venerdì 30 agosto 2013

Fare una valutazione del personale (6)

Il penultimo criterio da prendere in considerazione se si vuole fare una buona selezione dei candidati in fase di colloquio è quello dei costi.
Il processo di valutazione giustifica i soldi spesi per portarlo avanti?

Questi non sono certo calcoli facili da fare perché, se è semplice stimare il costo di un selezionatore professionista, non lo è affatto calcolare i benefici economici di una buona selezione o i costi dell'assunzione di una persona che poi, nel tempo, non si riveli idonea a ricoprire l'incarico che le è stato affidato.

E' bene, però, anche rendersi conto della posizione ricoperta dall'organizzazione nella lista di posti nei quali la gente amerebbe lavorare. Alcune aziende, infatti, non possono aspirare ad assumere i migliori e, anche se è brutto dirlo, dovranno accontentarsi dei candidati scartati dalle organizzazioni più appetibili.
Se non si tiene conto di questo, si rischia di cadere nel luogo comune che spesso si sente ripetere: "non troviamo nessuno che sia all'altezza di ricoprire questa posizione, sono mesi che facciamo colloqui!"

In ultimo, la metodologia scelta per valutare un candidato deve essere semplice da applicare perché la persona che ci siede davanti non deve avere l'impressione di essere sottoposta a un processo macchinoso che potrebbe dare come risultato qualcosa di falsato.
La chiacchierata del colloquio dovrà essere fluida e quanto più naturale possibile. Se mostreremo di affidarci a metodologie complicate da mettere in atto non faremo altro che mettere in difficoltà il candidato che darà, ovviamente, il peggio di sé.

Terminata questa lunga discussione, non ci resta che sperare che vogliate condividere con noi ciò che pensate sull'argomento quindi...spazio ai vostri interventi!

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giovedì 29 agosto 2013

Fare una valutazione del personale (5)


    Una valutazione dei potenziali candidati durante un colloquio dovrà anche essere corretta, ovvero rispettare i termini di legge. E' questo il terzo dei sei criteri che esamineremo oggi.
    Nel processo di valutazione del personale non devono, dunque, subentrare criteri discriminatori quali, ad esempio, il genere, la religione, la razza, ecc.

    Il quarto criterio riguarda, invece, l'accettazione da parte di chi si sottopone al processo di valutazione dei metodi utilizzati. E' bene tenere presente questo criterio perché, in tempi di crisi, i candidati possono accettare metodi di selezione che non accetterebbero se il mercato del lavoro fosse favorevole. Questo, però, a lungo andare non farà che portare l'azienda a selezionare persone che, alla prima occasione, scapperanno a gambe levate da quella realtà.

    Test troppo spinti relativi alla personalità o prove di grafologia, ad esempio, potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno esattamente come prove che abbiano come scopo finale quello di valutare abilità astratte potrebbero essere viste come qualcosa di estraneo all'ambiente lavorativo e, come tali, non comprese fino in fondo.

    A presto per l'esame del quinto requisito.

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    mercoledì 28 agosto 2013

    Fare una valutazione del personale (4)


    Come mai alcune volte le valtazioni effettuate durante un colloquio non si rilevano valide e come comportarsi per aumentare questa validità?

    Il primo motivo è sicuramente la mancanza di formazione che porta il valutatore a non condurre il colloquio nel migliore dei modi oppure a non utilizzare bene gli strumenti per la valutazione dei candidati.

    Il secondo motivo potrebbe essere una misurazione imperfetta delle performance lavorative una volta che il candidato è stato assunto. Questo, ovviamente, genera un conflitto tra ciò che si è stabilito in sede di colloquio e ciò che, in pratica, si è visto durante lo svolgimento della normale attività lavorativa.

