martedì 30 settembre 2014

Trova lavoro online evitando truffe e raggiri

(Fonte: "Computer Idea")

(...)

E' importamnte ricordare che per la legge italiana le inserzioni anonime sono considerate illegali. Pertanto, qualsiasi offerta deve essere corredata da chiari riferimenti relativi all'azienda che la promuove: nome, indirizzo della sede legale, numero di telefono (con regolare prefisso urbano e non a tariffazione speciale come 199, 144, 166) e partita IVA.
Solo le agenzie interinali sono autorizzate dalla legge a omettere il nome dell'attività per cui promuovono le offerte di lavoro.

(...)

Diffidiamo sempre delle società che si presentano fornendo per esempio numeri di cellulare anziché recapiti fissi, oppure e-mail anonime con domini comuni come @yahoo, @hotmail e via dicendo.
Un'azienda che possa contare su un proprio dominio, come @nomeazienda.it, fornisce sicuramente un'immagine molto più affidabile rispetto a qualsiasi altra che utilizzi un'e-mail registrabile da chiunque.

Se poi volete davvero andare fino in fondo e saperne di più su chi state contattando, potete fare riferimento alla Camera di Commercio. (...) Questo ente contiene tutti i riferimenti relativi alle aziende che svolgono attività d'impresa sul territorio italiano.

L'annuncio di lavoro deve sempre spiegare molto bene quale profilo professionale si sta cercando e per quale mansione. Inserzioni troppo fumose, dove non si riesce a capire quale tipo di attività si debba svolgere, oppure troppo generiche senza una richiesta specifica di esperienza, rischiano di essere dei buchi nell'acqua.

(...)

Riguardo il compenso, poi, è facile accorgersi che ci stanno per truffare: spesso, infatti, si utilizzano due strategie ben definite e facilmente riconoscibili da chi sa interpretarle. 
Nel primo caso, vengono paventati guadagni enormi in pochissimo tempo (...). Ricordate che il guadagno facile non esiste e non può essere considerato una consuetudine (...).
Nella seconda ipotesi, invece, il compenso rientra in un'area grigia, in cui non viene specificato o non si può quantificare, perché può dipendere solo dalla nostra bravura, dalla capacità di attrarre clienti e via dicendo.
La remunerazione (...) deve essere sempre ben specificata, senza giri di parole. 

(...)

A domani per la seconda parte.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

lunedì 29 settembre 2014

Trovare lavoro. La risorsa sei tu (5)

Eccovi, come promesso, l'intervista a Manuela Prestipino esperta di ricerca di lavoro che ha partecipato al Festival di "Altroconsumo" che riporta i suoi consigli per muoversi al meglio nel mercato del lavoro.

Sapersi muovere nel web davvero aiuta a trovare lavoro?
Internet è uno strumento fondamentale, ma sapersi muovere sui social network non basta.
Se ho competenze valide, ma non le so mettere in evidenza, la mia presenza sul web non servirà a molto.
Il web è solo un pezzo del grande puzzle da comporre per riuscire a trovare lavoro.

Qualche pezzo del puzzle?
Sul web è importante comunicare di essere esperti in qualche settore oppure di avere caratteristiche e capacità interessanti per le aziende.
Per fare questo servono tempo e impegno.
In genere non siamo bravi a individuare le nostre competenze chiave, quelle più importanti, che sono poi i nostri punti di forza. E' proprio questo aspetto che bisognerebbe saper evidenziare, sia sul web che durante il colloquio di lavoro.
Ecco perché prima di iniziare una ricerca di lavoro è importante cercare di mettere a fuoco i propri punti di forza e allenarsi a raccontarli. Essere in grado di descrivere in modo credibile le proprie competenze fa la differenza, è un punto a favore durante il processo di selezione. Ma bisogna allenarsi: fare un'analisi di se stessi, essere brevi e chiari nella descrizione.

Cos'altro funziona davvero?
Oggi più che mai le aziende cercano di ridurre i rischi durante la selezione. Prima di inserire sconosciuti, preferiscono attingere a quel circuito di persone che hanno già visto all'opera, magari come consulenti, come collaboratori occasionali o a tempo determinato, o come stagisti.
Oppure puntano su persone di cui hanno sentito parlare bene da qualcuno di cui si fidano.
Il passaparola è tornato a essere fondamentale, se inteso nella giusta accezione: conosco una persona valida che ha le competenze che stai cercando. Nulla a che vedere con la cultura della raccomandazione. Ricordiamoci che la maggior parte delle aziende italiane sono piccole imprese, che assumono proprio puntando molto su questo meccanismo di conoscenza e fiducia. E' raro che assumano chi ha inviato un curriculum spontaneo. Quindi, è molto importante parlare con le persone.

Oggi spesso non basta avere un percorso formativo adeguato, qual è il rischio di accettare un lavoro meno qualificato?
In realtà i buchi nel curriculum non piacciono ai selezionatori. In attesa del lavoro ideale, occorre adattarsi, anche a lavori modesti.
Da ogni lavoro si può apprendere qualcosa di utile per la propria cariera.
All'estero sono più flessibili di noi, più pronti a mettersi in gioco. E ciò non significa rinunciare ai propri obiettivi professionali. Tutt'altro.

