venerdì 30 ottobre 2009

Il jidoka non è altro che un'attitudine

Ricordate quando su QualitiAmo abbiamo parlato di Jidoka?

Basta semplicemente fare tutto quello che abbiamo scritto per ricavare il massimo dei benefici da questo utilissimo strumento? Ovviamente no e questo perché non basta individuare i problemi, bisogna anche fare qualcosa per risolverli.

"Non funziona? Io non c'entro, non è colpa mia".

"Cosa vuoi dire con “non va bene”? Va benissimo!"

"Chi è che l'ha detto? Oh, Carlo… E' così negativo, sempre. Trova qualcosa che non va in tutto".

Qualcuna di queste frasi vi suona per caso familiare? I problemi vanno affrontati e risolti. La sola risposta da dare a chi vi sta segnalando un problema è "grazie!" perché vi sta offrendo la possibilità di migliorare.

Questo è lo spirito del jidoka e, in generale, degli strumenti per il miglioramento e la Qualità che provengono dall'oriente.

Una volta corretto il problema, avrete fatto metà del vostro dovere. L'altra metà consiste nel chiedere come mai il vostro meccanismo di jidoka non ha rilevato il problema in tempo e ha permesso che arrivasse a valle, presso la stazione di lavoro successiva.

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giovedì 29 ottobre 2009

Diagrammi di Pareto

Un diagramma di Pareto è un grafico a barre (o a colonne) che aiuta a identificare i problemi di qualità e soddisfazione del cliente, evidenziando la frequenza con cui si verificano.
La rappresentazione grafica aiuta, inoltre, a determinare quali problemi necessitano di una risoluzione e in che ordine.

Con un diagramma di Pareto è possibile constatare come da problemi apparentemente minori ne derivino spesso dei maggiori e come sia importante dedicare a questi la massima attenzione.

Il diagramma di Pareto si basa su metodi di rilevazione dei dati del tipo dei moduli di controllo, la distribuzione di frequenza e l'osservazione campionaria.
Per disegnare un diagramma di Pareto occorre anzitutto identificare i problemi da studiare e stabilire un'unità di misura.

Una volta raccolti i dati relativi a un determinato arco di tempo, i risultati saranno riportati in un grafico in ordine di priorità, cioè mettendo al primo posto il problema più ricorrente (corrispondente alla colonna più alta) e gli altri in ordine decrescente.

Il grafico, tipicamente, evidenzia come la maggioranza dei problemi di qualità sia dovuta a un numero ridotto di attività: di norma l'80% dei problemi deriva dal 20% delle cause (la cosiddetta "regola dell'80/20" o "legge di Pareto").

Per costruire un diagramma di Pareto si visualizzano le colonne degli eventi in ordine decrescente di frequenza. Con questo tipo di grafico, dunque, sappiamo che occorre anzitutto lavorare sul problema più rappresentato come casistica.

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mercoledì 28 ottobre 2009

L'atteggiamento delle persone: un fondamento per la Qualità

Chiunque voglia applicare i principi della Qualità nella propria organizzazione, prima o poi dovrà fare i conti con quella che gli americani chiamano "employee attitude", l'atteggiamento dei dipendenti.

Questa caratteristica intangibile e difficilmente misurabile e valutabile è essenziale da indagare se non vogliamo farci cogliere impreparati da un possibile fallimento dell'intero progetto Qualità.

L'atteggiamento delle persone si declina su due parametri:

- soddisfazione delle persone
- coinvolgimento

Vediamoli nel dettaglio.

Soddisfazione delle persone

La soddisfazione del personale è un indicatore che, ultimamente, viene monitorato sempre di più dalle organizzazioni.
Con semplici questionari, i manager mantengono sotto controllo il livello di soddisfazione dei collaboratori. Questo parametro è fondamentale da misurare costantemente perché è direttamente legato alla retention dei talenti e alla capacità di attrarne di nuovi.

