martedì 31 maggio 2011

L'importanza dell'empatia nei rapporti di lavoro (2)

Eccovi qualche altro brano del libro di Piero Albiero e Giada Matricardi dal titolo "Empatia"). 


L’empatia è stata per molti anni studiata in senso ”generale”, focalizzandosi prevalentemente sulla disamina delle caratteristiche individuali e intrapsichiche e rapportandole a contesti interpersonali e sociali intesi in senso generico e aspecifico. 
Solo di recente lo sforzo di molti studiosi si è rivolto allo studio delle forme che l’empatia può assumere in contesti specifici, come ad esempio la scuola, e delle relazioni che si instaurano in specifici contesti lavorativi e organizzativi, culturali ed etnici. 

(...)

Negli ultimi anni si è assistito a un radicale mutamento del mercato e del mondo del lavoro che ha visto crescere la necessità di un cambiamento di prospettiva, che punta sulla competenza emotiva dei lavoratori. Per molto tempo nelle organizzazioni l’enfasi è stata posta sull’esperienza maturata e sulle competenze tecniche, relegando in secondo piano quell’insieme di abilità relazionali e di gestione emozionale, nota come intelligenza emotiva, in cui riveste un ruolo fondamentale la componente empatica. 

Ma a che cosa ci riferiamo esattamente quando parliamo di intelligenza emotiva? Tale concetto, di cui Goleman (1995) è il padre fondatore, sottolinea la rilevanza costruttiva di una sana e cosciente gestione del patrimonio emotivo che le persone portano dentro di sé, nella vita quotidiana così come nell’ambito lavorativo, dove l’espressione modulata e positiva dei propri stati d’animo concorre al miglioramento dei rapporti interpersonali e a un’evoluzione propositiva di eventuali conflitti. Ancora una volta, dunque, l’empatia è considerata una capacità fondamentale per la regolazione dei rapporti interpersonali, anche nei contesti lavorativi e organizzativi.

Prendere del tempo per sintonizzarsi emotivamente con il nostro interlocutore e per mettersi nei suoi panni non solo arricchisce la nostra esperienza personale, ma ci consente anche di accettare in modo costruttivo la diversità e di comunicare più efficacemente con l’altro. Gestire adeguatamente la propria emozionalità permette, dunque, di esprimere i propri vissuti e di farlo in modo appropriato, pertinente ed efficace così da permettere una serena collaborazione finalizzata al raggiungimento di obiettivi comuni. E ciò è tanto più rilevante nel mondo del lavoro di oggi, in cui si avverte l’esigenza di superare la tradizionale distinzione tra vita privata, come momento di espressione di sé, e vita lavorativa, come luogo spesso di frustrazione inespressa e doveri a cui adempiere. Risultati di recenti ricerche sembrano confermare un interesse crescente da parte delle aziende per candidati e dipendenti dotati di buone capacità di gestione delle emozioni. 
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lunedì 30 maggio 2011

L'importanza dell'empatia nei rapporti di lavoro

Ho appena finito di leggere un libro di Piero Albiero e Giada Matricardi che tratta di empatia (il titolo è, appunto, "Empatia"). 
Ve ne riporto alcuni stralci e vi ricordo che di empatia abbiamo parlato anche qui.


Per lungo tempo l’empatia è stato un concetto vago e misterioso, per molti versi quasi ”magico”, oggetto di interesse e di riflessione soltanto per gli adepti allo studio della storia del pensiero. 

(...)

Da cosa nasceva questo interesse per l’empatia? Probabilmente, dalla convinzione che essa costituisse una sorta di ”pietra filosofale” dei rapporti umani, una capacità in grado di mediare la qualità dei processi di interazione tra gli individui. 

(...) 


Il volto di una mamma che d’improvviso si rabbuia perché il suo bambino di pochi mesi piange in un modo diverso dal solito e capisce che sta male. Un amico ci conosce talmente bene che, dall’inflessione con cui rispondiamo al telefono, capisce se siamo contenti o se c’è qualcosa che non va. Un compagno di lavoro che, dopo un rimbrotto del capo, ci da una pacca sulla spalla e ci dice un sincero ”Mi dispiace”. 

(...)

Tutti questi vissuti che danno sapore e rendono più intensa la nostra vita di tutti i giorni, colorandola di sfumature alle volte appena percepibili, altre volte così decise da rendere indimenticabili certi attimi, sono esperienze di empatia. 

(...)

