venerdì 30 dicembre 2011

Le domande da rivolgere al colloquio

Spesso su QualitiAmo abbiamo parlato delle domande che, durante un colloquio, possono essere rivolte al candidato.
Oggi, invece, vedremo insieme quali sono le domande che il candidato può rivolgere al proprio esaminatore:

  • può descrivermi come sarebbe una normale giornata di lavoro se venissi assunto in questa azienda?
  • Qual'è la storia di questa posizione lavorativa? Perché è vacante?
  • Quali aspetti del lavoro vorreste vedere migliorati?
  • Quali sono le sfide che dovrà affrontare la persona che ricoprirà il ruolo che proponete con questa ricerca di lavoro?
  • C'è spazio per crescere professionalmente all'interno di questa azienda?
  • Come descriverebbe il suo candidato ideale?
  • Se verrò assunto, da chi verrà valutato il mio lavoro e in che modo, secondo quali criteri?
  • Con chi lavorerò? Chi sarà il mio supervisore? Chi saranno i miei collaboratori?
  • Che tipo di cultura vige in azienda?
  • Quando prenderà la decisione definitiva riguardo a questa assunzione? Quali sono i prossimi step?

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giovedì 29 dicembre 2011

La Qualità attesa e la Qualità percepita

La Qualità attesa - come sappiamo bene tutti - è quella che il cliente si aspetta da un prodotto o da un servizio, un certo numero di bisogni e di attese che si aspetta vengano soddisfatte.
Questi bisogni, però, si possono suddividere in due livelli:

- al livello superiore troviamo i bisogni esplicitati, quelli che diventeranno specifiche
- al livello inferiore ci sono - invece - i bisogni impliciti, ovvero quelli che il cliente non racconta a nessuno ma che si aspetta vengano comunque soddisfatti

Ad esempio: un cliente arriva in albergo e chiede una camera doppia per due notti (bisogno esplicito) ma vuole anche che sia pulita e silenziosa (bisogni impliciti che non ritiene valga la pena esplicitare perché li considera dovuti).
Inoltre il nostro cliente vuole che gli venga servita la colazione (bisogno esplicitato all'atto della prenotazione) ma si aspetta anche che il cameriere che gli porterà al tavolo le brioche sia gentile e preciso (bisogno implicito).

Vediamo ora che cos'è la Qualità percepita: un furgone carico di pacchi da consegnare ha un incidente e le consegne che avrebbero dovuto essere fatte in un giorno vengono eseguite in tre giorni. Un pacco, in particolare, cadendo si danneggia.

I clienti che si vedono recapitare i pacchi in ritardo e quello che scopre che il suo pacco è danneggiato si fanno un'opinione sul modo di lavorare di quel corriere. Questa è la Qualità percepita e va a costruire la soddisfazione (o la mancanza di soddisfazione) dei clienti che faranno un confronto con altri corrieri utilizzati in passato (non importa che il paragone sia giustificato o meno) e trarranno delle conclusioni.
Sappiamo bene tutti che la colpa non è del corriere ma dell'incidente ma questo ai clienti non interessa.

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mercoledì 28 dicembre 2011

"Perché non fanno qualcosa?"

Quante volte, magari scocciati e arrabbiati, avete esclamato: "ma perché non fanno qualcosa per risolvere questo problema?"  

L'avete detto, vero? A chi non è capitato?
Ora guardatevi un attimo allo specchio e provate a chiedervi: "perché non faccio qualcosa per risolvere questo problema?"
 

Accettare le sfide e rendersi conto che gli unici limiti che vediamo sono quelli che ci poniamo noi stessi, ci porterà a guardare il nostro lavoro quotidiano con occhi diversi, facendoci capire che non ci sono "problemi di altri" ma che tutti i problemi, se impattano sul nostro lavoro, sono anche nostri.




Pensate a quanto la vostra organizzazione avrebbe bisogno che più persone accettassero la responsabilità di realizzare cambiamenti significativi e a quanto servirebbe poter usufruire del talento di tutti. Non vi viene già voglia di fare qualcosa? ;o)

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martedì 27 dicembre 2011

Pianificazione strategica e pianificazione tattica

Domanda veloce: chi di voi sa quale differenza esiste tra la pianificazione strategica e la pianificazione tattica?

Nessuno?

Avete ragione, non è facile.

