mercoledì 31 agosto 2011

Gestire un capo difficile (3)

Terminiamo il discorso sui capi difficili, aggiungendo le ultime due tipologie.


Capo incompleto


Ci sono capi a cui mancano skill fondamentali come, ad esempio, saper fare squadra o avere la capacità di risolvere i problemi. Tradotto: sono boss non abbastanza qualificati per il loro ruolo.Come lo si affronta: ci vuole assertività, bisogna saper dire "no" quando chiede di compensare le sue lacune. Se, però, decidete di aiutarlo e - insieme - raggiungete un obiettivo, mettete in luce il suo contributo. E' una mossa che potrebbe valere una promozione.



Capo pettegolo


Tende a creare conflitti, a metter zizzania, spesso punzecchiando i dipendenti e costringendoli a esprimere critiche gli uni sugli altri, con la scusa di alimentare una sana competizione.


Come lo si affronta: guai a dirgli: "esagera con i pettegolezzi". E' un atteggiamento che non paga mai. Meglio chiamarsi fuori dai giochi, evitando di prendere parte a queste conversazioni provocatorie.
Se potete, infine, cambiate argomento quando il boss inizia a sparlare.

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martedì 30 agosto 2011

Gestire un capo difficile (2)

Continuiamo il discorso sui capi difficili, aggiungendone altre due tipologie.

Capo egocentrico


E' uno dei capi più difficili da gestire perché:

  1. non gli interessa se gli altri condividono le sue scelte perché, tanto, restano le migliori
  2. ha poca capacità di ascolto
  3. è reticente nei chiarimenti

Come lo si affronta: non rinunciate mai a esporre le vostre idee e a dare un contributo. Se avete domande da fargli, concentratele perché lui non dà molta retta ai collaboratori.


Capo ingiusto


E' il classico capo che non applica le regole in modo equo ma fa preferenze in modo smaccato.


Come lo si affronta: cercate di comprendere perché non siete nelle sue grazie, ammesso che dipenda da voi e non da lui. Poi, non fategli capire che le sue simpatie verso altri colleghi vi fanno soffrire. Non prendetelo mai di petto e non ditegli: "lei non mi considera". Meglio chiedergli come potete allineravi al suo modo di lavorare, cosa si aspetta da voi, senza metterla sul piano personale.


Domani vedremo come affrontare le ultime due tipologie di capi difficili.

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lunedì 29 agosto 2011

Gestire un capo difficile

Qualche tempo fa la rivista "Glamour" ha dedicato un articolo alla gestione dei capi "difficili", individuando le tipologie più ricorrenti.

Vi riporto i consigli principali del magazine:

Capo autoritario

Non è interessato al confronto. Poco importa se si sta bene o male: lui non fa nulla per costruire un clima di lavoro sereno anzi, vi intimidisce addirittura.

Come lo si affronta: il modo migliore è lavorare sulle doti che vi aiutano a relazionarvi con un capo difficile: comunicare, negoziare, parlare in pubblico. Provate a costruire con lui una relazione personale, condividete le vostre aspettative.
L'obiettivo è quello di avere il suo rispetto per voi come persone prima ancora che come professionisti.

Capo insicuro


Il suo limite più grande è che non è proprio capace di delegare. A causa della sua insicurezza fa tutto lui, rallentando comunque il lavoro degli altri perché - di solito - è anche indeciso, lento e confuso.

Come lo si affronta: dimostrategli che condividete i suoi obiettivi e che su di voi può contare. Come? Portandogli a cadenza regolare dei report di ciò che fate e tenendolo aggiornato sul vostro lavoro. Non date per scontato che lui sappia come vi muovete. Mostrate anche curiosità per i progetti che gli stanno più a cuore e cercate di anticipare i suoi bisogni professionali: gli darà sicurezza.

Domani vedremo come affrontare altre due tipologie di capi difficili.

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venerdì 26 agosto 2011

Usare Twitter per trovare un lavoro

Qualche giorno fa abbiamo parlato di LinkedIn e della sua importanza per costruire una solida rete di relazioni professionali oltre che, naturalmente, per mantenere uno sguardo privilegiato sul mondo del lavoro.
Oggi vedremo, invece, come utilizzare Twitter per trovare lavoro, visto che sempre più cacciatori di teste lo utilizzano per andare a caccia di nuove persone da far assumere.

La prima cosa importante da fare è capire quali persone "seguire" (usando il linguaggio di Twitter, diremo che diventeremo i loro "follower").
Un'altra cosa molto importante è fare un lavoro di ricerca per capire i trend del nostro settore di interesse. Quali sono gli argomenti più trattati? Quali le parole chiave? Come ci si può inserire in un filone di discussione?
La terza e ultima cosa è quella di creare contenuti utili per il nostro pubblico, prediligendo spontaneità e immediatezza.