Provare empatia per qualcuno significa comprendere le emozioni che sta vivendo e viverle a propria volta, capendo le sue ragioni e le sue intenzioni; vuol dire creare nel proprio mondo interiore uno spazio su misura per accogliere il mondo dell’altro. 

(...) 


Nel linguaggio comune il significato di empatia è associato a esperienze di compartecipazione e di condivisione dell’emozione altrui (piacevole o sgradevole che sia), implica la capacità di comprendere gli altri vedendo la situazione come loro la vedono e vivendola come loro la vivono. 

(...) 

Per introdurre i punti chiave dell’approccio integrato, Davis parte dalla definizione dell’”episodio prototipico” empatico, costituito da tre vertici: 
- il soggetto che osserva; 
- il soggetto osservato mentre sperimenta una situazione emotiva; 
- la risposta dell’osservatore

Secondo Davis, l’”episodio prototipico” è specificato da quattro costrutti, riconosciuti da una lunga tradizione di ricerca come costitutivi dell’empatia:
a) le caratteristiche dell’osservatore, dell’osservato e della situazione;  
b) i processi cognitivi dell’osservatore che permettono la conoscenza dello stato d’animo dell’osservato; 
c) la risposta che ha luogo nell’osservatore di fronte alla situazione emotiva dell’osservato e che può essere affettiva (la partecipazione vicaria) oppure cognitiva (l’accuratezza nel comprendere i pensieri e i sentimenti altrui); 
d) i comportamenti interpersonali che derivano dall’esposizione agli stati d’animo dell’osservato. 

Ma quali sono le componenti cognitive e affettive dell’empatia che caratterizzano le risposte empatiche dell’osservatore? 
Secondo Davis sono quattro: le prime due concernono le abilità cognitive e sono, rispettivamente, l’abilità di adottare il punto di vista di un’altra persona {perspective taking) e la tendenza a immaginarsi in situazioni fittizie (fantasia). Le altre due componenti si riferiscono alla reazione emotiva del soggetto, che può essere orientata verso la condivisione dell’esperienza emotiva dell’altro {considerazione empatica) oppure diretta verso la comprensione dei propri stati di ansia e di preoccupazione in situazioni relazionali {disagiopersonale). 

Per oggi direi che può bastare ma domani continueremo il discorso. 

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venerdì 27 maggio 2011

Le 21 caratteristiche dei leader

John C. Maxwell, nel suo libro "Le 21 qualità indispensabili del leader", definisce alcune caratteristiche che ritiene indispensabile riscontrare in una persona per poterla definire un leader.

Eccole:

- carattere
- carisma
- coinvolgimento
- capacità di comunicare
- competenza
- coraggio
- discernimento
- capacità di focalizzazione su problemi, azioni, questioni
- generosità
- iniziativa
- capacità di ascolto
- passione
- attitudine positiva
- capacità di risolvere i problemi
- capacità di relazionarsi con gli altri
- responsabilità
- sicurezza
- disciplina
- predisposizione all'insegnamento
- capacità di visualizzare il futuro di un'organizzazione (vision)
- spirito di servizio

Quale tra queste ritenete sia la caratteristica che rende un leader migliore di un altro? E quale caratteristica non ritrovate in elenco e, invece, per voi definisce un leader?


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giovedì 26 maggio 2011

Le competenze del professionista della Qualità (3)

Terza parte del nostro elenco di competenze dedicato ai professionisti della Qualità. Buona lettura!



LA GESTIONE DELLA PROGETTAZIONE
Definizioni, ciclo di vita del prodotto, Input e output della progettazione, verifica e validazione. Trovate un po' di materiale qui

DISEGNO TECNICO
Dimensioni, tolleranze, ecc.


AFFIDABILITA' DEI PRODOTTI E MANUTENZIONE
Gestione della manutenzione e criteri per rendere i prodotti affidabili.


CONTROLLO DI PRODOTTO E DI PROCESSO
Piani di controllo, istruzioni di lavoro

CONTROLLO DEI MATERIALI E CRITERI DI ACCETTAZIONE
Identificazione, stato, tracciabilità, segregazione, classificazione delle difettosità. Tipologie controllo

GESTIONE DELLE MISURAZIONI
Il processo di misurazione, gli strumenti, test distruttivi e non distruttivi, metrologia


STRUMENTI (un po' ovunque in QualitiAmo)
Strumenti per il Controllo della Qualità
Strumenti per la Gestione e la Pianificazione della Qualità
Strumenti per il miglioramento continuo
Gestione azioni preventive e correttive

RACCOLTA DATI
Tipologie di dati, accuratezza, ecc. Trovate qualcosa qui


STATISTICA
Principi generali, controllo statistico di processo

Credete serva aggiungere altro o questa potrebbe essere una lista completa?