    Il problema è che molte organizzazioni non hanno la più pallida idea di cosa significhi una buona performance professionale perché sono incapaci di definirla in maniera accurata. E se noi abbiamo misurazioni inefficaci, è difficile, poi, tarare al meglio un processo di selezione e renderlo valido. Se, infatti, non sappiamo cosa stiamo cercando, è impossibile accorgerci quando l'abbiamo trovato.

    E' bene, dunque, spendere del tempo per decidere cosa debba essere assolutamente fatto affinché una performance venga giudicata buona e come si possa essere certi che i risultati ipotizzati siano stati effettivamente raggiunti.

    Il terzo punto da tenere bene a mente è che la performance di un lavoratore non dipende solamente dalle sue capacità, dalle competenze che ha e dalla preparazione che dimostra ma viene enormemente influenzata anche da altri fattori quali la gestione da parte del suo responsabile, la cultura dell'organizzazione in cui si trova ad operare e il mercato del lavoro nel suo insieme.

    In ultimo, anche la qualità delle informazioni fornite può essere fuorviante e mettere in dubbio la validità dell'intero processo di valutazione.
    Ricordiamo brevemente che le informazioni sono fornite:
    1. dal candidato tramite una lettera di presentazione, un curriculum, la chiacchierata del colloquio ed eventuali risposte a questionari mirati
    2. da terzi, solitamente tramite una lettera di referenze
    3. dai giudizi e dai voti ottenuti ad esempio durante gli esami scolastici o i percorsi di qualificazione professionale
    4. durante una prova pratica se il colloquio ne prevede una
    Accertarsi che le informazioni raccolte siano veritiere sarà il primo compito per qualsiasi azienda che voglia essere certa di impostare un processo di valutazione valido.

    A domani per la presentazione del terzo criterio da rispettare per valutare al meglio i candidati!

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    martedì 27 agosto 2013

    Fare una valutazione del personale (3)

    Il secondo criterio che una valutazione dovrà soddisfare per essere ritenuta buona sarà di risultare valida.

    Essere valido significa mostrare accuratezza nei risultati e, nel caso di un processo di selezione del personale, riuscire a individuare in poco tempo i buoni candidati, scartando quelli che non lo sono.

    La cosa migliore da fare per assicurare che i nostri risultati siano validi è fare un vero e proprio studio di validità raccogliendo nel tempo due serie di informazioni: il predittore (durante il colloquio, nel corso dei test, ecc.) e il criterio (che sarà l'indice della relativa performance).
    Se - ad esempio - stiamo conducendo un colloquio, il giudizio del valutatore formerà il predittore mentre il criterio sarà dato dalla valutazione della prestazione ad esempio dopo un anno di lavoro.
    Se il punteggio dato dal valutatore durante il colloquio era 4 e, a distanza di un anno, questo punteggio viene confermato dopo aver valutato le reali performance all'interno dell'azienda, ecco che il metodo di selezione da noi scelto sembra essere valido. Naturalmente, per essere certi della validità dei nostri giudizi, questo studio dovrà protrarsi nel tempo e rendersi ogni volta un po' più accurato.

    Prima di passare ad esaminare il terzo criterio da rispettare per assicurarci una buona valutazione, domani vedremo insieme come comportarci nel caso in cui il nostro giudizio in sede di colloquio non si sia rivelato valido.

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    lunedì 26 agosto 2013

    Fare una valutazione del personale (2)

    Continuiamo il discorso iniziato venerdì scorso, sottolineando come la valutazione di un candidato effettuata durante un colloquio orientativo debba essere prima di tutto veritiera.

    Questo è forse il criterio più difficile da rispettare perché una valutazione eseguita su una persona che non si conosce sarà più che altro un'interpretazione delle risposte e dei segnali forniti dal candidato.

