venerdì 30 dicembre 2016

Trovare un lavoro in linea con le nostre aspirazioni

Quando si cerca un lavoro, il rischio è quello di concentrarsi sulla descrizione dell'annuncio di una nuova posizione e non su ciò che sarebbe davvero importante per noi.
Bisogna ricordare, infatti, che non è tutto oro quello che luccica e che è facile restare delusi se utilizziamo parametri sbagliati per giudicare un'ipotetica occupazione in una nuova organizzazione.

Per capire meglio di cosa stiamo parlando, è un po' come quando in un negozio scegliamo a colpo sicuro un abito per poi accorgerci - nel camerino - che addosso ci sta davvero malissimo. Vi ricorda qualcosa? Ecco...con gli annunci e i colloqui di lavoro è un po' la stessa cosa.

Al di là di quello che ci raccontano, è importante capire se un certo lavoro sia o meno adatto a noi e per scoprirlo si possono seguire quattro strade.

La prima è quella di essere onesti e scavare per bene dentro di noi per capire cosa desideriamo davvero.

Anche se una descrizione suona bene e chi abbiamo davanti ci esalta la nuova azienda nella quale dovremmo andare a lavorare, è fondamentale rimanere con i piedi per terra e leggere tra le righe di quello che ci viene detto per individuare eventuali punti deboli o per scoprire se la cultura e i valori del posto dove potremmo lavorare saranno o meno in linea con i nostri.

E' importante anche provare a intuire se un lavoro del genere potrà aiutare il percorso di carriera che stiamo ipotizzando e prevedere se la routine di una normale giornata lavorativa là dentro saprà motivarci o, al contrario, è destinata a farci soffrire.

Se stiamo facendo le vostre valutazioni durante il colloquio, usiamo la chiacchierata con l'esaminatore come se fosse il camerino nel quale ci stiamo provando un abito per capire se davvero faccia per noi.


Sappiamo che abbiamo tutti bisogno di lavorare ma non dobbiamo farci sviare da questa certezza. 
Questa è l'occasione giusta per cercare il più possibile di raccogliere informazioni sugli spazi fisici nei quali dovrebbe svolgersi il nuovo lavoro (si tratta di open space o di uffici?) e, se abbiamo la fortuna di visitare l'organizzazione, su come appaiano le persone che vi lavorano (sembrano felici o infelici? Sono amichevoli nei confronti degli estranei? Appaiono annoiate e diffidenti? Rispettano un dress code nel vestirsi?) 
Queste e altre informazioni ci aiuteranno a dipingere un quadro più preciso delle politiche e dei valori che l'organizzazione ha più a cuore.

Un altro modo per non prendere in giro chi potrebbe assumerci e per non incorrere noi stessi in un'esperienza negativa è comunicare esattamente cosa ci aspettiamo dalla prossima esperienza professionale.
Dove ci vediamo da qui a cinque anni? Quale ruolo e quale tiplogia di organizzazione ci interessano davvero?

In ultimo, non ci resta che consigliarvi di non comprare qualcosa che non vi sta bene addosso e di ricordare che, se anche avete bisogno di una giacca o di una bella gonna, non è detto che quelle che avete in mano siano davvero quelle che vi valorizzano di più.

Non abbiate paura, dunque, di rifiutare un'offerta se ritenete che non sia quella giusta per voi perché non si allinea con il percorso di carriera che avete scelto o non è conforme ai vostri valori e alle vostre aspettative. 
Considerate il colloquio come una sorta di allenamento che vi aiuterà ad essere pronti quando vi troverete davanti l'occasione della vostra vita e cercate serenamente qualcosa di meglio.
In bocca al lupo!

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giovedì 29 dicembre 2016

Sul web poche microditte italiane

Internet traino degli affari ma in troppi lo ignorano. Ce ne parla "Affari&Finanza".

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mercoledì 28 dicembre 2016

Innovazione, cultura e qualità: perché non possiamo misurarle

Quando i professionisti della qualità si mettono alla ricerca di buoni KPI (Key Performance Indicator o  indicatori chiave di pretazione) per misurare le performance del sistema, spesso non si rendono conto che si deve partire da una buona domanda iniziale.  
Chiedersi, dunque, come si misuri l'innovazione o la cultura fa partire subito male tutto il ragionamento perché lo basa sulle domande sbagliate. 