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mercoledì 25 maggio 2011

Le competenze del professionista della Qualità (2)

Seconda parte del nostro elenco di competenze dedicato ai futuri professionisti della Qualità (e agli attuali che hanno sempre molto da imparare).
Ah! Non dimenticate che di competenze abbiamo parlato anche qui e qui.


ELEMENTI DEL SISTEMA QUALITA'
Dallo sviluppo del prodotto, alla pianificazione e sviluppo, dall'erogazione del servizio, all'installazione e postvendita fino alla Qualità Totale


DOCUMENTAZIONE DEL SISTEMA QUALITA'
I nostri documenti


STANDARD DELLA QUALITA' E LINEE GUIDA
Applicazione della Qualità nei diversi settori e Premi della Qualità


AUDIT
Tipologie, ruoli e responsabilità, pianificazione-implementazione e follow-up

COSTI DELLA QUALITA'
Di costi della Qualità abbiamo parlato in tutte queste pagine

GESTIONE DELLA FORMAZIONE
Sviluppare un programma di formazione, fare un'analisi dei bisogni, verificare l'efficacia della formazione. Trovate un po' di materiale su questo argomento in queste pagine

A domani per la terza parte.

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martedì 24 maggio 2011

Le competenze del professionista della Qualità

Molti ragazzi che si avvicinano per la prima volta all'affascinante mondo della Qualità ci chiedono quali competenze occorra sviluppare per svolgere al meglio questo lavoro.
Abbiamo pensato, dunque, di mettere giù una panoramica delle aree di formazione che, come sempre, potrà essere completata da voi.

FILOSOFIA E STORIA DELLA QUALITA'
Spesso si presta pochissima attenzione a questa fase introduttiva ma ripercorrere la strada tracciata dai grandi guru della Qualità ci aiuta a comprendere meccanismi validi ancora oggi e a scoprire intuizioni spendibili nel nostro lavoro quotidiano.
Inoltre, non dimentichiamo che difficilmente si può iniziare ad occuparsi di Qualità senza comprendere fino in fondo di che cosa si tratta.


IL SISTEMA DI GESTIONE DELLA QUALITA'
Norma ISO 9001 e linea guida ISO 9004, pianificazione strategica, tecniche di sviluppo, gestione informatica della Qualità

ASPETTI DI ETICA APPLICATI ALLA GESTIONE DELLA QUALITA'
L'etica, così spesso trascurata, è addirittura fondamentale per chi intraprende il nostro percorso professionale. Come avere credibilità, altrimenti?

LEADERSHIP: PRINCIPI E TECNICHE
Gestire gruppi di lavoro, guidare progetti (ma anche qui e qui), conoscere i principi dei leader (ma anche qui)

TECNICHE E PRINCIPI DEI FACILITATORI
Il ruolo di facilitatore dovrete ricoprirlo parecchie volte nel vostro percorso professionale, ad esempio nella gestione dei gruppi, nel processo di decision making o di problem solving.

TECNICHE DI COMUNICAZIONE
Competenze e tecniche per comunicare bene, capacità di creare visioni condivise e gestione dei processi di comunicazione

GESTIONE DELLE RELAZIONI CON I CLIENTI
Conoscere le necessità dei clienti e i loro desideri, QFD, Qualità guidata dal cliente


GESTIONE DEI FORNITORI
Specifiche di fornitura, questionari e audit, valutazione dei fornitori

ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE CHE IMPEDISCONO IL MIGLIORAMENTO
Leggende metropolitane, gestione persone difficili, meccanismo del miglioramento continuo

Domani vedremo la seconda parte di questo elenco di conoscenze e di competenze. Per il nostro elenco ci stiamo ispirando ai contenuti delle più conosciute enciclopedie della Qualità in commercio.

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lunedì 23 maggio 2011

Le 5 componenti dell'intelligenza emotiva nei luoghi di lavoro

Da cosa si riconosce l'intelligenza emotiva applicata al lavoro? Da 5 componenti:

Consapevolezza di sé

Si esplica nella comprensione del proprio carattere, delle emozioni che ci possono giocare brutti scherzi, di ciò che è capace di farci reagire in positivo e in negativo e dell'effetto che tutto questo ha sui colleghi e sui collaboratori.
Questa componente si riscontra in chi fa spesso ironia sui propri difetti, in colui che ha fiducia in se stesso e in coloro che sanno tracciare un ritratto realistico delle loro caratteristiche.