    Le due cose migliori da fare per assicurarsi risultati quanto più veritieri possibile sono:
    1. mettere a confronto due serie di informazioni raccolte in momenti ed occasioni diversi, ad esempio eseguendo due volte i test psicologici. Se i risultati delle due serie di informazioni raccolte sono assimilabili, è probabile che il test stia dando una risposta veritiera
    2. confrontare i giudizi dati da due differenti valutatori sulla stessa serie di dati. Ad esempio fate in modo che i candidati possano interagire tra loro liberamente all'interno di un gruppo di discussione e lasciate che vengano osservati da due diversi esperti. Confrontate poi le sensazioni che entrambi hanno avuto e valutate se siano o meno assimilabili tra loro
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    venerdì 23 agosto 2013

    Fare una valutazione del personale

    Per valutare il personale che si sottopone a un colloquio per poter lavorare all'interno di un'organizzazione occorre scegliere una metodologia che rispetti più criteri possiile tra i seguenti sei:
    1. deve dare risultati veritieri, ovvero fornire un quadro realistico della persona valutata
    2. deve risultare valida, ovvero riuscire a individuare gli individui potenzialmente capaci di dare ottime performance segnalando quelli che non lo sono
    3. deve essere corretta, ovvero rispettare i principali requisiti di legge (pari opportunità, ecc.)
    4. deve risultare accettabile sia a chi si sottopone alla valutazione sia all'organizzazione che la fa
    5. deve essere efficiente, ovvero dare risultati che giustifichino i costi sostenuti per farla
    6. deve essere semplice da mettere in pratica e adattarsi al processo di selezione del personale in modo da permettere ai selezionatori di mostrarsi ai candidati ben organizzati e preparati
    Sarà difficile che un solo metodo di valutazione rispetti tutti i criteri elencati, dunque la nostra scelta sarà probabilmente il risultato di un compromesso.

    A partire da lunedì esamineremo i sei criteri uno alla volta, non mancate!

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    giovedì 22 agosto 2013

    La visione taylorista contrapposta a quella della ISO 9001

    Dopo aver visto ieri come si struttura un'organizzazione secondo le idee di Taylor, vediamo cosa è cambiato con l'introduzione della ISO 9001.

    I primi imprenditori che applicarono la ISO 9001 capirono da subito che la sua filosofia era fondamentale per comprendere i bisogni dei clienti e cercare di soddisfarli.

    Il secondo punto su cui la norma aiuta a focalizzarsi è il valore: più valore riusciamo a fornire al cliente ad un prezzo soddisfacente e maggiore sarà la sua fidelizzazione nei nostri confronti.

    Nella rappresentazione taylorista dell'impresa, il cliente non appare, capite - dunque - come la norma ISO 9001 abbia portato una vera e propria rivoluzione nella concezione del lavoro che deve essere progettato e svolto nell'ottica della soddisfazione della clientela.

    Avremo, dunque, i processi di:
    • approvvigionamento
    • pianificazione operativa
    • produzione (con il processo di manutenzione a supportarla)
    • stoccaggio dei prodotti finiti
    • spedizione degli stessi
    il tutto pensato, però, nell'ottica della consegna finale del prodotto al cliente.
    Sempre al cliente saranno indirizzati anche altri processi fondamentali come:
    • marketing
    • ricerca e sviluppo
    • industrializzazione
    • gestione commerciale e delle vendite
    Il tutto verrà supportato da:
    • pianificazione strategica
    • gestione delle finanze
    • gestione delle risorse umane
    • gestione del servizio informatico
    Chiudiamo con altri due importantissimi processi che riguardano:
    • lo studio della concorrenza che serve per essere certi di avere sempre ben chiaro ciò che vuole il cliente
    • l'impostazione di una collaborazione con i fornitori che sia capace di far crescere entrambi
    La vostra organizzazione come è impostata? E' di stampo taylorista o ragiona in maniera più moderna? Magari è a metà strada tra queste due concezioni?

    Che ripercussioni ha questa struttura sulla vostra capacità di fare Qualità nell'ambiente in cui lavorate?

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    mercoledì 21 agosto 2013

    La visione taylorista contrapposta a quella della ISO 9001

    Secondo la visione taylorista (da Frederick W. Taylor), un'organizzazione si presenta in una forma gerarchica rappresentata grazie all'organigramma.

