mercoledì 31 dicembre 2014

Lo scopo nella nuova ISO 9001:2015

Un attento lettore della bozza della futura ISO 9001:2015 ci ha chiesto come mai si parli in due paragrafi differenti (paragrafo 1 e paragrafo 4.3) di "scopo".
Cerchiamo di capirlo insieme perché questo duplice riferimento potrebbe ingenerare confusione.

Nel paragrafo 1 viene definito lo scopo dello standard, cioè - in questo caso - lo scopo della ISO 9001. Nel caso di un altro standard, ovviamente, lo scopo si riferirà a quest'altra norma e spiegherà il motivo per cui quella norma è stato scritta e cosa vuole ottenere.
Lo scopo di uno standard viene determinato da chi lo scrive e quindi, nel caso della nuova ISO 9001:2015, dal Comitato Tecnico ISO/TC 176 SC 2.

Il paragrafo 4.3, invece, spiega lo scopo del sistema di gestione di riferimento e quindi, nel caso della ISO 9001:2015, del sistema qualità.
Questo paragrafo è utile per capire quali siano i confini del nostro sistema di gestione, cosa debba esservi incluso e cosa no.
Lo scopo del sistema di gestione di riferimento viene determinato da chi lo crea e quindi dall'organizzazione che adotta lo standard per gestire il proprio lavoro attraverso un sistema di gestione che potrà servire per gestire la qualità, l'ambiente o altro ancora.

Ovviamente, i due scopi devono relazionarsi tra loro ed è per questo che ciò che viene descritto nel paragrafo 4.3 non può fare a meno di ciò che è specificato nel paragrafo 1 dato che nessuno sistema di gestione può avere uno scopo che esuli dallo scopo principale per cui è stato creato lo standard che dovrebbe regolarlo.
Nel caso della ISO 9001, lo scopo finale sarà soddisfare i clienti.

Qualunque auditor, dunque, dovrà aspettarsi una relazione forte tra ciò che gli estensori della norma hanno scritto e ciò che le organizzazioni specificheranno nella descrizione dello scopo del loro sistema di gestione.

Venerdì torneremo sull'argomento.

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martedì 30 dicembre 2014

La conoscenza condivisa

Ho letto recentemente un articolo di "The Journal for Quality & Partecipation" che  parlava di conoscenza, spiegando che la cosiddetta "conoscenza" documentata, quindi esplicita, spesso corrisponde al solo 20% della conoscenza complessiva di un'organizzazione mentre il restante 80% rientra nella cosiddetta "conoscenza tacita" o implicita.

La conoscenza costituisce la quarta grande risorsa di un'organizzazione dopo il tempo, il denaro e le persone. Riuscire a gestirla nel modo migliore, dunque, è molto importante ed è per questo che abbiamo parlato spesso di knowledge management anche in relazione alla nuova ISO 9001:2015.

Tutta la gestione della conoscenza di un'organizzazione si basa, essenzialmente, su due domande:
  1. per migliorare su base continua occorre chiedersi: "come possiamo assicurarci di non sbagliare più la prossima volta?"
  2. per innovare, invece, occorre chiedersi: "come possiamo cambiare completamente quello che facciamo al fine di renderlo qualcosa di completamente nuovo e innovativo?"
Per migliorare su base continua e per innovare, però, occorre far crescere le nostre conoscenze e imparare a gestirle al meglio. Domani vedremo come fare.

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lunedì 29 dicembre 2014

Come mantenere l'attenzione?

Mantenersi concentrati e rivolgere la nostra attenzione a ciò che dobbiamo fare può rivelarsi molto complicato in un mondo di app, sms ed e-mail che ci arrivano ogni pochi minuti.

Il famoso psicologo americano Daniel Goleman, nel suo libro "Focus" ci offre qualche suggerimento per provare a migliorare la nostra concentrazione. Due su tutti:
  1. Concentrarsi su un pensiero, abituarsi a riconoscere il momento in cui iniziamo a divagare per tornare immediatamente al pensiero di prima. Goleman racconta di farlo per 10-20 minuti al giorno non appena si sveglia
  2. Per mantenere alta la concentrazione su un compito di lunga durata, invece di affrontarlo nella sua interezza, proviamo a dividerlo in parti più piccole
Potrebbero essere due spunti per provare a migliorarci durante il 2015. Cosa ne dite?

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mercoledì 24 dicembre 2014

Le nuove regole per le etichette degli alimenti (2)

Continuiamo a leggere le note di "Altroconsumo" sulle novità relative alle etichette degli alimenti:
  • non si può più barare: se un alimento è stato congelato e poi decongelato per essere messo in vendita, il termine "decongelato" deve figurare in bella vista, accanto alla denominazione del prodotto. Per alcuni prodotti congelati scatta anche l'obbligo di riportare la date di congelamento. Stiamo parlando di carne, preparazioni a base di carne e prodotti non trasformati a base di pesce. Per ciò che riguarda le imitazioni, quando si sostituisce un ingrediente tipico (per esempio le uova nella maionese) con un altro che non lo è, questo deve essere menzionato vicino alla denominazione dell'alimento. Per ciò che riguarda l'aggiunta di acqua, se nella carne e nel pesce (che si presentano sotto forma di fetta o filetto) viene aggiunta una quantità di acqua che supera il 5% del peso del prodotto finito, bisogna specificarlo vicino alla denominazione del prodotto. In presenza di carne o pesce composti da diversi pezzi che, attraverso l'uso di additivi, sono uniti tra loro e si presentano pertanto come un unico pezzo, si dovrà utilizzare la denominazione "carne ricomposta" e "pesce ricomposto". Infine, per gli insaccati, nel caso in cui il loro involucro-budello non sia commestibile lo si deve chiarire espressamente con la specifica indicazione: "non edibile"
  • quali grassi, finalmente: nella lista degli ingredienti non potranno più comparire indicazioni generiche come "olio vegetale" o "grasso vegetale". I produttori dovranno essere più precisi, per esempio dire "olio di girasole" o "grasso vegetale di palma"
  • focus sugli allergeni: i componenti che più facilmente possono causare reazioni allergiche dovranno apparire nella lista degli ingredienti con una certa evidenza: in grassetto, in un colore diverso, con una sottolineatura...nel caso degli alimenti per cui non è previsto l'obbligo di riportare la lista degli ingredienti, il nome dell'allergene dovrà essere segnalato sull'imballaggio dopo la parola "contiene": per esempio "contiene soia"
Vi lascio anche questo articolo tratto da: "Il Corriere della Sera" che va a completare il discorso.