Autocontrollo


Non è sempre facile controllarsi e gestire le emozioni. Chi utilizza al meglio l'intelligenza emotiva è in grado di farlo e di convogliare le energie verso uno sbocco positivo.
L'autocontrollo si riconosce nelle persone capaci di sospendere il giudizio per avere il tempo di pensare prima di agire.

Motivazione


La motivazione è quella forza che spinge le persone a dare il meglio, indipendentemente dai soldi che ricevono in cambio o dallo status che acquisiscono facendolo.
Questa caratteristica si riconosce in coloro che raggiungono gli obiettivi con entusiasmo, energia e costanza, mantenendo un sano ottimismo anche davanti ai problemi.

Empatia


L'empatia è la capacità di capire come si sentono gli altri e l'abilità di gestirli anche in base alle loro emozioni.
Una persona dotata di empatia si riconosce per la sua conoscenza della cultura altrui, per la capacità di costruire e trattenere persone dotate di talento e per l'abilità di mettersi sempre al servizio degli altri.

Capacità di socializzare


Costruire relazioni e socializzare con le persone è fondamentale per chi vuole imparare ad utilizzare al meglio l'intelligenza emotiva per gestire i rapporti professionali.
Questa capacità si riconosce in colui che cerca un terreno comune per iniziare a costruire un rapporto con un'altra persona e in chi sa gestire i gruppi di lavoro in modo efficace.

E voi cosa sapete fare meglio e dove, invece, credete di dover migliorare?

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venerdì 20 maggio 2011

Il credo di Johnson & Johnson

Dato che molti continuano a scriverci per chiedere riferimenti che aiutino a formulare meglio vision, mission e politica per la Qualità, abbiamo pensato di riportarvi questo esempio di Johnson & Johnson che mi pare ben scritto.

Il credo di Johnson & Johnson

Noi crediamo che la nostra prima responsabilità sia rivolta verso i medici, gli infermieri e i pazienti, le madri, i padri e tutte le altre persone che usano i nostri prodotti e servizi. Nel soddisfare le loro necessità tutto ciò che facciamo deve essere di alto livello qualitativo. Dobbiamo costantemente sforzarci di ridurre i nostri costi al fine di assicurare prezzi ragionevoli. Gli ordini dei nostri clienti devono essere evasi con prontezza e con cura. I nostri fornitori e i nostri distributori devono avere l'opportunità di realizzare un equo profitto.

Siamo responsabili nei confronti del personale, gli uomini e le donne che lavorano con noi in tutto il mondo. Tutti devono essere considerati in quanto persone. Dobbiamo rispettare la loro dignità e riconoscere i loro meriti. Il posto di lavoro deve dare loro un senso di sicurezza. La retribuzione deve essere giusta e adeguata e l'ambiente di lavoro pulito, ordinato e sicuro. Dobbiamo essere consci della necessità di aiutare Il nostro personale ad adempiere alle loro Responsabilità familiari. Ciascuno deve sentirsi libero di proporre suggerimenti e presentare reclami. Deve esserci la stessa opportunità di lavoro, sviluppo e carriera per chi ha le capacità richieste. Dobbiamo far sì che i superiori siano competenti e le loro azioni siano giuste ed eticamente corrette.

Siamo responsabili nei confronti della comunità in cui viviamo e lavoriamo, così come nei confronti di quelle di ogni parte del mondo. Dobbiamo essere buoni cittadini, sostenere iniziative meritevoli ed opere benefiche, farci carico del giusto ammontare di imposte. Dobbiamo incoraggiare il progresso civile e il miglioramento della salute e dell'istruzione. Dobbiamo conservare nelle migliori condizioni le proprietà che abbiamo il privilegio di usare, proteggere l'ambiente e le risorse naturali.

La nostra ultima responsabilità è verso i nostri azionisti. L'attività economica deve generare un giusto profitto. Dobbiamo sperimentare nuove idee, sviluppare la ricerca, introdurre programmi innovativi ed assumerci le nostre responsabilità in caso di errori. Dobbiamo acquistare nuove attrezzature, creare nuovi stabilimenti, lanciare nuovi prodotti. Dobbiamo creare riserve per garantirci nei momenti avversi. Se operiamo nell'osservanza di questi principi, gli azionisti realizzeranno un equo guadagno.


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giovedì 19 maggio 2011

Manager e leader

Quali sono le principali differenze tra i semplici manager e i leader?
Qui ne ho raccolto qualcuna, avete voglia di continuare voi?