Di recente, poi, molti studi hanno manifestato una correlazione pesante tra la soddisfazione delle persone sul lavoro e la soddisfazione dei clienti dell'azienda per cui lavorano.

Coinvolgimento

Non basta che una persona faccia il proprio dovere perché un progetto di implementazione di un Sistema Qualità abbia successo. Le persone devono essere coinvolte in quello che fanno, devono sentirsi parte di un sistema.

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martedì 27 ottobre 2009

Benchmarking qualitativo: un caso pratico

L'esempio forse più eclatante di applicazione del benchmarking qualitativo è quello di Xerox che ha creato reti di benchmarking interne per lo scambio di dati continuo tra tutte le sue divisioni, in tutte le sedi del mondo.

Si tratta di un'attività di raccolta ed organizzazione/elaborazione di informazioni con particolare riguardo a:

- il modello di gestione - modalità di erogazione dei servizi e organizzazione operativa
- le risorse dedicate - organigramma, compiti/competenze, skill professionali, livelli di responsabilità

Il benchmarking qualitativo ripone particolare importanza alle interviste e ai colloqui personali che consentono di dettagliare meglio e pertanto definire il quadro conoscitivo precedentemente realizzato (analisi stato di fatto) ma, soprattutto, di raccogliere eventuali suggerimenti circa possibili migliorie organizzative.

Questo approccio consente una comprensione più approfondita e reale dei processi, delle interrelazioni, dell'operatività e, in sostanza, del sistema funzionae nel suo complesso.

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lunedì 26 ottobre 2009

Mettere in pratica il Getting Things Done

Nel post precedente abbiamo fatto una breve introduzione del metodo abbreviato con la sigla GTD (Getting Things Done).

I nostri impegni, scritti e suddivisi in liste come abbiamo visto, andranno poi ulteriormente divisi nel modo seguente:

- Azioni da fare al più presto: qui andranno elencati gli impegni che richiederanno la nostra attenzione in futuro e qualsiasi cosa che necessiti una decisione

- Progetti: in questa lista andranno riunite le attività che richiedono più di un'azione e che, quindi, dovranno essere riviste periodicamente per assicurarsi che vengano completate

- In attesa: è una lista utilizzabile per catalogare gli impegni che abbiamo delegato a terzi dai quali aspettiamo un riscontro

- Forse: in questa ultima categoria ci saranno le cose che vanno fatte, ma non in questo momento

Il metodo, dunque, si divide in due momenti ben precisi:

1. Archiviare

Liberare la mente segnando tutti gli impegni, le attività e le idee in un luogo comodamente accessibile

2. Processare

Bisogna quotidianamente analizzare le nostre liste, facendo scorrere gli impegni secondo queste regole:

- si inizia dal primo
- si analizza un impegno per volta
- non si torna sulle decisioni prese

Proviamo?

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venerdì 23 ottobre 2009

GTD - Conoscete questa sigla?

Conoscete la metodologia identificata con la frase "Getting Things Done" (GTD)?

Nacque all'inizio degli anni 2000 e venne da subito identificata come un approccio altamente efficace per aumentare la produttività delle persone.

Si tratta, fondamentalmente, di una tecnica per la gestione ottimale del tempo che prevede di registrare le cose da fare relativamente ad una certa attività per sgombrare la mente dalla fatica di doverle ricordare ed essere pronti, invece, a farle.

Il suo inventore, David Allen, dimostra che è possibile affrontare tutti gli impegni senza ansia. Il punto di partenza è semplice: la produttività è direttamente proporzionale alla capacità di sapersi rilassare, perché solo con una mente sgombra i pensieri possono essere sistematici e la creatività può generare risultati.