Chi di voi ha familiarità con lo strumento? :o)

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giovedì 25 agosto 2011

Riorganizzare le cose e le idee

In natura la riorganizzazione è un metodo primario nella creazione del "nuovo": le placche terrestri scorrono, distruggono e creano; il DNA si mescola e crea nuove vite, ecc. 

Il riassetto, però, gioca un ruolo altrettanto significativo nelle vicende umane.
Nello sport, ad esempio, un allenatore può destreggiarsi tra la sua rosa di giocatori per migliorare le prestazioni della squadra. In azienda, un manager può riorganizzare il personale per sfruttarne le capacità e per affrontare le mutevoli condizioni di un mercato perennemente in movimento. In guerra, un comandante può schierare le truppe in maniera molto diversa per portare fuori strada il nemico.
Anche in un film lo sceneggiatore potrebbe alterare la linea tipica della storia per creare qualcosa di più interessante. Il regista francese Jean-Luc Godard, infatti, diceva: "Mi piace che un film abbia un inizio, uno svolgimento e una fine, ma non necessariamente in quest'ordine"
 

E noi? Quanto sfruttiamo il potere di riorganizzare le cose per affrontare un problema? Che cosa succede quando si mescolano le carte? Chi ha stabilito il modo corretto di fare le cose ma, soprattutto, questo modo è ancora il migliore?

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mercoledì 24 agosto 2011

Il vero scopo di chi comanda

"Lo scopo della leadership deve essere quello di migliorare le prestazioni degli uomini e delle macchine, per migliorare la Qualità, per aumentare la produzione e, contemporaneamente, per fare in modo che le persone siano orgogliose del proprio lavoro. L'obiettivo della leadership, dunque, non è semplicemente quello di individuare e sottolineare gli errori delle persone, ma quello di rimuovere le cause che hanno portato le persone a sbagliare per aiutarle a fare un lavoro migliore, con uno sforzo minore"

(Edwards William Deming - "Out of the crisis")

Non credete che questa sia una delle migliori definizioni di leadership che si siano mai viste?

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martedì 23 agosto 2011

Il sistema si cambia solo se si cambia la cultura

Vi segnalo questo bel post tratto dal blog "Systems Thinking, Lean and Kanban" che ho trovato davvero molto significativo.

La leggerezza con la quale certe organizzazioni credono di poter gestire le persone è davvero incredibile
. Basti pensare al caso citato da
John Seddon che riguarda una banca che ebbe la brillante idea di proporre ai clienti un'esperienza nuova, basata sui 5 sensi.
P
er coinvolgere il cliente, dunque, il personale della banca fu costretto a:






- stringere la mano al cliente al suo ingresso nella filiale (tatto)
- avere musica di sottofondo (udito)
- assicurarsi che gli sportelli avessero tutti lo stesso aspetto (vista)
- avere dei profumatori di ambiente (olfatto)
- chiedere se il cliente volesse un té o un caffé  (gusto)

Ovviamente, ce ne accorgiamo tutti, la maggior parte di queste cose è del tutto inutile o poco sostanziale. Deming direbbe che stiamo lavorando sul 5% (miglioramento delle persone) invece di concentrarci sul restante 95 (miglioramento del sistema).
Questo modo di agire, purtroppo, è abbastanza diffuso nelle nostre organizzazioni. Il management, infatti, spesso crede che per cambiare la cultura e migliorare il servizio, basti formare il personale. La formazione, però, va ad insegnare alle persone alcuni meccanismi che poi, una volta ritornati in azienda, non si riescono a mettere in pratica se non con grandi difficoltà perché sono proprio i capi ad ostacolare la creazione di una migliore cultura aziendale!
Buttare via i soldi in formazione senza permettere ai propri collaboratori di mettere in pratica ciò che hanno imparato porta solamente a una gran perdita di tempo e di motivazione.
Come dice Peter Sholtes: "cambiare il sistema porta a cambiare quello che fa la gente. Cambiare ciò che fa la gente, invece, non porta a cambiare il sistema".
Se a questo aggiungiamo la famosa frase di
Deming: "
un cattivo sistema avrà sempre una pessima influenza sulla persona più capace", abbiamo il quadro completo della situazione.
Tra l'altro, anche quando pochi manager illuminati riconoscono che i problemi si celano all'interno del sistema, la storia non cambia perché la soluzione è sempre la stessa: formiamo le persone. 

Cosa succede, però, quando chi non può prendere decisioni riceve un intervento formativo? Succede che, ovviamente, dice che gli piacerebbe molto fare certe cose ma che per farle ha bisogno dell'ok del suo capo
Il suo capo risponderà che ha bisogno dell'autorizzazione di chi sta sopra di lui e così via, fino ad arrivare all'Amministratore Delegato che dirà: "mi piacerebbe molto fare questa cosa ma ho bisogno dell'appoggio incondizionato dei miei collaboratori"!
Dunque, se volete davvero cambiare il comportamento delle persone, provate a ripensare l'intero sistema. Sapete qual è il metodo migliore per farlo? Iniziare a disimparare quello che pensiamo di sapere, in modo da riuscire a riflettere a mente sgombra sull'intero sistema.