Le differenze sono molte ma la principale è che la pianificazione strategica in genere comporta il prendere decisioni che incidono sull'intera organizzazione mentre la pianificazione tattica, tipicamente, coinvolge solo una parte dell'organizzazione come - ad esempio - un reparto o un dipartimento. 
La pianificazione strategica, dunque, richiede una prospettiva più ampia.

La pianificazione strategica, inoltre:- richiede un tasso di tempo più lungo rispetto alla pianificazione tattica (qualche anno contro un anno al massimo)
- ha un impatto molto più vasto, in quanto si concentra su tutti i componenti e su tutti gli elementi di un'organizzazione. 

Entrambe le pianificazioni, comunque, comportano un'attenta preparazione, un'analisi accurata delle informazioni e dei dati in nostro possesso, un buon processo decisionale e l'utilizzo cosciente di strumenti e tecniche dedicati. 
Più grande e complessa è un'organizzazione, dunque, più è probabile che la pianificazione debba essere di tipo strategico. Comunque le metodologie, gli strumenti e le tecniche applicate alla pianificazione strategica possono essere utilizzati anche per la pianificazione tattica.  
Le domande da farsi in vista delle due tipologie di pianificazione, però, dovrebbero differire leggermente, a seconda che si stia per sviluppare un piano strategico o un piano tattico.

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venerdì 23 dicembre 2011

"Vendere" le proprie idee

Le aziende, come sappiamo, vendono i loro prodotti o servizi.  
Le persone all'interno delle organizzazioni, invece, "vendono" agli altri le loro idee.

Gran parte del successo del vostro lavoro di manager dipende da quanto sapete vendervi bene. Dovrete, infatti, vendere la Qualità e il cambiamento alla Direzione, ai vostri colleghi, ai collaboratori, ai fornitori e ai clienti.


Se, però, tutti conosciamo a menadito le nostre normative di riferimento e sappiamo bene come applicarle, la competenza relativa al "saper vendere le proprie idee" rimane per molti ancora avvolta nel mistero. 

A vendere le idee ci abituarono già i greci e i romani con Aristotele e Cicerone (loro chiamarono questa competenza "retorica").  
A distanza di un paio di millenni, però, la maggior parte delle scuole che prepara i giovani al mondo del lavoro ha smesso di insegnare questa disciplina e la retorica ha assunto le sembianze di un'arte oscura praticata dai maghi del marketing politico. 
Questa parte fondamentale del curriculum professionale di qualunque manager, dunque, viene spesso lasciata alla discrezione del singolo.

Ma quali sono le basi per vendere un'idea?

E' presto detto:

1) dovete formulare un obiettivo specifico come, ad esempio, persuadere la Direzione che occorre fare formazione prima di avviare il progetto Qualità
2) dovete identificare il decision maker e presentare la vostra idea direttamente a questa persona
3) dovete avere una credibilità da potervi giocare. Nessuno "comprerà" l'idea di una persona che non risulti credibile
4) dovete riuscire a fare leva su uno degli interessi principali del vostro decision maker (ad esempio, spiegando che la formazione risolverà anche molti problemi di clima interno)
5) dovete individuare il momento giusto per presentare l'idea. Il tempismo in certi casi è fondamentale. Approfittatene, ad esempio, quando si verifica un problema che - a vostro giudizio - verrebbe risolto da un buon intervento formativo.

E voi? Sapete vendere le vostre idee?

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giovedì 22 dicembre 2011

Cosa ci dà soddisfazione nel nostro lavoro?

La rivista "HR Magazine" dedicata ai professionisti del settore delle Risorse Umane ha identificato una lunga serie di fattori che contribuiscono a creare affezione al posto di lavoro.

Ve li riporto qui sotto. Voi aggiungereste qualcosa?