Per mettere in pratica lo strumento basta fare una lista delle cose da fare (solo di quelle che non possono essere fatte in breve tempo perché le altre andrebbero fatte subito ed eliminate dai nostri impegni, secondo la 2 minutes rule: tutte le task che sono completabili in meno di due minuti vanno completate immediatamente)

Vediamo come fare dal punto di vista pratico. Metterete in opera la GTD se inizierete a scrivere tutte le cose da fare su un taccuino, un’agenda, sui post-it, praticamente dove volete basta che le dividiate per categorie e che riusciate a capire le cose di cui non avete veramente bisogno, non includendole nelle liste.

Divise le cose in più categorie (lavoro, casa, famiglia, amici, tempo libero, ecc.) e individuate quelle fattibili in tempi limitati, potrete passare allo step successivo: fare la prima cosa e portarla a termine per poi passare alla successiva e così via, cancellando dalle liste quello che avete fatto.

Un metodo semplice e logico che ha lo scopo di ridurre lo stress mentale aumentando, nello stesso tempo, la produttività individuale grazie ad una gestione ottimale degli impegni e delle attività.

Nel prossimo post vedremo come operare dal punto di vista pratico.

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giovedì 22 ottobre 2009

Problem solving: suggerimenti operativi (3)

Terza e ultima parte delle nostre riflessioni per migliorare l'approccio al Problem solving.

Ieri e l'altro ieri sono state pubblicate la prima e l seconda parte del post.

15) quando dovete affrontare un problema complesso e molto vasto, suddividetelo in parti più semplici ed elementari che siano più facili da trattare

16) ridefinite il problema e rifocalizzate la situazione man mano che procedete nell'analisi e nella dignosi

17) ricordate che un problema ben definito è per metà risolto

18) nell'analisi distinguete sempre tra possibilità e probabilità

19) ritete sempre a voi stessi che "l'ultimo passo per raggiungere l'obiettivo dipende da come si è fatto il primo"

20) ricordate che se non trovate la soluzione a un problema forse l'avete semplicemente formulato male

21) quando non sapete cosa fare, agite con calma, un passo per volta, senza fermarvi

22) prevedete di commettere errori

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mercoledì 21 ottobre 2009

Problem solving: suggerimenti operativi (2)

Continuano i suggerimenti operativi per impostare una buona azione di analisi e di risoluzione dei problemi.

La prima parte di questo post è stata pubblicata ieri.

8) non accontentatevi della prima risposta o di un'informazione vaga

9) imparate a essere precisi senza per questo essere pignoli e ossessivi

10) abituatevi a considerare nuove informazioni anche se contraddittorie rispetto a quello che già sapete

11) cercate di rivedere il problema se pensate di aver preso una strada sbagliata

12) stabilite comunque un termine temporale per la raccolta e l'analisi delle infromazioni: quando l'avete superato, passate all'azione

13) valutate i miglioramenti che la soluzione del problema porterebbe

14) non fatevi condizionare dai pregiudizi

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martedì 20 ottobre 2009

Problem solving: suggerimenti operativi

A partire da oggi e per i prossimi due giorni, abbiamo deciso di darvi qualche consiglio "operativo" per l'analisi e la risoluzione dei problemi cioè per l'avvio della metodologia del Problem solving.

Iniziamo:

1) diventate "cercatori" di problemi

2) imparate a riconoscere e ad anticipare le situazioni potenzialmente pericolose

3) investite tempo e concentrazione per definire, descrivere e focalizzare il problema

4) rifiutate sempre le affermazioni generiche e grossolane che tendono a generalizzare i problemi

5) inventate il metodo che funziona per voi, stabilite come fare prima di cominciare ad agire

6) ricercate le informazioni, i dati pertinenti al problema o le opinioni di persone interessate

7) valutate la correttezza, la veridicità e l'affidabilità delle informazioni e dei dati che raccogliete

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lunedì 19 ottobre 2009

Decisione efficace: gli errori da evitare

Un processo decisionale efficace:

- mette a fuoco ciò che è importante, logico e coerente
- fonde il pensiero analitico a quello intuitivo
- richiede solo la quantità di informazioni necessarie
- incoraggia e guida la raccolta di informazioni rilevanti
- è rapido, attendibile, di semplice utilizzo e flessibile
- analizza le conseguenze della scelta
- risolve i problemi legati all'incertezza
- accetta un buon livello di tollerenza del rischio
- verifica la decisioni collegate

In questo contesto, è poi importante evitare gli errori più comuni:

- lavorare al problema sbagliato
- non individuare gli obiettivi_chiave
- non sviluppare alternative valide e/o creative
- trascurare le conseguenze cruciali delle alternative
- dare scarso peso ai compromessi
- non curarsi dell'incertezza
- non calcolare la tollerabilità del rischio
- non pianificare in anticipo quando ci si trova di fronte a decisioni collegate nel tempo

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venerdì 16 ottobre 2009

Il processo di ascolto: gli errori più comuni

Gli errori più diffusi al momento dell'ascolto sono:

- l'errore dovuto al pregiudizio, quando si nutrono pregiudizi nei confronti di chi parla

- l'errore dovuto alla sintesi o alla velocità, quando siamo troppo veloci e rapidi nelle conclusioni

- l'errore legato all'interesse verso un certo argomento, che ci fa "arrotolare" sui nostri pensieri e ci allontana dall'interlocutore

- l'errore dovuto alla troppa attenzione a fatti e aneddoti oppure a concetti e teorie, che porta ad avere un quadro parziale e non completo del messaggio

- l'errore da disturbi esterni o da distrazioni, mentre il buon ascoltatore sa concentrarsi, escludendo gli uni e gli altri

- l'errore dovuto alla mancanza di contatto visivo, mentre guardare negli occhi l'interlocutore è segno di buona educazione e permette di cogliere il senso del discorso

- l'errore di scarsa concentrazione, che rende difficile riuscire a cogliere il significato delle parole di chi ci sta parlando

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giovedì 15 ottobre 2009

L'effetto Pigmalione, l'effetto Galatea

Possiamo veicolare la fiducia verso gli altri e verso noi stessi, sfruttando due effetti leva: Pigmalione e Galatea, ovvero avere rispettivamente alte aspettative verso gli altri e verso se stessi.

Narra la leggenda che Pigmalione, scultore greco, scolpì una statua di donna stupenda e se ne innamorò.
Pregò gli dei di darle la vita e lo fece così intensamente che l'Olimpo esaudì la sua preghiera.

Per quanto riguarda l'effetto Galatea, è quello che ben conoscono insegnanti e genitori quando si sforzano di aumentare le aspettative dei loro studenti e dei loro figli: iniziano a trattarli in modo diverso (senza favoritismi) e sviluppano meglio il loro potenziale educativo, creativo e culturale.

Da sempre si dice che le aspettative non sono altro che legittime anticipazioni della realtà: se crediamo in qualcosa e la desideriamo, compiamo degli sforzi per ottenerla o per raggiungerla.

Le profezie che si autoavverano nascono come ipotesi, diventano scopi, si trasformano in obiettivi e si realizzano grazie alla volontà e alla speranza.

Ecco come nasce l'effetto Galatea. Si diventa ciò che si vuole diventare.

Quanto sono importanti questi effetti leva per un Responsabile Qualità, secondo voi?

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mercoledì 14 ottobre 2009

Il pensiero laterale: utile anche per chi si occupa di Qualità

Il pensiero laterale è un'abitudine mentale pro-attiva, un cercare di affrontare i problemi in maniera creativa, il concentrarsi su qualcosa che nessun altro aveva preso in considerazione.

La sfida è la battaglia all'unicità e alla continuità, all'unico modo di fare le cose, ai concetti e alle idee, ai presupposti, ai vincoli e ai fattori essenziali.

La ricerca delle alternative, la più importante di tutte le attività creative, vuol dire obbligrasi a trovare alternative e non fermarsi alla prima soluzione che viene in mente.

