venerdì 28 febbraio 2014

I 10 principi per progettare bene

Da vostra richiesta, eccoci a parlarvi dei dieci principi elencati da Dieter Rams per progettare bene.
Prima di arrivare all'elenco, vi diamo un paio di notizie su Dieter Rams, desiger tedesco che lavorò per più di trent'anni alla Braun realizzando alcuni tra i suoi prodotti più famosi e che stilò questo elenco nei primi anni '80 e che oggi viene considerato un riferimento per la cosiddetta "progettazione sostenibile".

Il suo motto era: "weniger, aber besser" che, as panne (Dario...aiuto!) dovrebbe essere: "meno, ma meglio".

Passiamo subito all'elenco e poi lasciamo spazio ai vostri interventi:
  1. una buona progettazione è innovativa;
  2. una buona progettazione produce qualcosa di utile (perché un prodotto, prima di tutto, viene creato per essere usato e perché possa essere usato non dovrà essere solamente funzionale ma rispondere ad alcune esigenze legate alla psicologia dell'utilizzatore);
  3. una buona progettazione produce qualcosa di bello dal punto di vista estetico;
  4. una buona progettazione produce un prodotto ben comprensibile da parte di chi lo usa in modo che l'utilizzatore possa intuire facilmente come usarlo;
  5. una buona progettazione produce qualcosa di che non si imponga troppo per lasciare all'utilizzatore lo spazio per esprimere tutte le sue potenzialità;
  6. una buona progettazione è onesta (cioè non tenta di mostrarsi per ciò che non è e non inganna l'utilizzatore del prodotto promettendo ciò che non è in grado di mantenere);
  7. una buona progettazione dura nel tempo;
  8. una buona progettazione è accurata fino al singolo dettaglio;
  9. una buona progettazione è amica dell'ambiente;
  10. una buona progettazione si fonda sul minimo di progettazione necessaria
A questi principi già molto interessanti Rawsthorn aggiunse nel 2008 il concetto che una buona progettazione deve produrre qualcosa di "semplice per l'utilizzatore" e Pedersen affiancò nel 2009 i suoi dieci principi che spiegano come la progettazione debba essere:
  1. sostenibile;
  2. accessibile;
  3. funzionale;
  4. fatta bene;
  5. emozionante;
  6. capace di durare nel tempo;
  7. socialmente utile;
  8. bella;
  9. ergonomica;
  10. conveniente

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giovedì 27 febbraio 2014

Peter Sange e la learning organization

Ricordate Peter Senge e il suo concetto di learning organization?

Proviamo a riassumere brevemente i punti salienti della sua filosofia che ci spiega come, un'organizzazione che voglia apprendere dall'esperienza fatta, debba:
  1. poter contare su persone davvero coinvolte in ciò che fanno e desiderose di imparare
  2. imparare a portare alla luce gli assunti e le generalizzazioni profondamente radicati nella cultura dell'organizzazione per poterli finalmente verificare apertamente 
  3. condividere l'idea che si ha di futuro per la quale ognuno si deve impegnare seriamente
  4. impegnarsi a lavorare in team perché l'intelligenza che deriva dal lavoro di squadra è spesso superiore a quella dei singoli che compongono il team. Quando un gruppo si impegna ad imparare non produce solamente risultati straordinari ma permette ai singoli che lo compongono di crescere molto più rapidamente che in qualsiasi altra situazione
  5. tutto questo lavoro deve essere supportato da un sistema che supporti le persone nei loro processi di pensiero disegnando modelli che le aiutino a vedere gli effetti di quel cambiamento che auspicano o che stanno implementando
Se qualcuno vuole approfondire la conoscenza di questo straordinario pensatore, su QualitiAmo può trovare una pagina a lui dedicata.