Il problema è che non bisogna concentrarsi su concetti generali che non si possono misurare perché troppo complessi per essere riassunti in una o due misure.Quello che, invece, siamo in grado di misurare solo gli attributi specifici di questi concetti ed è proprio su questi che dobbiamo lavorare.

Nel caso dell'innovazione, ad esempio, questi potrebbero essere:
  • la dimensione del beneficio raggiunto tramite le attività relative all'innovazione;
  • il ROI delle innovazioni apportate;
  • la velocità di ottenimento delle innovazioni implementate;
  • la frequenza delle innovazioni;
  • il numero di persone coinvolte nel processo di innovazione;
  • ecc.
La stessa cosa vale per la cultura aziendale. Come si fa a misurarla? Anche in questo caso bisognerà rivolgere la nostra attenzione agli attributi della cultura che si desidera modificare e che potrebbero includere:
  • quanto spesso le persone imparano dagli errori commessi;
  • come venga praticato il miglioramento continuo e con che frequenza;
  • quanto le persone collaborino spontaneamente;
  • quanto le persone si adattino velocemente ai cambiamenti;
  • ecc.
Neanche la qualità di un servizio è misurabile e anche in questo caso è necessario rivolgersi agli attributi che potrebbero essere, ad esempio:

  • la soddisfazione del cliente;
  • la probabilità che un cliente raccomandi il vostro servizio ad altri;
  • la probabilità che un cliente si rivolga di nuovo a voi per usufruire di un servizio;
  • quanto venga erogato accuratamente il servizio;
  • quanto il servizio sia aggiornato rispetto a quelli dei concorrenti;
  • quanto sia facile per un cliente poter usufruire del servizio;
  • ecc.
Ricordando, quindi, che non possiamo misurare i concetti ma solamente i loro attributi che vogliamo cambiare o migliorare, sarà semplice trovare le misure più significative per la nostra organizzazione.

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martedì 27 dicembre 2016

Cos'è una matrice RACI?


Una matrice RACI è uno strumento che si può utilizzare quando, all'interno della gestione di un progetto, ooccorre individuare formalmente i ruoli e le responsabilità di ogni persona che farà parte del project team.  

E' particolarmente utile quando un progetto si estende a più parti dell'organizzazione o addirittura coinvolge  più aziende (ad esempio la vostra e quelle dei fornitori).
Prima di poter vedere come è fatta una matrice RACI abbiamo bisogno di capire bene i seguenti termini:
Responsabile dell'approvazione dell'attività (in inglese "Accountable"): è la persona che approva il lavoro da svolgere. Si tratta, tipicamente, di un profilo di alto livello;


Responsabile ("Responsible"): è la persona che dovrà svolgere l'attività che le viene affidata;


Persone consultate ("Consulted"): sono le persone che il responsabile avrà bisogno di consultare per poter svolgere al meglio il proprio compito;


Persone informate ("Informed"): si tratta di persone che non hanno bisogno di essere coinvolte attivamente nel progetto ma che devono essere informate relativamente a come progredisce


Ora che abbiamo capito quali sono le figure che vengono coinvolte all'interno di una matrice RACI, vediamo quali passi seguire per crearla:


  • si parte facendo sul lato sinistro della matrice un elenco di tutti i processi coinvolti;
  • nella parte superiore della matrice si elencano, poi, tutte le persone coinvolte nel progetto;
  • a questo punto non resta che compilare la griglia utilizzando le lettere A, R, C e I (se volete mantenere le iniziali dei ruoli in inglese) rispettivamente per chi ha approvato l'attività, il responsabile del suo svolgimento, le persone consultate e quelle semplicemente informate
  • in ogni riga della matrice (cioè per ogni attività) non dovrebbe esserci più di una persona responsabile, in caso contrario bisognerà concentrarsi per risolvere il conflitto per evitare che l'attività resti inevasa 
Qui sotto vi riportiamo un'immagine tipica di una matrice RACI. E' in inglese ma crediamo sia abbastanza comprensibile per tutti (in caso contrario, fatecelo sapere e provvederemo a tradurla).
 


Utilizzando una matrice RACI, tutte le persone coinvolte nel progetto sapranno chi è responsabile di che cosa e, in questo modo, le cose dovrebbero svolgersi in modo più disciplinato.

Voi la utilizzate?