- opportunità di usare le proprie competenze e conoscenze
- buone relazioni con il diretto superiore
- buona comunicazione con l'intero management
- il lavoro piace
- autonomia e indipendenza
- cultura aziendale avanzata
- stabilità finanziaria dell'organizzazione
- impegno dell'organizzazione nella crescita dei collaboratori
- flessibilità che permette di bilanciare la vita privata con quella professionale
- benefit
- riconoscimento delle performance
- sicurezza sul lavoro
- possibilità di contribuire al raggiungimento degli obiettivi
- opportunità di carriera
- formazione specifica per il ruolo che si ricopre
- mansioni varie che permettono di non annoiarsi
- buone relazioni con i colleghi
- Responsabilità Sociale
- impegno dell'organizzazione nei confronti dell'Ambiente

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mercoledì 21 dicembre 2011

L'analisi dei dati

L'analisi dei dati serve per estrarre dai dati in nostro possesso informazioni utili da usare nel processo decisionale.
Sono diversi i punti della ISO 9001 che ci chiedono di analizzare i dati in nostro possesso per soddisfare un requisito:

  • partiamo con il punto 8.1 che specifica che un'organizzazione è tenuta a pianificare e a realizzare l'analisi dei processi per dimostrare la conformità del prodotto, per assicurare la conformità del sistema e per migliorarne continuamente l'efficacia
  • il punto 8.4 della norma ISO 9001 aggiunge che un'organizzazione è tenuta a raccogliere e ad analizzare dati per dimostrare l'idoneità e l'efficacia del sistema e per determinare dove si devono applicare azioni di miglioramento continuo. Inoltre l'analisi dei dati è fondamentale per avere ben chiara la situazione della soddisfazione del cliente, della conformità del prodotto, delle caratteristiche e delle tendenze dei processi e dei prodotti e della situazione dei singoli fornitori
  • il punto 8.5.1, infine, spiega che, perché un'organizzazione migliori l'efficacia del sistema, è necessaria un'analisi dei dati
Per analizzare al meglio i dati, è necessario decidere prima di tutto quali raccogliere.  
Ci sono tre semplici regole da seguire per assicurarsi di raccogliere e analizzare dati realmente utili:
  1. raccogliere e analizzare solo i dati necessari a raggiungere un obiettivo rilevante per le prestazioni dell'organizzazione
  2. concentrarsi sui dati che possono contribuire a fornire soluzioni a problemi reali, confermando l'esistenza di un problema o individuando un potenziale problema su cui concentrarsi
  3. implementare le soluzioni in grado di migliorare le prestazioni e raccogliere tutti i dati necessari per definirle al meglio
L'analisi dei dati si basa su una serie di azioni che abbiamo provato ad elencare:




  • stabilire quali dati raccogliere e gestire
  • per ogni tipologia di dati raccolti, stabilire il responsabile della loro analisi e chi dovrà prendere decisioni in seguito a questa analisi
  • trovare un metodo per sintetizzare i dati necessari all'analisi
  • identificare i report da emettere e le persone alle quali inviarli
  • utilizzare tecniche di presentazione adatte ad attirare l'attenzione sui risultati

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martedì 20 dicembre 2011

Licenziamo i manager! (3)

Come promesso, oggi inizieremo ad analizzare il modello Morning Star presentato sul numero di HBR di dicembre e diventato famoso in tutto il mondo perché ha permesso di fare a meno del management.

I lavoratori della Morning Star si gestiscono in autonomia, coordinando da soli o con un gruppo di pari livello le proprie attività.
Ognuno di loro ha una mission personale che spiega come ha intenzione di contribuire al raggiungimento degli obiettivi della compagnia che, in breve, si possono descrivere come: "dare ai nostri clienti prodotti e servizi di qualità che li soddisfino in toto".

Per soddisfare la propria mission ognuno ha la possibilità di acquistare la formazione necessaria,  dotarsi di risorse e collaborare con chi preferisce.
Ogni mission viene supportata da una sorta di piano d'azione che spiega nel dettaglio cosa farà il lavoratore per adempiere a ciò che ha promesso. Questo piano viene poi "negoziato" con i colleghi che decisono insieme se approvarlo o meno.

Il segreto di questa tipologia di organizzazione sta tutto nel fatto che gli accordi volontari producono una maggiore efficienza e che i lavoratori che possono gestirsi in autonomia e avere a disposizione tutto ciò che serve loro per lavorare al meglio sono assolutamente felici di lavorare bene e non hanno scuse per giustificare un loro eventuale fallimento che li porterebbe a presentarsi sotto una cattiva luce davanti ai colleghi.
Ecco, dunque, che tutti cercano di dare il massimo.

Adesso non dobbiamo pensare, però, che non avere un capo significhi lassismo e dolce far niente perché, come specifica un lavoratore della Morning Star, "tutti sono il capo di tutti" quindi, in realtà, i lavoratori sono sempre controllati da tutti gli altri.