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mercoledì 26 febbraio 2014

Gestire in maniera efficace i lavoratori della conoscenza (2)

Riprendiamo il nostro discorso relativo ai cosiddetti "lavoratori della conoscenza", ricordando che i due fattori critici capaci di influenzare la produttività di un processo sono:
  1. il modo in cui il lavoro è strutturato
  2. la capacità di far tesoro dell'esperienza maturata
Questi due fattori, ovviamente, sono dipendenti uno dall'altro perché come è strutturato un processo influenza direttamente la nostra capacità di apprendere da esso. Una mancanza di riscontro tra come viene strutturato il lavoro e la realtà di come viene, invece, svolto crea inefficienze enormi.

Per uscire da questa situazione bisogna capire che il principio in base al quale gestire il lavoro di concetto rispetto a quello più operativo deve essere il progetto e non la singola attività.
I lavoratori della conoscenza daranno, dunque, il loro contributo ai diversi progetti là dove sono necessarie le loro capacità.

Far lavorare questa tipologia di professionisti per progetti e non per singole attività significa anche mantenere alto il loro interesse perché si permette loro di impegnarsi in lavori diversi e sfidanti che spesso permettono anche di migliorare le competenze acquisite.

Certo, gestire le singole attività di queste persone può far pensare di esercitare un controllo maggiore sul loro operato ma ne vale davvero al pena se poi perdiamo di vista la cosa più importante che è poi quella per cui dovremmoi aver assunto un lavoratore della conoscenza: la sua flessibilità nel passare facilmente da un progetto all'altro?

Cosa ne pensate?

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martedì 25 febbraio 2014

Gestire in maniera efficace i lavoratori della conoscenza

Su uno degli ultimi numeri della rivista HBR (versione USA) ci si interroga su come debbano essere gestiti i "lavoratori della conoscenza", termine coniato per la prima volta da Peter Drucker che indica le persone non strettamente produttive come i manager.

Quando c'è una crisi è innegabile che le organizzazioni inizino a considerare queste persone come "poco produttive" ma, senza considerare i costi umani e sociali legati a questo modo di pensare, è altamente inefficiente gestire le proprie risorse in questo modo e proviamo a spiegarvi perché.

Il problema forse risiede nel fatto che non abbiamo ancora compreso a fondo le differenze e le similitudini tra questa tipologia di lavoratori e coloro che si dedicano al lavoro più strettamente manuale.

Il primo errore compiuto dalle organizzazioni è pensare che i lavoratori della conoscenza possano essere gestiti come gli operativi che svolgono ogni giorno lo stesso tipo di attività.
Il secondo, che deriva dal primo, è che la conoscenza sia necessariamente confinata nelle menti di questi lavoratori e non possa essere codificata e trasmessa agli altri.

Partiamo dall'inizio: cosa fanno i lavoratori della conoscenza? Non costruiscono direttamente un prodotto ma producono qualcosa di altrettanto prezioso: le decisioni. Decisioni su cosa vendere, a che prezzo, a chi, con quale strategia, attraverso quale sistema logistico, in quali posti, coinvolgendo quali dipartimenti, ecc.

Alla scrivania o nelle sale riunioni, queste persone prendono decisioni importanti ogni giorno. Le loro materie prime sono i dati, i loro output sono analisi, raccomandazioni e decisioni.

Domani continueremo questo discorso ma, nel frattempo, ci piacerebbe sapere se nelle vostre realtà si fanno discorsi basati sull'assunto che chi prende decisioni non sia operativo e, in tempo di crisi, non sia poi così utile alle aziende.

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lunedì 24 febbraio 2014

Mostrarsi felici al lavoro: un azzardo?

Molte persone credono che mostrarsi felici, piene di entusiasmo e rilassate non sia opportuno nell'ambiente professionale in cui lavorano perché temono che questo atteggiamento possa venire frainteso dai colleghi, dai clienti e dai capi.

L'idea comune, infatti, è che chi è rilassato non lavori duramente e che chi è felice sia soddisfatto del livello che ha raggiunto e non possa aspirare a nuovi avanzamenti di carriera.