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venerdì 23 dicembre 2016

Crolla il tempo indeterminato

Con le nuove assunzioni, crolla il tempo indeterminato. Eccovi l'articolo di "Italia Oggi".

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giovedì 22 dicembre 2016

30 quesiti per il colloquio di lavoro

Volete lavorare in una delle aziende più famode del pianeta?
Eccovi un'idea delle domande che vengono fatte durante i colloqui.

E se anche le vostre mire professionali fossero un po' più ridimensionate, magari questo articolo del Corriere riuscirà comunque a farvi sorridere.

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mercoledì 21 dicembre 2016

Essere felici sul lavoro?

Comunicare agli altri in modo diretto cosa si vuole, o non si vuole, fare, è la chiave per ottenere il massimo e vivere meglio le proprie relazioni personali e professionali.
Ce ne parla "la Repubblica".

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martedì 20 dicembre 2016

Un sonnellino al lavoro? In Giappone si può!

Se lavoraste in Giappone, dormire sul luogo di lavoro sarebbe assolutamente normale. Ce lo racconta "Il Corriere della Sera".

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lunedì 19 dicembre 2016

Qual è la postura corretta quando si lavora?

Qual è la postura corretta quando si lavora? In piedi o seduti non bisogna mai forzare.
Ecco l'articolo de: "Il Corriere della Sera".

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venerdì 16 dicembre 2016

Il welfare aziendale convince le imprese

Ricordate questo spunto dell'11 di ottobre? Torniamo sull'argomento con questo articolo de: "la Repubblica" che ci spiega come l'incentivazione convinca più di un'azienda su tre perché aumenta la produttività.

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Tre passi per rifiutare l'idea di qualcuno

Comunicare un rifiuto all'idea che qualcuno ha proposto allo scopo di aiutarvi non è mai una cosa semplice e va fatto in un certo modo per non portare la persona a una chiusura che potrebbe sfociare in un netto futuro rifiuto a collaborare.

Il modo di comunicare un rifiuto, infatti, ha un impatto enorme su come l'idea fornita possa comunque dare l'impressione di aver contribuito o meno a identificare ulteriori opportunità di miglioramento per il futuro.
Ci sono tre approcci per comunicare che un'idea è stata rifiutata. Vediamoli uno ad uno: 

POSITIVO:
Ringraziate la persona che vi ha offerto il proprio contributo e sottolineate tutti i punti positivi relativi all'idea che vi ha fornito. 

NEGATIVO:
Spiegate alla persona perché la sua idea non funzionerebbe e illustratele nel dettaglio le difficoltà e i pericoli di una sua eventuale applicazione. 

Un conto è dire semplicemente "no" e un altro è spiegare perché lo state dicendo.
CREATIVO:
Il terzo modo di affrontare chi ha proposto un'idea che non risulta adatta alla situazione è quello di partire da essa per cercare, insieme alla persona, alternative valide e provare a trovare idee che possano essere più aderenti alla realtà che dovete affrontare.
Chiedetevi come possiate utilizzare l'idea proposta per arrivare a conclusioni differenti e come possiate raggiungere il vostro obiettivo cambiando qualche cosa rispetto a quanto è stato fatto.  


Provate a ragionare chiedendovi "cosa succederebbe se….?" e prendete in considerazione nuove idee, cambiamenti, alternative.

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giovedì 15 dicembre 2016

Servizi per l'impiego accorpati in un sito

Avviato il portale Anpal, la nuova agenzia per il lavoro introdotta dal Jobs act.  Ce ne parla "Italia Oggi".

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mercoledì 14 dicembre 2016

I "professional" italiani più deboli di quelli europei

Nel nostro Paese sono agli ultimi posti per la convinzione di "valere" sul mercato. A sfavore giova la difficoltà di cambiare occupazione.
Ce ne parla "Affari&Finanza".

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martedì 13 dicembre 2016

La mia scrivania è un caos dunque farò carriera

(Fonte: "Il Venerdì")

Grande è la confusione sulla scrivania, la situazione è eccellente. Si può parafrasare così Mao Zedong per riassumere il contenuto di un nuovo saggio dell'economista e giornalista Tim Harford: "Messy. The power of disorder to transform our lives" (...).

Per Harford una delle più insospettabili ma potenzialmente dirompenti chiavi del successo può proprio essere una certa quantità di caos e imprevedibilità: nel lavoro come negli affari.