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lunedì 22 agosto 2011

L'importanza di dire "grazie"

Vi propongo un'altra riflessione interessante tratta dalla rivista "Mente & Cervello" (agosto 2011).

(...)

La gratitudine è un formidabile veicolo di benessere sociale.

(...)

Nel 2002 Jean Dumas, della Purdue University - USA, ha chiesto a numerosi volontari di valutare 800 diversi tratti di personalità: i risultati hanno mostrato che la gratitudine è una delle 30 qualità più apprezzate.

(...)

Molti trovano difficile dire "grazie" perché considerano l'attitudine alla riconoscenza come un segno di sottomissione e di debolezza che presuppone un obbligo futuro nei confronti di qualcuno. (N.d.R.)

(...)

In realtà la gratitudine non è una forma di sottomissione e nemmeno uno stato d'animo che sminuisce il contributo di chi lo prova, quanto un atteggiamento nei confronti della vita che costituisce un tratto della personalità.
Riconoscere l'importanza del sostegno altrui non è incompatibile con la consapevolezza del valore degli sforzi fatti personalmente. Così un atleta attribuisce il suo successo alla propria costanza negli allenamenti, ma se ha un grado di orientamento alla gratitudine elevato, considererà essenziale per la vittoria anche il contributo delle persone che lo circondano: la famiglia per la pazienza, la squadra per il sostegno, pesino i rivali che l'hanno spinto a fare meglio.

Riflettete mai su quanto poco ringraziamo gli altri per il buon lavoro fatto? Quante volte si pronuncia la parola "grazie" nella vostra organizzazione? Trovate che un atteggiamento di gratitudine nei confronti degli altri vada di pari passo con un ambiente di lavoro sereno?

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sabato 20 agosto 2011

Il tuo profilo di LinkedIn funziona a dovere?

Ottimizzare il proprio profilo LinkedIn per migliorare la visibilità è una strategia importante per la crescita professionale di breve e di lungo termine ed è utile sia ai professionisti della Qualità già affermati sia a quelli che stanno muovendo ora i primi passi in questo affascinante mondo.  

Ecco cinque cose che, però, dovrete verificare per determinare se il vostro profilo LinkedIn è destinato a darvi il massimo:

  1. L'avete completato al 100% con i riferimenti di colleghi, superiori e subordinati. I contatti sono un ottimo modo per migliorare il vostro "marchio" personale e possono aumentare notevolmente l'efficacia del vostro profilo LinkedIn. 
  2. Per condividere le informazioni avete usato paragrafi brevi, più semplici da visualizzare a da leggere online rispetto a quelli lunghi.
  3. La vostra foto è aggiornata (ha meno di 3 anni) e rispecchia un ambito e un aspetto professionali. 
  4. Il vostro titolo professionale si trova facilmente facendo una ricerca su Google. Se non è così, fate in modo che venga visualizzata la stringa di testo che corrisponde alla vostra professionalità (ad esempio "Responsabile Qualità" o "addetto Qualità") in modo che i selezionatori cercano candidati per un'assunzione o i colleghi virtuali possano trovarvi facilmente.
  5. Il vostro profilo è disponibile a tutti. Avere un profilo su LinkedIn e mantenerlo privato è una vera e propria assurdità! Se, infatti, il vostro profilo non può essere ricercato, gli altri non potranno mai essere in grado di entrare in contatto con voi.
Chi di voi usa LinkedIn come strumento per la crescita professionale?

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venerdì 19 agosto 2011

Perché le organizzazioni si ostinano negli errori?

Tuti sbagliano. E non c'è azienda che riesca ad evitare tutti gli errori. Ma perché le organizzazioni che commettono errori poi non fanno nulla per sbarazzarsene?
Noi abbiamo individuato cinque motivi:

  1. Le persone che decidono le politiche non hanno ben compreso come funziona il settore di business
  2. Ai dipendenti non viene data la possibilità di influire sulla gestione senza apparire dei rompiscatole
  3. Non si chiedono pareri ai clienti e le loro eventuali proposte vengono ignorate
  4. E 'più facile decidere di fare una cosa piuttosto che decidere di non farla più
  5. Fare business è complicato e, a  meno che non si abbia un modo intelligente per misurare l'impatto di una decisione, è difficile dire se è stata una buona idea oppure no
A voi vengono in mente altri motivi?

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giovedì 18 agosto 2011

"Applicabile": il significato per la norma ISO 9001

Il termine "applicabile", nella ISO 9001, assume sfumature leggermente diverse a seconda dei contesti in cui viene utilizzato.
 