Manager

Contano su ciò che è stato provato e che risulta vero
Mantengono la posizione
Controllano
Dirigono
Amministrano
Si fanno guidare dalla strategie
Poggiano su una base di potere
Sono focalizzati sulle strutture e sui sistemi
Fanno fronte alla complessità
Fanno le cose bene

Leader

Sperimentano con approcci diversi
Sviluppano, cercano di migliorare
Si fidano
Ispirano
Portano innovazione
Si fanno guidare dalla loro filosofia e dai loro valori
Cercano di far crescere i collaboratori
Sono focalizzati sulle persone
Abbracciano il cambiamento
Fanno le cose giuste

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mercoledì 18 maggio 2011

L'ultima lezione (11)

Dimostare la propria gratitudine è una delle cose più semplici e tuttavia più nobili che gli esseri umani possano fare tra loro. E nonostante il mio amore per la praticità, penso che i migliori biglietti di ringraziamento siano quelli vecchio stampo, con penna e carta.


I cacciatori di teste e i direttori del personale vedono molti candidati. Leggono tonnellate di curricula di studenti da trenta e lode con molte specializzazioni ma non ricevono molti biglietti di ringraziamento scritti a mano.


Se siete uno studente da trenta, mandare un biglietto di ringraziamento aumenterà di mezzo punto la vostra valutazione agli occhi del vostro futuro capo o del direttore del personale. Diventerete uno da trenta e lode, e poiché i biglietti scritti a mano sono diventati merce rara, si ricorderanno di voi.


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martedì 17 maggio 2011

L'ultima lezione (10)

Quando devo lavorare insieme ad altri cerco di immaginarmi seduto con loro, con un mazzo di carte. Il mio impulso è sempre di scoprire tutte le carte sul tavolo, e dire al gruppo: "Okay, decidiamo assieme cosa farne di questa mano?"


Riuscire a lavorare bene in un gruppo è una virtù produttiva e necessaria sia nel mondo del lavoro sia in quello familiare. Per insegnare questo, raggruppavo sempre i miei studenti in squadre e li mettevo a lavorare insieme su alcuni progetti.


Negli anni migliorare il gioco di squadra è diventata una mia piccola ossessione.

(...)


Ecco alcune indicazioni.


Presentatevi nel modo giusto: tutto comincia presentandosi bene. Scambiatevi le informazioni necessarie. Imparate i nomi degli altri.


Trovate gli elementi in comune: quasi sempre troverete elementi in comune con un altro, e da lì diventa più facile discutere le questioni laddove ci sono idee diverse.

(...)



Create le condizioni giuste per un incontro: assicuratevi che nessuno abbia fame, freddo o sia stanco. Trovatevi per un pranzo o una cena se potete.


(...)


Fate parlare tutti: non interrompete gli altri.


(...)


Lasciate il vostro Io fuori dalla stanza: quando argomentate le idee, definitele e scrivetele. La definzione dovrebbe descrivere l'idea, non il creatore.


(...)


Elogiatevi a vicenda: trovate qualcosa di carino da dire, anche se un po' forzato. Le idee peggiori possono sempre nascondere la soluzione al problema se osservate bene.

(...)


Proponete le alternative con una domanda: anziché "penso che dovremmo fare A, non B", provate a dire "E se facessimo A, invece di B?". Questo permette agli altri di dare un'opinione piuttosto che difendere la scelta di qualcuno.

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lunedì 16 maggio 2011

L'ultima lezione (9)

Per tutta la vita ho avuto coscienza che il tempo non è infinito.
Ammetto di usare la logica in tante cose, ma credo fermamente che una delle fisime che più mi ha caratterizzato sia stata quella di voler gestire bene il tempo.

(...)


Ecco quello che so.


Il tempo deve essere amministrato come le finanze.


(...)



Potete sempre cambiare le vostre priorità a patto che ne abbiate. Sono un fervente sostenitore della lista delle cose da fare. Ci aiuta a scandire la vita con piccoli passi da compiere.


(...)


Vi chiedete mai se state impiegando il vostro tempo per gli obiettivi giusti?

(...)

Sviluppare un buon sisterma di archiviazione. 
(...)
Archiviare in ordine alfabetico è meglio che girare su se stessi e dire: "Ricordo che era blu e stavo mangiando qualcosa quando l'ho messo via".

(...)