Insomma, bisogna accettare un nuovo modello di lavoro?
Bisogna sapersi adattare all'evoluzione continua, è importante modificare l'atteggiamento mentale del posto fisso perché anche quando lo avremo trovato è tutto talmente in fase di cambiamento, che nessuno mi garantisce di poterlo mantenere. Conviene superare il retaggio culturale che ci mette in difficoltà davanti al cambiamento.
Il primo passo è puntare sulle proprie competenze specifiche, che sono in sostanza il patrimonio di ognuno di noi. Poi, capire il mercato: dove e in che modo mi posso posizionare con le mie competenze? E' questa la sfida del futuro?

Mettersi in proprio può essere una valida alternativa, nonostante la crisi? Penso anche al fenomeno start-up
Sì, se c'è un'idea vincente da far emergere, ma bisogna prima ponderare con attenzione tutti i rischi. Anche in questo caso le competenze specifiche sono fondamentali. Prima di buttarvi in una nuova avventura, è fondamentale valutare molto attentamente quali sono le condizioni per ottenere successo.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

venerdì 26 settembre 2014

Trovare lavoro. La risorsa sei tu (4)

Agenzie interinali, centri per l'impiego, annunci...come districarsi? Ce lo spiega "Altroconsumo".
 
Agenzie per il lavoro

Offono opportunità di lavoro temporaneo o permanente alle persone in cerca di occupazione. Bisogna iscriversi nella banca dati e lasciare il proprio curriculum, oppure ci si può candidare direttamente, rispondendo a un annuncio.

Ce ne sono tantissime, molte anche internazionali. Rispetto ai siti e alle bacheche online, le agenzie interinali offrono garanzie sulla serietà delle aziende per le quali fungono da intermediari.

Centri per l'impiego

In genere sono uffici pubblici divisi su base territoriale, che spesso dipendono dalle province.

Per candidarsi, bisogna presentarsi in quello della proipria area di residenza. Per scoprire dove si trova il più vicino, si può consultare il data base "cerca sportello" del sito cliclavoro.gov.it

Inserzioni sui giornali

E' il canale più classico di ricerca del lavoro, utile anche perché dà un'idea delle figure professionali più ricercate sul mercato.

Da tenere d'occhio soprattutto le inserzioni della Stampa (il lunedì), del Sole24Ore (il mercoledì), della Repubblica (il giovedì) e del Corriere della Sera (il venerdì), ma anche quelle sui giornali locali della città.

Spargere la voce

Oltre alla dimestichezza con la Rete serve determinazione e attivismo: anche il vecchio passaparola è ancora molto efficace.

Non bisogna pensare che farsi sponsorizzare significhi "essere raccomandati": in questo caso infatti non si è assunti perché si è "il figlio di", esercitando magari pressioni, ma semplicemente perché qualcuno ha favorito l'incontro tra un'azienda e una persona che risponde ai requisiti richiesti (in gergo, si parla di networking).

Dimentichiamo l'infondato mantra italiano per cui "tutti quelli che trovano lavoro sono raccomandati" e facciamoci avanti nel proporre la nostra candidatura anche tra amici e conoscenti.

Il passaparola è apprezzato anche dalle aziende, perché è un sistema di reclutamento efficace e a costo zero, che non richiede l'intermediazione di agenzie.

"Bisogna cercare di sfruttare le competenze trasversali maturate negli anni - suggerisce Sergio Bollani, direttore della Città dei Mestieri di Milano, centro di informazione e orientamento al lavoro - le aziende cercano innanzitutto le doti base, come la capacità relazionale e di adattamento".

Secondo una ricerca realizzata da Isfol, l'enete nazionale di ricerca lavoro, nel 2011 i neoassunti che hanno trovato un impiego tramite conoscenti ammontano al 32 per cento del totale. Funzionano meno la risposta a un annuncio e l'autocandidatura ovvero l'invio del curriculum alle aziende di propria iniziativa.

Lunedì concluderemo questo discorso, leggendo l'intervista a un'esperta che ci darà qualche consiglio utile su come muoversi per trovare un lavoro che ci soddisfi.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

giovedì 25 settembre 2014

Trovare lavoro. La risorsa sei tu (3)

In questa terza parte del lungo articolo tratto da "Altroconsumo" vedremo come utilizzare siti e social per la nostra ricerca di lavoro.

(...)

Esistono ormai molti siti che possono aiutare nella ricerca del lavoro, hanno varia natura e vanno capiti nel loro funzionamento, per sfruttarli al massimo. L'obiettivo è distinguersi, farsi notare, per emergere nella massa di proposte.

I social network

Il più noto è il social di LinkedIn, che conta 100 milioni di iscritti in tutto il mondo.
Non è un social generico come altri, ma è puramente rivolto al mondo professsionale.

Può essere utile per creare una rete di connessioni con altri professionisti, prendere parte ai gruppi di discussione, per mettersi in vetrina con il proprio curriculum e avere la certezza che molte aziende ci buttano un occhio per cercare candidati.

(...)

Facebook e Twitter da qualche tempo permettono anche di accedere alle offerte di lavoro, ma la loro natura resta più ludica. In ogni caso, conviene iscriversi a più social contemporamentante, sfruttando la funzionalità delle "referenze", che permette di riportare i giudizi dei precedenti datori di lavoro e colleghi insieme al proprio profilo.

I portali dedicati

Si può registrare il proprio curriculum, rispondere alle offerte di lavoro, ma anche ricevere mail o sms che segnalano la pubblicazione di un annuncio in linea con il proprio profilo.