La provocazione serve per ottenere risposte o prendere strade diverse: è provocatorio utilizzare l'umorismo e l'ironia ma utile perché nel momento comico nasce sempre qualche analogia creativa.

La disciplina è indispensabile perché non basta utilizzare buone tecniche, serve anche avere un metodo: per avere risultati ci vogliono il rispetto del tempo, il darsi un limite (inizio e fine), lo stabilire con chiarezza il focus e l'obiettivo, la perseveranza e la tenacia.

E per mettervi alla prova, ogni sabato, sul forum di QualitiAmo, proponiamo un quiz di pensiero laterale. Allora, siete pronti?

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martedì 13 ottobre 2009

Il processo decisionale: gli elementi (3)

Completiamo il discorso iniziato nel post precedente sugli elementi che caratterizzano il processo decisionale parlando degli ultimi tre elementi: scelta, attuazione e revisione.

La scelta

In questa fase possiamo riconoscere alcune condizioni nelle quali il problema decisionale può essere affrontato:

- contesto deterministico che porta ad un'univocità della decisione
- contesto non deterministico che porta rischio (minimizzare la perdita di opportunità) e incertezza (eliminare alternative)

Gli atteggiamenti possibili sono:

- ottimistico: MaxMax (massimizzare il risultato)
- pessimistico: MaxMin (massimizzare il risultato positivo più sfavorevole)
- realistico: compromesso fra i precedenti

Le criticità tipiche di questa fase sono:

- la non-scelta non esiste (rimandare la decisione equivale a scegliere l'altyernativa "zero")
- la "decisione su come decidere" nei casi di rischio e di incertezza (prevalenti)
- atteggiamento del decisore: euforia / depressione / razionalità

L'attuazione

E' la fase in cui si mettono in campo modalità ed azioni per attuare le decisioni.

Le criticità tipiche di questa fase sono:

- gli attori sono soggetti diversi dal o dai decisori (problema di coordinamento, organizzazione e pianificazione)

La revisione

In questa ultima fase, si confrontano i risultati con gli obiettivi.

Le criticità tipiche di questa fase sono:

- scostamenti risultati / obiettivi (analisi delle cause)

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lunedì 12 ottobre 2009

Il processo decisionale: gli elementi (2)

Riprendiamo il discorso iniziato nel post precedente sugli elementi che caratterizzano il processo decisionale parlando del secondo e del terzo elemento: conoscenze e modellizzazione.

Le conoscenze

Siamo nella fase di individuazione dei vincoli (tempi, risorse, ecc.) per il raggiungimento degli obiettivi e del contesto (mercato, ecc.) in cui si dovrà agire.

Le criticità tipiche di questa fase sono:

- conflittualità fra obiettivi di breve e lungo periodo
- incompatibilità fra obiettivi e risorse
- autonomia decisionale
- turbolenza ambientale (cambiamenti, velocità e complessità)

La modellizzazione

E' la fase in cui si cerca di schematizzare la situazione in rapporto alle variabili ed ai vincoli.
In questo momento si cerca anche di generare alternative e di valutare gli effetti della decisione (ad es. attraverso la Teoria dei giochi).

Le criticità tipiche di questa fase sono:

- capacità di generare alternative (limitazioni per abitudini / percezione / conoscenze / costi / tempi)
- cambiamento della natura delle variabili al variare dell'alternativa
- comportamento degli attori

Domani parleremo degli ultimi tre elementi del processo: la scelta, l'attuazione e la revisione.