    Solitamente, ritroviamo una struttura con cinque funzioni principali che fanno capo a tre figure:
    • funzione produzione: raggruppa tutti i processi relativi alla realizzazione dei bisogni della clientela all'interno delle condizioni imposte dagli obiettivi stabiliti dalle direzioni (costi, tempistiche, qualità). Questa funzione è retta da un Direttore Tecnico che, se esiste una parte produttiva, è affiancato da un Direttore di Produzione
    • funzione logistica: si occupa di gestire la movimentazione, la spedizione e la consegna del prodotto finito. Questa funzione è retta spesso dalla Direzione Commerciale (o da quella di Produzione) o, se l'organizzazione è abbastanza grande, da una persona dedicata
    • funzione finanziaria: si occupa dell'ottimizzazione delle risorse finanziarie dell'impresa ed è gestita dal Direttore Amministrativo
    • funzione marketing: il suo ruolo è quello di individuare i bisogni della clientela. Solitamente, almeno nelle realtà piccole, è guidata dal Direttore Commerciale
    • funzione gestione del personale: si occupa di tutto ciò che riguarda le persone che lavorano all'interno dell'organizzazione e assicura che esse siano messe nelle condizioni di poter fare del proprio meglio. Spesso questa funzione è retta dal Direttore Amministrativo ma, nel caso le dimensioni dell'azienda lo consentano, ci sarà una persona dedicata
    Domani vedremo l'organizzazione secondo la ISO 9001. Intanto volete condividere qualche osservazione?

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    martedì 20 agosto 2013

    Un buon servizio clienti: come fare? (2)

    Ieri abbiamo iniziato a chiederci quali fossero gli step principali per costruire un buon servizio per i clienti. Eccovi, dunque, altre proposte alle quali, speriamo, vorrete associare le vostre.

    Continuare a chiedersi come si possa migliorare il servizio, aggiungendo nuovo valore per il cliente è fondamentale. Se non si continua a pretendere di più dalla nostra organizzazione, infatti, si può venire scalzati dalla concorrenza

    Impegnatevi, poi, per creare un clima di eccellenza. Fate in modo che si sappia che tutto ciò che fate, lo eseguite convinti che sia la migliore strada possibile da percorrere e che non vi accontenterete di meno.

    Cercate sempre di non essere prevedibili da parte della vostra clientela e offrite l'inaspettato Non fate ciò che fanno già tutti gli altri, distinguetevi dalla concorrenza. 
    Sono queste le cose di cui parla la gente.
     
    In ultimo, ricordiamo che è fondamentale che un dipendente non addestrato non abbia per nessun motivo contatti con i clienti.
    I vostri colleghi rappresentano l'azienda e lavorare con i clienti è la cosa più importante che faranno. Date loro gli strumenti necessari per formarsi in maniera adeguata e impareranno a interagire con la clientela nel migliore dei modi!


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    lunedì 19 agosto 2013

    Un buon servizio clienti: come fare?

    Il modo migliore per essere certi di fornire ai vostri clienti un buon servizio è quello di poter contare su collaboratori predisposti alla customer care. Chiunque potrà individuare queste persone all'interno dell'organizzazione: sono coloro che si preoccupano di dare le risposte ai clienti che attendono e che si sentono in colpa se qualche cliente è insoddisfatto.

    Un altro modo di assicurare un buon livello di servizio è informare tutti i collaboratori in merito a ciò che sta succedendo nell'organizzazione.
    Quali nuovi prodotti offrirete a breve? Quando saranno disponibili? Quali cambiamenti stanno per accadere nella vostra azienda? Offrite ai vostri colleghi tutte le informazioni utili per poter gestire e informare al meglio la clientela ed essi riusciranno ad offrirle un servizio migliore.