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martedì 23 dicembre 2014

Le nuove regole per le etichette degli alimenti

Vi riporto questo articolo tratto da "Altroconsumo" che riassume, a grandi linee, i cambiamenti che a partire dal 13 dicembre ritroviamo nelle etichette alimentari.

In particolare, aggiungo - sempre usando come fonte la rivista - che:
  • per ciò che riguarda i valori nutrizionali chi deciderà di riportare sulle confezioni dei generi alimentari l'etichetta nutrizionale (l'obbligo scatta tra due anni), dovrà farlo seguendo i dettami del regolamento che prevede che siano indicate anche le informazioni finora facoltative, come quelle su zuccheri e grassi saturi. Le indicazioni relative al sodio vanno invece sostituite con quelle sul sale. In definitiva la tabella nutrizionale dovrà contenere: calorie, carboidrati, zuccheri, grassi, grassi saturi e sale. Restano facoltativi altri nutrienti, tra cui la fibra
  • indicazione d'origine: dal prossimo aprile dovrà essere indicato il luogo di allevamento e macellazione anche sulle carni suine, ovine, caprine e sul pollame. Finora l'obbligo, introdotto sulla scia dello scandalo "mucca pazza", vigeva solo per la carne bovina. Stretta sulle indicazioni d'origine anche per denominazioni come "yogurt greco", che risultano ingannevoli se, per esempio, lo yogurt in questione è stato prodotto con latte tedesco. Per questo motivo, in tutti i casi in cui l'origine dell'ingrediente principale sia diversa da quella presente nella denominzazione del prodotto, il regolamento prevede che venga chiaramente specificato.
  • leggibile prima di tutto: perché un'etichetta sia utile al consumatore deve essere prima di tutto leggibile: bando alle informazioni nascoste nelle pieghe delle confezioni e ai caratteri troppo piccoli, impossibili da decifrare per chi non abbia una vista aquilina o una lente di ingrandimento. Il nuovo regolamento europeo prescrive che l'altezza dei caratteri non sia inferiore a 1,2 millimetri. Per i piccoli imballaggi il limite scende a 0,90 millimetri. Rimandati a una futura norma dettagli su colore dei caratteri e contrasto con lo sfondo, escamotage spesso utilizzati dai produuttori per rendere poco leggibili informazioni scomode, ma obbligatorie.
Domani leggeremo insieme le ultime tre precisazioni ma, nel frattempo, ci raccontate se voi, nella veste di clienti, avete l'abitudine di leggere le etichette quandon acquistate un alimento? E, se sì, date la preferenza agli alimenti che riportano etichette chiare oppure la cosa vi è del tutto indifferente?

Io, ad esempio, sono abituata a leggerle sempre e tendo a scartare quei prodotti che non presentano etichette suffiucientemente esaurienti.

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lunedì 22 dicembre 2014

Parliamo di coaching

Qualcuno di voi ha già sentito parlare di "coaching" inteso come supporto dato ai professionisti da parte di consulenti esterni? Se ne parla in questo articolo, cosa ne pensate?

(Fonte: "Corriere Economia")

Allenare la mente proprio come fosse un corpo. Favorendo la concentrazione sull’obiettivo da raggiungere e, soprattutto, sulla focalizzazione del risultato. Si chiama coaching ed è una
metodologia di formazione che punta allo sviluppo del potenziale personale. Nella vita come in azienda. 


Nelle imprese, questo metodo viene sempre più utilizzato nelle politiche di sviluppo. Perché è uno strumento anticrisi e di gestione delle risorse umane. Che viene sempre più incontro alle problematiche che le aziende di questi tempi devono affrontare: ridimensionamenti, ristrutturazioni, fusioni, distaccamenti.

Secondo una recente indagine della Stanford Graduate School of Business, più di un terzo dei ceo negli Stati Uniti segue percorsi di executive coaching. Con risultati eccellenti.
Qualcosa si muove anche qui da noi anche se si fa ancora un po’ troppa confusione su chi sia e cosa faccia esattamente un coach. Il coaching è come una bussola, quando ci si perde e non si sa come raggiungere la meta, indica dove ci si trova e la direzione da seguire per trovarla. 


(...)

Se ti focalizzi su quello che non vuoi, è esattamente ciò che otterrai.