In un contesto documentale, ad esempio, si riferisce alla capacità del documento di essere applicato alle singole attività.
Nel contesto delle attività, invece, si riferisce all'ambito in cui qualcosa può essere applicato.

 
Il punto 1.1 della ISO 9001 stabilisce che la norma specifichi i requisiti necessari per avere un Sistema Qualità e che un'organizzazione debba dimostrare la sua capacità di fornire prodotti che soddisfino sempre i requisiti dei clienti e quelli normativi o di legge applicabili.
 

Il punto 1.2 stabilisce che tutti i requisiti dello standard siano generici e destinati ad essere applicabili da tutte le organizzazioni, indipendentemente dal tipo, dimensione e prodotto in dotazione.
 

Il punto 4.2.3 richiede che siano disponibili presso i punti di utilizzo i documenti applicabili nelle loro edizioni aggiornate.
 

Al punto 7.3.2 della norma ISO 9001 si richiede che, tra gli input della progettazione, vengano incluse i requisiti e le cogenze applicabili.
 

L'8.1 richiede che nella progettazione del monitoraggio - misurazione - analisi e miglioramento dei processi venga inclusa la determinazione delle metodologie applicabili.
 

Il punto 8.2.4, infine, vieta il rilascio del prodotto e la sua consegna fino a quando tutte le disposizioni previste non siano state completate in modo soddisfacente, a meno che non sia stato deciso diversamente da un'autorità competente o, dove è applicabile, dal cliente. 

Spetta all'organizzazione stabilire ciò che è o non è applicabile dopo aver opportunamente esaminato tutte le cogenze e i riferimenti normativi di competenza.


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mercoledì 17 agosto 2011

Cosa vuole il datore di lavoro?

Chiedersi cosa voglia un nostro ipotetico datore di lavoro, immaginadosi di essere al suo posto durante la selezione, aiuta notevolmente ad aumentare le nostre possibilità di trovare una nuova occupazione.

Potete muovervi molto semplicemente. Analizzate i posti vacanti del profilo che vi interessa, cercate i CV degli specialisti del vostro profilo e annotate tutte le funzioni e le qualità richieste ai candidati per vedere come, in molti casi, si ripetono.

Da questa massa generale di informazioni, scegliete ciò che vi riguarda, cercate di adattare il vostro percorso professionale alle competenze e alle qualità più richieste e avrete un'idea di ciò che vuol vedere nel curriculum il vostro futuro datore di lavoro.
Prestando la dovuta attenzione ed esprimendovi con la terminologia citata nell'annuncio della ricerca di lavoro, riuscirete - poi - a rispondere meglio ai criteri ideali specificati.

Per riuscire in questo lavoro, dovrete analizzare tante inserzioni di ricerca del personale ed "entrare nei panni" di coloro che le pubblicano.
Si può e si deve indicare tutto quello che sapete fare, oltre a quanto viene specificamente richiesto, tuttavia occorrerà sottolineare e accentuare in modo particolare le caratteristiche richieste perché il vostro curriculum dovrà suonare in perfetto accordo con le esigenze del datore di lavoro.

Studiare i profili dei vostri "concorrenti", inoltre, vi permetterà di vederne pregi e difetti e di capire da soli che cosa prova un ipotetico datore di lavoro leggendo queste informazioni e, di conseguenza,  cosa dovrete cambiare e migliorare nella vostra presentazione.

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martedì 16 agosto 2011

Il vantaggio competitivo

"Vantaggio competitivo" è il titolo di un libro di Michael Porter diventato una vera e propria bibbia per tutti gli uomini d'affari a partire dal 1980, data della sua pubblicazione.Le idee di base contenute nel libro si riallacciano alla teoria dei "vantaggi comparati" esposta da David Ricardo, un economista, nel 19° secolo.


Entrambe le teorie contribuiscono alla creazione di una vera e propria strategia per battere la concorrenza.Porter, in particolare, sostiene che il vantaggio competitivo si origina quando siamo in grado di fornire ai nostri clienti un valore comparabile maggiore rispetto alla concorrenza, differenziandoci da essa per il costo inferiore o perché migliori.
Del resto, Porter ci ricorda che si batte la concorrenza solo se si vendono prodotti o servizi più convenienti o se si viene percepiti dal cliente come migliori. Non ci sono altri modi.
Dietro l'idea di Porter, c'era un nuovo modo di guardare le aziende come una serie di attività collegate che, insieme, creavano quella che lui definiva la "catena del valore".

Ciascuno degli anelli della catena fornisce un valore aggiunto, cioè qualcosa per cui un cliente è disposto a pagare.