Anche se gli acquisti sono autonomi e individuali, ad esempio, le persone che acquistano cose simili cercano accordi tra loro per strappare il miglio prezzo possibile ordinando un quantitativo maggiore. La "gestione", dunque, esiste ma non è affidata a persone di livello superiore.
Ogni decisione entrerà nella gestione generale dell'azienda e questo lo sanno tutti. Ecco perché cercano - insieme - di fare del loro meglio.

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lunedì 19 dicembre 2011

Licenziamo i manager! (2)

Riuscite a pensare ad un'organizzazione dove:

- nessuno ha un capo
- le persone negoziano le proprie responsabilità con i loro pari
- ognuno può spendere i soldi dell'azienda
- ognuno si procura gli strumenti che servono per lavorare
- non ci sono titoli
- non ci sono promozioni
- eventuali ricompense economiche vengono decise dai pari livello

Lo so, siete sconvolti. Eppure - secondo la prestigiosa rivista Harvard Business Review - è proprio quello che ha fatto la Morning Star, famosa azienda di ambito food.

A questo punto potreste pensare che la Morning Star sia un'azienda piccola, invece no: gestisce tonnellate di materie prime, si basa su processi con tolleranze strettissime, ha 400 lavoratori ed è leader di mercato (chi frequenta gli USA avrà visto le loro pizze, il loro ketchup o gli hamburger di questa marca).

Dunque qual è il segreto di questo colosso che ha sfatato uno dei miti più consolidati dei nostri tempi, quello della necessità assoluta dei manager?
Avete pazienza fino a domani? Se resterete con noi, esamineremo insieme il modello Morning Star.

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venerdì 16 dicembre 2011

Licenziamo i manager!

Il titolo è provocatorio ma il numero di "Harvard Business Review" di dicembre lo utilizza per raccontare la storia della Morning Star, un'azienda alimentare, che è riuscita ad aumentare la sua capacità manageriale e la sua flessibilità per andare incontro alle esigenze del mercato senza utilizzare i manager.

La rivista inizia spiegando che l'attività di management è una delle più costose e meno efficienti delle nostre organizzazioni perché, se alle organizzazioni piccole basta un manager ogni 10 persone, in quelle grandi questo rapporto va aumentato perché occorrono "supermanager" che gestiscano i manager oltre a quelli capaci di gestire la complessità.
Se vi fermate un attimo a riflettere sul fatto che un manager, di solito, guadagna almeno 3 volte quello che guadagna un dipendente di livello base (per non parlare di certi manager italiani!) capite bene che il costo per le organizzazioni è altissimo.

Un altro punto delicato relativo ai manager è che molti di loro si credono infallibili e hanno poteri decisionali tali da poter provocare disastri se non possiedono l'umiltà necessaria per consultarsi con chi ha tutte le informazioni necessarie per prendere buone decisioni.
Un problema certamente non da poco.

In ultimo, tanti livelli di manager rendono lente le risposte e "ingessano" le organizzazioni.

Lunedì vedremo cosa ha fatto Morning Star per contrastare tutto questo.

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giovedì 15 dicembre 2011

Il potere di un "grazie!"

Periodicamente torniamo sull'argomento anche se non dovrebbe essercene bisogno (invece, purtroppo, di bisogno ce n'è eccome a giudicare da quello che si vede in giro).

C'è qualcosa che dovremmo imparare a fare che porta grandi vantaggi e non costa nulla: ringraziare chi lavora con noi e ha eseguito bene un compito, sia esso un dipendente, un collega, un superiore, un collaboratore, un fornitore o un cliente.
Impariamo anche a ringraziare quando ci fanno un piacere o quando riceviamo un'attenzione non scontata.
 
Sembra tutto veramente molto semplice da fare, eppure tendiamo spesso a dimenticarcene. Ogni giorno assistiamo a ottime prestazioni che non vengono riconosciute da nessuno e noi stessi le diamo per scontate, dimenticando quanto siano - invece - importanti.


Al "grazie", quando è possibile, aggiungiamo anche il nome della persona in questo modo: "grazie, Marilena" o "grazie sig. Rossi". Ovviamente non fatelo per mera ipocrisia ma perché ritenete importante associare a questo rongraziamento la persona che se l'è guadagnato.