Mister Harford, ma davvero il disordine rende più produttivi?
"E' proprio così, ma capisco la sua sorpresa perché è anche la mia: io, ad esempio, provo piacere a riordinare la mia scrivania perché - inutile nasconderselo - siamo fatti così, abbiamo questo feticcio per tenere le cose al loro posto. Ma dopo averla sistemata, scopro che mi è più difficile lavorare, almeno fino a quando non è di nuovo in disordine.
Però non è una questione soggettiva: esistono studi che dimostrano questo effetto."

Come si può spiegare?
"Ci aiutano gli esperimenti dello psicologo Steven Whittaker. Studiando il modo in cui lavoriamo in ufficio, ha trovato che quanto più si cerca di organizzare i propri documenti, sia di carta che digitali, tanto più si perde il controllo delle informazioni su cui si lavora. Invece chi lascia che i documenti si accumulino in una pila sulla scrivania, sembra essere più efficiente al momento di ritrovare ciò che serve. La spiegazione sta nella difficoltà di prevedere il futuro, a meno che non si facciano lavori molto prevedibili, come la contabilità. Quando organizziamo le informazioni in cartelle seguiamo un ordine che ha senso in quel momento, ma può non corrispondere più ai nostri bisogni futuri: non sappiamo in anticipo quali saranno le cartelle più appropriate per i messaggi che arriveranno tra un mese o tra sei mesi. 
L'ordine impostato ieri, oggi può ostacolarmi, perché nel frattempo le cose cambiano." 

Vale anche per la scrivania?
"Sulla scrivania dei disordinati, in realtà, le cose si ordinano da sole: ogni volta che prendiamo un documento per usarlo e lo rimettiamo in cima alla pila, è come se la pila stessa si organizzasse. Perché le ultime cose con cui abbiamo lavorato, quelle che probabilmente ci serviranno di più anche dopo, saranno salite in cima. E quelle meno usate sprofonderanno verso la base della pila. 
Quello che sembra un mucchio di documenti riposti a caso, in realtà, non ha nulla di casuale".

(...)

Nel saggio lei non parla solo di scrivanie, ma di creatività, strategia, genio imprenditoriale come quello di Steve Jobs e di Jeff Bezos.
"C'è una strategia che accomuna, in un certo senso, anche Jeff Bezos e Donald Trump. Ed è proprio la strategia che ha portato Trump alla presidenza: scombussolare, creare una situazione confusa e disordinata - mi riferisco alle continue provocazioni verbali di Trump e al suo continuo cambiare argomento politico costringendo gli altri a rincorrere la sua sparata del giorno - sapendo di essere la persona più pronta a reagire al trambusto, creato ad arte, per avvantaggiarsene.

Besoz ha applicato una versione più seria, e del tutto imprenditoriale, di questa strategia impostata prima sul rompere gli equilibri - ad esempio irrompendo a sorpresa nel settore della vendita di giocattoli senza averne in deposito - e poi sul reagire prima di tutti, magari riducendosi a comprare dai concorrenti i beni ordinati, pur di soddisfare i clienti e imprimersi nella loro mente come servizio rapidissimo.

(...)

Steve Jobs invece apprezzava la virtù del disordine come stimolo alla creatività interna all'azienda: confidava nel potere degli incontri casuali tra dipendenti di reparti diversi perché dai loro scambi di vedute potessero scaturire nuove idee e soluzioni impreviste.
Per questo fece progettare gli edifici della Pixar con soltando due - ma molto grandi - toilette, dove tutti incrociavano tutti gli altri.

(...)

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lunedì 12 dicembre 2016

Obiettivi professionali entro i 30 anni

Quali obiettivi professionali bisogna raggiungere, secondo gli esperti, prima dei 30 anni?
Ce li elenca BusinessInsider Italia.


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venerdì 9 dicembre 2016

Le domande da fare a un colloquio di lavoro

Un candidato che durante un colloquio di lavoro faccia domande, di solito ottiene la piena attenzione del selezionatore perché mostra che sta facendo la sua parte per assicurare a entrambi che quello sia il datore di lavoro giusto per lui.  
Dopo tutto, ogni persona che cerca un nuovo dipendente vorrebbe scegliere qualcuno che pensa bene della sua organizzazione per qualche motivo, o perché è particolarmente innovativa, o perché l'ambiente di lavoro è sereno e rilassato, o - ancora - per l'attenzione nei confronti dell'ecologia o altro ancora e l'unico modo per scoprire tutto questo è una conversazione bidirezionale.  