Riconsiderare il telefono. Viviamo in una civiltà in cui passiamo gran parte del tempo in attesa al servizio clienti, e ci sentiamo pure dire: "la sua telefonata è molto importante per noi".
(...)
Tuttavia è così che funzionano i call-center. Lo detesto. Per me è fondamentale non stare mai in attesa con la cornetta attaccata all'orecchio. Uso sempre il vivavoce, così nel frattempo posso fare altro.
Ho anche escogitato varie tecniche per abbreviare le telefonate inutili. Se parlo al telefono stando seduto, non mi alzo più. Invece è meglio stare in piedi quando si telefona. Si è portati a sveltire la conversazione. Un'altra tecnica è avere sottocchio sulla scrivania qualcosa da sbrigare così da essere spronati a tagliare corto.
Negli anni ho perfezionato le tecniche di abbandono. Volete disfarvi velocemente delle proposte commerciali telefoniche? Mettete giù mentre state parlando voi e loro vi stanno ascoltando. penseranno che c'è stato un problema di linea e passeranno al cliente successivo.

(...)

Delegare. Come docente, ho imparato presto che potevo fidarmi di brillanti studenti diciannovenni cui dare le chiavi del mio regno, e quasi sempre sono risultati responsabili e coscienziosi.

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venerdì 13 maggio 2011

L'ultima lezione (8)

Come la maggior parte dei secchioni americani nati nel 1960, ho trascorso parte della mia infanzia a sognare di essere il capitano James T. Kirk, comandante della nave stellare Enterprise.


(...)


Per i giovanotti ambiziosi con un'inclinazione scientifica, non poteva esserci un modello di comportamento migliore di James T. Kirk di Star Trek. Credo seriamente infatti di essere diventato un buon insegnante, un bravo collega - forse addirittura un buon marito - studiando il capitano Kirk mentre comanda l'Enterprise.


Pensateci. Se avete visto il telefilm sapete che Kirk non è il più intelligente sulla navicella spaziale. Il signor Spock, il primo ufficiale, è di gran lunga il personaggio dall'intelletto più acuto. Il dottor McCoy possiede tutta la conoscenza medica disponibile all'umanità nell'anno 2260. Scotty è il capoingegnere che ha il know-how tecnico per far funzionare la nave, anche quando viene attaccata dagli alieni.


Quindi qual è l'abilità di Kirk? Come può salire a bordo dell'Enterprise e comandarla?
La risposta è una: c'è un'abilità chiamata "leadership".


Ho imparato davvero tanto osservandolo in azione. E' l'essenza distillata del manager dinamico, uno che sa delegare, sa ispirare gli altri  grazie alla sua passione, e sta bene nell'uniforme di lavoro.
Non ha mai professato di avere capacità superiori a quelle dei suoi subordinati. Sa riconoscere il valore di ciascuno nelle proprie mansioni. Ma è lui a stabilire il punto di vista, il tono.


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giovedì 12 maggio 2011

L'ultima lezione (7)

Si discute molto in questo periodo su come insegnare ai bambini l'autostima. Non è qualcosa che si può insegnare, è qualcosa che devono costruirsi da soli.

(...)


Il mio coach sapeva che c'era una sola maniera per insegnare ai bambini come sviluppare l'autostima: dar loro qualcosa che non sanno fare, costringerli a lavorare sodo finché non riescono.
Poi si ricomincia daccapo con qualcos'altro e il processo ricomincia.


(...)


Capisco che oggigiorno un coach come Graham rischierebbe di essere esonerato da una federazione sportiva giovanile. E' troppo severo. I genitori si lamenterebbero.


Ricordo una partita in cui la nostra squadra stava giocando malissimo. Alla fine del primo tempo, correndo verso l'acqua per dissetarci, poco mancò che rovesciassimo il secchio.


Graham era livido: "Caspita! Questa è la migliore azione che vi ho visto fare dall'inizio della partita!"


(...)


"Acqua?" tuonò. "Volete dell'acqua?" Sollevò il secchio e ne rovesciò tutto il contenuto a terra.


Lo guardammo allontanarsi, sentendolo mormorare all'allenatore in seconda: "Puoi dare acqua solo alla prima linea di difesa. Hanno giocato meglio".


Ora per essere chiari: Graham non avrebbe mai messo a repentaglio la salute di nessun bambino. Uno dei motivi per cui lavorava così tanto sul condizionamento psicologico era per evitarci danni ben peggiori.
In ogni caso, quella era una giornata fredda, avevamo avuto tutti la possibilità di bere durante il primo tempo; l'acqua versata a terra non ci avrebbe certo esposti a un vero rischio di disidratazione.