Secondo una ricerca dell’Icf (International Coach Federation) che ha analizzato un campione di oltre 18 mila manager provenienti da 25 Paesi, più della metà degli interpellati (il 58%) dichiara di
conoscere il coaching. Ad una domanda specifica sul perché si è deciso di intraprendere un percorso di questo tipo, il 42% risponde per ottimizzare la performance lavorativa individuale e del team, il 33% per espandere le opportunità di carriera, il 29% per migliorare le strategiedi business. E se il 31% si allena per aumentare l’autostima e la fiducia in se stesso, il 27% lo fa per gestire in modo più equilibrato lavoro e vita privata. 

A rispondere maggiormente a queste due ultime domande sono, non a caso, le donne.
Ci si rivolge a un coach per un cambiamento importante
(...) perché si hanno potenzialità
inespresse, ci si sente a disagio per qualcosa di cui non si è consapevoli e che si vorrebbe conoscere.
 

Il coach non è però uno psicologo, non deve scavare alla ricerca di qualcosa, ma lasciare che siano le emozioni a parlare, a indicare la strada. D’altronde sin dai tempi di Eraclito si diceva che nella vita non c’è nulla d’immutabile, tranne l’esigenza di cambiare.
Non c’è alcuna strategia predefinita
(...) ma solo un forte coinvolgimento del partecipante.
Partendo dall’autosservazione, guidata e stimolata dal coach, l’autosviluppo permette al manager di comprendere gli schemi entro cui è abituato a lavorare e assicura che il training avvenga su
tematiche che egli reputa centrali.


A differenza di un corso di formazione, solitamente dedicato a più persone, il coach è riservato a quella determinata persona
(...)

La maggior parte del campione (49%) si dichiara molto soddisfatto di aver fatto un’esperienza di
coaching. Con l’età e il grado di consapevolezza che giocano un ruolo cruciale. Il 35% di chi ha seguito un percorso di coach ha tra i 25 e i34 anni, mentre il 23% ha oltre 55 anni.
Il 33% sono uomini. Sempre dalla survey emerge che uno su 3 di coloro che non hanno mai seguito un’esperienza di coach sarebbe disposto a sperimentarla, mentre il 48% ritiene che un coach
debba essere certificato e avere determinate credenziali. 


(...)

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venerdì 19 dicembre 2014

Ecco gli automatismi che ci fanno sbagliare (2)

Continuiamo a leggere l'articolo di "Sette" che abbiamo iniziato ieri e ad esaminare le nostre distorsioni cognitive.


Bias del gruppo
Figlio del precedente, ci spinge a pensare che la nostra "tribù" sia più forte e abbia idee migliori di qualsiasi altra comunità.
(...)
Ci rende sospettosi, paurosi, a volte ostili e sprezzanti verso chi non riconosciamo parte del "gruppo".

Bias dello status quo
Il cambiamento ci spaventa e per questo preferiamo restare fedeli a una routine, magari noiosa ma rassicurante.
(...)
E spesso ci spinge al pensiero, distorto, che qualsiasi scenario diverso dalla situazione corrente implicherebbe un peggioramento.
Di verso opposto a questo conservatorismo automatico, è il progressismo tout court, nelle parole e non nella sostanza.

Bias della negatività
Le brutte notizie ci attirano più di quelle buone.
(...)
Secondo gli psicologi è la nostra attenzione selettiva che ci fa percepire le brutte notizie come più importanti: da un punto di vista evolutivo, prepararci al peggio può salvarci.

Bias dell'àncora
Noto anche come "trappola della relatività", ci porta a fissarci su un insieme limitato di elementi, le "ancore", intorno a cui facciamo ruotare tutto il resto.
Un esempio è la scelta di un vestito in un negozio: tendiamo a confrontare subito il prezzo rispetto a un valore di riferimento dato, non a valutare il prezzo del prodotto in sé.

Fallacia di Gambler
Tendiamo a dare particolare importanza agli eventi del passato pensando che influenzeranno in qualche modo i risultati futuri.
L'esempio classico è quello del lancio della monetina: dopo che è uscito per cinque volte "testa", riteniamo molto più probabile che la volta successiva esca "croce". In realtà, i risultati in lanci diversi sono statisticamente indipendenti e quindi le probabilità restano 50/50.

Allora, cosa ne pensate? Credete di essere immuni da queste distorsioni mentali oppure vi è capitato di fermarvi e di ragionarci su per migliorare le vostre reazioni nei confronti degli altri?

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giovedì 18 dicembre 2014

Ecco gli automatismi che ci fanno sbagliare

Recentemente ho letto un articolo che credo possa portare a molte riflessioni ed ecco perché ho deciso di condividerlo qui sul forum.

(Fonte: "Sette")

Il bias cognitivo (o distrorsione cognitiva) è un termine utilizzato in psicologia per descrivere alcuni effetti inconsci che si verificano nella mente umana e che possono portare a una distorsione percettiva, giudizi inesatti, interpretazioni illogiche, stereotipi.

(...)

Per intenderci, è quella "cosa" che qualcuno continua a definire intuito e a volte si trasforma in pregiudizio.

(...)

Qui ci limitiamo ad analizzare alcune categorie di questi automatismi mentali, che da un lato ci permettono istintivamente di prendere decisioni velocemente, superando la complessità del presente, dall'altro però ci inducono spesso in errore. O meglio, a un difetto nel giudizio che deriva da sbagli della memoria, stereotipi sociali, errori di calcolo. Conoscerli, ci può aiutare a evitare il pregiudizio.