Ovviamente, niente di tutto questo corrisponde a verità ed è dimostrato che le persone felici che amano il loro lavoro sono molto più motivate delle altre a fare bene, imparano più volentieri cose nuove e contribuiscono a rasserenare l'atmosfera lavorativa.
Come se tutto questo non bastasse, i lavoratori felici sono più creativi, maggiormente capaci di lavorare in squadra e persino più carismatici...o almeno questo è quello che ci raccontano le statistiche sull'argomento.

Chi è stressato e infelice, invece, non lavora bene con gli altri e spesso è meno motivato perché si concentra troppo sui problemi personali.

Voi che atteggiamento avete nei confronti di chi si mostra felice nelle otto ore lavorative?

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venerdì 21 febbraio 2014

Le 7 aree in cui un leader deve essere esperto per guidare le persone

Una persona che voglia candidarsi al ruolo di leader dovrebbe avere competenze almeno in tre diffenti aree:
  1. quella del suo business di riferimento
  2. quella della gestione delle persone
  3. quella, fondamentale, della leadership
Per ognuna delle tre, nello specifico, dovrebbe essere bravo a:
  • BUSINESS - conoscere le basi del suo mercato di riferimento
  • BUSINESS - agire secondo una strategia decisa e concordata a monte
  • BUSINESS - puntare ai risultati
  • GESTIONE DELLE PERSONE - essere un comunicatore eccellente
  • GESTIONE DELLE PERSONE - possedere le doti necessarie per "fare squadra"
  • LEADERSHIP - prendere decisioni 
  • LEADERSHIP - farsi carico del cambiamento che si vuole guidare
Abbiamo dimenticato qualcosa? Cosa aggiungereste alle caratteristiche del vostro leader ideale?

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giovedì 20 febbraio 2014

Due opzioni per implementare il DMAIC

Di DMAIC abbiamo parlato diverse volte su QualitiAmo (anche qui e qui) ma quello che probabilmente non abbiamo ancora considerato sono le due opzioni che abbiamo a disposizione per utilizzare nella pratica questo strumento.

La prima è quella dell'approccio tramite un team di progetto che può essere organizzato con una Black Belt dedicata full-time al progetto e alcuni membri del team di progetto che lavorino part-time, bilanciando il loro impegno nel progetto con tutti gli altri che già si sono assunti all'interno dell'organizzazione.
La durata del progetto può essere da 1 a 4 mesi a seconda del nostro scopo finale.

Il secondo approccio è quello del Kaizen che si contrappone all'approccio per progetto perché è rapido (una settimana o anche meno) e intenso.

Si fa parecchio lavoro preparatorio nella fase di "Define", definizione, e - a volte - in quella di "Measure", misurazione. Questa fase preparatoria si svolge grazie ad un gruppo di persone che potrebbe essere costituito, ad esempio, da un team leader e una Black Belt mentre il resto del lavoro viene svolto dall'intero gruppo di persone reclutate per questo scopo che lavorano solamente sugli altri punti ma full-time, smettendo per qualche giorno o per un'intera settimana di occuparsi dei loro classici impegni.

Qualcuno di voi ha mai utilizzato questo strumento? E se sì, quale modalità ha seguito?

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mercoledì 19 febbraio 2014

Le decisioni sono di 4 tipi (5)

Oggi concludiamo il discorso sulla classificazione delle decisioni esaminando l'ultimo gruppo:

Gruppo 4 - controllo alto e performance alta


Per ciò che riguarda le decisioni che ricadono nel quarto gruppo, possiamo influenzare direttamente gli output e il loro successo dipende da quanto saremo stati bravi rispetto alla concorrenza.
In poche parole abbiamo l'essenza di ciò che possaimo definire "management strategico".