    Il terzo segreto per assicurare un buon servizio ai clienti è prendere ogni decisione avendo ben in mente le esigenze della clientela.  
    Chiedetevi, ad esempio: "I nostri clienti farebbero quello che stiamo facendo noi? ", oppure: " Dopo un'azione come quella che stiamo per compiere i nostri clienti sarnno più o meno felici di fare affari con noi?"
    Cambiare il modo di vedere le cose secondo una prospettiva focalizzata sul cliente aiuta sicuramente a offrirgli un servizio migliore.

    Insegnare ai collaboratori a fare la cosa giusta ma non sgridarli se la gestione di una problematica non risulta perfetta è l'ultimo "segreto" di oggi.
    Mettere i colleghi nelle condizioni di poter fare ciò che ritengono opportuno è fondamentale per avere una forza lavoro motivata a dare un buon servizio alla clientela. Certo commetteranno degli errori ma, quando questo accadrà, potranno imparare e crescere grazie al vostro aiuto.


    A domani per la continuazione di questo discorso.

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    venerdì 16 agosto 2013

    Vacanze? Impariamo a difenderci!

    Qualcuno di voi affezionati lettori oggi sarà ancora in vacanza mentre altri sono saranno già tornati dalle tanto sospirate ferie ma questo inserto del Sole 24 Ore potrebbe essere utile a tutti perché insegna come gestire al meglio eventuali problematiche legate agli aerei, ai traghetti, alla sistemazione alberghiera, ecc.

    Noi vi auguriamo che una guida del genere non debba mai servirvi ma tenerla a portata di mano è sempre utile, soprattutto per chi fa il nostro mestiere e non può mostrarsi sprovveduto nelle situazioni spiacevoli descritte dal testo.

    Buone ferie a chi ci legge da qualche luogo idilliaco, ben tornati a tutti gli altri e buon riposo a chi non si è mosso e ha scelto di rilassarsi completamente sul divano di casa!

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    mercoledì 14 agosto 2013

    Perché nascono i problemi nelle organizzazioni?

    Spesso, quando all'interno di un'organizzazione nasce un problema, le cause scatenanti sono imputabili ad uno o più elementi presenti nella seguente lista:
    • mancanza di una convinzione di base che occorra lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni. Ad esempio potrebbero mancare una mission o una vision ben definite , oppure potrebbe non essere stato sviluppato un piano strategico. Il primo risultato di queste mancanze è che il lavoro di squadra sarà mediocre e privo di qualunque ispirazione e che porterà, prima o poi, all'insorgere di interessi di parte
    • mancanza di conoscenze o delle competenze necessarie per prendere buone decisioni: queste mancanze possono spostare una decisione dal piano della logica e della professionalità a quello dell'emotività, con risultati che spesso sono disastrosi
    • mancanza di modelli da seguire: senza leader che si comportino come l'organizzazione vorrebbe si comportassero non ci sono barriere che impediscano di emergere alle persone che antepongono interessi personali o di parte a quelli aziendali
    • processo di selezione del personale che non funziona: se si scelgono le persone che dovranno lavorare all'interno dell'organizzazione solamente in base al fatto che costano poco o che non ce ne sono molte in giro che vorrebbero lavorare per l'azienda ecco che manca un progetto relativo alle risorse umane
    • mancanza di programmi per la crescita del personale: occorre insegnare alle persone che le iniziative personali vanno bilanciate con la lavoro di squadra, che bisogna relazionarsi con gli altri in un certo modo, che è importante condividere le informazioni necessarie per lavorare bene ma anche mentenere un certo livello di confidenzialità per tutto ciò che riguarda gli aspetti delicati di certe questioni lavorative, che bisogna imparare ad evitare o - almeno - a gestire i conflitti nel migliore dei modi, che gli interessi comuni vanno anteposti a quelli personali, ecc.
    • mancanza di una valutazione oggettiva delle persone e di un feedback: a volte può esserci un po' di resistenza nel dare o nel ricevere un feedback sincero e si preferisce parlare delle persone che non danno i risultati sperati invece di parlare con loro
    • mancanza di fiducia: se manca la fiducia nel vertice aziendale e nei responsabili difficilmente si riuscirà a guidare un gruppo in modo da risolvere le problematiche più ricorrenti
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    martedì 13 agosto 2013