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venerdì 9 ottobre 2009

Il processo decisionale: gli elementi (1)

Il processo decisionale, indipendentemente dall'ambito in cui la decisione si sviluppa, si compone di soggetti che definiscono gli obiettivi, di soggetti che operano per raggiungere questi obiettivi e di alcuni elementi caratteristici:

1) Percezione della realtà

2) Conoscenze

3) Modellazione

4) Scelte

5) Attuazione

6) Revisione

La percezione della realtà

E'l'innesco del processo decisionale a seguito di una direttiva di ordine superiore (Direzione aziendale, normativa, legge, ecc.) o di problemi / opportunità

Le criticità tipiche di questa fase sono:

- condizionamento da parte della cultura dominante nell'interpretazione degli input
- conflittualità fra azienda e individui, fra gruppi dell'organizzazione e fra individui
- conflitto fra sotto-obiettivi
- troppi attori che "calcano la scena"

Lunedì parleremo del secondo elemento del processo: le conoscenze

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giovedì 8 ottobre 2009

Il processo decisionale, gli obiettivi e le azioni

Parlando di Sistema Qualità, non si può fare a meno di parlare del processo decisionale e di come questo debba essere calato nella realtà dell'organizzazione attraverso gli obiettivi e le azioni.

Le decisioni, solitamente, partono dal vertice dell'azienda (la Direzione Generale) per poi articolarsi nei diversi dipartimenti (Direzione Produzione, Direzione Marketing, Direzione Vendite, ecc.)

Proviamo a spiegare meglio le dinamiche decisionali con un esempio pratico.

Obiettivo della Direzione Generale: Aumentare le quote di mercato

L'obiettivo viene comunicato a tre direzioni declinato in tre sotto-obiettivi:

Direzione Produzione: produrre di più
Direzione Marketing: migliorare l'immagine
Direzione Vendite: vendere di più

Ogni sotto-obiettivo andrà, poi, a sua volta articolato in azioni ben precise. vediamole da vicino:

Direzione Produzione: investire in capacità produttiva e ricorrere a subforniture
Direzione Marketing: modificare la pubblicità del prodotto
Direzione Vendite: potenziare la rete vendita e ridurre i prezzi

Ora è tutto un po' più chiaro? Provate a fare voi degli esempi.

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mercoledì 7 ottobre 2009

La catena del valore 2

Dopo aver esaminato le attività primarie che contribuiscono a creare la catena del valore, passiamo in rassegna le quattro attività di supporto.

Attività di supporto

1) Gestione degli approvvigionamenti

riguarda le funzioni e i processi di acquisto degli input immessi nella catena del valore e ha stretti rapporti con le varie aree funzionali (per esempio i responsabili della produzione hanno un ruolo importante nel definire le specifiche e la qualità dei componenti del prodotto e del servizio)

2) Gestione della tecnologia

intesa in senso ampio, comprende know-how, ricerca e sviluppo, progettazione, acquisti di tecnologie dall'esterno

3) Gestione delle risorse umane
ossia le attività riguardanti la selezione, il reclutamento, la formazione e lo sviluppo di carriera del personale. Riguarda anche le forme di remunerazione e l'insieme degli altri rapporti tra l'organizzazione e i collaboratori

4) Infrastrutture dell'impresa
i cosiddetti linking process o processi trasversali: organizzazione, pianificazione e controllo. Sotto un altro profilo sono rappresentate dalle attività di general management

Le infrastrutture generali dell'impresa sostengono l'intera catena del valore. Ogni attività primaria e di supporto comporta costi e dovrebbe aggiungere valore al prodotto e al servizio. Se l'impresa ha più di un prodotto, secondo Porter, l'analisi dovrebbe essere fatta a livello di singolo prodotto e non a livello corporate.

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martedì 6 ottobre 2009

La catena del valore 1

La catena del valore comprende cinque attività primarie che rappresentano i processi che portano alla creazione dei prodotti e dei servizi e quattro attività di supporto che possono agire su una o più attività primarie.

Cominciamo ad esaminare le attività primarie.

