i primi inviti per eventi di settore, anche a pagamento (currency) e le prime richieste di consulenza, apparizioni sui media, nuovi progetti, ecc.


(...)

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martedì 15 novembre 2011

Trovare lavoro: un articolo di Wired

Leggendo il mensile "Wired" ho trovato un articolo che credo possa essere utile a chi, cercando un lavoro e nuovi contatti professionali, è interessato ad usare la Rete per ottenere visibilità.
Il titolo è: "Trasforma te stesso in un marchio" e ora vado a riportarvi gli stralci più interessanti:

Mandare il curriculum alle aziende, con l'attuale economia del lavoro, è un'attività equiparabile al volantinaggio. Ma ha un aspetto positivo: sprona sempre più persone ad approfittare della rete per farsi scoprire dalle aziende o inventare nuove professioni, spesso con inaspettati e clamorosi successi.

(...)

Chi ha successo in una rete tanto affollata sa che è fondamentale imparare a diventare rilevanti e degni di nota, guadagnarsi il diritto di essere seguiti. La via? Comunicare in maniera limpida e immediata la ragione per cui qualcuno dovrebbe sceglierci.
Si chiama "personal branding" e questi sono alcuni passi fondamentali.

Diventare media di se stessi

(...)

Oggi tutti hanno la possibilità di raggiungere un pubblico, di esprimere e dimostrare la propria competenza e creatività.
Ovviamente i contenuti prodotti devono essere eccellenti.

Ben vengano allora i profili su Facebook, You Tube, LinkedIn e Twitter secondo inclinazioni e talenti.

(...)


Differenziarsi


Per attirare l'attenzione e farsi ricordare occorre essere differenti.

(...)

Online questo non significa solo offrire una prospettiva unica e scegliere gli argomenti o il pubblico cui fare riferimento. Significa anche utilizzare la risorsa più importante che abbiamo a nostra disposizione: la personalità. Mai temere di esprimerla abbastanza.


(...)

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lunedì 14 novembre 2011

Di cosa si occupa la Qualità? (2)

La comunità 
La comunità dove si sviluppa la nostra organizzazione deve sopravvivere se la nostra azienda vuole sopravvivere. Garantire, ad esempio, un ambiente libero dall'inquinamento dovrebbe essere una delle responsabilità principali di qualsiasi organizzazione. 
Requisiti di legge e regolamenti 
Tutti i requisiti di legge e i regolamenti di settore devono essere rispettati. Ad esempio:

  • si deve prestare attenzione ai salari minimi del Paese in cui si opera, così come agli orari di lavoro, agli straordinari, all'età minima per l'occupazione, alle norme di sicurezza, ecc.
  • quando le attività sono in outsourcing, è responsabilità dell'organizzazione assicurare che le persone siano pagate il giusto e che ci sia aderenza a quanto prevede la legge
  • i dipendenti devono avere un'assicurazione che tuteli la loro sicurezza e la loro salute
  • tutti gli aspetti della sicurezza devono essere aderenti alla legge del Paese
  • i requisiti normativi relativi alla sicurezza dei prodotti e alla sicurezza del consumatore devono includere un certo numero di fattori che dipenderanno dalla natura del prodotto
Requisiti contrattuali
I requisiti contrattuali dovranno prendere in considerazione:
  • che la merce spedita e consegnata corrisponda esattamente a ciò che è stato richiesto dal cliente
  • che le caratteristiche del prodotto citate corrispondano alle reali caratteristiche del prodotto
  • che i colli siano imballati come specificato dal produttore, come previsto dalla legge o dalle normative vigenti e come richiesto dal cliente
Etica degli affari
L'etica nel business include:
  • il fatto che i prodotti mostrati nei cataloghi siano identici a quelli consegnati al cliente
  • che le prestazioni siano erogate così come promesso al cliente (personalmente o tramite la pubblicità)
  • che la qualità del prodotto corrisponda agli esemplari mostrati al cliente in occasione di un incontro precedente (fiere, visite in azienda o altro)
  • che la documentazione di supporto sia adeguata, come concordato col cliente
Istruzioni
Il prodotto dovrà essere accompagnato da istruzioni chiare capaci di descriverlo chiaramente, spiegando il suo impiego e le precauzioni da adottare durante il suo utilizzo

Vi viene in mente altro?