I manager non sono semplici consumatori che scelgono un prodotto (l'esempio che vi abbiamo dato parlando del gruppo 1)  ma, grazie alla loro capacità di guidare le persone, di ispirarle e di comunicare con loro, possono influenzare l'output delle decisioni.
Se ci pensate, questa è la definizione stessa di "management": saper gestire le cose in modo da raggiungere un certo risultato.

I manager lavorano per organizzazioni nelle quali fare meglio della concorrenza è assolutamente vitale. Ricadono in questo gruppo scelte quali creare un nuovo prodotto ma anche, nello sport, forgiare le performance di un atleta scegliendo per lui l'allenamento giusto e i fattori che possono motivarlo al meglio. Oppure pensiamo ai politici: chi vota ricade nel primo gruppo perché sceglie il politico che ritiene migliore per sé ma per il candidato le cose stanno in maniera diametralmente opposta: una sola persona può vincere e l'output di questa decisione va costruito col duro lavoro.
Vincere una campagna elettorale significa fare meglio degli avversari, mobilitare i supporter giusti che facciano presa sul pubblico, ecc.

Cosa ne pensate?


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martedì 18 febbraio 2014

Le decisioni sono di 4 tipi (4)

Oggi parleremo del terzo gruppo di decisioni:

Gruppo 3 - controllo basso e performance alta

Il terzo gruppo introduce la dimensione competitiva. Il successo non è più solamente questione di performance assoluta ma di quanto facciamo bene rispetto agli altri.

La migliore decisione, in questo caso, dovrà essere in grado di anticipare i movimenti dei nostri rivali e per prendere la decisione giusta dovremo avere sempre gli occhi puntati sulla concorrenza.

Domani concluderemo il discorso esaminanado insieme l'ultimo gruppo, il 4. Non mancate!

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lunedì 17 febbraio 2014

Le decisioni sono di 4 tipi (3)

Ed eccoci arrivati alla seconda tipologia di decisioni:


Gruppo 2 - controllo alto e performance bassa

Se con la mia decisione posso influenzare ciò che avverrà, allora ricado nel secondo gruppo decisionale, quello in cui posso utilizzare le mie energie per fare in modo che le cose accadano.

Se, ad esempio, devo decidere quanto sarà lungo un progetto, ho un controllo molto alto sulla mia decisione perché, in larga parte, dipende da me quanto far durare questo progetto e dovrò impegnarmi per farlo durare il meno possibile.

In questa casistica ricadono tutte le decisioni per le quali è fondamentale avere una buona attitudine nell'affronatre il lavoro che c'è dietro ma anche analizzare ciò che si è fatto a lavoro concluso per imparare dai propri errori.

Lunedì esamineremo insieme il gruppo 3.


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venerdì 14 febbraio 2014

Le decisioni sono di 4 tipi (2)

Iniziamo ad esaminare una per una le tipologie di decisioni che abbiamo individuato ieri:

Gruppo 1 - controllo basso e performance bassa

Se vado al supermercato e scelgo un prodotto non ho alcun modo di influenzare questi prodotti perché, che io li scelga o meno, essi non cambieranno: un litro di latte rimarrà sempre un litro di latte.
Questo significa che il nostro controllo su questa tipologia di decisioni è molto basso e che ci conviene scegliere il prodotto migliore per noi.

Se facciamo la spesa non siamo nemmeno interessati a ciò che fanno gli altri perché vogliamo ottenere il massimo da ciò che acquistiamo ma non ci interessa ciò che faranno gli altri clienti perché l'obiettivo è fare bene, non competere con loro.

Un altro esempio di decisione che ricade all'interno di questo gruppo è quella relativa a come investire i nostri soldi personali.

Domani esamineremo insieme il secondo gruppo.

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giovedì 13 febbraio 2014

Le decisioni sono di 4 tipi

Per diventare più bravi a decidere è importante individuare quale tipologia di decisione dobbiamo prendere ma per categorizzare al meglio le decisioni occorre considerare almeno due dimensioni in base alle quali classificarle: il controllo che abbiamo su di esse e il modo di misurare il successo della decisione che abbiamo preso.