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venerdì 12 agosto 2011

I giochi di potere: come capirli e combatterli (3)

Qualsiasi gioco di potere può avvenire solo se si trovano persone disposte a piegarsi ai soprusi altrui. E' dunque importante mantenere sempre la propria dignità e lavorare sulla propria autostima, ricordando che il nostro capo prepotente ha bisogno di noi o avrebbe già trovato il modo di eliminarci dai giochi.

Sopportare un capo prepotente pensando che dobbiamo solamente seguire le istruzioni che ci ha dato anche se pensiamo che siano sciocchezze e aspettare di vederlo fare un passo falso è un atteggiamento che difficilmente si può reggere per un lungo periodo perché logora.  
Considerarsi dei meri strumenti, infatti, contribuisce ad abbassare la stima che abbiamo in noi e nel nostro lavoro e non ci mette in buona luce con chi vuole semplicemente esercitare il proprio potere. Tra l'altro, queste persone cadono in disgrazia difficilmente perché agiscono in ambienti dove i vertici hanno reso possibile una tale manifestazione di cattivo management. Non aspettiamoci miracoli, dunque.
 

E' decisamente meglio agire in un altro modo, ad esempio:

- prendiamoci le nostre responsabilità e cerchiamo di riappropriarci di quello che è il nostro lavoro. La tendenza di chi subisce il potere è quella di non muovere un dito senza che gli venga chiesto dall'alto ma questo è un atteggiamento sbagliato perché ci porta a perdere il controllo sul nostro lavoro e a viverlo come qualcosa di estraneo alla nostra persona. Niente di più sbagliato se vogliamo imparare a farlo bene!

.non dandogli soddisfazione: mostriamo che facciamo quello che ci chiede ma che non abbiamo né paura di lui né rispetto per il suo modo prepotente di gestire le cose. 
Potrà avere la nostra cieca ubbidienza ma non il nostro rispetto e questo, a lungo andare, lo logorerà, soprattutto se questo rispetto e la nostra stima li indirizzeremo ad altri responsabili che esercitano correttamente la propria leadership


- facciamo quello che il capo ci chiede ma, quando non condividiamo le sue direttive, spieghiamo chiaramente che per noi è sbagliato e illustriamone i motivi

- dopo aver svolto le nostre attività, cerchiamo di occuparci di ciò che ci piace fare. Se impareremo a gestire bene il tempo a nostra disposizione, ne avremo in abbondanza per dare una mano a un collega, per imparare cose nuove, per mostrarci collaborativi e desiderosi di imparare cose nuove e per far crescere le nostre competenze. Ricordiamoci che un cattivo capo si combatte anche mostrandogli la sua inadeguatezza e che l'unico modo per farlo è crescere professionalmente. 
Nel peggiore dei casi, avremo accumulato nuove conoscenze da spendere in un nuovo posto di lavoro

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giovedì 11 agosto 2011

I giochi di potere: come capirli e combatterli (2)

Ieri abbiamo preso confidenza col concetto di potere esplorandone quelli che possono essere gli aspetti positivi.  
Il potere, però, non ha solo una grande attrattiva ma può essere decisamente discutibile. Ecco perché, gli uomini di potere più intelligenti preferiscono parlare di:
 

influenza: un concetto decisamente più "morbido" ed elasticoautorità: cioè qualcosa che cresce in modo naturale
responsabilità: un fardello pesante da sopportare ma che si accetta volentieri per il bene comune

energia: o potere della leadership
Tutte cose belle se sono sincere ma attenzione a riconoscere chi si cela dietro a questebelle parole perché, se si tratta di una persona assetata di potere, alla fine il concetto sarà sempre lo stesso: puoi fare quello che voglio io.


La ricerca del potere fine a se stessa ha sempre qualcosa di disturbante. Chiunque di noi, lavorando, ha conosciuto uomini egoisti, brutali, privi di coscienza. In una parola: affamati di potere.  

Queste persone credono che, senza di loro, i colleghi non troverebbero la strada e, visto che ci sono, cercano di influenzarli per piegarli ai loro scopi.Chi li segue pensa che siano persone forti, sebbene spietate, in grado di insegnare molto oppure spera di ottenere da loro qualcosa prima di vederli soccombere nella triste lotta per il potere (c'è sempre un animale più forte se viviamo secondo le leggi della giungla).  

Una cosa, però, è certa: chi vive solo per avere il potere non ispira né simpatia né fiducia.
Queste persone devono fare i conti quotidianamente con persone disposte a resistere al loro stile di vita, con i sospetti, con le alleanze segrete pronte a distruggerle e con una malcelata gioia che serpeggia spontanea quando falliscono.Del resto, parliamoci chiaro: un aumento del potere di queste persone, per come lo concepiscono, significa una restrizione della libertà sul lato opposto, quello di chi subisce le loro angherie

E' vero, però, che a molti fa comodo sottostare a persone del genere perché, quando ci sono errori da giustificare, la colpa ricade sull'uomo di potere non su chi risulta essere una semplice pedina nelle sue mani.