Ciononostrante, se questo genere di atteggiamento si ripresentasse oggi, i genitori a bordo campo prenderebbero i loro cellulari per chiamare i commissari della federazione, oppure il loro avvocato.

(...)

Ripenso a come mi sentivo durante quello sproloquio all'intervallo. Sì, avevo sete. Ma peggio ancora, mi sentivo umiliato. Avevamo deluso il coach e lui ce lo aveva fatto sapere con un gesto che non avremmo mai dimenticato.

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mercoledì 11 maggio 2011

L'ultima lezione (6)

Il coach Graham mi faceva sudare. Ricordo in particolare un allenamento. "Stai sbagliando tutto, Pausch. Ricomincia! Rifallo!"

Provai a fare quello che voleva. Non bastava.

"Me lo devi, Pausch! A fine allenamento resti qui a fare le flessioni".

Quando finalmente mi lasciò andare, l'allenatore in seconda venne a rassicurarmi. "Graham ti ha messo sotto sul serio, vero?"

Riuscii a malapena a balbettare un "sì". 

"E' un buon segno" mi disse. "Quando sbagli e nessuno ti dice più niente, significa che si sono arresi". 


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martedì 10 maggio 2011

L'ultima lezione (5)

Amo il football americano.
(...)

Ho cominciato a nove anni, e il football mi ha sempre accompagnato. Mi ha aiutato a diventare quello che sono. E benché non sia entrato nella National Football League penso spesso di avere imparato più dal perseguire questo sogno e dall'incapacità di realizzarlo che da tutti quelli che ho invece realizzato.

(...)

(I ragazzini conoscono il loro allenatore, un uomo vecchio stampo)

Alla prima seduta di allenamento eravamo tutti spaventati a morte. Lui, peraltro, non aveva portato con sé nemmeno un pallone. Uno di noi ebbe l'ardire di parlare a nome di tutti: "Scusi coach. Non ci sono palloni".

E lui: "Non ci serve nessun pallone".

Restammo muti, riflettendo sulla sua affermazione.

"Quanti uomini ci sono su un campo da football?" ci interrogò.

Rispondemmo: undici per squadra. Quindi in tutto ventidue.

"E quanti giocatori alla volta toccano il pallone?"

Uno solo.

"Esatto!" esclamò. "Quindi ci concentreremo su quello che stanno facendo gli altri ventuno".

I fondamentali. E' un grande dono che il coach ci ha fatto. Fondamentali, fondamentali, fondamentali. In qualità di professore universitario, ho notato che questa è una lezione che molti ragazzi ignorano, quasi sempre a loro discapito: dovete comprendere i fondamentali altrimenti anche gli ingranaggi più sofisticati non funzioneranno.


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lunedì 9 maggio 2011

L'ultima lezione (4)

Anche mia madre, c'è da dire, aveva tanto da insegnare. Per tutta la vita la sua missione è stata tenere a bada la mia tracotanza. E ora le sono grato.


Anche oggi, quando qualcuno le chiede com'ero da bambino, lei mi descrive come "sveglio, ma non molto precoce".
Oggi viviamo in un'epoca  in cui i genitori elogiano ogni figlio come se fosse un genio. Ecco invece mia madre, una per cui "sveglio" era un complimento sufficiente.



Mentre studiavo per il dottorato, incappai nella teoria degli algoritmi, e posso dire che è stata la cosa peggiore capitatami nella vita dopo la chemioterapia.
Quando mi lamentai con mia madre perché il test era difficile e terribile, lei si piegò su di me, mi diede un paio di buffetti sul braccio e mi consolò così: "Sappiamo come ti senti, tesoro. E ricorda, alla tua età tuo padre stava combattendo contro i tedeschi".


Cosa possiamo ricavarne?

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venerdì 6 maggio 2011

L'ultima lezione (3)

Un altro brano tratto dal libro di Randy Pausch: "L'ultima lezione".



Mio padre era un incredibile narratore e diceva che c'è sempre un motivo per raccontare storie. Amava gli aneddoti divertenti che in realtà erano favole a sfondo morale. Era un maestro in questo genere di racconti, e io ho assorbito le sue tecniche.

(...)


Cito mio padre quasi ogni giorno. Anche perché quando si esprimono le proprie opinioni, gli altri possono rigettarle, ma se si offre la saggezza di un terzo, il discorso appare meno arrogante e quindi più accettabile.


(...)


Mio padre mi dava spesso consigli su come farmi strada nella vita.


(...)