In rete ce ne sono davvero molti, conviene fare una ricerca per trovare quello più specializzato nel proprio percorso professionale.

(...)

A domani per vedere come muoversi con le agenzie del lavoro, i centri per l'impiego, le inserzioni sui giornali e il passaparola.


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

mercoledì 24 settembre 2014

Trovare lavoro. La risorsa sei tu (2)

Continuiamo a leggere l'articolo tratto dalla rivista "Altroconsumo".

(...)

Ma allora mi tolgo dalla Rete per eliminare ogni rischio? Assolutamente no, non essere online può dare l'idea che il candidato sia poco al passo coi tempi, ma la propria presenza sul web va sfruttata al meglio. 
Per farlo serve qualche regola:
  • è consigliabile essere presenti su LinkedIn, il principale network dedicato allo sviluppo di canali profesisonali;
  • aggiorna periodicamente il curriculum, lasciarlo invecchiare può solo danneggiare la tua immagine;
  • selezionare gli amici dei social è buona regola: filtrare i contatti impedisce che il proprio nome sia associato a quello di persone indesiderate, di cui non si conosce lo stile e il comportamrnto nel web;
Da non scordare che impostare le regole di privacy ai social impedisce che i profili siano aperti a tutti.
Attenzione, infine, a cosa si condivide: nell'epoca della "condivisione" diffusa non ci si deve illludere che l'audience a cui ci rivolgiamo sia davvero ristretto e controllabile; è bene pensarci prima di ogni "mi piace" o simili.

(...)

Lunedì vedremo quali siti e social possono tornarci utili nella nostra ricerca di lavoro.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

martedì 23 settembre 2014

Trovare lavoro. La risorsa sei tu

(Da "Altroconsumo")

(...)

Nel 2011 il tasso di disoccupazione italiano era sotto l'8 per cento. In un anno in Italia si sono persi 273mila posti di lavoro e i disoccupati sono arrivati a quota 3.307.000.

Insomma, non ci sono speranze? 
Non, non è affatto così. Ma oggi più che mai è diventato indispensabile cambiare mentalità, così come è cambiato il mondo del lavoro. Soprattutto bisogna cercare di andare incontro alle aziende che, in un momento difficile come questo - hanno poca fiducia e cercano di ridurre tutte le spese. Comprese quelle per la ricerca del personale.

Il settore delle inserzioni online è in grande crescita. Sapersi muovere nella Rete è ormai indispensabile per riuscire a candidarsi. Non bisogna neanche illudersi, però, che le aziende concentrino tutta la loro attenzione sul web: ecco perché è necessario sapersi rendere visibili, farsi notare e cercare di intercettare la domanda di lavoro.
Spesso i candidati non trovano lavoro e le aziende non trovano candidati, proprio perché manca il giusto canale di comunicazione.
Internet, il sistema di connessione per eccellenza, è diventato un riferimento indispensabile per cercare lavoro, ma a volte non basta.

(...)

Soprattutto, la Rete va utilizzata con attenzione, perché la condotta online (web reputation, come la chiamano i cacciatori di teste) può compromettere anche il miglior curriculum vitae.

Dal web emergono molte indicazioni sul nostro modo di essere e di pensare. Una foto sbagliata, un commento eccessivo, un'opinione politica estrema e soprattutto il parlar male di un datore di lavoro, di un'azienda o dei colleghi, sono campanelli di allarme per qualunque head hunter.

Una ricerca su Google o tra i sociali network è semplice, veloce e svelerà molto, ecco perché la web reputation va considerata parte integrante del curriculum tradizionale e, se mal gestita, può diventare un marchio indelebile.

Continueremo a leggere l'articolo domani, imparando come gestire il nostro rapporto con la rete. Non mancate!

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

lunedì 22 settembre 2014

Migliorare l'efficienza

(Fonte: Il Corriere Economia)

Migliori risultati, con meno risorse.
La Finlandia ci è riuscita. L’Italia purtroppo no.
 

Secondo uno studio sull’indice di efficienza scolastica, il rapporto tra i risultati ottenuti dagli studenti e costi del sistema scolastico, l’Italia con il 69% si piazza al 23esimo posto in una
classifica che prende in considerazione 30 paesi Ocse. 

In vetta c’è la Finlandia (87% di efficienza), seguita da Corea e Repubblica Ceca. Peggio di
noi, solo Portogallo, Spagna, Grecia e il Brasile, ultimo in classifica.
 

Secondo gli studiosi che hanno curato il rapporto, tra cui Peter Dolton (London School of
Economics), se il nostro paese vuole scalare qualche posto ha davanti a sé due strade: o aumentare
gli stipendi degli insegnanti o ridurre il rapporto prof-studenti.
Esattamente il contrario di quanto invece accade. 


Secondo l’Ocse, tra il 2008 e il 2012 le buste paga dei professori delle superiori sono diminuite in
media del 2% e cresce a dismisura il numero medio di studenti per docente.
Secondo lo studio inglese, che ha analizzato come il sistema scolastico è in grado di produrre un ritorno più elevato per ogni euro investito, l’Italia potrebbe giungere ai livelli della Finlandia,
se riducesse il rapporto insegnante-allievo da 10,8 a 8,2 alunni per ogni insegnante (-24,4%). O, in
alternativa, se aumentasse lo stipendio degli insegnanti dalla media attuale di 31.460 dollari a 34.760 dollari, cioè un aumento del 10,5%. 