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venerdì 11 novembre 2011

Di cosa si occupa la Qualità

La Qualità dovrebbe, almeno, prendere in considerazione le seguenti parti interessate:

I clienti 

Dovremo considerare le caratteristiche del prodotto e le tolleranze, che la consegna sia allineata con la data richiesta, che il prezzo sia ragionevole e il servizio rapido e tempestivo.  
Anche la tecnologia e i sistemi adottati devono essere adeguati alle esigenze della Qualità, così come la formazione che deve essere adatta a supportare persone che devono saper lavorare in Qualità.L'impianto stesso, inteso come edificio, dovrebbe avere la capacità di produrre la quantità necessaria di prodotto nel giusto periodo di tempo e in linea con le richieste dei clienti.
Gli standard internazionali

I sistemi di misurazione adottati all'interno delle nostre organizzazioni devono essere in lineacon sistemi riconosciuti a livello internazionale. Allo stesso modo, l'etichettatura e la marcatura devono soddisfare i requisiti di legge e i regolamenti.

I requisiti normativi 

La sicurezza dei prodotti così come quella degli utenti è la preoccupazione principale delle normative. Anche gli interessi generali della comunità e l'attenzione all'ambiente sono presi in seria considerazione durante lo sviluppo delle norme regolamentari. E' essenziale per qualsiasiorganizzazione aderire alle disposizioni di legge e ai regolamentari di settore.

I requisiti etici 
I requisiti etici da considerare riguardano le persone, i loro valori, l'etica negli affari e gli obblighi sociali. Si può sicuramente fare business senza prestare nessuna attenzione all'etica ma sarà un business breve. 
I fornitore 
L'aspettativa principale dei fornitori è vedersi pagare regolarmente per i materiali e i servizi che abbiamo acquistato da loro. I fornitori, infatti, non possono sopravvivere se i pagamenti non vengono erogati per tempo ed è quindi logico che l'organizzazione che li mette in queste condizioni non possa aspettarsi una buona qualità dai loro prodotti e dai loro servizi.

I dipendenti 
I dipendenti sono la spina dorsale di qualsiasi organizzazione. Meno i dipendenti saranno coinvolti nelle attività dell'azienda e meno sarà possibile ottenere le prestazioni richieste in termini di qualità, produttività, costo, soddisfazione dei clienti, reputazione, ecc.
Una buona remunerazione per il lavoro svolto e la sicurezza sul posto di lavoro sono i requisiti principali che vanno a costituire la serenità dei dipendenti, ed è compito del management delle singole organizzazioni assicurarle. Accanto a questi due requisiti primari, si affiancano la possibilità di crescere, la sicurezza sociale e le attività assistenziali che vanno a costituire il welfare delle aziende di cui abbiamo parlato molte volte.

(continua...)

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giovedì 10 novembre 2011

Tokyo Vice e le procedure

In questi giorni sto leggendo "Tokyo Vice", biografia avvincente di un giornalista americano in lotta contro la "yakuza" (la mafia giapponese).
La vicenda si svolge nel 1993. Leggete un po' cosa succede quando il nostro aspirante giornalista entra per la prima volta nella redazione del "Yomiuri Shimbun", il più importante quotidiano giapponese:

"Poi Nakajima ci consegnò: una copia del manuale dei cronisti di nera, versione 1.1, dal titolo UN GIORNO NELLA VITA DEL CRONISTA DI NERA; un cercapersone che avremmo tenuto eternamente agganciato al fianco e che doveva restare sempre acceso; infine una serie di documenti - collezioni di articoli suddivisi in categorie come Rapina, Omicidio, Aggressione, Incendo doloso, Stupefacenti, Criminalità organizzata, Appalti truccati, Incidenti stradali e Scippi"

(...)