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mercoledì 14 dicembre 2011

Posti di lavoro capaci di ispirare le persone

Secondo voi quali caratteristiche deve avere un luogo di lavoro per ispirare positività e mettere in grado le persone di fare del proprio meglio?

Noi abbiamo provato a metterne insieme qualcuna ma vorremmo sentire anche la vostra opinione:

1) mostrare apprezzamento
2) puntare sul lavoro di gruppo
3) valorizzare i punti forti di ognuno e cercare di smussare i punti deboli
4) creare dei leader capaci di motivare le persone
5) ricompensare chi lavora bene
6) assumere le persone giuste, non semplicemente quelle che costano meno
7) incoraggiare la creatività
8) creare le condizioni giuste per favorire il cambiamento

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martedì 13 dicembre 2011

Cosa fa di una persona un leader?

Nel libro "The Leadership Challenge" vengono ampiamente descritte e spiegate le 5 pratiche quotidiane che rendono una persona un vero e proprio leader.
Eccovele elencate:

• modellare la via da seguire
 • ispirare una vision e renderla condivisa
 • accettare le sfide e aiutare i collaboratori a fare lo stesso, sostenendoli 
• spingere gli altri ad agire
 • parlare al cuore delle persone

E per voi in cosa consiste la leadership?
Per rispondere, fatevi questa semplice domanda: "le persone che preferisco cosa fanno per rendersi speciali mentre lavorano?"
Cercate di rispondere, elencando ciò che vi fa sentire in presenza di un leader, e avrete la vostra personale classifica. 


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lunedì 12 dicembre 2011

Quando nacque il management?

Avete idea di quando nacque il management?

Raymond Chandler, scrittore statunitense, fa risalire l'inizio dell'epoca del management al 5 ottobre 1841, quando due treni passeggeri della Western Railroad si scontrarono a tutta velocità uccidendo un macchinista e un passeggero e ferendo diciassette passeggeri. 
Quel disastro segnò l'inizio di una nuova epoca per il management.

Prima del 1800 il modo di lavorare era molto simile a come era stato fin dal Medioevo: non c'erano "manager" dediti alla "gestione" del lavoro anche perché il lavoro era estremamente localizzato e il responsabile poteva facilmente tenerlo d'occhio semplicemente con un rapido sguardo all'interno del suo laboratorio o negozio o altro.
Più tardi, però, ci fu la scoperta dei giacimenti di carbone nella 
Pennsylvania occidentale e questo portò ad una distribuzione di massa che serviva ad accontentare quanti utilizzavano il carbone come combustibile.  
Si iniziarono, dunque, a utilizzare i sistemi ferroviari per gestire al meglio questa grande distribuzione, con tutti i problemi legati ad un lavoro così diverso da quelli abituali.
Per la prima volta, infatti, nacque un problema estremamente serio: come si poteva seguire una così grande organizzazione distribuita su chilometri e chilometri di territorio?
 
Se escludiamo la chiesa e l'esercito, all'epoca c'erano ben pochi modelli di pratiche gestionali. 

Le ferrovie, dunque, sono state le prime a fare i conti con il moderno management e a gestire problemi ordinari quali due treni che viaggiavano in direzioni opposte sullo stesso binario stabilendo regole che oggi ci sembrano semplici ma che furono rivoluzionarie per l'epoca:


- uffici centrali gestiti da persone chiamate per la prima volta "manager"
divisioni funzionali
- catena del comando e chiare linee di autorità
- chiare linee di comunicazione e reporting
- descrizioni chiare delle responsabilità di ciascun individuo 


Interessante, vero?

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venerdì 9 dicembre 2011

Riflessioni sulla Qualità

Oggi vi propongo una serie di riflessioni di un grande guru della Qualità che Peter R. Scholtes (esperto di leadership scomparso due anni fa)  definì dei veri e propri "frullatori cerebrali".
Eccole!

Più del 95 per cento dei problemi della nostra organizzazione derivano dal nostro sistema, dai processi e dalle metodologie, non dai lavoratori
I collaboratori fanno del loro meglio ma i loro sforzi, per quanto possano essere grandi, non riescono a compensare l'inadeguatezza del sistema.