Per avere istituti più efficienti, il paese dovrebbe dunque spendere di più, riducendo il numero di allievi per insegnante, che dovrebbero avere più soldi in busta paga.
«Non si capisce però perché un aumento degli stipendi dei professori porti ad un incremento dell’efficienza scolastica — osserva Pierdomenico Perata, Rettore della Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa —. L’aumento stipendiale basato solo sull'anzianità è un controsenso, la carriera di un insegnate va legata al merito e non all’anzianità».
Per il rettore, lo scatto in busta paga di un professore, in questo caso universitario, «si associa a
tutta una serie di fattori, come la verifica dei risultati e la capacità di aggiornamento.
Il nostro sistema interno di valutazione misura ad esempio i docenti sulla base delle pubblicazioni
scientifiche». 


La meritocrazia è anche al centro di un nuovo decreto del governo dedicato questa volta all’alta formazione, la «Buona Università», che segue quello dedicato alla «Buona Scuola».
Si andrà verso una ridistribuzione dei fondi che premieranno quegli atenei con migliori performance nell’ambito delle attività di ricerca, didattica ed internazionalizzazione. Sul piatto, per le Accademie più meritevoli ci sono 1,3 miliardi, il 5% in più che in passato.


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

venerdì 19 settembre 2014

La scuola professionale 2.0

(Fonte: "Il Corriere Economia")

Si chiama «Impresa didattica» ed è la scuola professionale 2.0, delineata dal premier Matteo Renzi nelle linee guida sulla scuola, che permetterà agli istituti d’istruzione superiore di commercializzare beni o servizi come ad esempio prototipi in stampa 3D o agli istituti alberghieri di aprire un ristorante al proprio interno.

I nostri istituti tecnici si trasformeranno così in piccole botteghe artigiane, dove apprendere
mestieri legati al territorio, con le imprese che potranno contribuire mettendo a disposizione laboratori, competenze ed esperienze a tutto campo.
 

Così diventa obbligatoria, negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici e professionali, l’Asl (Alternanza Scuola-Lavoro), un programma che prevede un minimo di 200 ore annue da spendere sul campo per
imparare i trucchi del mestiere, alternando la frequenza scolastica con la formazione ed il lavoro in azienda. Con una «paghetta» che, a seconda dei casi, arriva a 460 euro lordi mensili. Il nuovo orientamento didattico cambierà anche l’esame di maturità, che sarà meno teorico e più pratico.
 

Durante il tirocinio, i tutor scolastici, professori in grado di seguire il programma in modo che abbia attinenza con la preparazione culturale dello studente, s’interfacciano «con i tutor aziendali che affiancheranno invece il minore sul campo per tutta la durata del progetto», dichiara il Sottosegretario al Miur, Gabriele Toccafondi. Insomma un primo passo verso il modello duale tedesco. 

Ma il nostro corpo docenti come verrà aggiornato?
«Il piano per l’assunzione di 150 mila docenti entro il 2015, prevede che 2-3 mila di questi professori andranno a ricoprire il ruolo di tutor scolastici all’interno delle scuole tecnico-professionali.
Con l’Indire (Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica) che si occuperà di formarli — aggiunge il sottosegretario. Costo dell’intera operazione 100 milioni l’anno. Ma se da una parte ci sono 130 mila aziende che non riescono ad assumere perché non trovano qualifiche adatte, dall’altra c’è il 43% di disoccupazione giovanile, vuol dire che qualcosa non va. Il lavoro
c’è, va solo tarato meglio. Servono diplomati specializzati in tecnologie avanzate. Per questo
destineremo 300 milioni per modernizzare i nostri laboratori, dai macchinari alle strutture, perché sono il fulcro del futuro».

La nuova legge prevede che le aziende, una volta individuate le scuole dove reperire manodopera, firmino il protocollo al Miur, mentre la selezione dei ragazzi avviene su base volontaria. In più le imprese potranno godere d’incentivi fiscali. In realtà l’Asl come metodologia didattica per sviluppare le competenze previste dall’ordinamento degli studi oggi già esiste. «Ma è inefficace, funziona male e
con numeri bassissimi», spiegano i tecnici di Confindustria Education. È seguita solo dal 9% degli studenti delle superiori.
Il 28% la realizza negli istituti professionali, il 6% nei tecnici e il 2% nei licei e prevede appena 90 ore annue, la metà di quanto indicato ora nella nuova norma.
 

«L’alternanza scuola lavoro è efficace nella misura in cui c’è un sistema produttivo in grado di accogliere in modo proficuo queste figure, con sperimentazioni sul campo - osserva Claudio Lucifora, docente di Labor Economics all’Università Cattolica e presidente dell’Aiel (Associazione
economisti del lavoro) -. L’anello debole del nostro sistema  formativo è stato aver separato l’istruzione dal lavoro.
Le grandi imprese non avranno problemi ad individuare tutor aziendali interni, ma le pmi? Per loro non sarà facile. Sarà l’imprenditore a seguire il ragazzo, onde evitare di fargli fare fotocopie?».
 