    Il metodo P.E.A.K.S., ovvero cosa cerca il selezionatore

    Ciò che un selezionatore cerca durante un colloquio è un candidato che abbia la giusta combinazione di:
    • conoscenze (in inglese "Knowledge")
    • competenze ("Skill")
    • esperienza ("Experience")
    Se a questo aggiungiamo che il candidato deve:
    • avere caratteristiche personali che lo rendano adatto a ricoprire la posizione come, ad esempio, creatività, attenzione ai dettagli, iniziativa, ecc. ("Personal characteristic")
    • aver realizzato qualcosa di significativo nelle sue esperienze di lavoro precedenti ("Accomplishment")
    ecco che il quadro si fa completo e, riordinando e selezionando l'iniziale delle singole caratteristiche in lingua inglese, abbiamo la sigla:
    • Personal characteristic
    • Experience
    • Accomplishment
    • Knowledge
    • Skill
    Nel vostro curriculum siete stati ben attenti a trattare ognuno di questi aspetti, specificando per bene tutto ciò che possa essere utile a completarli in maniera esauriente?

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    lunedì 12 agosto 2013

    Qual è la chiave per cambiare davvero la cultura di un'organizzazione?

    Dopo aver ragionato per un bel po' di giorni sul cambiamento culturale che un'organizzazione può decidere di abbracciare, cerchiamo di capire insieme quali siano gli step per avviare davvero una modifica dei comportamenti e, in generale, del substrato culturale:
    1. convincete prima di tutto i leader naturali che avete in azienda: una volta convinti loro, avrete dalla vostra parte moltissime persone
    2. cercate di convincere i vostri uomini che siete tutti sulla stessa barca: o si rema insieme verso una certa direzione oppure si affoga
    3. portate avanti il progetto fornendo un esempio quotidiano che ciò che dite è ciò in cui effettivamente credete
    Vi viene qualche altra idea per completare questo elenco?

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    venerdì 9 agosto 2013

    Cosa fare con coloro che rifiutano il cambiamento?

    Spesso ci viene chiesto come comportarsi con coloro che rifiutano di abbracciare il cambiamento. A noi sono venute in mente alcune risposte ma ci piacerebbe che voi ci aiutaste a completare la lista.
    Eccola:
    1. ignorateli. Spesso il modo migliore per destare l'interesse di queste persone è quello di escluderle completamente dal progetto. Accertatevi, però, che vengano a sapere che i colleghi stanno ricevendo soddisfazioni e ricompense (non necessariamente di tipo economico) per il buon lavoro svolto
    2. cercate di far arrivare loro il messaggio che nessuno le tratterrà se e quando vorranno andarsene
    3. se ancora c'è una speranza di coinvolgerli nel progetto, provate a chiedere loro a bruciapelo: "voi cosa fareste invece?" In questo modo non potranno limitarsi semplicemente a criticare ma dovranno fornire una loro soluzione alternativa e potrebbe essere il primo passo per coinvolgerli
    4. se ci sono ancora margini di recupero, provate a identificare le ragioni della loro resistenza al cambiamento per vedere se possono essere in qualche modo risolte
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    giovedì 8 agosto 2013

    Come ci si libera di una cattiva cultura?

    La cultura, lo sappiamo bene, è radicata all'interno di ogni realtà.