Mi spiegava che pur potendomi trovare in una posizione di forza sul lavoro o in qualsiasi rapporto, dovevo sempre comportarmi lealmente. "Solo perché siedi al volante" sosteneva "non significa che devi investire le persone".

Altri due consigli che possiamo tranquillamente riciclare nella nostra quotidianità lavorativa. Quali sono?

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giovedì 5 maggio 2011

L'ultima lezione (2)

Continuiamo a leggere alcuni brani tratti dal libro di Randy Pausch che si intitola: "L'ultima lezione".



Ho vinto la lotteria dei genitori. 

(...)

Sono cresciuto agiatamente nella classe media di Columbia, nel Maryland. I soldi non hanno mai rappresentato un problema a casa nostra, soprattutto perché i miei genitori non hanno mai sentito la necessità di spendere molto. 


(...)


Raramente cenavamo fuori. Andavamo al cinema forse una o due volte l'anno. "Guarda la tv" mi dicevano. "E' gratis. O ancora meglio, vai in biblioteca e prendi un libro".


Quando avevo due anni e mia sorella quattro, mamma ci portò al circo. A nove anni chiesi di tornarci ancora. "Che bisogno c'è?" ribatté mia madre. "Sei già stato al circo".


Appare intollerabile per gli standard di oggi, ma in realtà è stata un'infanzia magica. davvero, mi considero un ragazzo incredibilmente avvantaggiato nella vita perché avevo un padre e una madre che avevano ben compreso tante cose.


Non spendevamo molto, ma riflettevamo su tutto.


(...)


A quell'epoca teorizzavo che ci fossero due tipi di famiglie:
1) quelle in cui durante la cena si sente il bisogno di un dizionario
2) quelle che non ne hanno bisogno


Noi rientravamo nel primo caso. Quasi ogni sera si finiva con il consultare il vocabolario, che tenevamo su uno scaffale a due passi dal tavolo. "Se avete domande" affermava mio padre "cercatevi le risposte".


Quali sono i consigli che Pausch ci dà in queste righe e come possiamo utilizzarli nella nostra vita lavorativa?

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mercoledì 4 maggio 2011

L'ultima lezione

In questi giorni sto leggendo un libro bellissimo di Randy Pausch che si intitola: "L'ultima lezione".

Cito dalla quarta di copertina: "Nel 2006 Randy Pausch è un brillante professore di informatica della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania. Ha una moglie, tre bambini e ama appassionatamente il suo lavoro, i suoi colleghi, i suoi studenti.


E' allora che i medici gli diagnosticano un cancro del pancreas in stadio ormai avanzato."

Un anno dopo, Pausch tiene la sua ultima lezione in pubblico davanti a quattrocento persone, lasciando ad amici e colleghi il suo ultimo messaggio: un concentrato di ottimismo, vitalità, consigli di vita e spunti professionali che vanno a comporre un quadro che ci fa capire davvero cosa siano leadership e comunicazione efficace.

Per questo motivo, a partire da oggi, ho deciso di parlarvene, citando i brani del libro che mi hanno colpito di più.
Mi permetto, poi, di consigliare il testo a chiunque voglia leggere un bel libro che è tutto fuorché triste o drammatico. A me sta piacendo davvero molto.

Dopo avere invitato i presenti a sedersi, li ho ringraziati per essere intervenuti, ho fatto un paio di battute e poi ho detto: "Se ci fosse fra voi qualcuno entrato per caso che non conosce i retroscena, non si preoccupi; mio padre mi ha insegnato che un elefante nel salotto non passa inosservato, meglio presentarlo.
Se date un'occhiata alle mie Tac noterete circa dieci metastasi al fegato. I medici mi hanno detto che mi restano dai tre ai sei mesi di ottima salute. Questo un mese fa. Fate un po' voi i calcoli."


Ho mostrato sullo schermo un'immagine gigante della Tac del mio fegato. La slide era intitolata "L'elefante nel salotto", cui avevo aggiunto per chiarezza delle frecce rosse che indicavano ciascuna metastasi.

Ho indugiato con la slide, di modo che la platea potesse individuare le frecce e contare le metastasi. "Va bene" ho detto "tutto qua. Non c'è proprio niente da fare. Possiamo solo decidere come reagire. Non possiamo cambiare le carte in tavola, ma soltanto giocare al meglio la mano".

Trovo questo brano di una bellezza e di una forza straordinarie. C'è molta intelligenza ma anche qualche consiglio di management che mi pare utile sviscerare e seguire. Riuscite ad individuarli?

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