Le sperimentazioni appena partite coinvolgono i principali gruppi italiani. «In Federmeccanica,
la sperimentazione partirà nel 2015 - spiega Federico Visentin, vicepresidente della Federazione sindacale dell’industria metalmeccanica -. Sono coinvolte 50 scuole in tutta Italia e 10 mila
studenti. Il secondo anno si raddoppia, per entrare a regime, nel senso di copertura totale di tutti i 780 istituti tecnici italiani, dal terzo anno». Nelle sedi produttive Bayer di Filago, Garbagnate Milanese, Segrate, gli alunni del 4° e 5° anno degli istituti tecnici industriali integrano il loro percorso di studio con esperienze in azienda. Le aree dove vengono impiegati sono: controllo qualità,
produzione, pianificazione, ingegneria, Health-safety and enviroment.


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

giovedì 18 settembre 2014

L'età è un freno alla crescita

(Fonte: "Corriere Economia")

Se si giudicano i risultati, avere un ultrasettantenne alla guida di un’azienda è una scelta sbagliata. Le
analisi degli esperti, infatti, dicono che le imprese che hanno un «boss» di quell’età hanno anche le performance peggiori. 


Le età d’oro dei capo-azienda sono quelle giovani, fino ai 50 anni. Un fondatore che abbia meno di 40 anni ha risultati assolutamente opposti a un fondatore che ne abbia più di 70. Il primo cresce a tutta spinta, il secondo arretra.
Eppure gli ultimi anni hanno visto in Italia due tendenze. La prima è, appunto, l’aumento del numero di leader con molte primavere sulle spalle (un incremento spesso direttamente a scapito dei figli, più che dei manager), segno che dall’impresa quegli uomini non si erano mai veramente allontanati. Il secondo è che sempre più spesso aziende e gruppi sono guidati da team, anziché da un singolo responsabile della gestione.


I due fenomeni viaggiano paralleli: più leader ultrasettantenni e più co-amministratori delegati (persino tre o quattro amministratori delegati oppure in turnazione).
Una motivazione è l’incertezza. La crisi così prolungata ha interrotto di colpo il processo di cambiamento che si era avviato in Italia. Lo si vede dal numero di passaggi generazionali censiti
dall’Osservatorio Aub: a partire dal 2009 hanno subito una brusca caduta.
 

Un’altra motivazione va cercata nella tempra di alcuni fondatori oggi ottantenni e che non si trova nelle generazioni successive. Infine, quanto succede nelle imprese familiari ha anche una
componente psicologica forte. Spesso non si capisce il perché di alcune scelte se non si conoscono i rapporti personali tra i diversi componenti della proprietà.
Un elemento che le vicende italiane degli ultimi mesi evidenziano, infine, è quello della identificazione con l’impresa.
Se si guardano le famiglie imprenditoriali italiane si vede che gli strappi minori si sono avuti non tanto là dove le regole di governance sono state scritte meglio ma dove ciascuno ha saputo stare al suo posto.


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

mercoledì 17 settembre 2014

Il superlavoro, un mito da rottamare (2)

Continuiamo la lettura dell'articolo tratto da "D" e impariamo perché lavorare troppo fa male a noi e alle nostre organizzazioni.

(...)


Il fatto di non staccare nuoce anche alle prestazioni lavorative. Negli ultimi anni è apparsa una montagna di dati scientifici che dimostrano sia il costo dell'esaurimento delle energie e del superlavoro, sia i benefici di staccare e ricaricarsi.
Per riassumere, la salute e il benessere a lungo termine dei dipendenti di un'azienda influenza la salute e il benessere a lungo termine dei suoi bilanci.

Una vita passata a lavorare e basta, senza mai dare la priorità al bisogno di ricaricarsi, semplicemente non è sostenibile. Non lo è per gli individui, non lo è per le aziende.

Per usare le parole di Tony Schwartz, Ceo dell'Energy Project, "il modo migliore per fare più cose è passare più tempo facendone meno". A riprova di ciò, cita uno studio interno del 2006 condotto tra gli impiegati della Ernst & Young, il quale eveidenziava che, per ogni dieci ore di vacanza in più prese da ogni dipendente, le sue prestazioni miglioravano dell'1% per ogni giorno di vacanza.

Un dato che non dovrebbe sorprenderci. Gli esseri umani sono strutturati per lavorare e quindi ricaricarsi.
"L'importanza del reintegro delle forze è radicata nella nostra fisiologia", scrive Schwartz. "Gli esseri umani non sono progettati per consumare energie in modo continuativo, ma per alternare il dispendio di energie al loro ripristino".
E questo vale tanto su piccola scala, nel modo in cui gestiamo le nostre risorse di ora in ora, quanto nel quadro più ampio delle settimane e dei mesi.

Va da sé che molti dei cambiamenti di cui abbiamo urgente bisogno nel mondo del lavoro debbano venire dall'alto. Come possiamo constatare analizzando le ragioni fornite per spiegare come mai non sfruttano le vacanze, è evidente che i lavoratori non ricevano dai superiori un messaggio abbastanza forte sull'importanza delle ferie e del tempo dedicato a rigenerarsi.

Dobbiamo impegnarci di più per lavorare in modo più intelligente, vale a dire per non lavorare in continuazione.

(...)

Se quasi tutti gli alti dirigenti delle aziende sono ormai consapevoli di quanto sia prezioso per i loro dipendenti - e di conseguenza per le loro aziende - ritagliarsi del tempo lontano dal lavoro, è ora di passare dalla consapevolezza all'azione.