Per avere successo nel nostro lavoro, continuiamo a volere e a premiare gli sforzi eroici di individui eccezionali; invece dovremmo creare sistemi capaci di consentire un lavoro eccellente in condizioni abituali, come generica conseguenza del lavoro normale di persone normali.

 
Cambiare il sistema cambierà anche le cose che fanno le persone. Modificare quello che fa la gente, invece, non cambierà affatto il sistema.

 
Certi approcci al management - la gestione per obiettivi, la valutazione delle prestazioni, il riconoscimento del merito e l'applicazione delle ISO 9000 - non incarnano la leadership ma, piuttosto, l'abdicazione della leadership.

 
Parole d'ordine quali "empowerment", "responsabilità" ed "elevate prestazioni" sono prive di significato, semplici chiacchiere.

 
Il novantacinque per cento dei cambiamenti effettuati dalle organizzazioni non ha nulla a che fare con il miglioramento.

 
La più grande presunzione dei manager è che possono motivare le persone. I tentativi dei manager di motivare le persone servono solo a peggiorare le cose.


Vediamo se siete così bravi da ricordare quale dei guru della Qualità citati su QualitiAmo si espresse in maniera così cristallina.
E poi una domanda: siete d'accordo su tutto o volete dire la vostra in risposta ad alcune affermazioni?


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mercoledì 7 dicembre 2011

La strada più breve? Non è la più veloce

Vi ricordate quando discutevamo di pensiero laterale? Bene, provate a leggere gli stralci di questo articolo che ho trovato la settimana scorsa e che parla proprio di questo modo di pensare "alternativo".

La notizia è che abbiamo sbagliato tutto. Se viviamo un momento di crisi, economica e non solo, forse è perché non abbiamo adottato l'approccio giusto.
A dirlo è John Kay, uno dei più eminenti economisti inglesi.

(...)

Secondo Kay, affrontare di petto le questioni o raggiungere uno scopo seguendo la via più diretta, non sono i modi migliori per arrivare al traguardo.
Il motivo? La realtà è molto complessa e i fattori in gioco sono sempre troppo numerosi o difficili da tenere sotto controllo. Quindi (...) pensare in maniera obliqua (...) sarebbe il miglior modo per raggiungere la felicità.

(...)

Kay sostiene che le imprese di maggior successo sono quelle guidate da persone non ossessionate dal denaro (...) e che, per salvaguardare meglio la vita delle foreste, non bisogna spegnere tutti gli incendi, ma decidere caso per caso (è la politica adottata, dopo anni di strategie fallimentari, dal National Park Service americano)."

(...)

"Professore, come si ragiona in maniera obliqua?"
"Risolvendo i problemi non dopo aver valutato tutte le opzioni possibili, ma scegliendo da una gamma ristretta.
Di solito, chi prende buone decisioni non lo fa perché dimostra di avere conoscenze enciclopediche, ma perché riconosce i suoi limiti."

(...)

"Lei non parla solo agli economisti...."
"Il mio modello si può applicare agli individui come alle imprese, alla felicità come alla ricchezza.
Il concetto è semplice: si tratta di affrontare obiettivi complessi avvicinandosi indirettamente, anziché correre verso di loro a testa bassa. Le aziende più redditizie non sono ossessionate dal guadagno, ma si concentrano sullo sviluppo di competenze, sul miglioramento dei servizi ai clienti, sui nuovi prodotti."

(...)

"La ragione è semplice: mettono al centro il loro lavoro. E, nel frattempo, producono denaro e benessere."

(...)

"Il pensiero obliquo dice: non possiamo sapere né prevedere tutto, quindi dobbiamo usare solo ciò che conosciamo nel modo migliore possibile."

(Fonte: "Grazia")

Cosa ne pensate?

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martedì 6 dicembre 2011

Ricordiamo tutti gli appuntamenti

Sull'ultimo numero di "Il mio computer" ho trovato un articolo molto interessante che suggerisce come utilizzare i servizi online gratuiti per organizzare i nosttri appuntamenti e le scadenze.

Vediamo cosa ci suggerisce:

(...)

"Ricordati il latte! 
Dietro questo nome si trova un servizio eccezionale: entriamo nel sito Remember the milk  (anche in italiano) e registriamoci.
Potremo usufruire di uno scadenziario di tutto rispetto. L'interfaccia è molto accessibile e intuitiva: abbiamo una serie di pannelli tematici in cui possiamo inserire i vari impegni."