Se - ad esempio -  possiamo scegliere tra diverse opzioni o possiamo addirittura costruircele, ricadremo in un certo gruppo. Se, una volta presa la decisione, non potremo più agire su di essa avremo una certa situazione ma se possiamo pilotare ciò che succederà allora ricadremo in un'altra categoria ancora.
Se dobbiamo fare bene ma non ci importa cosa faranno gli altri, ricadremo in una tipologia di decisione ma se dobbiamo fare meglio degli altri saremo in un'altra categoria.

Capito il "giochino"?

Proviamo ad individuare le quattro principali tipologie di decisioni in base a ciò che abbiamo detto:
  1. se non ho un controllo diretto sugli output della mia decisione e non sono nemmeno in competizione con altri nel prenderla, allora ricado nel primo gruppo;
  2. nel secondo gruppo rientrano le decisioni che possono influenzare direttamente gli output ma dove non devo preoccuparmi troppo di ciò che fanno gli altri;
  3. nel terzo campo devo prestare particolare attenzione alle mie performance perché mi devo guardare dai concorrenti, ma non ho un controllo diretto sugli output;
  4. nel quarto e ultimo campo ricadono le decisioni dove devo prestare attenzione alle performance ma anche agli output (rientrano in questo campo le decisioni strategiche come lanciare un nuovo prodotto sul mercato)
A domani per iniziare ad esaminare i singoli gruppi.

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mercoledì 12 febbraio 2014

I "segreti per innovare" (6)

Terminiamo l'esame degli "strumenti" a nostra disposizione per innovare individuati dal Luma Institute, con gli ultimi due gruppi del macrogruppo "Fare".

Modellare e creare il prototipo

Creare modelli e prototipi è il modo migliore per concentrarsi sulle nuove idee:
  1. disegnare - serve a mostrare un nuovo processo attraverso un insieme di immagini collegate tra loro
  2. schematizzazione - disegnare la struttura e le componenti del sistema che stiamo analizzando
  3. realizzazione del prototipo - modellare la nostra idea in maniera rapida per poterla vedere realizzata
  4. ipotizzare la parte visuale - ridefinire il nostro prototipo, enfatizzando la parte visuale
Progettare in modo razionale

Questo importantissimo ultimo gruppo di strumenti ci sarà utile per trasformare un concetto pieno di potenziale negli input della nostra progettazione al fine di poterlo realizzare
  1. realizzare un poster con i concetti - riportare graficamente gli elementi principali della nostra idea
  2. mostrare l'ambiente di realizzazione - mostrare i nuovi concetti nel loro ambiente di utilizzo, ipotizzandone tutti gli attributi necessari
  3. ipotizzare un articolo di descrizione - descrivere la vostra nuova idea come se doveste realizzare un articolo per una rivista
  4. tracciare una guida rapida - elencare tutti i principi e gli elementi della vostra idea sotto la forma di guida rapida per una comoda consultazione

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martedì 11 febbraio 2014

I "segreti" per innovare (5)

Eccoci arrivati al terzo e ultimo macrogruppo individuato dal Luma Institute e contenente gli ultimi strumenti che possono supportarci nel processo di innovazione.

Fare

Gli strumenti contenuti nel macrogruppo "Fare" ci aiutano a capire meglio una certa idea e a valutarne i punti di forza e di debolezza, percorso indispensabile se vogliamo realizzare questo tentativo di innovazione che, per ora, è solo virtuale.
 
I "tool" a nostra disposizione ci aiutano a visualizzare la nostra idea per migliorarla al fine di realizzarla davvero.