Bias di proiezione
Avviene quando tendiamo a ritenere che la maggior parte delle persone abbia la nostra stessa opinione sulle cose.
(...)
All'eccesso diventa il bias del falso consenso, in cui si tende a credere che le persone siano sempre d'accordo con noi. 
Temibilissimo in vari campi, in particolare sul lavoro, perché ci impedisce di discernere fra il "ruffiano" e il vero alleato.

Bias di conferma
Ci piacciono le persone che sono d'accordo con noi.Ecco perché frequentiamo soprattutto chi ha punti di vista e gusti simili ai nostri, O perché promuoviamo i dipendenti che dicono sempre di sì.
(...)

Completeremo il discorso domani, esaminando le altre distorsioni mentali di cui parla l'articolo.


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mercoledì 17 dicembre 2014

Cliente soddisfatto? No, deliziato... (2)

Proviamo a riassumere quali sono stati i passi che hanno trasformato il problema che vi ho raccontato ieri in un vantaggio competitivo (per quanto mi riguarda, la concorrenza non la prendo minimamente in considerazione da quando ho avviato il mio rapporto con questa azienda che, oltrettutto, mi garantisce il prezzo migliore...):
  1. l'azienda mi avvisò del contrattempo cosa per nulla scontata dato che, con altri, mi è capitato più volte di arrivare a sera e constatare che il corriere non era passato;
  2. l'azienda mi propose in automatico il reso: anche questo non è scontato. Per loro, semplicemente, se le condizioni del contratto non sono rispettate, il cliente ha il diritto di non ritirare la merce e di chiedere il rimborso tramite una procedura semplicissima;
  3. richiesta del feedback. Quante volte vi capita che vi venga chiesto di valutare l'operato di qualcuno che vi ha offerto un servizio?
  4. telefonata a spese loro. Anche in questo caso si tratta di un valore aggiunto dato che, è proprio il caso dell'altro pacco che stavo aspettando per quel giorno, mi è capitato di non vedere il tracking aggiornato e di dover telefonare al corriere (un altro...) usando un numero a pagamento!
  5. la persona si scusa e risolve il problema in diretta. Scusarsi è la prima cosa da fare quando si è in presenza di un cliente che ha avuto un problema. La seconda è cercare di risolvere il disguido nel minor tempo possibile;
  6. sistema informativo utilizzato al meglio. Non so quale esperienze abbiate voi ma a me è capitato spessisimo di telefonare per segnalare un problema e di dover ripetere più volte la stessa storia a persone diverse. In questo caso non ho quasi dovuto aprire bocca perché l'operatore, chiamandomi, aveva già davanti la mia scheda cliente ed era a conoscenza della problematica;
  7. fornitori validi. Anche questo non è scontato: l'azienda si avvale di fornitori validi (come ho già detto, il corriere è uno dei nomi più famosi nel mondo) e non di quelli che costano meno. Certo, il probloema c'è stato ma - insieme - l'hanno risolto garantendomi la consegna anche in un giorno di sciopero generale;
  8. cliente messo a conoscenza del problema. Anche in questo caso ci si poteva limitare a dirmi che la problematica era stata risolta, invece mi è stato spiegato nel dettaglio come mai il mio pacco fosse rimasto giù dal camioncino e come avrebbero fatto in modo che la cosa non si verificasse più in futuro;
  9. accredito immediato. L'accredito delle spese di spedizione mi è stato fatto durante la telefonata. Devo aggiungere altro?
  10. buono sconto. Il buono sconto è una sorta di ringraziamento per il cliente che ha segnalato il problema. Quante volte, invece, ci capita di sentirci degli scocciatori quando segnaliamo che qualcosa non ha funzionato? E' una piccola cosa, certo, ma indica quali politiche vengano messe in pratica dall'azienda.

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martedì 16 dicembre 2014

Cliente soddisfatto? No, deliziato...

Come vi avevo accennato qualche giorno fa, mi è capitato di avere un piccolo problema con un un'azienda della quale sono cliente affezionata e fidelizzata ormai da anni. Niente di troppo grave, si trattava di una cosa facilmente risolvibile che, però, l'azienda in questione è riuscita a trasformare in un motivo per deliziarmi come cliente.

Ecco come si sono svolti i fatti.

Esaminando il tracking di un pacco che stavo attendendo da un'altra azienda, vidi che la consegna era prevista per il giorno successivo. Approfittando del fatto che mi sarei dovuta assicurare che ci fosse sul posto qualcuno che potesse ritirare il pacco, feci un altro ordine all'azienda di cui vi voglio parlare oggi chiedendo e pagando la consegna veloce (per il giorno successivo) in modo da poter ricevere entrambi i pacchi in un solo giorno e ottimizzare, così, la presenza di una persona che avrebbe dovuto trovarsi sul posto per ritirare la merce.

Prima di fare l'ordine, lessi tutto con attenzione e verificai che la consegna fosse garantita per il giorno successivo.
Nella notte, effettivamente, mi arrivò la notifica della spedizione del pacco. Sembrava tutto a posto.

L'indomani pomeriggio, però, mi arrivò un'e-mail con la quale l'azienda si scusava e mi comunicava che il corriere aveva avuto un problema e non sarebbe riuscito a consegnarmi il pacco in giornata.
Mi veniva proposto di chiedere immediatamente il reso complessivo della merce perché non erano state rispettate le condizioni contrattuali. Il tutto si sarebbe svolto con grande facilità semplicemente cliccando sul pulsante che mi era apparso...