"Questi sono esempi di pezzi che scriverete come cronisti di nera - disse Nakajima. - Studiate gli articoli e tenete a mente lo stile. Nel giro di una settimana, mi aspetto che abbiate imparato."

Vi ricordo che era il 1993 e che nella redazione di un quotidiano (mi viene da ridere se penso ai nostri...) avevano le procedure! Commovente, vero?
E' vero che non si diventa certo giornalisti con le procedure ma credo che molti dei nostri professionisti odierni ne avrebbero veramente bisogno.

Ah! Se siete interessati all'argomento, il libro è straordinario: una biografia scritta col piglio di un romanzo che svela molti lati oscuri della civiltà giapponese. Io lo sto divorando! ;o)

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mercoledì 9 novembre 2011

L'utopia di Adriano Olivetti diventa realtà

Sul numero del Venerdì di Repubblica di un paio di settimane fa abbiamo trovato un interessante articolo su Adriano Olivetti, preparato perché in questi giorni è stato pubblicato un fumetto che immagina che le sue idee rivoluzionarie ispirino un nuovo Rinascimento nell'Italia del 2060.

Ve ne riportiamo alcuni stralci.

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Provate a immaginarlo. "Adriano aveva allora la barba, una barba incolta e ricciuta, di un colore fuulvo; aveva lunghi capelli biondo fulvi, che si arricciolavano sulla nuca, ed era grasso e pallido.
La divisa militare gli cadeva male sulle spalle, che erano grasse e tonde; e non ho mai visto una persona, in panni grigio verdi e con una pistola alla cintola, più goffa e meno marziale di lui..."

Così Natalia Ginzburg, che sarebbe diventata sua cognata, descriveva in "Lessico famigliare" un giovane Adriano Olivetti.

"Aveva un'aria molto malinconica, forse perché non gli piaceva niente fare il soldato; era timido e silenzioso, ma quando parlava, parlava allora a lungo e a voce bassisssima, e diceva cose confuse ed oscure, fissando il vuoto con piccoli occhi celesti, che erano insieme freddi e sognanti..."

(...)

Il fumetto proietta Olivetti nel 2060, a un secolo esatto dalla sua scomparsa.

(...)

Olivetti dipana il proprio pensiero in un'intervista immaginaria rilasciata a una studentessa in vista del bicentenario dell'unità d'Italia. Un'Italia che - immagina la graphic novel - sta vivendo un Nuovo Rinascimento, organizzata in distretti culturali che avvicinano cittadini e funzionari, produttori e consumatori, il Nord e il Sud, secondo la lezione dell'ingegnere di Ivrea.

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martedì 8 novembre 2011

I fornitori e la ISO 9001

Su un numero di qualche tempo fa di Quality Progress ci si interrogava su cosa alle organizzazioni  interessasse valutare in tema di fornitori. La risposta, ovviamente, è stata: "l'aderenza agli standard della Qualità e alle cogenze applicabili".

Lo standard ISO 9001 è il più applicato in Italia e nel mondo ma non è certo l'unico se parliamo di fornitori. Esistono, infatti, standard più avanzati e specifici quali, ad esempio:

- AS9100, dedicata al settore aeronautico
- ISO/TS 16949, dedicata all'automotive
- ISO 13485, dedicata ai dispositivi medici
- ISO 22000, dedicata al settore alimentare

Quando le organizzazioni e i loro fornitori cercano di individuare i gap tra i diversi sistemi di gestione, spesso iniziano a nascere i primi problemi di incomprensione. C'è un metodo, tuttavia, che potrebbe essere di aiuto in questi frangenti e che si chiama "ISO 9001 modificata", una sorta di linea guida basata sulla ISO 9001 e sul risk management.

Ne parleremo domani, non mancate!

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