Se, però, non volete essere pedine ma vi trovate a dover affrontare una persona come quella descritta, continuate a leggerci. Impareremo insieme come contrastarla.


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mercoledì 10 agosto 2011

I giochi di potere: come capirli e combatterli

I giochi di potere sono ovunque attorno a noi: al lavoro, nelle relazioni, tra amici, nell'educazione dei bambini, per strada. 
In fondo, se vi fermate un attimo a pensarci, non siamo poi così diversi da quelle tribù di scimmie che guardiamo dall'alto in basso e che cercano di imporsi con la forza, riconoscendo come capo naturale l'individuo che riesce a dominare gli altri. 

Quante volte, nelle vostre giornate lavorative, vi capita di  vedere persone forti o investite di una qualche autorità che cercano di guadagnare terreno sulle altre?
Quanti giochi di potere vengono portati avanti per impressionarci o per sfruttare le nostre emozioni, allo scopo di trarre un qualche vantaggio?

I giochi di potere, però, possono arrivare a logorare le persone e a tirare fuori il peggio da loro portandole anche alla distruzione.
 

Che cos'è il potere?

"Se necessario, non esitare a vendere tua madre per avere il potere. Una volta che l'avrai avuto, ti accorgereai che ci sono diversi modi per riavere di nuovo indietro tua madre"(Proverbio Ashanti) 
Ci sono poche che sembrano essere desiderabili come il potere. Sul posto di lavoro, nelle relazioni o sulla corsia di sorpasso di un'autostrada spesso facciamo di tutto per piegare o influenzare le altre persone e, in senso lato, dominarle. 
Del resto non è forse questo il vero potere? Affermare la propria volontà?
Vedere che gli altri ci rispettano e fanno ciò che vogliamo aumenta la nostra autostima, riduce lo stress e ci rende più forti (almeno in apparenza), preparandoci ad affrontare nuove sfide in futuro. 
Tutti hanno bisogno di provare l'esperienza del potere. Sapevate che già a quattro mesi di età i bambini esercitano il loro potere per controllare l'ambiente in cui vivono? Le giovani mamme e i giovani papà che frequentano queste pagine potrebbero raccontarci fior di aneddoti sull'argomento!
 

Tutti noi vogliamo fare la differenza e distinguerci dagli altri ed esercitare il potere su qualcuno è un modo per riuscirci perché il potere fornisce riconoscimento e prestigio. 

Il sociologo americano Richard Sennett ha affermato che: "Non è quello che sappiamo fare bene che ci fa raggiungere una posizione di potere, anzi spesso è proprio il contrario che ci permette di essere più forti".Del resto è normale, no? Le persone forti e prepotenti si fanno seguire da molte altre che, solo per il fatto di aver deciso di seguirle, non possono ammettere che queste abbiano dubbie capacità perché sarebbe troppo imbarazzante accorgersi che stanno seguendo qualcuno che non lo merita affattoe che non ha particolari capacità.

Domani continueremo il nostro discorso sul potere. Nel frattempo, ci dite se l'argomento scelto (leggero e più adatto alle vacanze rispetto alla Qualità) vi piace? ;o)


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martedì 9 agosto 2011

Imparare l'inutilità delle nostre azioni

Ho appena finito di leggere un articolo che, forse, può spiegare l'atteggiamento chiuso e rinunciatario che troppo spesso troviamo nei nostri colleghi quando proproniamo un cambiamento o quando cerchiamo di avviare un nuovo progetto.

Ecco l'estratto che mi ha fatto riflettere. Cosa ne pensate?

(Fonte: Mente & Cervello - agosto 2011)

(...)

Tra gli anni sessanta e settanta, Marin Seligman è stato uno dei primi a dimostrare che alcuni animali possono imparare l'inutilità delle proprie azioni.
A questo scopo ha esposto un gruppo di cani a scosse elettriche alle quali non potevano sfuggire. Ventiquattr'ore dopo i cani sono stati esposti nuovamente a scosse ma in questo caso avevano la possibilità di fuggire. Eppure non ne hanno approfittato: avendo appreso nel corso dell'esperienza precedente che nessuna delle loro azioni metteva fine alle scosse, restavano passivi e sopportavano le scariche. 

Questi cani sono un esempio di impotenza appresa.


Dopo aver appreso questo meccanismo, i ricercatori si sono chiesti se anche gli esseri umani potessero sentirsi impotenti dopo aver vissuto situazioni sulle quali non avevano alcuna influenza. E numerosi studi hanno dimostrato che anche noi impariamo che a volte agire non serve
Quando non abbiamo alcuna influenza sull'ambiente, diventiamo passivi, non facciamo più alcuno sforzo e sviluppiamo sintomi ansiosi o depressivi. 
Uno studio ha dimostrato che alcuni soggetti ai quali era stato chiesto di lavorare su problemi insolubili rinunciavano a cercare una soluzione anche quando, nella seconda metà delle'sperimento, si trovavano di fronte a problemi facili.