A me, però, ciò che avevo ordinato serviva, dunque non ero interessata al reso. Non intendevo, però, pagare una consegna veloce della quale non avevo usufruito. Contattai, dunque, l'azienda spiegando che intendevo trattenere la merce (una volta che mi fosse stata consegnata) ma che chiedevo il rimborso delle spese di spedizione e spiegai che mi sarebbe piaciuto trovare anche questa opzione tra quelle che proponevano in automatico.
Mi arrivò come risposta un'e-mail poco attenta e "precotta" in cui mi si spiegava genericamente che, se non avessi ricevuto il pacco nemmeno il giorno successivo, avrebbero effettuato il rimborso.

Con la risposta, come d'abitudine, l'azienda mi inviò anche la possibilità di valutare immediatamente il feedback ricevuto e di inviare una nota al servizio clienti. Ovviamente diedi una valutazione negativa alla risposta, spiegando che - anche se il pacco mi fosse stato consegnato il giorno successivo - sarebbe stato comunque in ritardo visto che io avevo pagato la consegna in 24 ore e non in 48.

Inviato il feedback negativo, mi apparve sul computer la finestrella "Vuoi essere contattato telefonicamente?" che permetteva, previo inserimento del numero di telefono, di poter parlare direttamente con un operatore. Chiesi il contatto conscia che, probabilmente, non sarei mai stata richiamata per una cosa di così poco conto invece, schiacciando il pulsante "fatti chiamare", il telefono squillò immediatamente e mi rispose un gentilissimo operatore.

La persona in questione, come prima cosa, prese rapidamente visione del problema (senza farmi spiegare tutto da capo ma semplicemente leggendo le informazioni in suo possesso) si scusò per l'inconveniente e, invitandomi ad attendere in linea, telefonò al corriere per informarsi su cosa fosse successo. Dato che si trattava di uno dei corrieri internazionali più conosciuti (e mi era sembrato strano che avesse mancato la consegna ma capita che sbaglino anche migliori...) mi venne spiegato perché il mio pacco era rimasto presso la sede e non era, invece, stato caricato sul camioncino per la consegna e mi fu garantito che me lo avrebbero consegnato il giorno successivo nonostante lo sciopero.

Pensai che il problema fosse effettivamente risolto e mi apprestai a chiedere il mio rimborso ma l'operatore non mi diede il tempo di parlare e mi anticipò spiegandomi che, naturalmente, avevo assolutamente ragione a pretendere il rimborso delle spese di spedizione e che - mentre stava parlando con me - aveva provveduto a farmi l'accredito.

Fino a qui potremmo limitarci a dire che l'azienda, nonostante la falsa partenza, aveva risolto brillantemente il problema ma la telefonata non era ancora finita e l'operatore, dopo avermi ringraziato per aver segnalato un problema che avrebbe permesso loro di migliorarsi, mi disse che si prendeva la libertà di accreditarmi un buono da 5 euro da spendere con il prossimo acquisto (senza data di scadenza e utilizzabile anche in frazioni di pochi euro, ad esempio per l'acquisto di beni dal costo inferiore all'importo totale). Ed è qui che è scattata l'operazione "delizia il cliente" che a loro è costata pochi euro ma che mi ha trasformato in una testimonial vivente di questa azienda (ne parlerò agli amici, raccontando la mia esperienza).

Domani proverò a riassumervi tutti i punti che per me sono stati fondamentali in questa esperienza cliente ma adesso mi piacerebbe che provaste a elencarli voi, da professionisti della Qualità.

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lunedì 15 dicembre 2014

Puntare sulla visualizzazione dei concetti

Sapere come svolgere alcune attività è essenziale per qualsiasi organizzazione. 
Le procedure e le istruzioni operative nascono proprio con questo scopo.

Documenti ben realizzati riescono a standardizzare il modo di lavorare, garantiscono l'efficienza e delineano chiaramente tutte le informazioni che servono.  
Nonostante tutte queste buone intenzioni, però, spesso la documentazione tecnica non riesce a soddisfare le esigenze degli utenti multimediali di oggi.  

Ai giorni nostri, una procedura o un'istruzione costituita da solo testo può risultare obsoleta perché non risulta coinvolgente efficace.

Forse è davvero giunto il momento, anche nell'ottica della futura ISO 9001:2015 che ci porterà a rivedere molti nostri documenti, di ripensare il modo in cui creiamo la nostra documentazione tecnica.  




Tradizionalmente, i nostri documenti sono composti da molti paragrafi di testo, una manciata di punti elenco e, a volte, qualche immagine o un diagramma.  
Per anni l'approccio tramite il solo testo ha avuto un senso ma oggi, che ci piaccia o meno, le persone riescono a porre ben poca attenzione a un messaggio trasmesso solamente attraverso le parole.  

Abbiamo a disposizione fotocamere digitali, cellulari di ultima generazione che catturano ottime immagini e programmi che ci rendono estremamente facile integrare nella documentazione tecnica le immagini. Perché non approfittarne per rendere tutto più leggero e fruibile?

Un approccio basato sulla visualizzazione dei concetti attraverso le immagini presto sarà la sola opzione praticabile se davvero vogliamo che l'utente moderno impari a lavorare in un certo modo all'interno di un'organizzazione.  

Se non ci credete, sappiate che il 90% di tutte le informazioni elaborate dal nostro cervello è di tipo visivo e che il ricorso a schemi, memo, ecc. serve semplicemente per aiutarci a ricordare visivamente le cose.  

Le immagini, inoltre, arrivano più velocemente al cervello e ci permettono di capire al volo come procedere. 