    Come fare, dunque, a trasformare una cattiva cultura in una buona cultura aziendale?
    Basta seguire alcuni accorgimenti:
    1. assicurarsi che gli errori non vengano nascosti ma siano vissuti come un'opportunità per migliorare
    2. ricordare che i manager servono per coinvolgere le persone non per limitarsi a sgridarle
    3. far passare il concetto che sbagliare una volta va bene ma che non va affatto bene ripetere l'errore. Accertatevi di aver ben compreso perché si è sbagliato e, soprattutto, come non ripetere l'errore in futuro
    4. abituare le persone che lavorano in aree aziendali diverse a interagire perché questo modo di fare aiuta ad aprire la mente e a commettere meno errori grazie alle prospettive differenti che possono essere di supporto nell'analisi dei problemi
    5. sforzatevi di passare dalla cultura del rimprovero alla cultura della responsabilizzazione
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    mercoledì 7 agosto 2013

    Insegnare alle persone a portare soluzioni

    Come si fa a insegnare alle persone a portare sul tavolo soluzioni e non problemi?
    Basta seguire alcune semplici regole alle quali, speriamo, vorrete aggiungere i vostri input:
    1. insegnate le tecniche del Problem solving e rendetele strumenti abituali all'interno della vostra organizzazione
    2. spiegate che ognuno verrà "ricompensato" per ogni soluzione che porterà
    3. spostate verso il basso la responsabilità di alcune cose in modo che le persone si sentano autonome e capiscano che ora devono concentrarsi sul "fare" piuttosto che sul cercare appoggi altrui, lamentandosi dei problemi
    4. festeggiate ogni successo ottenuto grazie alla soluzione proposta da qualcuno, che siano piccoli o grandi
    5. tenete sempre alta l'attenzione su "ciò che potrebbe essere fatto" e fate in modo che le persone si sentano parte della soluzione
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    martedì 6 agosto 2013

    Individuare i catalizzatori del cambiamento

    In ogni organizzazione ci sono persone che, per caratteristiche, predisposizione, formazione, carattere e competenze sono più disponibili di altre ad abbracciare il cambiamento. Individuarle vi permetterà di utilizzarle come "catalizzatori" per convincere anche gli altri a cambiare.

    Ovviamente gli individui migliori sono il leader naturali, coloro - cioè - che sono portati a guidare gli altri anche senza avere un ruolo istituzionale riconosciuto all'interno della comunità.

    Come riconoscere questi catalizzatori del cambiamento?
    1. sono persone che si impegnano in cose che spesso agli altri non interessano, che ascoltano gli altri senza pregiudizi e che amano imparare. Le loro azioni e i loro pensieri non sono determinati da ciò che fa il gruppo ma da un ragionamento autonomo
    2. spesso, anche in assenza di competenze specifiche, hanno un atteggiamento particolare che permette loro di influenzare gli altri
    3. amano sfidare lo status quo
    4. spesso sono persone che hanno lavorato in diverse realtà imparando come reagire al meglio in contesti diversi
    5. hanno buone capacità comunicative
    6. sono dotati di iniziativa
    7. riescono a farsi ubbidire anche senza avere alcuna autorità
    Cosa aggiungereste alla lista?

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    lunedì 5 agosto 2013

    Come coinvolgere il personale nel cambiamento?

    L'abbiamo scritto tantissime volte: non esiste cambiamento se non si riesce a coinvolgere a fondo le persone nel progetto. Ma come si coinvolgono le risorse umane per far sì che implementino autonomamente il cambiamento? Ecco alcune risposte:
    1. cercare di trasformare in un alleato la persona più restia al cambiamento e maggiormente capace di influenzare gli altri. Convincere lei significa aver fatto un passo importante nel percorso verso il cambiamento
    2. prevedere delle ricompense per chi si distinguerà maggiormente nel percorso verso il miglioramento. Non è necessario che si tratti di premi in denaro, come abbiamo visto in passato sono moltissimi i modi per ringraziare le persone per il loro impegno
    3. parlare dei problemi con i collaboratori e ascoltare le loro idee per provare a risolverli. Limitarsi a nascondere, obbligando le persone a fare alcune cose senza spiegarne i motivi, è davvero deleterio per qualsiasi organizzazione che voglia davvero implementare il cambiamento
    4. assicurarsi di presentare sempre i vantaggi che deriveranno ai lavoratori dal cambiamento che si vuole implementare
    5. comunicare le ragioni che vi hanno fatto decidere che occorre cambiare ed elencare ciò che potrebbe accadere se non si cambiasse
    6. assicurarsi che ogni persona abbia ben chiaro il ruolo che deve ricoprire all'interno del progetto di cambiamento e l'importanza del suo lavoro per centrare il risultato che si vuole ottenere
    7. poter contare su personale ben formato
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    venerdì 2 agosto 2013