Ideazione

Per passare dall'idea al concetto che ci porterà a realizzare la nostra innovazione dobbiamo esaminare diverse possibilità e alternative con strumenti simili al classico brainstorming:
  1. realizzare uno schizzo - spesso disegnare ciò che abbiamo in mente ci aiuta nel generare nuove idee o nel valutare possibili alternative
  2. matrice creativa - una matrice creativa ci aiuterà nel far nascere nuove idee alle intersezioni delle categorie individuate
  3. round-robin - le idee possono evolversi passando da una persona all'altra
  4. parole alternative - parole diverse possono supportarci nell'esaminare qualcosa da diverse prospettive, al fine di generare nuove idee
Domani concluderemo l'esame di questo terzo macrogruppo di strumenti e chiuderemo l'intero discorso. Fateci sapere se siete interessati ad approfondirne alcuni aspetti.

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lunedì 10 febbraio 2014

I "segreti" per innovare (4)

Eccoci alla seconda parte di "strumenti" a nostra disposizione per innovare che appartengono al macrogruppo "Capire" e che sono stati individuati dal Luma Institute.

Modelli e priorità

Questi "tool" sono utili per identificare le relazioni e determinare ciò che è davvero importante e ciò che è correlato ad altro:
  1. raggruppare le affinità - si tratta, come dice la descrizione, di individuare cose simili e di raggrupparle tra loro
  2. riportare tutto su un "bersaglio" - immaginate di avere davanti il classico bersaglio per le freccette e di associare un punteggio ad ogni categoria, in base alla sua importanza
  3. matrice importanza/difficoltà - riportate i vostri dati su una matrice basata su un'analisi doppia che tenga conto dei due parametri "importanza" e "difficoltà"
  4. visualizzate i voti - spingete il vostro gruppo di lavoro a rivelare le singole preferenze, in base a ciò che è stato riportato
Inquadrare il problema

Questo sottogruppo di strumenti ci porterà a caratterizzare in modo differente la situazione che stiamo affrontando in modo che possano emergere soluzioni innovative:
  1. analisi con l'albero dei problemi - con questo "tool" si cerca di esplorare cause ed effetti di una problematica
  2. partire dalle affermazioni - si esaminano le affermazioni e le dichiarazioni relative ai problemi per esplorarle al meglio e sviscerarle
  3. focalizzarsi - riconsiderare un problema, aggiustando l'attenzione che abbiamo nei suoi confronti
  4. rosa, spina, gemma - identificare le cose come positive, negative e dotate di potenziale
Domani esamineremo l'ultimo macrogruppo "Fare". Non mancate!

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venerdì 7 febbraio 2014

I "segreti" per innovare (3)

Ed eccoci arrivati al secondo gruppo di strumenti studiati per l'innovazione.

Capire

L'individuazione precisa del problema da affrontare, un'analisi basata sulla riflessione e una riflessione critica sono vitali per innovare con successo.

Gli strumenti che esamineremo a partire da oggi e che appartengono al macrogruppo "Capire" ci aiuteranno ad individuare i modelli, a determinare le priorità e a tradurre tutta questa ricerca in azioni concrete.

Persone e sistemi

Sintetizzare e riassumere tutto ciò che abbiamo capito delle diverse tipologie di persone non è semplice e, soprattutto, non ci porta a creare valore se non utilizziamo gli strumenti giusti. Questi strumenti possono essere così riassunti:
  1. fare una mappatura degli stakeholder - tracciare i ruoli delle singole persone all'interno del sistema che stiamo analizzando
  2. stilare dei profili comuni - provare a riassumere i punti di vista, le necessità e gli obiettivi di ogni gruppo di stakeholder
  3. riassumere le esperienze - tracciare una sorta di "viaggio" tra le diverse attività svolte
  4. disegnare una mappa concettuale - riassumere in un disegno che individui le relazioni tutto ciò che abbiamo compreso sull'argomento
Lunedì riprenderemo il discorso, analizzando gli ultimi due strumenti di questo secondo macrogruppo.