(...)

"Creiamo la scadenza e il servizio ci terrà informati."

(...)

"Mi mando un memo
A volte non abbiamo bisogno di un servizio completo che ci ricordi tutto quello che dobbiamo fare." 

(...)


"Se siamo di quelli che hanno bisogno solo di un aiutino o di un suggerimento ogni tanto, allora proviamo a digitare http://www.memotome.com raggiungeremo un servizio online in lingua inglese che ci invia post-it con le cose da fare e che vorremmo ricordarci.
Ci registriamo e impostiamo il tipo di memo che vogliamo."

(...)

"Poi creiamo il memo, scriviamo e spediamo. Riceveremo un'email giusto in tempo per non fare tardi."

Non ricordiamo mai nulla? 
Se siamo di quelli che hanno bisogno di appuntarsi tutto per poi poter richiamare qualunque informazione archiviata, allora dobbiamo usare Airset.
Registriamoci, è solo in inglese ma l'uso è facile.
Dopo aver creato un account modifichiamo le impostazioni e usiamo subito i servizi partendo dal menù Start.
Possiamo creare spazi e calendari, inserire contatti, messaggi istantanei, creare contenuti e condividere con i nostri collaboratori".

(...)

Voglio la Multi Agenda
Se entriamo nel sito www.mvrsoft.it potremo cominciare a usare da subito la Multi Agenda online che dà il nome a questo servizio.
Questo servizio gratuito funziona come una normale agenda cartacea ma lo fa online.

(...)

Scadenziario 2.0  
Andiamo alla pagina www.toodledo.com/index.php e registriamoci: potremo entrare nel mondo di Toodledo.
Si tratta di un'agenda ispirata alle caratteristiche del Web 2.0, ottima per chi collabora con più persone tramite internet.

(...)


Quelli che si ricordano
All'indirizzo http://www.gestionescadenze.com troviamo un servizio gratuito in italiano. Registriamoci e cominciamo ad usarlo.
Con un'interfaccia chiara e leggibile potremo gestire tutte le nostre scadenze.

(...)

Lo voglio offline
Se quello che cerchiamo è uno scadenziario che non sia online, allora scegliamone uno gratuito. Andiamo all'indirizzo www.espositosoftware.it e scarichiamo Scadenziario Pro.
Il programma è molto agile, sebbene con una grafica un pochino datata.

(...)

Aggiungo che anche Google, con il servizio Calendar, offre un ottimo asistente personale per organizzarvi gli impegni.



E voi cosa utilizzate? Un'agenda cartacea o elettronica? Lo smartphone o il memo sul computer?
Ce lo raccontate?

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lunedì 5 dicembre 2011

Fare tutto senza dimenticare le cose importanti

La scorsa settimana mi sono divertita a leggere due spunti pubblicati sulla rivista "Donna Moderna" che ha intervistato Maurizio Ferraris (filosofo e professore all'Università di Torino) e Chiara Grandin (Life coach) rivolgendo loro una semplice domanda: "come si fa a fare tutto senza dimenticare le cose importanti?"

Ecco le loro risposte che, come vedrete, sono in netta contrapposizione.
Voi, a proposito, cosa ne pensate?
Vi dirò anche la mia opinione...alla fine degli stralci riportati dalla rivista:

Maurizio Ferraris:


"Preso alla lettera, il progetto di riuscire a fare tutto senza dimenticarsi niente di importante è inattuabile.
Gli esseri umani hanno dei limiti, è la loro caratteristica fondamentale e in un certo senso è anche la loro bellezza."

(...)

I rimedi sono tre.
Primo, bisogna rinunciare all'efficienza assoluta: non c'è mai stata, ma oggi è più irraggiungibile che mai.
Secondo; si tratta di attuare lo stesso principio di carità nei confronti dell'efficienza altrui, cioè di comprendere le difficoltà degli altri e di perdonarle il che, di passaggio, ci rende persone migliori.
Terzo, occorre isolare le cose da fare dal mare dei doveri e attuarle poco alla volta, con il tempo che richiedono, senza penare che restano da fare altre cose e che alcune di queste non le faremo mai.

(...)

Chiara Grandin:


"Riuscire a fare tutto è una questione di metodo. Ecco un sistema davvero infallibile.
- Mettere nero su bianco gli impegni"

(...)