Chi di voi non ha mai avuto un collega così? Avete mai pensato che la colpa potrebbe non essere del tutto sua?

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lunedì 8 agosto 2011

Uno stage nel campo della Qualità (4)

Chiudiamo le chiacchiere dedicate alla ricerca di uno stage con gli ultimissimi consigli. Se volete, ora, potete raccontarci le vostre esperienze!

  1. cercatevi lo stage da soli, meglio se all'estero: gli stage in Italia sono spesso inutili e inconcludenti, soprattutto quando a trovarveli sono le università o se vengono svolti presso gli enti pubblici. Piuttosto che buttare via il vostro tempo in stage non retribuiti e senza prospettiva di impiego, perché non provate a cercare qualcosa all'estero dove c'è spesso più serietà, sono garantite le retribuzioni minime previste dalla legge e i tutor sono più orientati ad insegnarvi il mestiere?
  2. le società piccole sono spesso più stimolanti: saranno le uniche che vi permetteranno di poter seguire ogni fase delle attività, un'esperienza importantissima per un giovane
  3. sfruttate i tempi morti: assorbite come una spugna dai colleghi più esperti, anche solo guardarli lavorare sarà istruttivo. Gli stagisti hanno spesso lunghi tempi morti in cui vengono "dimenticati" in un angolo. Sfruttateli per osservare il funzionamento dell'organizzazione dove vi trovate e non tiratevi mai indietro se vi propongono di fare una nuova esperienza
  4. non è mai troppo presto: i ragazzi più lungimiranti iniziano a cercare uno stage già intorno al secondo anno di università. Non sarà una passeggiata, visto che dovrete lavorare e studiare, ma farsi formare quando si è ancora così giovani non potrà che aiutarvi a bruciare le tappe in futuro

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venerdì 5 agosto 2011

Uno stage nel campo della Qualità (3)

Seconda tappa dei nostri consigli per riuscire a strappare il meglio dal vostro primo stage nel campo della ISO 9001.

Eccovi i 4 comportamenti che dovrete assolutamente evitare:

  1. non siate arroganti: uno stage è un bagno di umiltà, quindi anche se ritenete di avere ragione, contate fino a 100 prima di rispondere in maniera brusca. C'è sempre molto da imparare, anche dai colleghi più insopportabili
  2. non aspettate l'ultima settimana per informavi sulle prospettive occupazionali: già dopo un paio di mesi potete cercare un attimo di tranquillità per chiedere al vostro tutor come state andando e quali chance ci sono per voi
  3. instaurate un rapporto di dialogo con il tutor: è lui che dovrà fare una relazione sul vostro lavoro e dire se vale la pena offrirti un contratto
  4. non strafate: mostrarsi disponibili va bene, ma restare in ufficio fino alle 11 di sera non vi farà assumere più facilmente
Lunedì concluderemo il nostro discorso relativo agli stage, dandovi gli ultimi consigli.

(Conosci già il nostro sito? Si chiama QualitiAmo - La Qualità gratis sul web ed è pieno di consigli per chi si occupa di Qualità, ISO 9001 e certificazione)

giovedì 4 agosto 2011

Uno stage nel campo della Qualità (2)

Siete giovani, alle prime armi e volete avviare la vostra carriera nel campo della Qualità con uno stage?

Eccovi 5 consigli per uno stage vincente:

  1. siate propositivi: non abbiate paura di dire una stupidaggine: da uno stagista non ci si aspetta di avere soluzioni ma le buone idee sono sempre apprezzate
  2. memorizzate i nomi e i ruoli dei colleghi: serve a capire le dinamiche dell'ufficio e ad evitare situazioni imbarazzanti
  3. date il massimo: preparatevi a mesi di duro lavoro e cercate di non comportarvi come un impiegato che timbra il cartellino. Fermatevi un po' di più e non perdete troppo tempo alla macchinetta del caffé
  4. tenete un diario dello stage con le attività svolte: servirà ad arricchire il curriculum con le competenze acquisite e ad inserire nella lettera di presentazione una descrizione del lavoro svolto
  5. siate disponibili e non remissivi: non siete lì per portare il caffé ma per fare un'esperienza formativa: le richieste più fastidiose (fotocopie, ecc.) vengono fatte quando lo stagista non ha niente da fare. Per evitare che accada, mostratevi sempre disponibili a cercate di tenervi impegnati
Domani vedremo insieme 5 comportamenti da evitare durante uno stage.