Naturalmente chi apprezza la parola scritta si ribellerà a tutto questo ma, se vogliamo che le nostre procedure siano efficaci, è bene ricordare che le persone, in media, leggono solamente il 20% di un testo scritto, provando a comprendere lo stesso quello che c'è scritto. E' bene ricordarselo prima di scrivere e-mail fiume o distribuire report zeppi di parole. 

Aggiungendo semplicemente alcune immagini ai nostri testi (che andranno ridotti di conseguenza) miglioreremo la loro comprensione. 
Anzi, ancora meglio: progettate i vostri documenti creando prima le immagini e costruendoci attorno i testi, vedrete che tutto sarà più semplice se individuerete quali concetti possono essere trasmessi visivamente. Le immagini sono potenti se usate bene.


Le fotografie, per esempio, possono spiegare passo dopo passo come procedere nello svolgimento di un'attività. Il testo, a questo punto, diventa quasi inutile anche perché non dovrebbe mai essere utilizzato per compensare eventuali carenze delle immagini.

Attenzione, però, a costruire bene le vostre istruzioni visuali

Credo che molti di noi abbiano familiarità con certe istruzioni basate semplicemente su disegnini che risultano poco chiari. Chi non si è mai ritrovato un mobiletto da montare con davanti uno schema assolutamente incomprensibile? 
In questo caso, le nostre istruzioni sarebbero certamente visuali, ma del tutto inutili. Se il contesto non è chiaro, le parti non sono chiaramente etichettate e le attività da svolgere sono illustrate contemporaneamente, questo schema risulterà persino peggiore di un lungo testo. 

E che dire delle fotografie fuori fuoco, troppo piccole o prive dei dettagli fondamentali? Del tutto inutili, lo capite da soli.

Un'immagine, per essere davvero efficace, dovrà "parlare da sola" ed essere comprensibile da tutti. 

Voi avete documenti basati sulle immagini? Ci raccontate qualcosa? 

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venerdì 12 dicembre 2014

Il cliente chiede uno sconto, facciamo alcune considerazioni

L'altro giorno ho letto sul sito del NY Times una riflessione (traduzione automatica) che mi è sembrato interessante riproporvi.

Il ragionamento verte sulla possibilità che una piccola realtà non accetti lo sconto richiesto da un grosso cliente.

Una follia?
Forse no, vediamo perché.

L'autore del testo spiega che spesso le piccole aziende sono tra l'incudine dei clienti che premono per avere servizi di qualità a un prezzo sempre inferiore e il martello dei costi che diventano ogni giorno più alti.
Vi ricorda qualcosa?

Partiamo da ciò che fa la maggioranza delle PMI che si trova in questa situazione: se il cliente chiede uno sconto del 3% si inizia a trattare per ridurlo il più possibile e, strappato magari un 1,5%, si concede l'odiosa sforbiciata.

L'autore, invece, sceglie di percorrere la strada più intelligente e, dopo aver analizzato i dati in suo possesso (certo, bisogna averli!) si accorge che i lavori accettati dalla sua azienda appartengono a due tipologie:
  1. lavori che offrono guadagni alti
  2. lavori che offrono guadagni bassi ma che bisogna comunque accettare perché occorre pagare le spese

Continuando a leggere i dati, l'autore si accorge che il cliente che sta chiedendo lo sconto acquista lavori che appartengono al secondo gruppo.
Tra l'altro, ampliando la ricerca, vede che quasi tutti i clienti che chiedono ribassi piazzano ordini che si collocano in questa seconda fascia.

L'azienda del nostro autore fa i salti mortali per assicurare prezzi equi e per non ritoccarli nonostante gli aumenti delle materie prime e dei servizi. Dunque? Si deve arrivare a perdere dei soldi per mantenere i clienti?

Ovviamente no ed è per questo che occorre imparare a dire qualche "no" anche se costa davvero tanto in tempi di crisi come questo. Non si può lavorare in perdita.

Tutto questo va fatto se si è più che certi di assicurare buoni prodotti e un buon servizio al prezzo migliore. Certo, bisogna esserne davvero sicuri e abbiamo parlato mille volte dei tanti sprechi che possono essere eliminati.
Prima di tutto, bisogna capire come mai la concorrenza riesca ad avere prezzi migliori dei nostri:
  1. sono più organizzati e riescono ad avere meno sprechi? Dobbiamo darci una mossa!
  2. Offrono una qualità inferiore? Occorre fare una scelta...
  3. Scelgono altre scorciatoie più o meno legali ma, comunque, poco etiche? E' una cosa che ci interessa?

Ecco, a volte decidere è più facile di quello che si pensi e mi vengono in mente le parole di Paolo che tante volte ci ha messo in guardia da un certo tipo di clientela.

Cosa ne pensate?

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giovedì 11 dicembre 2014

Diventare leader (13)

L'ultimo gruppo di caratteristiche che fanno di una persona un leader è la cosiddetta capacità di mappare il territorio per identificare quali necessità di guidare le persone si riscontrino.

Vediamo, nello specifico, di cosa si tratta.
  1. Analizzare tutte le situazioni da diverse prospettive in modo da identificare tutti i temi e gli eventuali problemi.
  2. Parlare con diverse tipologie di persone alla ricerca delle problematiche capaci di attirare l'attenzione.
  3. Capacità di focalizzarsi sul breve e sul lungo termine, a livello globale ma anche locale.
  4. Monitorare costanemente l'impatto dei cambiamenti.
  5. Imparare velocemente in ogni situazione
Allora, adesso che siamo arrivati alla fine, che voto vi dareste come leader potenziali?