Attività primarie

1) Logistica in entrata

stiamo parlando dell'approvvigionamento e del ricevimento di materie prime e componenti, della gestione delle loro scorte e della loro distribuzione interna. Sono gli input necessari per ottenere prodotti e servizi e comprendono le attività riguardanti la gestione dei magazzini, il controllo delle scorte e i trasporti interni

2) Gestione operativa

ossia la trasformazione degli input in prodotti finiti e servizi. Riguarda in particolare la gestione dei macchinari, l'assemblaggio e il packaging

3) Logistica in uscita
tutto ciò che rigiuarda la distribuzione ai clienti dei prodotti finiti e dei servizi

4) Marketing e vendite
attività che stimolano e facilitano l'acquisto di prodotti (pubblicità, gestione della forza vendita, selezione dei canali di vendita, relazioni con gli intermediari, prezzi)

5) Servizi
sono relativi alla gestione delle operazioni post-vendita (installazioni, riparazioni, formazione del personale dei distributori e dei compratori, forniture di parti, prestazioni di garanzie)

Domani vedremo quali sono le attività di supporto.

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lunedì 5 ottobre 2009

Il Rappresentante della Direzione

Il Rappresentante della Direzione per quanto riguarda il Sistema Qualità viene nominato dal top management.

Indipendentemente dalle altre responsabilità che ha (può appartenere, infatti, a qualsiasi area dell'organizzazione) è responsabile di quanto previsto nel punto 5.5.2 della norma e cioè:

- del fatto che vengano predisposti i processi necessari per la gestione del Sistema Qualità
- che questi processi vengano seguiti e mantenuti aggiornati
- di informare la Direzione in merito alle performance del sistema e ad eventuali esigenze di miglioramento
- di assicurare la promozione della consapevolezza dei requisiti del cliente nell'ambito dell'organizzazione.

Le responsabilità del Rappresentante della Direzione, però, non finiscono qua.
Includono, ad esempio, anche i rapporti con le parti esterne su argomenti che fanno capo alla Qualità.

In azienda è assistito operativamente dal Responsabile Qualità e dai proprietari di processo che assicurano che la Qualità sia applicata al massimo in ogni dipartimento aziendale.

Fondamentale nella scelta della persona giusta per ricoprire questo ruolo sono due considerazioni:

1) deve credere davvero nella Qualità perché se ne dovrà fare promotore all'interno dell'azienda
2) deve avere l'autorità per far rispettare la Qualità all'interno dell'organizzazione

Se uno dei due punti elencati sopra non viene rispettato, ecco che decade tutta l'utilità di questa figura.

Qual è la vostra situazione? Siete supportati da un Rappresentante della Direzione valido?

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venerdì 2 ottobre 2009

Kaizen costing e obiettivi pratici di riduzione dei costi

Se vogliamo davvero applicare i principi del Kaizen alla riduzione dei costi, vitale in periodi di crisi e di recessione come quello che stiamo vivendo, dobbiamo allontanarci dalla sicurezza dei sistemi di contabilità gestionale tradizionali che risultano completamento inadeguati alla gestione di un ambiente altamente competitivo e lagato al cambiamento come quello odierno.

Qual è il limite della contabilità tradizionale? Quello di non riuscire a fornire informazioni utili e tempestive per un controllo di gestione efficace e per valutare i costi del prodotto e i risultati aziendali.

Le aziende che vogliono essere davvero competitive devono riuscire a impostare strategie finalizzate a conseguire posizioni di successo in tempi molto brevi, per cavalcare il cambiamento sempre più incalzante ed essere pronte ad adattarsi ad esso prima delle altre.

A questo si aggiunge l'esigenza di ridurre adeguatamente i costi, accelerando la ricerca di una convergenza tra l'impiego di nuove tecnologie e l’adozione di differenti soluzioni organizzative.
Del resto è proprio la pressione competitiva che dimostra che la capacità di crescita e di sopravvivenza di un'impresa è frutto, per lo più, delle conoscenze del management e di come queste vengono diffuse all'interno dell'organizzazione.