Dobbiamo ribaltare la concezione degli incentivi. L'eccesso di lavoro, lo sfinimento e il burnout devono essere bollati come pericolosi e scoraggiati, mentre i dipendenti che sfruttano tutte le loro ferie retribuite vanno elogiati, promossi e portati a esempio.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

martedì 16 settembre 2014

Il superlavoro, un mito da rottamare

(Da: "D" di Repubblica)

(...)

Troppi di noi in vacanza hanno scelto di non andarci affatto. E' quello che emerge da un impressionante studio da poco pubblicato da Travel Effect, un'iniziativa della U.S. Travel Association.

Intitolato "Overwhelmed America: Why Don't We Use Our Paid Time Off" ("L'America sopraffatta. Perché non usiamo le nostre ferie retribuite"), lo studio ha scoperto che il 40 per cento dei lavoratori USA non sfrutta i giorni di ferie pagati.
Le quattro ragioni più citate per un simile comportamento sono il terrore di tornare dalle vacanze e ritrovarsi davanti montagne di lavoro (40%), la convinzione che nessuno sia in grado di sostituirli (35%), il fatto di non poterselo permettere (33%) e il timore di essere considerati sostituibili (22%).

"Gli americani soffrono di un complesso del martire del lavoro", spiega Roger Dow, presidente e Ceo della U.S. Travel Association. "Questo in parte perché consideriamo il fatto di essere sempre indaffarati come una specie di vantio, ma anche perché veniamo da una congiuntura economica difficile, e a tanti il posto di lavoro appare meno sicuro. 
Purtroppo i lavoratori non sembrano rendersi conto che rinunciare alle vacanze implica un costo in termini di benessere e rapporti interpersonali".

Domani vedremo insieme perché lavorare troppo crea problemi anche alle nostre organizzazioni.
Nel frattempo mi raccontate come vengono viste le ferie nelle vostre aziende? Sono incoraggiate o vengono quasi elargite con fastidio?



(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

lunedì 15 settembre 2014

Google è il vostro nuovo curriculum

Sto leggendo l'interessantissimo libro "What colour is your parachute?" di Richard N. Bolles e ho pensato di condividere con voi una riflessione dell'autore che ho trovato molto interessante.

Se siete rimasti senza lavoro o - semplicemente - ne state cercando uno nuovo, come prima cosa potreste avere la tentazione di scrivere o aggiornare il vostro curriculum.
 

Questo, però, funzionava anni fa, quando ancora non c'era internet. 
A quei tempi, l'unico modo che un selezionatore aveva  per sapere qualcosa su di voi come candidato era il pezzo di carta che avevate scritto, il "curriculum vitae".
Su quel pezzo di carta c'era una sintesi di cosa avevate fatto nella vostra carriera e anche un'idea di tutto quello che ancora avreste voluto fare. Sempre da quel pezzo di carta, un futuro datore di lavoro poteva provare a indovinare che tipo di persona eravate e che tipo di dipendente sareste potuti essere in futuro.  


La cosa buona di tutto questo, dal punto di vista del candidato, era che si aveva il controllo assoluto su tutto ciò che c'era su quel pezzo di carta. Si poteva omettere ciò che non si voleva fosse visto da un potenziale datore di lavoro e si poteva dare risalto alle cose positive.

E' stato bello ma quei giorni sono finiti per sempre. 
Dal 2008 c'è un nuovo curriculum in città e si chiama Google!

 
Tutto quello che un selezionatore deve fare oggi per sapere qualcosa su di voi è digitare il vostro nome su Google e questa semplice azione può considerarsi tranquillamente il vostro nuovo curriculum, con lì - bello evidenziato - anche tutto ciò che avreste voluto nascondere.
 

Se avete postato qualcosa su Facebook, Twitter, LinkedIn, Instagram, Pinterest o YouTube, o se avete il vostro sito web in rete o un album di fotografie o un blog o - ancora - se siete stati sulla pagina Facebook di chiunque altro e avete scritto qualcosa, ogni aspetto di voi può essere messo facilmente in luce (a seconda di come avete impostato la privacy).  

Bye, bye, controllo delle informazioni associate al vostro profilo!
 
La selezione oggi può essere fatta in base:

  • agli errori di grammatica reperiti in rete;
  • alle bugie indicate sul CV e smentite da ciò che avete scritto su Facebook;
  • ai pregiudizi che emergono dalle vostre opinioni;
  • ai contenuti considerati inappropriati
Ovviamente, vale anche il contrario e un potenziale datore di lavoro può decidere di assumervi in base alla creatività e alla professionalità dimostrate in rete, all'impressione complessiva che deriva dal vostro interagire con gli altri on-line, alla gamma dei vostri interessi, alla vostra facilità di comunicazione con gli altri.
Meglio rifletterci!

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

venerdì 12 settembre 2014

Le diverse tipologie di strategia (2)

Il terzo e il quarto stile di strategia che possiamo ritrovare all'interno delle nostre organizzazioni sono i seguenti:

Strategia che forma l'ambiente

E' la strategia che si adotta quando si lavora in ambienti imprevedibili e si deve avere una certa capacità di influire sull'ambiente al fine di cambiarlo.

In questo caso, l'organizzazione sviluppa una strategia che cerca di influenzare il mercato, ad esempio attraverso l'innovazione.
Le strategie appartenenti a questo gruppo possono creare scompiglio in un mercato stagnante con lo scopo di ridefinirlo a vantaggio della società che le mette in pratica.
 