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giovedì 6 febbraio 2014

I "segreti" per innovare (2)

Continuiamo a scorrere insieme gli "strumenti" a nostra disposizione per innovare che ha individuato il Luma Institute, esaminandone altri due appartenenti al primo gruppo che, come abbiamo visto, è stato definito come "Osservare".

Effettuare una ricerca, partecipando

Questo strumento ci permette di imparare dalle persone offrendo loro diversi modi per esprimersi al meglio, in modo che possano rivelare bisogni critici e, magari, latenti:
  1. "cosa c'è sul tuo radar?" - è un'espressione che gli americani utilizzano per far elencare alle persone le cose che per loro sono davvero importanti
  2. compra qualcosa - usando denaro virtuale si spingono le persone a esprimere quelle che sarebbero le loro decisioni in una trattativa commerciale
  3. costruiscilo - questo strumento mira a far esprimere la soluzione ritenuta ideale attraverso elementi simbolici
  4. tieni un diario - serve per registrare esperienze personali attraverso parole e immagini
Effettuare una ricerca per fare una valutazione

Questo strumento ha lo scopo di valutare l'usabilità di prodotti e processi al fine di migliorarli. Vediamo quali "tool" utilizza.
  1.  pensa ad alta voce - si basa sulla richiesta di raccontare la propria esperienza mentre si svolge una certa attività
  2. recensione euristica - si tratta di una sorta di audit basato sulle dieci regole della buona progettazione (se volete ne possiamo parlare...)
  3. criticare - si basa sul dare e ricevere feedback oggettivi
  4. scala di usabilità del sistema - si basa sul quantificare i feedback in base a un questionario sull'usabilità del prodotto o del processo
Avendo terminato gli strumenti del macrogruppo "Osservare", domani passeremo ad esaminare il secondo grande gruppo di strumenti. Nel frattempo, se volete, potete iniziare a commentare questi.

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mercoledì 5 febbraio 2014

I "segreti" per innovare

Di innovazione abbiamo parlato parecchie volte su QualitiAmo perché, in un mondo che cambia così rapidamente, bisogna saper innovare per restare a galla.

Recentemente il Luma Institute ha cercato di stilare una sorta di "mappa", che dovrebbe aiutare le organizzazioni che abbiano voglia di migliorare le proprie capacità di innovazione ad orientarsi tra le centinaia di strumenti a loro disposizione, scegliendone 36 e organizzandoli in tre categorie:
  1. osservare
  2. capire
  3. fare
e nove sottocategorie.

Questo modello, che ci illustra gli strumenti più efficaci per poter innovare con successo, ci dovrebbe supportare nella scelta dello strumento più adatto da utilizzare in ogni step del processo a seconda delle persone con le quali dovremo lavorare e della complessità del sistema in cui operiamo.

Partiamo subito dal primo gruppo.

Osservare

L'innovazione inizia con l'osservazione delle persone alle quali dobbiamo rivolgerci e delle loro abitudini.
Gli strumenti contenuti in questa categoria servono per stimolare la curiosità, l'empatia e l'obiettività. Vediamo insieme la prima sottocategoria e i primi quattro strumenti.

Etnografia

Studiare i comportamenti umani permette di individuare opportunità di innovazione. I principali strumenti che si possono utilizzare sono:
  1. intervistare - parlare con le persone serve per raccogliere informazioni
  2. riflettere asetticamente la realtà - osservare discretamente ciò che ci circonda senza intervenire direttamente (gli americani direbbero "come fa una mosca sul muro")
  3. indagine nel contesto - intervistare le persone nel loro ambiente
  4. calarsi nei panni delle persone - costruire empatia attraverso un'esperienza di prima mano fatta direttamente con le persone
A partire da domani esamineremo, uno ad uno, tutti gli altri strumenti.