- "Rispondere alle tre domande. Lista alla mano, per ogni punto fatevi queste domande e agite:
1) è indispensabile?"

(...)


2) "Richiede meno di due minuti? Si può sbrigare con una telefonata, una breve e-mail o un sms? Se sì, fatelo subito, mettete un segno di spunta e passate alla prossima domanda.

3) Se non la posso eliminare e richiede più di due minuti c'è qualcun altro che potrebbe farla al mio posto? Se sì, delegatela.


(...)


Bene. Con chi siete d'accordo? Io con la seconda teoria perché, per carattere, amo organizzarmi bene e credo che niente sia possibile se impariamo a gestire decentemente i nostri impegni e il nostro tempo.
Detto questo, alla seconda tesi manca un quarto punto fondamentale: ciò che non ho potuto eliminare, risolvere i pochi minuti o delegare va pianificato per essere attuato nel migliore dei modi.


Siete anche voi pieni di impegni e di cose da fare e non trovate mai il tempo per fare tutto?
Che ne dite di seguire i consigli che abbiamo pubblicato tempo fa su QualitiAmo? Eccoli:

Trucchi per organizzarsi
Il Time management


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venerdì 2 dicembre 2011

Le trappole in cui si cade quando si cerca un lavoro (4)

L'ultima "trappola" che mette i bastoni tra le ruote di chi cerca un lavoro è, forse, la più demotivante:



"E' inutile cercare lavoro, tanto non ce n'è!"



E' inutile negarlo: le occasioni di avere un buon posto di lavoro oggi sono davvero poche perché è facile trovare impieghi a tempo, non avere certezze riguardo al proprio futuro, non riuscire a crescere professionalmente o avere a che fare con persone che sono impreparate e inadeguate.
Detto ciò, proprio perché le occasioni sono poche, conviene cercarle in tutti i modi per non farsi trovare impreparati.

Del resto, vi rimangono solo due cose da fare:

  1. ammettere di aver fallito e restare in contemplazione di ciò che gli altri programmeranno per voi senza fare nulla
  2. darvi da fare per cercare di essere tra quei pochi fortunati che troveranno un buon impiego
Non date retta a chi cerca di scoraggiarvi: quello che vale in un ambito professionale può non valere in un altro. Ci sono organizzazioni che stanno assumendo anche in questo momento: bisogna solo trovarle e fare in modo che scelgano voi.
Non è facile, d'accordo, ma sedersi ad aspettare non porta alcun valore aggiunto mentre darsi da fare sì.

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giovedì 1 dicembre 2011

Le trappole in cui si cade quando si cerca un lavoro (3)

La terza "trappola" che spesso sfida chi cerca un lavoro è la seguente:


"Non ho tempo per cercare un lavoro in questo momento"



La realtà dimostra che prima inizierete a cercarvi un lavoro (non importa che sia il primo o una nuova esperienza), prima lo troverete.

Purtroppo cercare lavoro può essere molto demotivante, soprattutto in un periodo di crisi come questo.
La fatica, infatti, è pari a quella di un vero e proprio lavoro ma le soddisfazioni non sono nemmeno lontanamente paragonabili, a iniziare dal fatto che non verrete pagati per il tempo che dedicherete a questa attività.

Ecco perché spesso si sbotta con un seccatissimo: "Un lavoro? E chi ha il tempo per cercarlo?"

Il modo migliore per procedere, in questi casi, è quello di scomporre il vostro impegno in tante piccole attività e di collocarlo all'interno di una fascia quotidiana ben precisa durante la quale dedicargli, poniamo, mezz'ora.
In mezz'ora ogni giorno potrete tenere d'occhio i principali annunci economici, rileggere e correggere i vostro curriculum, riscrivere la vostra lettera di presentazione, inviare il curriculum a una o più organizzazioni ecc.
Alla fine della settimana avrete dedicato al vostro futuro ben 3 ore e mezza di tempo. Non male se riuscirete ad essere costanti.
Ricordate che siete i soli a poter fare qualcosa per cambiare la vostra attuale situazione professionale e che senza impegno non si ottiene nulla.

Domani ci ritroveremo qui per parlare dell'ultima "trappola" che vi impedisce di dare il meglio quando cercate un lavoro. 

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