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mercoledì 3 agosto 2011

Uno stage nel campo della Qualità

Lo stage è una tappa obbligatoria della carriera professionale, anche in quello del professionista della Qualità. Ma come affrontare questo step nel modo più intelligente?
Da domani, inizieremo a darvi qualche consiglio pratico. Nel frattempo, inquadriamo meglio l'argomento:

Una strada infallibile per accedere al mondo del lavoro?
Non sempre. Anzi, il più delle volte lo stage è un vicolo cieco e i 500.000 stagisti che ogni anno bussano alle porte delle aziende lo sanno bene. Solo il 50% di loro viene retribuito e solo l'11% finisce con l'essere assunto, percentuale che sale oltre il 20% se si tratta di una grande azienda e scende al 7% in caso di piccole realtà.

Limiti di età
La normativa italiana non ne prevede ma è consigliabile non proporsi come stagista oltre i 27-28 anni. Meglio fare esperienze durante l'università o addirittura l'ultimo anno di superiori

Mai invertire il percorso
Se avete già avuto un contratto, evitate di proporvi per uno stage a meno che non si tratti di un settore molto diverso da quello nel quale lavoravate prima. Dopo un contratto dovreste pretenderne un altro almeno di pari livello

Rimborsi spese? Sì, grazie
E' giusto che l'impegno dello stagista venga remunerato. Il consiglio è quello di accettare un tirocinio gratuito solo durante la scuola superiore. Per gli universitari, l'importo minimo consigliato è di 250 euro al mese che sale a 500 per i neolaureati

Pochi ma buoni
Quanti stage si possono fare nella vita? C'è chi ha superato la decina ma troppi non fanno bene al curriculum. L'ideale sarebbe arrivare alla laurea con due già completati e farne un altro dopo. L'importante è scegliere quelli giusti, ossia retribuiti e attinenti al proprio campo di interesse

Come non farsi fregare
Chi fa uno stage, oltre all'esperienza, cerca un modo per entrare nel mondo del lavoro. Ma come si fa a scoprire se esistono chance di avere un contratto, dopo? Le aziende non sono quasi mai chiare su questo punto. La risposta classica è: "dipende da come va il tirocinio".
Un trucco semplice per capire cosa riserva il futuro è chiedere, invece, qual è la percentuale di ex stagisti assunti al termine del periodo formativo

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martedì 2 agosto 2011

Istruzioni operative e formazione in 4 step

Sull'ultimo numero di "Quality Progress" si parla di istruzioni di lavoro e, in particolare, si spiega il metodo in 4 step più comunemente utilizzato per formare gli operatori che dovranno avvalersi di queste istruzioni operative.

Eccovi i principi generali:

  1. Preparazione del lavoratore - si parla con l'operatore per spiegare come viene svolto un lavoro e per suscitare il suo interesse. Gli si chiede se ha esperienze precedenti di lavori simili a quello che si sta spiegando. Ad esempio, si potrebbe impostare un discorso del genere: "dobbiamo imparare come si usa questa macchina a controllo numerico. Ha già esperienza di macchine del genere?" In questo modo si premette il concetto di formazione, di imparare come si fa qualcosa e non semplicemente di farla
  2. Si presenta l'istruzione operativa - a questo punto il formatore spiega a voce come procedere, mostrando praticamente il lavoro e sottolineandone i punti principali. La spiegazione viene ripetuta aggiungendo tutti i dettagli necessari e ricordata nuovamente questa volta aggiungendo le motivazioni che hanno portato allo sviluppo di ogni punto
  3. La prova - l'operatore inizia a fare il lavoro così come illustrato nell'istruzione prima senza parlare e poi provando a sottolineando gli step più importanti. In seguito aggiungerà tutti i dettagli e spiegherà il perché di ogni passaggio
  4. Followup - terminata la formazione, il formatore resta a disposizione del collega per raccogliere osservazioni o richieste di modifiche e per rispondere ad eventuali domande fino a quando l'operatore mostrerà confidenza col lavoro
 Nelle vostre organizzazioni la formazione sulla base di istruzioni operative avviene in questo modo?

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lunedì 1 agosto 2011

Sviluppare un Sistema Qualità grazie al ciclo PDCA

Ricordate cos'è un ciclo PDCA di cui abbiamo parlato qui e qui?

Avete mai pensato di applicarlo allo sviluppo di un Sistema Qualità? Vediamo come procedere:

PLAN - PIANIFICAZIONE

- si parte con un'analisi della situazione presente verificando i gap rispetto alla norma di riferimento
- si abbozzano i processi
- si affronta la pianificazione del SGQ

DO - FARE

- si abbozzano i documenti
- si avvia il cambiamento

CHECK - CONTROLLO


- si verifica se il sistema che è stato creato soddisfa i requisiti della norma e quelli dell'organizzazione
- si effettuano gli audit
- si procede con il riesame della Direzione

ACT - MODIFICARE
- si modificano tutte le parti del SGQ che non sono ancora a punto
- si sostiene il cambiamento fatto in modo da renderlo normale prassi

Cosa manca e dove lo inserireste?

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