Come vi avevo anticipato, la lista che vi ho proposto non è completa ma vi dà un'idea di quello che vi aspetta se deciderete di intraprendere il percorso verso la leadership.

Allora, vi ho convinto o pensate ancora che leader si nasca?

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mercoledì 10 dicembre 2014

Diventare leader (12)

Il penultimo gruppo di competenze di un leader sono quelle che gli permettono di costruire le basi affinché si sviluppi il consenso.
  1. Costruire credibilità attraverso ogni azione della sua giornata.
  2. Assumersi responsabilità che aumentino la sua capacità di influenzare gli altri.
  3. Condividere il potere con i follower chiave ogni volta che sia necessario.
  4. Supportare e difendere i collaboratori ogni volta che sia necessario farlo.
  5. Impegnarsi per ottenere risultati positivi in ogni singola circostanza.
  6. Formare alleanze per aumentare la propria capacità di influenzare gli altri.
Eh sì, spesso tendiamo a dimenticarlo ma i leader influenzano le persone. E' questa la loro caratteristica principale. Allora...voi ne siete capaci?

A domani per tirare le fila di questa lunghissima discussione.

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martedì 9 dicembre 2014

Diventare leader (11)

Un altro gruppo di caratteristiche fondamentali per un leader è quello che fa capo alla capacità di influenzare gli altri per far sì che lo seguano volontariamente. Vediamole insieme
  1. Dimostrare agli altri quali benefici derivano dal comportarsi in un certo modo.
  2. Comunicare con tutti, a tutti i livelli e in ogni direzione in modo preciso, accurato e per mezzo di un messaggio capace di coinvolgere. Chi ascolta il vostro messaggio deve, prima di tutto, comprenderlo e poi accettarlo.
  3. Lavorare duro su ogni potenziale resistenza in modo che tutti possano accettare serenamente il corso degli eventi.
  4. Accettare che qualcuno non si allinei e continui a remarvi contro ma mantenere la situazione ben monitorata.
  5. Creare relazioni in modo da influenzare gli altri anche grazie all'aiuto di persone esterne.
 In cosa riuscite bene? E in cosa, invece, riuscite male?

Siamo quasi arrivati in fondo. Vi siete chiariti le idee?
A domani!

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venerdì 5 dicembre 2014

Diventare leader (10)

Siete capaci di creare un ambiente di lavoro che motivi gli altri?

Niente scuse! Il clima del vostro piccolo ambiente di lavoro, che sia un ufficio, un reparto, una divisione o un'intera azienda dipende da voi o, forse, anche da voi.

In ogni caso ognuno di voi può fare la differenza se davvero lo vuole.
  1. Siete soliti utilizzare incentivi per motivare gli altri. Sta a voi trovare quelli giusti, ad ogni livello e con ogni persona.
  2. Siete capaci di bloccare sul nascere i conflitti o, se già iniziati, di risolverli nel migliore dei modi.
  3. Promuovete sempre una comunicazione aperta con tutti, permettete agli altri di partecipare alle decisioni, fornite a tutti un feedback.
  4. Chiarite sempre il ruolo di ogni persona e incoraggiate tutti ad assumersi le proprie responsabilità.
  5. Fissate obiettivi chiari in modo da motivare le persone.
  6. Spiegate a tutti perché vi comportate in questo modo e qul è la vostra vision.


Non è facile fare il leader vero? Se non siete ancora stufi, ci rivediamo martedì.

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giovedì 4 dicembre 2014

Diventare leader (9)

Far crescere gli altri come futuri leader è un insieme importantissimo di caratteristiche dei veri leader che molti, invece, tendono a dimenticare. Spesso, infatti, si è quasi gelosi della propria posizione e si tende a tarpare le ali a quei collaboratori nei quali riconoscimao la stoffa per crescere fino ad ergersi a ruolo di guida perché temiamo che possano oscurare le nostre capacità.
 
Ok, iniziamo.
  1. Siete capaci di riconoscere negli altri le potenzialità e li aiutate a svilupparle.
  2. Siete davvero in gamba nel formare chi lavora con voi e nel farlo crescere perché siete felici se scoprite negli altri nuove potenzialità.
  3. Valutate di continuo le competenze degli altri in ogni aspetto delle loro performance. 
  4. Lasciate che i vostri collaboratori risolvano i problemi in autonomia e, anzi, li incoraggiate ad essere autonomi ogni volta che è possibile. Ovviamente questo non significa lasciare a loro le patate bollenti.
  5. Utilizzate la diversità tra il vostro punto di vista e quello degli altri come una leva per crescere tutti insieme, un punto di forza che può tornare utile in moltissime situazioni.
  6. Quando potete, lavorate con gli altri al loro ritmo in modo da farli crescere un po' per volta.
Ahi, ahi...primi dolori, vero?

Coraggio, ci sono altre sezioni e altre caratteristiche con le quali potrete confrontarvi. A domani!

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mercoledì 3 dicembre 2014

Diventare leader (8)

Veniamo al secondo gruppo di caratteristiche che dovrebbero appartenere a un leader e che, tutte insieme, costituiscono la capacità di sviluppare rapporti con le persone:
  1. Trovate facilmente un terreno comune per creare legami con gli altri.
  2. Dimostrate una buona empatia nei confronti di tutti.
  3. Vi rendete disponibili ad interagire con chiunque, in maniera semplice e aperta.
  4. Mostrate regolarmente apprezzamento per ciò che gli altri fanno bene.
  5. Avete un carattere solido, un'etica forte e fate ricorso ai vostri principi in ogni momento della vostra esistenza anche nei rapporti con gli altri.
  6. Riuscite facilmente ad ottenere la fiducia degli altri e state attenti a non tradirla mai.
Allora...com'è andata questa volta? Meglio? Peggio?