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martedì 4 febbraio 2014

Essere a capo di un progetto (3)

Come abbiamo ricordato ieri, affinché ogni membro del team di progetto partecipi attivamente al lavoro occorre che egli creda nel project manager e lo rispetti.
Tuttavia, tutto questo non è abbastanza. Le persone, infatti, dovranno anche fare del loro meglio.

Per ottenere questo importante risultato occorre che esse siano motivate e non c'è niente che motivi maggiormente i collaboratori che prestare loro attenzione, condividere le loro aspettative e rispettarli per ciò che fanno.

L'attenzione individuale che ogni project manager dovrà riservare ai suoi collaboratori richiede pochissimo sforzo e può essere offerta in modi differenti. Ad esempio, si possono scrivere due righe per riconoscere il contributo speciale dato da un certo lavoro o si può fare una chiacchierata informale davanti a un caffé.
Non ci sono regole, la cosa importante è far capire alle persone che lavorano con noi che stiamo apprezzando il loro lavoro.

Cercate di capire se i vostri collaboratori sono persone autonome (e - in questo caso - lasciate loro piena libertà, osservandone discretamente a distanza l'operato) o se, per essere motivate, necessitano di essere guidate passo dopo passo e di sentire un supporto costante da parte del responsabile del progetto (e in questo caso non fateglielo mai mancare).

Cercate di mettere a disposizione del vostro project team le competenze che avete, in modo che chi lavora con voi riesca a farlo al meglio magari imparando ad organizzare meglio il tempo a sua disposizione o pianificando il lavoro in maniera ottimale.

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lunedì 3 febbraio 2014

Essere a capo di un progetto (2)

Continuiamo il discorso iniziato venerdì scorso, vedendo cosa deve fare praticamente chi è a capo di un progetto per guidarlo in maniera efficace.

Come prima cosa, occorre considerare la situazione delle persone che formano il project team. Solitamente, si tratta di persone che hanno competenze particolari e che sono state assegnate temporaneamente o part-time al progetto (basti pensare, ad esempio, ai colleghi che ci supportano nello svolgimewnto delle verifiche ispettive interne ma che non lavorano nel dipartimento Qualità).
Ognuna di queste persone ha, dunque, un altro capo a cui rispondere e del lavoro da svolgere in un altro ambito. Non c'è quindi da stupirsi se si sentono oberate di lavoro e sono contrariate all'idea di partecipare a numerose riunioni che, magari, sono anche lunghe e mal organizzate, giusto?
Il primo segreto, dunque, sarà quello di pianificare il lavoronei minimi dettagli in modo che nessuno debba perdere tempo nel suo svolgimento.

Molte delle persone che vi troverete a gestire hanno davvero voglia di fare un buon lavoro ma, visto il poco tempo che hanno a disposizione, vanno trattate come una sorta di "volontari" da motivare creando un'atmosfera di fiducia e rispetto.
Dato che la fiducia si basa soprattutto sulla credibilità, un project manager deve impegnarsi ad essere - prima di tutto - credibile in tutte le comunicazioni con i membri del suo team di progetto. Le informazioni necessarie per uno svolgimento ottimale del progetto dovranno, dunque, essere condivise senza remore.
Il modo migliore per guadagnarsi il rispetto di chi lavorerà con noi, invece, è dimostrare che ognuna di queste persone viene valutata per le competenze e la dedizione che mette a disposizione nel lavoro, ascoltare i suoi suggerimenti e offrire un feedback oggettivo del suo operato.

Se - infine - vi mancano alcune competenze tecniche per lavorare efficacemente su ogni aspetto del progetto (ad esempio le competenze tecniche per andare ad auditare un'area aziendale particolare) non cercate di nasconderlo al vostro project team perché sareste smascherati facilmente. Spiegate, invece, chiaramente cosa potete mettere a disposizone del gruppo e cosa vi serve da ognuno di loro. Sarà il modo migliore per impostare quelle basi di fiducia di cui parlavamo poco fa.

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