Vediamo, allora, quali sono le domande migliori da fare alla fine di ogni colloquio di lavoro.


1. Perché questa posizione è disponibile? 

Facendo questa domanda apprenderete se la posizione è vacante perché nuova (appena costituita) o se dovrete sostituire qualcuno che se n'è andato o che è stato licenziato.  
Una nuova posizione è un segnale di crescita da parte dell'azienda e può stimolare altre domande interessanti per intavolare una bella discussione. Se, invece, si apprende che la posizione si è resa libera perché la persona che l'occupava se n'è andata, potreste provare discretamente a informarvi sul perché la persona se ne sia andata e fare le dovute considerazioni.
 
2. Quali sono le competenze necessarie per padroneggiare questo lavoro? 

Questa domanda segnala al selezionatore che il candidato è veramente interessato a vedere se ha tutto  quello che serve per svolgere al meglio il lavoro perché non vuole rivelarsi un bluff scoprendo di non avere le competenze necessarie per lavorare a pieno regime.  
La domanda fornisce anche l'occasione di dimostrare se si hanno le competenze necessarie per svolgerlo anche se, magari, non risultano subito evidenti nel curriculum.

Ve ne vengono in mente altre?

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mercoledì 7 dicembre 2016

La matrice di Eisenhower

Uno degli strumenti migliori per non annegare in un mare di cose da fare è organizzarle secondo la matrice di Eisenhower:



nel primo quadrante metteremo le cose urgenti e importanti, quelle da fare entro la giornata
nel secondo ci saranno le cose non urgenti ma importanti, quelle che - pur essendo fondamentali - non devono per forza essere fatte subito ma possono essere rimandate a domani
nel terzo posizioneremo quelle urgenti ma non importanti, le cose che - magari - è possibile delegare

nel quarto, infine, finiranno le cose non urgenti e non importanti che possono tranquillamente non essere fatte o, se questo non fosse possibile, programmate per quando non avrete niente di meglio da fare

Potete impostare il vostro diagramma su un cartellone da appendere al muro o su una lavagna e poi appendere nei diversi quadranti foglietti adesivi con la singola azione da compiere

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martedì 6 dicembre 2016

Le competenze che servono

Quali competenze servono ai nostri ragazzi per trovare un lavoro (e, possibilmente, tenerselo)?
Ce lo racconta "la Repubblica".

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lunedì 5 dicembre 2016

Nelle aziende crescono le irregolarità

"Italia Oggi" ci racconta come, negli ultimi tempi, stiano crescendo le irregolarità commesse all'interno delle aziende italiane. Addirittura in sei aziende su dieci si riscontrano anomalie...

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venerdì 2 dicembre 2016

Mangia la rana!

Conoscete l'invito americano "Eat the frog!" ("Mangia la rana!")? Deriva da una massima di Mark Twain: "Se la prima cosa che fai quando ti svegli al mattino è mangiare una rana viva, avrai la soddisfazione di sapere che probabilmente sarà la cosa peggiore che ti capiterà per tutta la giornata".

Questa esortazione dà il nome a una metodologia che aiuta ad aumentare la propria produttività spingendo chi la adotta a svolgere per primi i compiti più gravosi e quelli che piacciono meno.

Si articola in tre momenti:
  • fare una lista dei compiti da svolgere;
  • identificare le proprie "rane" (cioè le cose più difficili da fare e quelle che ci piacciono meno) e spostarle in cima alla lista;
  • "mangiare la rana" di prima mattina, appena si arriva al lavoro
Il motivo è presto detto: si rimanda tutto ciò che si ritiene difficile o che non ci piace fare. Affrontarlo come primo compito della giornata, senza rimandarlo con mille scuse, ci spingerà a fare poi anche tutto il resto perché rimarranno indietro compiti meno gravosi e che ci piace di più svolgere.

Troppo semplice per essere efficace? Perché non provate a mettere in pratica il suggerimento e ci raccontate poi com'è andata?

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giovedì 1 dicembre 2016

Piccole aziende che resistono

Quale sarà il futuro delle piccole aziende che stanno resistendo alla crisi? Ce ne parla "Affari&Finanza".

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