Queste sono strategie utilizzate, ad esempio, nell'ambiente dello sviluppo del software, delle compagnie aeree, della vendita al dettaglio attraverso un catalogo, dei servizi ai consumatori, ecc.
 

Strategia visionaria

Si definisce strategia visionaria quella delle organizzazioni capaci di plasmare interamente un ambiente che risulta facilmente prevedibile e che permette loro di fare piani per il futuro che risultano, poi, affidabili nel tempo.

Aziende del genere possono permettersi di essere coraggiose e di creare nuovi mercati o di ridefinire completamente il loro modo di lavorare.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

giovedì 11 settembre 2014

Le diverse tipologie di strategia

Secondo la letteratura che tratta di management, si possono individuare ben quattro tipologie di stile strategico.

La strategia classica
 
Il primo tipo di stile strategico è quello classico.  


Si esplicita in un approccio di tipo tradizionale alla definizione di piani a lungo termine e dovrebbe 
limitarsi alle organizzazioni che hanno un comportamento abbastanza prevedibile e che operano in ambienti maturi


La strategia di tipo adattativo
 
Questo approccio è un po' più flessibile di quello classico e favorisce la sperimentazione che è data dal dover sviluppare una strategia in ambienti poco prevedibili.

E' tipica delle organizzazioni che hanno una scarsa capacità di cambiare.  

Molti mercati oggi sono in continuo cambiamento a causa della concorrenza, dell'innovazione
e dell'incertezza della situazione economica e possono rendere alcuni aspetti di un piano strategico obsoleti o del tutto irrilevanti dopo solo un paio di mesi.  


In questi ambienti, le imprese devono diventare organizzazioni capaci di apprendere per integrare, in sostanza, la loro pianificazione strategica con azioni da sviluppare rapidamente in seguito ai cambiamenti sperimentati nell'ambiente di riferimento.

Domani vedremo insieme le ultime due tipologie di strategia.


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

mercoledì 10 settembre 2014

Pianificare la qualità

La pianificazione della qualità non è altro che l'attività di sviluppo dei prodotti e dei processi necessari per soddisfare i clienti.  

Per pianificare a dovere la qualità occorre:
  • definire bene la propria clientela;
  • determinare le sue esigenze;
  • sviluppare i prodotti e i servizi necessari per soddisfare queste esigenze;
  • sviluppare i processi che servono per garantire tutte le caratteristiche previste per i prodotti e per i servizi che abbiamo previsto;
  • trasferire i conseguenti piani al personale operativo
La pianificazione della qualità deve avvenire, naturalmente, a tutti i livelli dell'organizzazione.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

martedì 9 settembre 2014

Migliorare le performance (3)

Migliorare i processi

Agire sui processi è il terzo modo per migliorare le performance di un'organizzazione.

Si può migliorare sia la progettazione dei processi sia la loro esecuzione.
Un miglioramento in questo senso può consentire ai lavoratori di svolgere in modo più efficace ed efficiente i compiti che sono stati loro affidati, al fine di fornire una qualità di prodotti e di servizi superiore in tempi più brevi e con meno sforzo.

Quando i processi vengono ridefiniti o eseguiti in maniera leggermente diversa, i lavoratori devono essere nuovamente formati per poterli svolgere in modo efficace.
 

Spesso i miglioramenti di processo prevedono l'introduzione di una nuova tecnologia e questo ci fa rientrare nel caso precedente che abbiamo esaminato ieri. 
I cambiamenti richiesti dovranno, quindi, essere affiancati a quelli previsti precedentemente.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

lunedì 8 settembre 2014

Migliorare le perfomance (2)

Migliorare la tecnologia

Introdurre nuove tecnologie all'interno dell'azienda o migliorare quelle già esistenti è il secondo modo per migliorare le performance di un'organizzazione.

La tecnologia può automatizzare la gestione delle informazioni e di certe attività fino a rendere l'azienda più produttiva perché la porta a consegnare una maggiore quantità di prodotti di qualità e
di servizi.

Sfortunatamente, però, se non si segue a dovere il processo di introduzione di una nuova tecnologia in azienda, si rischia di abbattere la produttività delle persone invece di aumentarla.
Il perché è presto spiegato: i lavoratori spesso non vengono addestrati a dovere ad utilizzare la nuova tecnologia in maniera efficace ed efficiente.
 

Un miglioramento della tecnologia richiede quasi sempre alcune modifiche nelle conoscenze e nelle competenze del lavoratore ed è per questo che vanno definiti e poi seguiti a dovere i processi necessari ad accogliere degnamente la nuova tecnologia in azienda.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

venerdì 5 settembre 2014

Migliorare le performance

Le performance possono essere migliorate in tre modi:
  1. migliorando le persone
  2. migliorando la tecnologia
  3. migliorando i processi
Migliorare le persone
 
Le persone possono migliorare solo se migliorano le loro conoscenze, le loro capacità e le loro competenze.

Queste tipologie di cambiamenti possono permettere loro di svolgere compiti in maniera più efficace ed efficiente.
 
Un lavoro costante e sistematico volto a diffondere l'apprendimento per aumentare il patrimonio di conoscenze dell'azienda, provoca una diminuzione dei costi necessari per sostenere l'acquisizione di nuove conoscenze o per sostituire il personale che lascia l'azienda.