Ci riproviamo domani con le caratteristiche che servono per far crescere gli altri come futuri leader?

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martedì 2 dicembre 2014

Diventare leader (7)

Ed eccoci arrivati al cuore della nostra discussione.

Di seguito vi elencherò una serie di caratteristiche tipiche dei leader. Il mio è un elenco che non pretende certo di essere esaustivo ma che potrà servire affinché ognuno di voi possa riflettere se occorra migliorare qualcosa, se alcune caratteristiche non siano proprio associabili alla sua persona o, ancora, se sia sulla strada buona perché gli altri riconoscano in lui questa competenza.
Sì, avete capito bene. Per essere certi di "tararvi" al meglio (spesso siamo portati a ritenerci superiori a ciò che in realtà siamo) sarebbe meglio che esaminaste questo elenco insieme a un po' di persone che vi conoscono bene e che vi vedono agire ogni giorno nell'ambito professionale.
In caso contrario, rischiereste di prendere delle sonore cantonate e di credervi leader perfetti senza esserlo o, al contrario, incapaci di guidare chiunque anche se, potenzialmente, ne sareste capaci eccome!

Partiamo da come vi percepite.
  • Lavorate sempre con intensità e grande concentrazione.
  • Non vi stancate nemmeno quando i ritmi sono davvero elevati.
  • Utilizzate il vostro tempo in modo efficace, soprattutto quando sono in tanti a sottoporvi richieste di ogni genere.
  • Cercate di imparare qualcosa da ogni esperienza che fate, in qualsiasi campo. 
  • Cercate costantemente il confronto e volete un feedback su base regolare da parte di chi interagisce con voi perché sapete che questo è l'unico modo per migliorarvi.
  • Vi conoscete bene. Sapete quali sono le vostre debolezze e quali i punti forti.
Quanti punti avete totalizzato? Tanti? Pochi?
C'è qualche caratteristica che pensate potenzialmente di possedere ma che dovreste coltivare meglio? E qual è quella che proprio non vi appartiene?

A domani con il seocndo gruppo...

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lunedì 1 dicembre 2014

Diventare leader (6)

Questa settimana inizieremo a parlare di quelle competenze che sono tipiche dei leader.  

Attenzione, però. Non fate l'errore di pensare che basti conoscere quali competenze occorrano per diventare un leader.  
Tutti sanno che è importante ascoltare. Pochi dimostrano buone capacità di ascolto. E, ancora, molti
sanno guidare una macchina ma pochi sarebbero in grado di guidare una vettura di Formula Uno ai ritmi indiavolati della pista.
 

Per essere un leader non basta sapere cosa bisogna fare ma bisogna essere in grado e avere la voglia di farlo. Se poi ci si riesce spontaneamente e senza alcuno sforzo è pure meglio!  
Ricordate, però, che non si è leader a intermittenza o quando conviene ma lo si è soprattutto nei momenti difficili.
 


Per questo dobbiamo far scomparire dalla nostra mente l'idea romantica che solo alcune persone siano adatte a fare i leader perché sono portate ad esserlo in maniera naturale. In realtà, abbiamo ogni giorno dei piccoli e grandi esempi di leader perché la maggioranza della leadership si esprime a livello locale.
Pensate a quante persone conoscete che sono in grado di influenzare gli altri e di farsi seguire da piccoli gruppi di colleghi.

 
L'idea romantica che solo alcune persone siano leader naturali indebolisce le aspirazioni di molte altre persone che non si sentono all'altezza ma tutti noi abbiamo un potenziale da esprimere: ci sarà chi potrà diventare il leader del suo ufficio e chi guiderà un'intera nazione, a seconda delle capacità.  


Guardate i filmati di un evento catastrofico. Soffermatevi sugli sguardi delle persone comuni, sui loro atteggiamenti. 
I leader li riconoscete immediatamente. Sono persone magari semplici ma che, al momento opportuno, prendono in mano la situazione e si fanno seguire dagli altri. Significa che c'è potenziale, che la vita ci porta ad essere - in momenti diversi della nostra esistenza - leader, follower o nessuno dei due. Se chi vede in sé questa fiammella ha voglia di coltivarla, può crescere come persona e come leader. Molti non lo faranno perché, come abbiamo detto, fare il leader è una scelta molto dura e difficile. Ecco perché ce ne sono pochi. Non perché leader si nasca.

Qui stiamo parlando di potenzialità da esprimere. 
Non esistono solamente i Mandela e, dall'altra parte, non abbiamo bisogno solo dei manager. 
C'è un'intera categoria di piccoli leader che può tornare utile nelle organizzazioni e nella vita di tutti i giorni ma deve trovare la volontà e la forza per esprimere il potenziale che sente di avere. 

La cosa importante è essere sempre ben coscienti dei propri limiti e delle proprie possibilità. Pensare che tutti, un giorno, potremo guidare un intero popolo è da sciocchi ma perché tarparci le ali autoconvincendoci che non possiamo certo far parte del piccolo gruppo di leader naturali che ognuno di noi ha ben presente (e che, ne sono assolutamente certa, cambia - e di tanto - da una persona all'altra)?
 

Mi date la vostra fiducia? Se sì, ci vediamo domani. ;) 

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