Definire strategie che portino a conseguire un vantaggio competitivo difendibile rispetto ai concorrenti significa proprio poter contare su un patrimonio conoscitivo creato con il contributo personale di tutti i soggetti, a qualunque livello gerarchico si trovino.
E' proprio questa la base del Kaizen che, se applicata alla gestione dei costi, determina la metodologia del Kaizen costing, ideata da Yasuhiro Monden e applicata grazie al contributo delle aziende giapponesi del settore Automotive, soprattutto Daihatsu.

Il Kaizen costing si basa sulla piena visibilità di tutti i costi riferiti al prodotto (life cycle costing) e sul migliorando dell'efficienza interna tramite obiettivi ben definiti e misurabili.

Vediamo qualche esempio pratico di questi obiettivi, partendo dai tre più semplici.

1) Riduzione dei costi diretti, ad esempio di quello delle delle materie prime e delle parti acquistate.
L'obiettivo farà capo all'Ufficio Acquisti che potrà monitorarlo, ad esempio, dividendo i costi totali dei materiali per il numero di pezzi prodotti (quando un ragionamento del genere è applicabile)

2) Riduzione dei costi indiretti legati, ad esempio, ai trasporti, alle forniture dei servizi, ecc.)

3) Riduzione dei costi legati al lavoro, ad esempio del tempo legato alla produzione di un singolo pezzo.
Attenzione! Contrariamente a ciò che credono molti imprenditori, riduzione dei costi del personale non significa assolutamente diminuzione del numero di persone che lavorano in un'azienda ma ottimizzazione del loro lavoro.
C'è una differenza profonda tra il tagliare teste ed elaborare una strategia tesa ad utilizzarle al meglio.
La stessa differenza che passa tra la sopravvivenza e il successo.

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giovedì 1 ottobre 2009

Come diventare "lean"?

Molti di voi, incuriositi dalle numerose discussioni e dagli approfondimenti sulla Lean manufacturing, ci hanno scritto per sapere da dove incominciare per intraprendere questo viaggio importante verso la riduzione degli sprechi e l'ottimizzazione dei flussi di lavoro.

Il nostro consiglio è quello di partire cercando di costruire un'organizzazione "lean" mediante la formazione e la condivisione di informazioni.

Visitate i siti e i blog che trattano dell'argomento, italiani e, se conoscete un po'le lingue, anche stranieri.
Leggete i libri che sono stati pubblicati, soprattutto le pietre miliari dei grandi pensatori snelli (se seguite regolarmente QualitiAmo avrete sicuramente numerosi spunti).
Visitate, quando possibile, le organizzazioni che hanno fatto della Produzione snella il loro "credo", richiedendo un invito o approfittando degli "open day" che spesso le grandi aziende organizzano.

Oltre a tutto questo, però, non dimenticate che, molto semplicemente, la Lean production si basa su pochi principi, inattaccabili nel loro essere cristallini.

I principi della produzione snella -

Eliminate gli sprechi, tutti gli sprechi.

Cercate sempre di imparare cose nuove, informatevi, crescete professionalmente, trovate nuovi modi per essere "lean" e fate esperienza di tutti gli strumenti che possono servirvi.

Prendete una decisione solo dopo aver raccolto tutti gli elementi necessari per prenderla.

Velocizzate il vostro modo di lavorare, snellite le procedure, riducete il "time to market". Ricordate che essere veloci (ma precisi) è un vantaggio sostanziale per battere la concorrenza.

Rispettate le persone e aiutatele a migliorare. Questo non significa limitare i contrasti che portano a crescere ma solo ragionare in un'ottica di squadra, tutti con lo stesso obiettivo.

Cercate di essere credibili e affidabili. Guadagnatevi la fiducia degli altri.

Ottimizzate, ottimizzate tutto. Non scaricate sugli altri un problema che ritenete non sia vostro. Se si ripercuote sui flussi e crea sprechi è un problema anche vostro. Cercate di risolverlo.

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