E' importante, dunque, che i processi possano avvalersi di personale appartenente a tutto lo spettro delle fasi previste per la formazione: dal giovane nuovo assunto che deve ancora imparare tutto, al professionista già formato che entra in azienda per apportare conoscenze nuove, fino ad arrivare al senior che ha maturato conoscenze importanti all'interno dell'organizzazione.


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

giovedì 4 settembre 2014

L'importanza dell'innovazione

Nel mondo degli affari le persone che vengono ricordate più a lungo sono spesso quelle che hanno provato a fare le cose in una maniera diversa.

Le aziende che fanno sempre la stessa cosa nello stesso modo corrono il rischio di essere presto dimenticate.
 
Nel mercato globale di oggi, la concorrenza è feroce e si combatte per ogni punto percentuale di quota di mercato perché è diventato preziosissimo

La concorrenza spinge i prezzi sempre più verso il basso e ridurre i costi diventa fondamentale per ottenere un vantaggio competitivo. La riduzione dei prezzi, però, richiede più di un graduale
miglioramento perché esige cambiamenti radicali senza i quali spesso è impossibile vincere la partita.


Pensare sempre in modo da essere un passo avanti ai clienti e ai concorrenti è un'ottima premessa per riuscire nel mondo del business.


Ci sono due tipologie di cambiamenti:
  • quelli graduali che aiutano le organizzazioni a migliorare un po' per volta le proprie performance;
  • quelli dirompenti e radicali che portano le aziende concorrenti a ripensare, a loro volta, l'intero modo di porsi sul mercato
I cambiamenti del secondo tipo sono le innovazioni e sono quelli che possono contribuire a creare la
necessità di un prodotto, ancor prima che i clienti realizzino di averne bisogno, o ad aprire nuovi mercati non ancora sfruttati. 


Un'innovazione si riferisce a qualcosa capace di trasformare il mercato.  

Ci vuole grande coraggio a rompere la tradizione e un forte, carisma accompagnato da tanta convinzione, per guidare intere organizzazioni lontano dallo status quo.  
Se, infatti, il successo è ricompensato con l'approvazione di tutti, il fallimento si palesa con il senso del ridicolo e con il disprezzo.
 
Per gli innovatori, spesso, la linea che separa la fama dal fallimento è molto sottile.


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

mercoledì 3 settembre 2014

Trucchi per organizzarsi: raggruppa le attività simili (3)

L'ultimo suggerimento che vi diamo per raggruppare le attività simili e risparmiare, in questo modo, tempo è quello di raggruppare - quando possibile - le riunioni.

Pianificare tutti i vostri incontri, ad esempio, in un pomeriggio (cosa che non è sempre possibile, ovviamente), può permettervi di lavorare per tutto il resto della settimana senza essere interrotti oltre che di risparmiare il tempo necessario per spostarsi ogni volta nella sala riunioni.  

In definitiva, tutto ciò che può essere fatto "in serie" permette di fare piccoli risparmi di tempo che, se sommati uno all'altro, possono rivelarsi di sicuro interesse. Il vero guadagno in termini di organizzazione del lavoro, però, è dato sicuramente dal tempo che risparmierete grazie al fatto di non venire continuamente interrotti.

Cosa ne pensate? Fattibile? Utopistico?


(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

martedì 2 settembre 2014

Trucchi per organizzarsi: raggruppa le attività simili (2)

Un'altra attività che si può facilmente raggruppare oltre a quella delle telefonate è la lettura e scrittura delle e-mail.

Se l'organizzazione del vostro lavoro lo consente, abituatevi a controllare le e-mail  solamente una o due volte al giorno. Potreste farlo, ad esempio, a metà mattina e a metà pomeriggio, rispondendo subito alle e-mail che possono essere evase facilmente, archiviando quelle che avete ricevuto per semplice notifica e programmando le azioni richieste in tutte le altre.
 
Come con le telefonate, quando ci si continua ad interrompere per risponde si spende il doppio del tempo.

Voi gestite così la vostra casella e-mail o seguite le singole notifiche? Ce lo raccontate?

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

lunedì 1 settembre 2014

Trucchi per organizzarsi: raggruppa le attività simili

Raggruppare attività simili tra loro ci aiuta a risparmiare tempo, risorse ed energie.
 
Sono certo che non andreste mai a fare una commissione senza prima considerare se avete altre commissioni da fare in quella parte della città.
 

Mettetevi nei panni di quella donna più anziana che, chinatasi per allacciarsi le scarpe, si guardò intorno per vedere che cosa altro poteva fare mentre era . E' una barzelletta, naturalmente, ma può servire per capire meglio ciò che stiamo dicendo.

Una cosa che si può facilmente raggruppare per guadagnare del tempo sono le telefonate. Provate a fare le vostre telefonate sempre alla stessa ora del giorno, in un momento a vostra scelta. Potreste scegliere, ad esempio, la mezz'ora prima di andare a pranzo o quella prima di andare a casa (se gli orari sono compatibili con quelli delle persone che dovete chiamare). 


Avere un orario da rispettare vi poterà ad esere chiari e sintetici e a non perdervi in chiacchiere inutili. Nel resto della giornata potrete concentrarvi su quello che state facendo ignorando le telefonate (con le dovute eccezioni, è ovvio!)

Voi come vi comportate? Seguite già qesto suggerimento o lasciate che le telefonate vi interrompano anche se state facendo altro? 

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)