    Come si ricava il tempo necessario per cambiare?

    Molti ci raccontano che le loro organizzazioni avrebbero voglia di cambiare ma che davvero non trovano il tempo per farlo perché devono sempre correre dietro alle emergenze.

    Dunque, come si trova il tempo per cambiare? Ecco alcune delle nostre risposte. Ora, come sempre, aspettiamo le vostre:
    1. adottare gli strumenti della Lean manufacturing permette di risparmiare tempo e, quindi, di dedicarlo al cambiamento
    2. cercare di strutturare il più possibile il lavoro in modo da ricavare tempo da dedicare alla formazione per capire come sostenere nel tempo i cambiamenti fatti
    3. incoraggiare la mentalità del "non fare cose che non aggiungano valore"
    4. investire a rotazione le persone dell'autorità di guidare il cambiamento. Questo contribuirà a mantenere alta l'attenzione sul progetto e permetterà a tutti di mettere a disposizione un po' di tempo per contribuire alla strategia generale
    5. assicurarsi che nel riesame della Direzione ci sia sempre una riflessione che riguardi il cambiamento continuo e la necessità di stanziare tempo e risorse per esso
    Aggiungereste qualcosa?

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    giovedì 1 agosto 2013

    Quali sono gli ostacoli a un cambiamento culturale?



  1. Poor leadership in terms of a shared vision and strongly actioned values.
  2. A lack of consistency 'top-down' and a lack of any meaningful rewards.
  3. Complacency; Toyota describe creating a state of continual chaos to drive the need for change.
  4. An ageing workforce; possibly the result of poor strategic planning.
  5. Fear of change; perhaps based on a perceived threat to jobs.
  6. Lack of communication.
  7. Lack of competence and knowledge in senior management of how to effect culture change.
  8. Die-hard agitators with unofficial influence on the rest of the workforce
  9. - See more at: http://www.mymas.org/news/a-simple-guide-to-culture-change#sthash.KbTG7ZlD.dpuf
    Oggi vi facciamo una domanda semplice e, con essa, proviamo a darvi alcune risposte. Ci piacerebbe, però, sentire anche la vostra. Ci date una mano a completare questo elenco?

    Quali sono i principali ostacoli che impediscono ad un'organizzazione di cambiare la propria cultura?
    1. una leadership scarsa del vertice: manca un'efficace condivisione della propria vision
    2. manca una buona comunicazione top-down e, soprattutto, bottom-up
    3. c'è troppa compiacenza da parte di chi lavora all'interno dell'organizzazione, non viene veicolata l'idea che un cambiamento sia necessario
    4. le persone che lavorano nell'organizzazione sono tutte di una certa età. Quando mancano completamente i giovani,  significa che - molto probabilmente - l'azienda non ha fatto una pianificazione strategica di lungo termine, almeno per ciò che concerne la forza lavoro
    5. si ha paura di cambiare le cose in peggio
    6. il top management non ha le competenzee le conoscenze necessarie per guidare efficacemente il cambiamento
    7. all'interno dell'organizzazione esistono persone in grado di influenzare i colleghi anche se il loro ruolo non è stato ufficialmente riconosciuto. Se questa influenza diventa negativa, ecco che le risorse umane si arroccano nella loro decisione di non voler cambiare
    Quali altri ostacoli aggiungereste alla lista?

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